Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 17201 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 17201 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/06/2025
SENTENZA
sul ricorso 17505-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME tutti rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrenti –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
– intimata –
e sul RICORSO SUCCESSIVO SENZA N.R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale
Oggetto
R.G.N. 17505/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 16/04/2025
PU
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente successivo –
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME tutti rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrenti al ricorso successivo nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
– intimata – avverso la sentenza n. 461/2024 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 02/02/2024 R.G.N. 1751/2022; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/04/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto dei ricorsi; uditi gli avvocati COGNOME NOME COGNOME udito l’avvocato NOME COGNOME udito l’avvocato NOME COGNOME
Fatti di causa
Il Tribunale di Napoli, innanzi al quale era stato impugnato dai lavoratori in epigrafe il trasferimento del ramo d’azienda relativo alla Direzione Recupero Crediti (DRC) da Intesa Sanpaolo Group Service RAGIONE_SOCIALE s.c.p.a. (società consortile partecipata da Intesa Sanpaolo s.p.a., successivamente fusa per incorporazione in quest’ultima) a RAGIONE_SOCIALE (successivamente ridenominata RAGIONE_SOCIALE
s.p.a.) con decorrenza 30.11.2018, deducendo la nullità della cessione per insussistenza dell’autonomia del ramo ceduto e per difetto di preesistenza dello stesso ramo rispetto alla cessione, in accoglimento del ricorso accertava l’inefficacia nei confronti dei ricorrenti del trasferimento del ramo d’azienda e l’inefficacia della cessione dei rispettivi contratti di lavoro, e condannava Intesa San Paolo a ripristinare i rapporti di lavoro dalla data di cessione dei contratti.
La Corte d’Appello di Napoli respingeva gli appelli riuniti di cedente e cessionaria.
Ricostruite le circostanze in fatto, condivise le motivazioni del primo grado e richiamati precedenti di merito in controversie analoghe, la Corte di merito osservava, in particolare, che non può costituire un ramo di aziende un insieme disaggregato di frammenti del processo produttivo privi dell’autonomia necessaria alla produzione di beni e servizi, essendo gli elementi costitutivi del ramo di azienda rappresentati dall’esistenza di un’entità economica organizzata, dalla sua autonomia funzionale, dalla sua preesistenza presso il cedente; caratteristiche, alla luce della peculiarità della fattispecie come realizzatesi in concreto, non riscontrate nel caso in esame, in quanto, al momento dello scorporo da Intesa Sanpaolo, il compendio ceduto non era in grado di svolgere autonomamente con i propri soli mezzi funzionali e organizzativi l’attività di sollecito e recupero dei crediti in sofferenza cui era finalizzato nell’ambito dell’impresa cedente, né era in grado di offrire sul mercato a una platea indistinta di potenziali clienti quello specifico servizio per il quale era stato organizzato.
Per la cassazione della sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE con 3 motivi;
successivamente pure Intesa Sanpaolo ha proposto ricorso per cassazione (da qualificare pertanto incidentale) con 4 motivi; a ognuno di essi i lavoratori hanno resistito con autonomo controricorso; tutte le parti hanno depositato memorie scritte
5. All’odierna pubblica udienza, i l P .G. ha concluso per il rigetto del ricorso, la causa è stata discussa oralmente dai difensori delle parti e trattenuta in decisione.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso per cassazione, la società cessionaria RAGIONE_SOCIALE deduce (art. 360, n. 4, c.p.c.) violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e 118, comma 1, disp. att. c.p.c., e nullità della sentenza per assenza di motivazione, assoluta mancanza di un ragionamento in iure alla base dei giudizi circa l’infondatezza dei motivi di gravame e la non configurabilità della vicenda circolatoria in esame quale legittimo ramo d’azienda ai sensi dell’art. 2112 c.c.; censura, in particolare, l’adesione alle statuizioni del giudice di primo grado e la riproduzione acritica di stralci della sentenza della Corte di Appello di Milano n. 1082/2022 (riferita non a ISP, bensì a Intesa San Paolo Provis s.p.a.) e della sentenza della Corte di Appello di Bologna n. 788/2022.
Con il secondo motivo, deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione dell’art. 2112 c.c. in relazione al requisito dell’autonomia funzionale ed erronea ricognizione della fattispecie astratta, che include tra i legittimi rami d’azienda quelli aventi natura dematerializzata e non prevede che il ramo d’azienda conservi tutte le caratteristiche dell’azienda da cui proviene.
Con il terzo motivo, deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione dell’ art. 2112 c.c. in relazione al requisito della
preesistenza ed erronea ricognizione della fattispecie astratta, che non richiede l’identicità del ramo oggetto di trasferimento, bensì solo il mantenimento della sua identità.
Con il primo motivo di ricorso per cassazione, la società cedente Intesa Sanpaolo deduce (art. 360, n. 4, c.p.c.) violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e 118, comma 1, disp. att. c.p.c., sostenendo che la Corte d’Appello si è limitata a richiamare altre pronunce senza alcun confronto con i motivi di gravame proposti dalle società appellanti.
Con il secondo motivo, deduce (art. 360, n. 4, c.p.c.) violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., sostenendo che la Corte d’Appello non si è confrontata con alcuni motivi di gravame.
Con il terzo motivo, deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione dell’art. 2112 c.c., per erronea interpretazione di tale norma ed erronea esclusione della sua applicabilità, anche alla luce della Direttiva 2001/23/CE e della giurisprudenza pronunciatasi sul punto, in relazione alla ritenuta insussistenza del requisito dell’autonomia funzionale.
Con il quarto motivo, deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione dell’art. 2112 c.c., per erronea interpretazione di tale norma ed erronea esclusione della sua applicabilità, anche alla luce della Direttiva 2001/23/CE e della giurisprudenza pronunciatasi sul punto, in relazione alla ritenuta insussistenza del requisito della preesistenza.
Il primo motivo del ricorso principale e il primo e secondo motivo del ricorso incidentale, con i quali tutti si denuncia nullità della sentenza impugnata, non sono fondati.
La sentenza gravata riporta ampia motivazione (che infatti viene criticata negli altri motivi) e raggiunge il cd. minimo costituzionale (Cass. S.U. n. 8053/2014).
10. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile il controllo sul suo ragionamento (cfr. Cass. n. 9105/2017, n. 20921/2019); ipotesi non ricorrente nel caso in esame.
11. Inoltre, l’onere motivazionale può essere assolto anche mediante la condivisione delle valutazioni e del convincimento espressi dal Tribunale, sia pure attraverso il filtro dei motivi di gravame. Questi, tuttavia, ben possono essere rigettati proprio mediante quella tecnica motivazionale, senza dubbio legittima, qualora -come nella specie -il giudice del gravame abbia spiegato le ragioni di condivisione della decisione di primo grado.
12. La sentenza di merito può anche essere motivata mediante rinvio ad altri precedenti, in quanto il riferimento ai “precedenti conformi” contenuto nell’art. 118 disp. att. c.p.c. non deve intendersi limitato ai precedenti di legittimità, ma si estende anche a quelli di merito, ricercandosi per tale via il beneficio di schemi decisionali già compiuti per casi identici o per la risoluzione di identiche questioni, nell’ambito di un più ampio disegno di riduzione dei tempi del processo civile. In tal caso, la motivazione del precedente costituisce parte integrante della decisione, sicché la parte che intenda impugnarla ha l’onere di compiere una precisa analisi anche delle argomentazioni che vi sono inserite mediante l’operazione inclusiva del precedente, alla stregua dei requisiti di specificità propri di ciascun modello di gravame, previo esame preliminare della sovrapponibilità del caso richiamato
alla fattispecie in discussione (in termini, Cass. n. 29017/2021; cfr. altresì Cass. 2861/2019, n. 28139/2018).
13. Nel caso in esame, la motivazione per relationem alla sentenza di primo grado e ad altri precedenti di merito in situazioni analoghe è stato spiegato nella sentenza impugnata dando conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione e dell’identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, così ricavandosi, dalla lettura della parte motiva della sentenza impugnata e delle sentenza richiamate un percorso argomentativo esaustivo e coerente, fondato sulla lettura del risultato complessivo dell’operazione, e non di ogni elemento singolarmente considerato.
14. Il secondo motivo del ricorso principale e il terzo motivo del ricorso incidentale -da esaminare congiuntamente per la loro connessione, in quanto tutti diretti a censurare l’interpretazione dell’art. 2112 c.c. operata nel caso concreto dai giudici di merito, in relazione al requisito dell’autonomia funzionale del ramo d’azienda ceduto sono infondati.
