Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 10016 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 10016 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/04/2024
Oggetto: RISOLUZIONE DEL CONTRATTO – Cessione ramo d’azienda – Inadempimento della cedente – Debito a carico della società cessionaria.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29804/2021 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE , in persona del rappresentante legale pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO (PEC EMAIL), elettivamente domiciliata presso il suo studio sito in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, giusta procura speciale depositata in allegato alla memoria di costituzione di nuovo difensore;
–
ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del rappresentante legale pro tempore , rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO (pec: e pec:
EMAIL), elettivamente domiciliata in
C.C. 13 febbraio 2024
r.g.n. 29804/2021
Pres. R.G.COGNOMENOMECOGNOME
RAGIONE_SOCIALE
Roma, INDIRIZZO, presso il loro studio;
-resistente – avverso la sentenza della Corte d ‘ appello di L’Aquila n. 1337/2021, pubblicata il 15 settembre 2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 febbraio 2024 dalla Consigliera Relatrice NOME COGNOME.
Fatti di causa
Il Tribunale di Avezzano, con sentenza del settembre 2017, accogliendo l’opposizione proposta da RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto ingiuntivo n. 543/2015, con cui RAGIONE_SOCIALE le aveva ingiunto il pagamento della somma di Euro 19.520,00, oltre interessi e spese, somma pretesa in relazione al contratto di noleggio c.d. a freddo stipulato con la società RAGIONE_SOCIALE, la quale aveva ceduto alla RAGIONE_SOCIALE il ramo di azienda in relazione al quale era stipulato il contratto di noleggio, revocava il decreto e rigettava la domanda azionata in INDIRIZZO.
Per quanto ancora qui di rilievo, il Tribunale, dopo aver affermato l’intervenuta risoluzione del contratto di noleggio intercorso tra la COGNOME e la società RAGIONE_SOCIALE per recesso dal contratto di noleggio esercitato da quest’ultima sin dal 2012, e cioè in epoca precedente a ll’acquisto del ramo di azienda da parte della cessionaria RAGIONE_SOCIALE, avvenuto nel luglio 2013 , ha ritenuto quest’ultima non responsabile dell’eventuale debito azionato in via monitoria, non essendovi prova della sua iscrizione nei libri contabili obbligatori ex art. 2560 cod. civ..
RAGIONE_SOCIALE proponeva appello averso la decisione di prime cure che veniva rigettato dalla Corte d’appello di L’Aquila con la sentenza n. 1337/2021, pubblicata il 15 settembre 2021.
Avverso la decisione d’appello ha proposto ricorso per cassazione DRC di RAGIONE_SOCIALE fondato su un unico complesso motivo; ha resistito con controricorso RAGIONE_SOCIALE.
C.C. 13 febbraio 2024
r.g.n. 29804/2021
Pres. R.G.COGNOMENOMECOGNOME
RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis. 1 c.p.c..
Il difensore della parte ricorrente ha rinunciato al mandato e per essa si è costituito nuovo difensore.
Parte ricorrente ha depositato memoria, parte resistente ha depositato nota, denominata memoria, con cui si è riportata a quanto dedotto nel controricorso;
Si dà atto che, a seguito di astensione del Consigliere designato originariamente per la trattazione a norma del secondo comma dell’art. 51 c.p.c., accolta dalla Prima Presidente, è stata designata come relatrice la Consigliera dr.ssa NOME COGNOME.
