Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16152 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16152 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18636/2023 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME domiciliata ex lege all’indirizzo Pec in atti.
–
ricorrente – contro
COGNOME, in proprio e quale titolare dell’omonima azienda agricola, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOMECOGNOME domiciliato ex lege all’indirizzo Pec in atti.
–
contro
ricorrente – nonché contro
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 1132/2023 depositata il 23/05/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/03/2025
dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME
Rilevato che
RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto nei suoi confronti da NOME COGNOME, creditore della RAGIONE_SOCIALE per il corrispettivo, portato da fatture relative a forniture di bovini, che aveva agito in sede monitoria anche nei confronti della RAGIONE_SOCIALE nella sua qualità di cessionaria di un ramo d’azienda della RAGIONE_SOCIALE
Riuniti i giudizi, dato che anche RAGIONE_SOCIALE aveva proposto opposizione al decreto ingiuntivo, con la sentenza n. 1596/2021 del 30 luglio 2021 il Tribunale di Venezia rigettava l’eccezione, proposta da entrambe le opponenti RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, di inefficacia del decreto ingiuntivo perché notificato oltre il termine di sessanta giorni dall’emissione e per mancanza dei presupposti ex art. 633 cod. proc. civ., come pure respingeva il rilievo di RAGIONE_SOCIALE secondo cui il ramo aziendale oggetto della cessione da RAGIONE_SOCIALE avrebbe riguardato un’attività diversa da quella oggetto delle fatture azionate, per cui essa RAGIONE_SOCIALE non avrebbe dovuto rispondere dei debiti di RAGIONE_SOCIALE non essendo applicabile al caso di specie l’art. 2560 cod. civ., e dichiarava la definitiva esecutività, nei confronti di entrambe le società, del decreto ingiuntivo opposto.
Avverso tale sentenza RAGIONE_SOCIALE proponeva appello; si costituiva, resistendo al gravame, COGNOME Massimo.
Con sentenza n. 1132/2023 dell’8 maggio 2023 la Corte
d’Appello di Venezia rigettava l’appello.
RAGIONE_SOCIALE propone ora ricorso per cassazione, affidato a sei motivi.
Resiste con controricorso NOME COGNOME mentre resta intimata la RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni.
Il controricorrente ha depositato memoria.
Considerato che
Con il primo motivo la società ricorrente denuncia ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 2560 c.c. Violazione dell’art. 2697 c.c. in combinato disposto con gli artt. 115 e 116 c.p.c. Motivo di ricorso correlato all’art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c.’.
Lamenta che il debito contratto da RAGIONE_SOCIALE non si sarebbe trasferito a RAGIONE_SOCIALE in quanto la cessione avrebbe riguardato soltanto il ramo d’azienda riferito al trasporto, diverso e autonomo rispetto a quello del commercio di bovini vivi per il quale erano maturati i debiti oggetto di ingiunzione, con conseguente inapplicabilità della disciplina della solidarietà prevista dall’art. 2560 cod. civ.
La corte di merito avrebbe, pertanto, pronunciato in violazione dei principi dell’onere della prova in tema di cessione di azienda e, premesso che l’acquirente di un ramo di azienda risponde dei debiti che dalle scritture contabili risulteranno riferirsi alla parte di azienda a lui trasferita, mentre non risponde né per i debiti che dalle scritture contabili non risultino relativi alla parte dell’azienda da lui acquistata, né pro quota per i debiti relativi alla gestione complessiva dell’impresa alienante, avrebbe dovuto essere il creditore COGNOME a dover dimostrare che i debiti risultanti dalle scritture contabili della RAGIONE_SOCIALE fossero
inerenti il ramo d’azienda riferito al trasporto e ceduto a RAGIONE_SOCIALE
1.1. Il motivo è inammissibile.
La ricorrente invoca documentazione e scritture contabili, ma soltanto genericamente, e dunque incorre in patente violazione dell’art. 366, n. 6, cod. proc. civ., dato che omette sia di trascrivere o perlomeno di riportare indirettamente il contenuto degli evocati documenti, sia di specificarne la localizzazione nel contesto processuale.
Inoltre, lamenta la violazione dell’art. 2697 cod. civ. nonché degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., ma in maniera non conforme alla consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte, inaugurata da Cass. n. 11892 del 2016 e ribaditi, ex multis , da Cass., sez. Un., n. 20867 del 2020, secondo cui per dedurre la violazione dell’articolo 115 cod. proc. civ. occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’articolo 116 cod. proc. civ.
Anche la pretesa violazione dell’art. 2697 cod. civ. viene invocata in maniera assertiva e generica, ed in maniera non conforme ai criteri di deduzione di cui a Cass., Sez. Un., n. 16598 del 2016, in motivazione espressa, sebbene non massimata sul punto, ribaditi, ex multis da Cass. n. 26769 del 2018, per cui l’illustrazione contenuta nel motivo finisce per risolversi in una inammissibile sollecitazione a questa Suprema Corte a rivalutare le emergenze probatorie ed ad a svolgere un
sindacato estraneo al giudizio di legittimità.