15. Contrariamente all’assunto delle ricorrenti, la Corte territoriale ha riconosciuto in astratto legittima anche una cessione di ramo dematerializzato d’azienda, ma alla condizione che il gruppo di dipendenti ceduti esprima una professionalità omogenea e coesa mediante uno specifico e peculiare know-how .
16. In concreto, tuttavia, a seguito di un accertamento di fatto -congruamente motivato e quindi sottratto al sindacato di legittimità -i giudici d’appello hanno escluso che ciò sussistesse, evidenziando che difettava l’elemento dell’autonomia organizzativa ed economica finalizzata allo svolgimento di un’attività di produzione di beni e servizi, ossia
la capacità dello stesso, già al momento dello scorporo del complesso cedente, di provvedere a uno scopo produttivo con i propri mezzi funzionali e organizzativi e di svolgere autonomamente dal cedente, senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario, il servizio o la funzione cui risultava finalizzata nell’ambito dell’impresa cedente al momento della cessione. Hanno altresì sottolineato che i contratti di service dei programmi informatici costituivano specifici indicatori dell’assenza di autonomia e consistenza organizzativa propria in capo al complesso ceduto. Trattasi di un convincimento conforme a diritto, non essendovi stato alcun errore di sussunzione.
17. In proposito, va ricordato il pacifico orientamento di questa Corte, secondo cui il ramo d’azienda rilevante ex art. 2112 c.c. deve pur sempre rispettare la nozione di impresa e pertanto deve pur sempre avere quell’autonomia funzionale idonea a consentire lo svolgimento ex se dell’attività imprenditoriale (nella nozione data dall’art. 2082 c.c.) sul mercato, quindi anche verso terzi, e non solo verso la cedente.
18. In particolare, questa Corte ha affermato che, ai fini del trasferimento di ramo d’azienda previsto dall’art. 2112 c.c., anche nel testo modificato dall’art. 32 d. lgs. n. 276/2003, rappresenta elemento costitutivo della cessione l’autonomia funzionale del ramo ceduto, ovvero la sua capacità, già al momento dello scorporo, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi funzionali ed organizzativi e quindi di svolgere – autonomamente dal cedente e senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario – il servizio o la funzione cui risultava finalizzato nell’ambito dell’impresa cedente al momento della cessione.
19. L’elemento costitutivo dell’autonomia funzionale va
quindi letto in reciproca integrazione con il requisito della preesistenza, e ciò anche in armonia con la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, secondo la quale l’impiego del termine ” conservi ” nell’art. 6, par. 1, commi 1 e 4 della direttiva 2001/23/CE, ” implica che l’autonomia dell’entità ceduta deve, in ogni caso, preesistere al trasferimento ” (sentenza 6 marzo 2014, C-458/12; sentenza 13 giugno 2019, C-664/2017 – Cass. n. 22249/2021).
20. In definitiva, il ramo ceduto deve essere in grado di svolgere attività di impresa indipendentemente dall’eventuale contratto di fornitura di servizi che venga contestualmente stipulato fra cedente e cessionaria (Cass. n. 19034/2017: in quel giudizio questa Corte ha cassato la sentenza del giudice di merito che aveva ritenuto integrato il trasferimento di ramo d’azienda nel caso di cessione di un call center , benché per la realizzazione dell’attività ceduta fosse necessaria una continua interazione con programmi informatici rimasti nella proprietà esclusiva della cedente; nello stesso senso, Cass. n. 11247/2016).
La Corte territoriale ha fatto buon governo di tale orientamento, poiché ha verificato che in concreto, dopo la cessione del ramo d’azienda, l’attività della cessionaria era rimasta indissolubilmente legata, in termini di vera e propria dipendenza funzionale, ad alcune attività rimaste alla cedente.
Ne consegue la conformità a diritto della ritenuta esclusione della sussistenza nel caso concreto della fattispecie disciplinata dall’art. 2112 c.c.
Il terzo motivo del ricorso principale e il quarto del ricorso incidentale, relativi alla carenza del requisito della preesistenza del ramo, sono assorbiti dal rigetto dei motivi precedenti, in quanto l’insussistenza del requisito
dell’autonomia funzionale rende privo di autonoma rilevanza in concreto l’ulteriore requisito della preesistenza.
24. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi; condanna ciascuna società ricorrente a rimborsare ai controricorrenti le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 7.000 ciascuna.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16 aprile 2025.