Ragioni della decisione
1. La società ricorrente, con riferimento all’art. 360, comma primo, nn. 3, 4 e 5 cod. proc. civ., con un unico complesso motivo lamenta la ‘Violazione o falsa applicazione dell’art. 2558 cod. civ. . Malgoverno del principio di ‘prudente apprezzamento della prova’ in riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3; nullità della sentenza o del procedimento per violazione degli artt. 115 e 132 n. 4 cod. proc. civ.. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 comma 1 n. 5 cod. proc. civ. ‘ e denuncia la sentenza impugnata perché viziata ‘ nella motivazione e nel percorso logico argomentativo ‘; nello specifico, sostiene che la Corte d’appello avrebbe omesso di applicare alla fattispecie quanto previsto dagli artt. 2558 e 2560 cod. civ. in caso di successione nei contratti in presenza di cessione di ramo di azienda, con conseguente subentro della cessionaria nelle passività, nella specie, rappresentate dalle conseguenze dell’inadempimento contrattuale della cedente, senza considerare quanto provato documentalmente, stante che nel contratto di cessione tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE era previsto espressamente che la cessionaria subentrasse nelle passività della cedente; osserva di aver fatturato il mancato utile, cagionato dalla condotta della società cedente, nei confronti della cessionaria poiché la RAGIONE_SOCIALE
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RAGIONE_SOCIALEAVV_NOTAIORAGIONE_SOCIALE AVV_NOTAIO momento della fatturazione si era addirittura cancellata dal registro presso la camera di commercio; aggiunge che la fattura n. 6NUMERO_DOCUMENTO era stata emessa in epoca successiva alla cessione di ramo di azienda avvenuta nel luglio del 2013 ‘ragion per cui tale fattura non poteva essere assolutamen te annotata nei libri contabil i della cedente’ (pag. 30 del ricorso); deduce, ancora, la sussistente connessione tra l’appalto RAGIONE_SOCIALE sottoscritto dalla RAGIONE_SOCIALE e i contratti di noleggio e manutenzione, risolti dalla stessa nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE, come accertato dalla sentenza del Tribunale di L’Aquila n. 588/2015 (pronuncia resa in altro giudizio di opposizione intercorso tra la società RAGIONE_SOCIALE e l’odierna ricorrente che assembla nel corpo del ricorso, pagg. 32-37); sostiene che, pertanto, la questione da risolvere, nella specie, era quella di stabilire se la cessionaria – a seguito di subentro nel ramo di azienda della cedente – dovesse rispondere delle passività sorte anteriormente alla cessione per l’inadempimento della cedente, ma quantificate e reclamate successivamente e che, per tale ragione, non potessero rientrare nei libri contabili; pertanto, i giudici di merito avrebbero fatto mal governo del principio del prudente apprezzamento della prova non dando la corretta rilevanza rispetto a quanto provato documentale ‘in termini di storicità del rapporto contrattuale’ e ciò rileverebbe anche sotto il profilo della nullità della sentenza o del procedimento poiché la Corte d’appello avrebbe finito per omettere di esaminare che la fatturazione del mancato utile in un momento successivo alla cessione de qua era conseguita all’inadempimento della cedente.
Il motivo di ricorso, così come prospettato e sopra sinteticamente riassunto, è inammissibile rispetto a ciascuno dei profili di censura proposti.
Ad onta della sua formale intestazione, e tralasciando di considerare la non corretta tecnica dell’assemblaggio con cui il ricorso è ampiamente confezionato (v. pagg. 4-29 e 32-37 del ricorso), va anzitutto osservato che il motivo risulta formulato in violazione dell’art. 366, 1° co. n. 6, c.p.c., atteso che la società ricorrente reitera le doglianze già formulate con l’atto di appello ed esaminate come infondate dalla Corte territoriale e fa riferimento
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RAGIONE_SOCIALE
alla fattura NUMERO_DOCUMENTO senza riportarne il contenuto e si limita a riportare soltanto uno stralcio di un articolo del contratto intercorso con la società RAGIONE_SOCIALE.
In secondo luogo, il motivo nella sua prima parte, lungi dall’introdurre un vizio di violazione e falsa applicazione delle norme indicate, tende a suscitare da questa Corte, inammissibilmente, un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello formulato dalla Corte d ‘ appello, omettendo di considerare che tanto l’accertamento dei fatti, quanto l’apprezzamento – ad esso funzionale – delle risultanze istruttorie è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 04/07/2017, n. 16467; Cass.23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499).
Sono inoltre parimenti inammissibili le censure contenute nella seconda parte del motivo, con cui la società ricorrente lamenta sia la nullità della sentenza e del procedimento sia l’omesso esame di un fatto che è stato oggetto di discussione tra le parti.
Riguardo alla censura di nullità della sentenza o del procedimento posta in relazione alla violazione degli artt. 115, 132 n. 4 cod. proc. civ. e 24 e 111 Cost., posta in collegamento con l’asserito ‘mal governo del principio del prudente apprezzamento della prova’ , va osservato che per orientamento costante di questa Corte, detta censura è configurabile con riferimento alle norme evocate solo ove si alleghi che il giudice abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass., Sez. Un., 30/09/2020 n. 20867; Cass. Sez. 1 n. 17/01/2019, n. 1229; Cass. Sez. 6 – L, 27/12/2016 n. 27000).
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Allegazione che, nella specie, è stata del tutto omessa da parte ricorrente che si è limitata a reiterare quanto già lamentato in appello e cioè che i giudici di merito avrebbero ‘totalmente ignorato il reale andamento del fatto storico’ e non si sarebbero posti ‘ il problema della collocazione storica della fattura n. 6/2015’ , mostrando di non confrontarsi neppure con la ratio decidendi della sentenza impugnata che ha disatteso il rilievo allora formulato dall’appellante, odierna ricorrente, «della impossibilità di fornire la richiesta prova perché le scritture contabili de quibus “non sono direttamente reperibili in quanto hanno natura sostanzialmente diversa dai bilanci”» e ha ritenuto che la stessa parte «ben avrebbe potuto avanzare richiesta di esibizione ai sensi dell’art. 210 c.p.c., istanza questa che “in quanto funzionale alla possibilità di applicazione della responsabilità solidale ex art. 2560, comma 2, c.c., si sottrae al regime comune di discrezionalità nell’emanazione di un ordine di esibizione da parte del giudice” (cfr. Cass. ord. n.13903 del 06/07/2020)» (pag. 6 della sentenza impugnata).
Neppure sussiste il vizio di motivazione previsto dall’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dall’art. 111 Cost., tenuto conto che esso può essere fatto valere quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito, purché tali carenze risultino dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass. Sez. U, 07/04/2014 nn. 8053 e 8054).
Nella specie, invece, il motivo si fonda su elementi aliunde rispetto alla motivazione.
In merito alla seconda censura, a i sensi dell’art. 348 -ter, ultimo comma, cod. proc. civ., nella formulazione applicabile ratione temporis (disposizione che ha trovato continuità normativa nel nuovo testo dell’art.360, quarto comma, cod. proc. civ.), deve infatti escludersi la possibilità di ricorrere per cassazione ai sensi del numero 5 del citato
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art.360, nell’ipotesi in cui la sentenza d’appello impugnata rechi l’integrale conferma della decisione di primo grado (c.d. ‘doppia conforme’); in proposito, questa Corte ha da tempo chiarito che la predetta esclusione si applica, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del decreto -legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012, e che il presupposto di applicabilità della norma risiede nella c.d. ‘doppia conforme’ in facto , sicché il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. ha l’onere nella specie non assolto, non ostante la sentenza d’appello abbia integralmente confermato quella di primo grado affermando l’infondatezza «della ricostruzione giuridica proposta dall’appellante» (pag. 4 della sentenza impugnata) -di indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (tra molte, Cass. 18/12/2014, n. 26860; Cass. 22/12/2016, n. 26774; Cass.06/08/2019, n. 20994).
L’articolazione complessiva del motivo ha l’effettiva consistenza di una inammissibile sollecitazione rivolta a questa Corte a rivalutare la ricostruzione della quaestio facti e solo all’esito di essa postula la violazione e falsa applicazione dell’art. 2558 e 2560 c.c.
all’inammissibilità del motivo consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso; le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della parte controricorrente, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, ove dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
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Per questi motivi
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della parte controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, ove dovuto.
Così deciso nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile 13