Infine, l’argomentare del motivo risulta del tutto assertorio.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ‘Omessa pronuncia su un fatto decisivo della controversia. Mancata ammissione delle prove. Motivo di ricorso correlato all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c.’.
Lamenta che la corte di merito non si è pronunciata sul secondo motivo di appello, con cui si deduceva: ‘Parte ricorrente ha richiesto, con le memorie 183 n. 2 e n. 3 comma VI cpc l’interrogatorio formale del Sig. NOME COGNOME l.r. della società cessionaria, nonché l’ammissione della prova per testi su capitoli specifici, dettagliati, contestualizzati, precisi e determinanti, volti a dimostrare l’autonomia funzionale del ramo trasporti esercitato dalla RAGIONE_SOCIALE. Il Giudice, con ordinanza a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 26.09.2019, ha rigettato ogni istanza istruttoria, in quanto ‘inammissibile o superflua’. Invero, le prove richieste NON sono inammissibili né, tantomeno superflue. Infatti, l’espletamento delle prove de quibus si sarebbe rivelato fondamentale ed essenziale nell’economia della decisione di I grado’.
L’impugnata sentenza sarebbe pertanto viziata, a mente del principio secondo cui la mancata ammissione di un mezzo istruttorio rappresenta vizio della sentenza se il giudice trae conseguenze dalla mancata osservanza dell’onere probatorio, benché la parte avesse offerto di adempiervi (viene evocata Cass., 10/06/2021, n. 16435).
2.1. Il motivo è inammissibile.
Evoca, all’inizio, un breve brano della sentenza e, quindi, sostiene che esso avrebbe argomentato senza pronunciarsi sul secondo motivo di appello, che riproduce. Senonché, non solo l’assunto non è spiegato ed avrebbe giustificato una censura ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ., ma la lettura della sentenza
evidenzia che il secondo motivo di appello è stato invece ampiamente esaminato, ed a tale esame nessun rilievo si muove quando, dopo averne riportato parte, si assume (par. II.4 del ricorso) apoditticamente che si sarebbe trattato di motivazione di mera condivisione della motivazione del primo giudice.
Infine, la società ricorrente indica e trascrive, a p. 19 del ricorso, i capitoli di prova orale, ma non solo omette di confrontarsi con la motivazione dell’impugnata sentenza, ma anche trascura di dire perché i capi di prova sarebbero stati rilevanti.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ‘Violazione dell’art. 2722 e 2724 c.c. Motivo di ricorso correlato all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.’.
Lamenta che la corte d’appello ha ritenuto inammissibile la documentazione prodotta in data 15.9.2022 e 22.11.2022 dalla ricorrente, motivando tale decisione con il richiamo all’art. 2722 cod. civ. (‘I documenti depositati dalla ricorrente con la nota 15.09.2022, se pure di formazione successiva all’inizio del giudizio d’appello, sono costituiti da dichiarazioni unilaterali contestate, smentite dalle risultanze della CTU grafologica e inammissibili ai sensi dell’art. 2722 Cod. Civ. in quanto contrarie al contenuto dell’atto di cessione del ramo d’azienda. Ugualmente inammissibili devono ritenersi i documenti depositati con la nota del 22.11.2022, riferiti a circostanze irrilevanti indicate in capitoli di prova inammissibili in quanto valutativi e contrari al contenuto dell’atto di cessione, ai sensi dell’art. 2722 Cod. Civ’: cfr. p. 16 della sentenza).
Lamenta l’erroneità di tale decisione e deduce che l’ammissibilità di nuovi documenti prodotti in appello avrebbe dovuto essere vagliata sotto il profilo della rilevanza degli stessi in termini di indispensabilità ai fini della decisione, valutandone la potenziale idoneità dimostrativa in rapporto al thema probandum
e avuto riguardo allo sviluppo assunto dall’intero processo.
3.1. Il motivo è inammissibile.
Non solo omette di censurare la valutazione di irrilevanza dei documenti di cui trattasi che emerge dalla stessa motivazione riportata, ma anche trascura la loro localizzazione in questo giudizio di legittimità, posto che i numeri con cui i documenti vengono indicati non si sa a quale elenco si riferiscano, e non risultano certo riferibili all’elenco in calce al ricorso.
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 2560 c.c. sotto ulteriore profilo. Motivo di ricorso correlato all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.’.
Lamenta che la corte ha erroneamente applicato al caso di specie il secondo comma dell’art. 2560 cod. civ., e non ha considerato, per un verso, che il rapporto tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE aveva ad oggetto la vendita di animali vivi da macello e che, per altro verso, tra RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE era intervenuto atto pubblico di cessione di ramo di azienda, mai impugnato da alcuno, valido ed efficace, ed avente ad oggetto solo ed esclusivamente il ramo di azienda di proprietà della RAGIONE_SOCIALE relativo all’attività di autotrasporto merci per conto proprio e terzi, composto da attrezzatura, da automezzi, dalle licenze nonché ‘dai debiti e crediti inerenti il ramo di azienda quali risultano dalla contabilità sociale’.
Sostiene dunque la ricorrente che ‘Per contestare la veridicità di questi elementi, occorre utilizzare la querela di falso ma, nel caso di specie, nulla è mai stato contestato’.
4.1. Il motivo è inammissibile.
Invoca il mancato ricorso da parte dell’allora creditore, ora controricorrente, alla querela di falso, senza precisare quale potesse essere il suo oggetto, dato che mai specifica l’esistenza e la localizzazione, nel contesto processuale, di un atto pubblico da
impugnare per falso.
Risulta dunque violato l’art. 366, n. 6, cod. proc. civ. quanto alla localizzazione in questo giudizio di legittimità ed anche sotto il profilo ricostruttivo.
Inoltre, si omette di dire se, dove e quando si era argomentato quanto ora si argomenta nell’illustrazione del motivo.
Sotto la formale invocazione della violazione di legge, il motivo sollecita una nuova valutazione dei fatti di causa, estranea al giudizio di legittimità.
Con il quinto motivo, articolato in più censure, il ricorrente denuncia ‘Violazione dell’art. 90 disp. att. cpc. Violazione del principio del contraddittorio. Violazione dell’art. 194 e 116 cpc. Motivo di ricorso correlato all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.’.
La ricorrente lamenta: a) che la corte di merito ha escluso che la mancata trasmissione delle osservazioni del CTP della ditta COGNOME nell’ambito della c.t.u. disposta per verificare l’autenticità nella firma del sig. COGNOME COGNOME sul doc. 27 allegato al fascicolo monitorio e costituente atto di riconoscimento di debito, costituisca motivo di violazione dell’art. 90 delle disp. att. cod. proc. civ.; b) che, inoltre, il giudizio espresso dalla Corte d’Appello di Venezia sulla correttezza della c.t.u. appare in contrasto con le previsioni dell’art. 194 e 116 cod. proc. civ. inerenti la valutazione della prova, tenuto anche conto che, sebbene fosse stata richiesta, con istanza reiterata all’esito della espletata consulenza tecnica, non è stata neanche ammessa la prova testimoniale dedotta.
5.1. Il motivo è inammissibile.
In disparte il pur non marginale rilievo per cui, in manifesta violazione dell’art. 366, n. 6, cod. proc. civ., evoca le risultanze peritali e le osservazioni del c.t.p. della controparte in maniera del tutto assertiva e generica, e dunque in modo tale da non
permettere a questa Suprema Corte di conoscere dall’atto, senza attingerli aliunde , gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti (v. Cass., Sez. Un., 10/09/2019, n. 22575; Cass., 16/05/2013, n. 11826), il motivo omette di considerare la specifica motivazione con cui la corte di merito ha escluso qualsivoglia nullità della c.t.u. ed ha condiviso le conclusioni peritali.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, «Il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, in quanto, per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 n. 4 cod. proc. civ.’ (v. Cass., Sez. Un., n. 7074 del 2017, in motivazione, e successive conformi).
Con il sesto motivo di ricorso il ricorrente denuncia ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c .p.c. Motivo di
ricorso correlato all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.’.
Lamenta: a) che la corte veneziana ha respinto il quarto motivo di appello con cui è stata dedotta l’inefficacia del decreto ingiuntivo per la violazione del termine di cui all’art. 644 cpc.; b) che, a sostegno del rigetto, la corte ha affermato che ‘anche nell’ipotesi di inefficacia del provvedimento monitorio notificato oltre il termine di cui all’art. 644 c.p.c., con l’opposizione al decreto si instaura un ordinario procedimento di cognizione che investe il giudice del potere -dovere di esaminare non soltanto l’eccezione di notificazione tardiva, ma anche di decidere nel merito della pretesa originariamente fatta valere con la domanda di ingiunzione’ (p. 19 della sentenza); c) che, tuttavia, così argomentando, la corte avrebbe omesso di considerare che nel caso di specie il creditore NOME COGNOME non aveva formulato domanda giudiziale di accertamento di inefficacia dell’atto di cessione dell’azienda RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
6.1. Il motivo è inammissibile.
Contiene censure che attengono a questioni di fatto già esaminate nei giudizi di merito; sia il giudice di prime cure, sia il giudice dell’appello hanno accertato che il decreto ingiuntivo era stato notificato entro il termine di sessanta giorni.
Né può ritenersi che doveva essere oggetto di domanda giudiziale da parte del creditore COGNOME l’accertamento dell’inefficacia della cessione dell’azienda; provata infatti per tabulas la cessione, i giudici di merito hanno correttamente applicato la norma dell’art. 2560 cod. civ.
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la società ricorrente al pagamento, in favore
del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 8.000,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi, liquidati in euro 200,00, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza