Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 14024 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 14024 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3723/2021 R.G.,
proposto da
NOME COGNOME, NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE. di NOME RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, queste due ultime, in persona dei legali rappresentanti pro tempore , tutti rappresentati e difesi dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio del secondo, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, elettivamente
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Pres. COGNOMENOME Scrima
RAGIONE_SOCIALE
domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, giusta procura in calce al controricorso con ricorso incidentale;
– controricorrente ricorrente incidentale –
avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO TORINO n. 1114/2020 depositata il 12 novembre 2020; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 ottobre 2023
dalla Consigliera NOME COGNOME;
Rilevato che
con sentenza n. 114 del 12 novembre 2020 la Corte d’appello di Torino, quale giudice del rinvio, ha dichiarato inammissibile la domanda in riassunzione proposta da NOME COGNOME, in proprio e nella qualità di socio di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e ha rigettato quelle proposte da NOME COGNOME, in proprio e quale socia RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, da RAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_SOCIALE, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), con condanna alle spese di lite;
per quanto ancora qui rileva, giova riassumere come segue la risalente vicenda posta a presupposto del giudizio in esame; essa attiene ai rapporti tra le società RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) e RAGIONE_SOCIALE intercorsi negli anni 1983 e 1987 quali fornitrici di componenti meccanici per autoveicoli del gruppo RAGIONE_SOCIALE fino al 1993 e la allora RAGIONE_SOCIALE (ora, RAGIONE_SOCIALE), la quale forniva a RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE supporto finanziario mediante l’erogazione di anticipazioni sui crediti che esse maturavano nei confronti di società del gruppo RAGIONE_SOCIALE di cui erano
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fornitrici, crediti che venivano ceduti a RAGIONE_SOCIALE; in particolare, sia tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE sia tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE erano intercorse cessioni di credito ed un contratto di factoring ; RAGIONE_SOCIALE, nella primavera del 1994 ottenne dal Tribunale di Torino l’emanazione di due decreti ingiuntivi immediatamente esecutivi nn. 6159/1994 e n. 6161/1994 nei confronti sia di RAGIONE_SOCIALE dell’importo di Lire 215.900.000 oltre interessi, sia di RAGIONE_SOCIALE e del fideiussore NOME COGNOME dell’importo di Lire 2.302.118.292 , oltre interessi; nel giugno 1994, RAGIONE_SOCIALE, notificati i decreti ingiuntivi e gli atti precetto, st ante l’impossibilità di recupero dei crediti, depositò istanza di fallimento nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE; con atti di citazione notificati in data 27.6.1994, le debitrici ingiunte proposero opposizione ai decreti ingiuntivi; con sentenza del luglio 1994, il Tribunale di Torino dichiarò i fallimenti delle società e del socio accomandatario RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME; le società e la RAGIONE_SOCIALE non riassunsero le cause di opposizione ai due decreti ingiuntivi che (seppur non opponibili alle masse fallimentari) furono dichiarati definitivamente esecutivi dal Tribunale di Torino ex art. 653, 1° c., c.p.c.; le sentenze dichiarative dei fallimenti non furono opposte; successivamente, nei mesi di settembre e dicembre 1997, i contenziosi tra RAGIONE_SOCIALE ed i fallimenti furono transatti in un unico contesto, alle seguenti condizioni: a) ammissione di RAGIONE_SOCIALE al passivo del RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE massa personale del socio accomandatario RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per l’importo di Lire 3.050.371.997 (pari all’importo di Lire 2.302.118.292 in linea capitale portato dal decreto ingiuntivo n. 6159/1994, oltre a Lire 748.253.705 per
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RAGIONE_SOCIALE I. RAGIONE_SOCIALE interessi); b) pagamento da parte di RAGIONE_SOCIALE al RAGIONE_SOCIALE dell’importo omnicomprensivo di Lire 380.000.000; c) rinuncia da parte di RAGIONE_SOCIALE alle spese legali liquidate in suo favore e a carico del RAGIONE_SOCIALE nell’ambito del procedimento per la declaratoria di esecutività del decreto ingiuntivo opposto dalla RAGIONE_SOCIALE in bonis ; d) pagamento da parte di RAGIONE_SOCIALE a favore del RAGIONE_SOCIALE dell’importo omnicompre nsivo di Lire 20.000.000 a titolo di rifusione spese legali; e) abbandono di tutti i giudizi ex art. 309 c.p.c.; f) rinuncia a qualsiasi ulteriore pretesa creditoria tra i fallimenti e RAGIONE_SOCIALE; il fallimento RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e del socio accomandatario fu dichiarato chiuso dal Tribunale di Torino in data 19.5.1998 e quello RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE fu dichiarato chiuso dallo stesso Tribunale in data 18.4.2001;
3. con atto di citazione notificato in data 14.5.2010, gli odierni ricorrenti convennero in giudizio RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) dinanzi al Tribunale di Torino e, lamentando che la convenuta aveva illecitamente provocato il fallimento delle due società e il fallimento personale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (quale garante), chiesero, previo annullamento dei due accordi transattivi intercorsi nel 1997 tra RAGIONE_SOCIALE ed il RAGIONE_SOCIALE da una parte, e tra RAGIONE_SOCIALE ed il RAGIONE_SOCIALE dall’altra parte , la condanna di RAGIONE_SOCIALE a pagare in loro favore i crediti relativi alle pregresse operazioni finanziarie compiute con essa, come analiticamente indicati in ricorso;
il Tribunale di Torino con sentenza n. 476/2014 accolse parzialmente le domande attoree e condannò RAGIONE_SOCIALE al
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pagamento: a) in favore di RAGIONE_SOCIALE di Euro 2.659.421,00 per saldo credito derivante dalle pregresse operazioni finanziarie e di Euro 1.032.913,80 e Euro 9.296,22 a titolo di danni per le causali indicate nel dispositivo; b) in favore di RAGIONE_SOCIALE di Euro 838.355,24 per saldo credito derivante dalle pregresse operazioni finanziarie, di Euro 35.929,07, quale importo ricevuto da RAGIONE_SOCIALE in sede di riparto fallimentare sull’importo insinuato e di Euro 5.164,50 e di Euro 186.182,71 a titolo di danni per le causali indicate nel dispositivo; c) in favore di NOME COGNOME di Euro 258,23 e Euro 3.718.489,67 a titolo di danni per le causali indicate nel dispositivo; d) in favore di NOME COGNOME di Euro 258,23, Euro 5.164,56 e Euro 186.182,71 a titolo di danni per le causali indicate nel dispositivo, il tutto oltre a rivalutazione monetaria e interessi; condannò la convenuta infine alla rifusione delle spese processuali e delle spese di consulenza tecnica d’ufficio;
RAGIONE_SOCIALE propose appello, cui le controparti resistettero; la Corte d’appello di Torino, con sentenza del 5 febbraio 2016, accolse il gravame, rigettando ogni domanda degli appellati, condannandoli solidalmente alle spese di lite dei due gradi e a quelle di CTU;
a vverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello , RAGIONE_SOCIALE, in proprio e quale socia di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME, in proprio e quale socio delle due suddette società, proposero ricorso per cassazione articolato in quattro motivi; resistette con controricorso RAGIONE_SOCIALE;
la Corte di cassazione con sentenza n. 2784 del 2019 cassò la sentenza d’appello , affermando che la corte territoriale aveva motivato in modo apparente in relazione all’accertamento
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dell’oggetto delle transazioni ed aveva , altresì, violato le norme invocate nel primo motivo del ricorso allora all’esame , ‘ non rispettando la disciplina negoziale con particolare riguardo al profilo RAGIONE_SOCIALE individuazione dell’oggetto del negozio ‘ ;
avverso la decisione del la Corte d’appello di Torino in sede di rinvio hanno proposto ricorso per cassazione illustrato da sette motivi NOME COGNOME, NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE.EL.CO. di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE; ha resistito con controricorso RAGIONE_SOCIALE, proponendo a sua volta ricorso incidentale condizionato articolato in due motivi;
la trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell ‘ art. 380bis .1 c.p.c.;
parte ricorrente e parte controricorrente hanno depositato memoria;
Considerato che
con il primo motivo di ricorso principale, i ricorrenti lamentano ai sensi dell’ art. 360 n. 3 e 4 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost. e degli artt. 112 e 132, c. 4 c.p.c., per omessa pronuncia in ordine alla domanda di condanna di RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore delle società RAGIONE_SOCIALE del saldo a loro credito, risultante dal complesso delle operazioni di cessione di credito intercorse tra le parti; degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c., per mancato compiuto esame degli atti e documenti di causa ‘ ; in particolare, i ricorrenti sostengono che il giudice di rinvio avrebbe erroneamente interpretato le domande da essi proposte come finalizzate ad ottenere la restituzione delle somme loro addebitate da RAGIONE_SOCIALE, a fronte degli storni operati dai debitori ceduti, mentre essi avrebbero, invece, chiesto la condanna di RAGIONE_SOCIALE al pagamento del credito derivante dalla
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differenza tra l’ammontare del credito ceduto e le somme anticipate da RAGIONE_SOCIALE a fronte delle cessioni intercorse; che la prova RAGIONE_SOCIALE sussistenza di tale credito sarebbe stata fornita dai c.d. COGNOME (dal nome del ragioniere dirigente di RAGIONE_SOCIALE che li aveva prodotti nell’ambito del giudizio penale r.g. n. 39090/99), nei quali veniva riepilogati anno per anno i movimenti tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE; che il credito sarebbe sussistito a prescindere dalla natura pro solvendo (come accertato dal giudice di rinvio), o pro soluto delle cessioni; che il giudice di rinvio avrebbe ‘equivocato il contenuto, l’oggetto, i pr esupposti e le ragioni RAGIONE_SOCIALE domanda formulata dagli odierni ricorrenti ‘ , non si sarebbe pronunciato sulla domanda di pagamento, avanzata dai medesimi ‘ di condanna di RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore delle società RAGIONE_SOCIALE, di una somma di denaro costituente un credito vantato da queste ultime verso RAGIONE_SOCIALE‘ , domanda che avrebbe implicitamente contenuto anche la domanda di accertamento RAGIONE_SOCIALE sussistenza del credito delle società derivante da tutte le operazioni finanziarie intercorse con RAGIONE_SOCIALE (in numero di 247, intercorse tra le parti, dal 1987 al 1993) ma si sarebbe pronunciato ‘su una domanda di accertam ento RAGIONE_SOCIALE responsabilità contrattuale di RAGIONE_SOCIALE per avere ingiustamente recuperato dalla società RAGIONE_SOCIALE (stante la natura pro soluto delle cessioni di credito intercorse tra le parti) delle somme, a fronte del mancato incasso (totale o parziale) dei crediti a suo tempo ceduti da RAGIONE_SOCIALE dalle predette società, domanda questa mai formulata dagli odierni ricorrenti’ ;
1.2. con il secondo motivo, denunciano ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c.: motivazione apparente per non aver la Corte d’Appello
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di Torino espresso l’iter logico per cui ha escluso la sussistenza di un credito delle società RAGIONE_SOCIALE per l’ipotesi di cessione pro solvendo delle cessioni per cui è causa, come invece domandato dagli attori in riassunzione ; in particolare, sostengono che la Corte d’appello avrebbe affermato che RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata in credito per gli importi portati dai decreti ingiuntivi passati in giudicato, senza considerare che, se si fossero tenute presenti tutte le cessioni intervenute tra le parti nel corso del rapporto (che sarebbero state in numero di 247) e non solo quelle (in numero di 20) azionate da RAGIONE_SOCIALE con i due decreti ingiuntivi del 1994, erano le predette società ad essere in credito verso RAGIONE_SOCIALE e non viceversa; che la prova del loro credito sarebbe emersa dai COGNOME COGNOME e che il credito sarebbe sussistito anche se le cessioni fossero state pro solvendo come ritenuto dalla Corte d’appello ; la motivazione RAGIONE_SOCIALE sentenza sarebbe solo apparente in quanto non ha spiegato perché le società non sono in credito nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, come invece risulterebbe dai COGNOME COGNOME;
1.3. con il terzo motivo di ricorso, i ricorrenti denunciano in relazione a ll’art. 360 n. 5 c.p.c.: motivazione apparente, per non aver la Corte di Appello di Torino espresso l’iter logico seguito per affermare l’ammissibilità delle domande svolte dagli attori in riassunzione, così come erroneamente qualificate dalla Corte stessa ; i ricorrenti sostengono che la Corte d’appello non avrebbe spiegato come abbia potuto ritenere ammissibili le domande contrattuali proposte dalle società, in quanto non coperte dalle transazioni stipulate nel 1997 tra i Fallimenti e RAGIONE_SOCIALE, dopo aver affermato che la situazione creditoria di RAGIONE_SOCIALE all’esito dei rapporti intercorsi era stata definitivamente accertata
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con i decreti ingiuntivi ottenuti ante fallimento, che i decreti ingiuntivi avevano formato oggetto delle transazioni intervenute con i curatori fallimentari nel 1997 e che le transazioni non erano più discutibili, stante l’intervenuta prescrizione RAGIONE_SOCIALE d omanda di annullamento delle stesse;
1.4. con il quarto motivo di ricorso, i ricorrenti denunciano in relazione a ll’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.: omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti; motivazione apparente; violazione e falsa applicazione degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c. per mancato compiuto esame degli atti e documenti di causa ; i ricorrenti sostengono che dal contenuto dei COGNOME COGNOME emergerebbe che le operazioni di cessione intercorse tra RAGIONE_SOCIALE e le Società si sarebbero chiuse con una differenza contabile a credito delle Società; che questa differenza contabile costituirebbe un fatto; che questo fatto sarebbe stato riconosciuto da entrambe le parti in causa; che l’esame di tale fatto sarebbe stato omesso dal giudice d’appello in sede di rinvio; che i COGNOME COGNOME, ove letti correttamente, avrebbero evidenziato la situazione creditoria delle società; che la Corte d’appello si sarebbe erroneamente appiattita sulle contrarie risultanze RAGIONE_SOCIALE CTU senza ‘leggere con attenzione’ anche le integrazioni alla stessa; che tutte le parti in causa avrebbero riconosciuto l’esistenza di una differenza contabile a favore delle Società all’esito delle 247 operazioni finanziarie complessivamente intercorse tra le parti; che il giudice di rinvio non avrebbe effettuato alcun esame di tutte le suddette operazioni (cfr. pagg. 57-68 in ricorso ove si commentano i COGNOME COGNOME), lamentando che né il CTU, né la Corte d’appello anche in sede di giudizio di rinvio, avrebbero considerato le effettive risultanze che,
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a dire dei ricorrenti, da tali COGNOME emergerebbero intercorse durante il rapporto con RAGIONE_SOCIALE;
1.5. col quinto motivo di ricorso, i ricorrenti denunciano ai sensi dell ‘ art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.: violazione e falsa applicazione degli artt. 101 e 111 Cost. e degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c., per mancato compiuto esame degli atti e documenti di causa, nonché art. 1354 c.c.; motivazione apparente ; i ricorrenti ripercorrono il ragionamento seguito dal giudice di rinvio in merio a ll’interpretazione del contratto di factoring per concludere che le cessioni di credito avvenute nell’ambito di tale rapporto e rano pro solvendo in base alla intenzione delle parti contraenti e all’ interpretazione complessiva del contratto, nonché all’ esecuzione data; in particolare evidenziano che la Corte di merito ha affermato che il contratto di factoring stipulato era pro soluto fino a che non diventava pro solvendo , per effetto dell’inadempimento del debitore ceduto, purché RAGIONE_SOCIALE inviasse a RAGIONE_SOCIALE apposita lettera a.r. (quella di cui all’art. 9C del contratto di factoring ) con la quale la informava del verificarsi di una delle condizioni indicate all’art. 9B del contratto; sostengono che, anche se la Corte d’appello ha rilevato che le Società avevano espressamente ammesso e riconosciuto la fondatezza degli storni effettuati dalla RAGIONE_SOCIALE (pag. 30 RAGIONE_SOCIALE sentenza gravata) -il che peraltro sarebbe contestato dai ricorrenti -, la stessa decisione non avrebbe motivato sulle ragioni per cui aveva ritenuto che tutte le cessioni fossero pro solvendo , mentre RAGIONE_SOCIALE aveva prodotto la documentazione afferente alla comunicazione alla cedente del mancato pagamento da parte del debitore ceduto solo in relazione a 18 operazioni su 216 complessive e precisamente RAGIONE_SOCIALE aveva prodotto in giudizio
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soltanto la documentazione contabile afferente alla richiesta dei due decreti ingiuntivi e che solo in relazione alle 18 operazioni prese in considerazione in quella sede RAGIONE_SOCIALE aveva documentato di aver comunicato di avvalersi RAGIONE_SOCIALE clausola ‘salvo incasso’, mentr e tale prova non sarebbe stata fornita in relazione alle altre cessioni (in numero di 216); sarebbe pertanto evidente -ad avviso dei ricorrenti -l’illogicità e l’apparenza RAGIONE_SOCIALE motivaz ione RAGIONE_SOCIALE Corte di merito, la cui conclusione non seguirebbe le premesse; inoltre, la Corte d’appello, nel ritenere valida la clausola di cui all’art. 9 B del contratto di factoring, avrebbe ‘finito per violare il disposto di cui all’art. 1354 c.c.’;
1.6. col sesto motivo di ricorso (per evidente lapsus calami nuovamente rubricato col numero 5, cfr. ricorso pagina 73) i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.: violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 2 l. 52/1992, art. 1, co. 1. DM 12.5.1992, Provvedimento Banca d’Italia 16 giugno 1992 Sezione I, artt. 1322 e 1858 c.c. ; in particolare, censurano l’affermazione RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata secondo cui nell’esercizio RAGIONE_SOCIALE loro autonomia contrattuale le parti in causa ben potevano stipulare con effetti tra di loro obbligatori contratti di cessione di credito che recepissero l a disciplina dello sconto di cui all’art. 1858 c.c.; essi affermano che RAGIONE_SOCIALE esercitava professionalmente l’attività di acquisto e di cessione di crediti di impresa ex l. 52/1991 e che solo nel corso del 1994 era risultata iscritta nell’apposito albo istituito dalla Banca d’Italia ( in particolare dal 1 marzo 1994 RAGIONE_SOCIALE risultava iscritta iscritta nell’ ‘Elenco speciale delle società finanziarie di cui all’art. 107 del D.Lgs. 385/93’); sostengono che la Corte d’appello avrebbe dovuto rilevare la nullità delle cessioni di credito ex art.
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1858 c.c. in quanto avvenute al di fuori delle norme stabilite dalla L. 52/1991, del D.M. 12.5.1992 e del Provvedimento Banca d’Italia del 16.6.1992 e chiedono che codesta Suprema Corte rilevi d’ufficio la asserita nullità dei contratti di cessione;
1.7. col settimo motivo di ricorso, (rubricato col numero 6) i ricorrenti denunciano ai sensi dell’ Art. 360 n. 3 c.p.c.: violazione e falsa applicazione dell’art 97 c.p.c. , e nello specifico, lamentano l’ ingiustizia RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata che li ha condannati alla rifusione in solido delle spese di lite in favore di RAGIONE_SOCIALE; in particolare, sostengono l’insussistenza RAGIONE_SOCIALE comunanza di interesse che giustifica la condanna solidale delle parti soccombenti alla rifusione delle spese ai sensi dell’art. 97 c.p. c., come invece affermato dalla Corte d’appello, la quale ha rilevato che «Dette somme sono a carico solidale di parti attrici nei confronti di parte convenuta, e ripartite in quote eguali nei rapporti interni fra le medesime parti, in ragione dell’eguale interesse delle parti alla domanda complessivamente proposta ed alla parità nella causazione delle stesse spese» (così la sentenza gravata a pag. 45);
2. con il primo motivo del ricorso incidentale condizionato, la società, odierna controricorrente, denuncia l’omessa pronuncia sull’eccezione di giudicato e mancato rilievo RAGIONE_SOCIALE stessa; la violazione dell’art. 112 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c. e violazione dell’art. 2909 c.c. ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. ; nello specifico, costituendosi nel giudizio di rinvio, COGNOME aveva eccepito che il giudicato formatosi sui due decreti ingiuntivi aveva coperto nei confronti dei soggetti ingiunti tutti i rapporti di debito e credito derivanti dai contratti intercorsi con le società, in esito ai quali residuavano i crediti azionati in INDIRIZZO, così che tali rapporti
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e tali crediti non potevano essere rimessi in discussione nel giudizio radicato dagli odierni ricorrenti (cfr. pagg. 38 e 39 del controricorso); la sentenza ha dato atto RAGIONE_SOCIALE definitività dei due decreti ingiuntivi, ma non ha tratto da ciò le corrette conseguenze sul piano giuridico, omettendo di pronunciarsi sull’eccezione di giudicato sollevata da RAGIONE_SOCIALE in violazione dell’art. 2909 c.c. e violando il principio di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato;
2.2. con il secondo motivo di ricorso incidentale, COGNOME denuncia ‘solo in via cautelativa, essendo state respinte dalla s entenza le domande proposte da NOME COGNOME‘ l’omesso rilievo del passaggio in giudicato RAGIONE_SOCIALE statuizione che aveva respinto la domanda di risarcimento del danno esistenziale proposta dalla signora NOME COGNOME; la violazione dell’art. 112 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c. e violazione dell’art. 2909 c.c. ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. ; in particolare, la ricorrente incidentale sostiene che la domanda di risarcimento del danno esistenziale proposta dalla RAGIONE_SOCIALE era stata rigettata in primo grado e tale statuizione, non essendo stata oggetto di gravame, sarebbe passata in giudicato e rappresenta di aver eccepito l’inammissibilità RAGIONE_SOCIALE domanda in parola riproposta in sede di rinvio dalla COGNOME; deduce che la Corte di merito, con la sentenza impugnata in questa sede, avrebbe omesso di rilevare il passaggio in giudicato di detta statuizione e, anziché dichiarare inammissibile per tale ragione la domanda, l’avrebbe respinta nel merito, così violando gli artt. 112 c.p.c. e 2909 c.c.;
venendo all’esame del ricorso principale :
3.1. il primo motivo va disatteso in quanto inammissibile; con esso formalmente i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione di numerose norme sostanziali e processuali,
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sebbene nella sostanza esso attenga a profili di fatto e tenda a suscitare dalla Corte di cassazione un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello formulato dalla Corte d’appello, omettendo di considerare che tanto l’accertamento dei fatti, quan to l’apprezzamento – ad esso funzionale – delle risultanze istruttorie è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 04/07/2017, n. 16467; Cass.23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499);
3.1.1. in particolare, non sussiste la violazione del principio del chiesto e del pronunciato per avere la Corte d’appello erroneamente interpretato ed equivocato la domanda proposta dagli odierni ricorrenti;
ebbene la Corte piemontese, definito l’ambito del rinvio entro il quale era chiamata a pronunciare, tenuto conto RAGIONE_SOCIALE sentenza rescindente di questa Corte che aveva ritenuto apparente la motivazione resa dalla precedente sentenza di secondo grado, con valutazione incensurabile in questa sede, ha premesso che «all’origine di tutto vi fu un rapporto di fornitura di componenti meccanici, elettrici e elettromeccanici per auto, svolta nei primi anni 90 del secolo scorso tra le due società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e società del RAGIONE_SOCIALE, come RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE Le RAGIONE_SOCIALE ritennero di finanziare le loro attività mediante la cessione di crediti prima del loro adempimento, la prima mediante factoring , la seconda mediante rapporti di cessione dei crediti con
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RAGIONE_SOCIALE, oggi RAGIONE_SOCIALE» pag. 20 RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata);
la Corte d’appello ha poi motivatamente ricostruito, sulla scorta delle acquisizioni istruttorie, la natura delle cessioni di credito de quibus come cessioni pro solvendo (pagg. 26 e 27 RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata) e con riferimento al rapporto tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE ha accertato che il rapporto si attuò « mediante singole cessioni qualificate ‘ Cessione di credito ex art. 1858 c.c.’ » (…) qualificate ciascuna come « ‘sconto’» ; sul punto, osservando che esse furono altrettante cessioni di crediti pro solvendo, e quindi, con il rischio dell’inadempimento a carico RAGIONE_SOCIALE società cedente (pagg. 28 e 29 RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata);
pertanto, ha ritenuto che al momento delle due transazioni del 1997, l’oggetto di esse era limitato alla definizione delle quattro azioni in atto al momento RAGIONE_SOCIALE loro stipulazione: due opposizioni ai crediti RAGIONE_SOCIALE (oggi RAGIONE_SOCIALE) pretesi con i due sopra citati decreti ingiuntivi, una opposizione allo stato passivo del fallimento RAGIONE_SOCIALE ed una contrapposta azione in revocatoria fallimentare proposta dal fallimento per le cessioni di credito comprese nel biennio precedente alla sentenza di fallimento (pagg. 34 e 35 RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata);
la Corte d’appello ha , quindi, concluso, per un verso, che non era emerso «in alcun modo che fra i fallimenti e parte convenuta esistessero a quel momento altri contenziosi in atto, o potenziali da essere oggetto di transazione» (pag. 35 RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata) e, per l’altro verso, che le transazioni poste in essere tra RAGIONE_SOCIALE ed i fallimenti, avendo definito i crediti oggetto dei decreti ingiuntivi, poi insinuati nei passivi fallimentari, riguardavano proprio i saldi creditori in favore di RAGIONE_SOCIALE
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RAGIONE_SOCIALE derivanti dai rapporti contrattuali intercorsi con le società fallite ovvero che dette transazioni «coinvolgevano tutte le cause pendenti, e cioè le pretese creditorie che RAGIONE_SOCIALE (oggi RAGIONE_SOCIALE) aveva fatto valere nei ricorsi monitori numero 6159/1994 e numero 6161/1994 prima e poi nella richiesta di insinuazione al passivo e la revocatoria fallimentare, con la conseguenza che l’ambito delle transazioni era stato determinato e limitato a dette controversie. Tale era il perimetro delle due transazioni del 1997 (…) » (pagg. 37 e 38 RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata);
con le doglianze formulate, la parte ricorrente non si avvede neppure RAGIONE_SOCIALE ratio decidendi con cui la Corte d’appello, nella decisione impugnata, ha pure dichiarato l’inammissibilità RAGIONE_SOCIALE domanda di annullamento di dette transazioni -allora proposta e riproposta dagli odierni ricorrenti nelle conclusioni del ricorso (a pag. 83)- stante il rilevato giudicato endoprocessuale in quanto domanda dichiarata prescritta nella prima sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello (sentenza n.189/2016) con statuizione non impugnata per cassazione sul punto (cfr. sentenza impugnata pag. 38);
3.1.2. del tutto inammissibili, anche le evocate censure di violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in quanto, come affermato da tempo da questa Corte, con il ricorso per cassazione non è possibile dedurre una censura l’ erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, salvo (e non è il caso di specie) se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base RAGIONE_SOCIALE decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico,
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RAGIONE_SOCIALE AVV_NOTAIO elementi di prova soggetti invece a valutazione (tra tante, di recente, Cass. Sez. 1, 1/03/2022 n. 6774);
pretese violazioni che, nella specie, oltre che risultare insussistenti, restano sostanzialmente inammissibili perché addirittura non spiegate; è sufficiente in proposito sottolineare che le doglianze relative alla pretesa mancata comunicazione da parte di RAGIONE_SOCIALE dei mancati pagamenti da parte dei debitori ceduti in relazione a tutte le operazioni di cessione intercorse e quelle relative alla mancata produzione RAGIONE_SOCIALE documentazione contabile (pagg. 70 e 71 del ricorso) risultano del tutto generiche e non rispettose dei criteri di specificità, completezza e localizzazione degli atti ai sensi dell’art. 366 c.p.c., criteri previsti per il ricorso per cassazione, a pena di inammissibilità;
3.2. il secondo motivo del ricorso principale è inammissibile e va disatteso;
con esso i ricorrenti insistono, sotto il profilo dell’ apparenza RAGIONE_SOCIALE motivazione, nel paventare che la Corte d’appello avrebbe omesso di spiegare l’ iter logico mediante cui ha escluso la sussistenza di un credito residuo delle società RAGIONE_SOCIALE e ha ritenuto infondate le domande da responsabilità contrattuale proposte, sebbene non coperte dall’oggetto delle transazioni medesime;
in proposito, il Collegio rileva che, secondo quanto affermato dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte la motivazione è apparente quando essa, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni RAGIONE_SOCIALE decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’ iter logico seguito per la
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formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice; sostanzialmente omogenea alla motivazione apparente è poi quella perplessa e incomprensibile : in entrambi i casi, invero – e purché il vizio risulti dal testo RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali – l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata per cassazione (cfr. Cass. sez. 1, 3/03/2022 n. 7090; Cass. sez. un. 5 agosto 2016 n. 16599; Cass. sez. un. 7 aprile 2014, n. 8053 e ancora, tra tante, Cass. civ. n. 4891 del 2000; n. 1756 e n. 24985 del 2006; n. 11880 del 2007; n. 161, n. 871 e n. 20112 del 2009);
secondo i criteri appena richiamati, la sentenza impugnata è esente dalle pretese censure;
ebbene, la Corte torinese in relazione ai c.d. COGNOME COGNOME, lungi dall’aver motivato in apparenza o omesso di pronunciare, ha evidenziato:
che essi apparivano del tutto irrilevanti ai fini probatori perché si limitavano ad indicare vari movimenti finanziari, ma non incidevano sulla natura giuridica delle cessioni in questione che, proprio dall’esame dei contratti inter partes , risultavano come cessioni pro solvendo ;
-che gli evocati COGNOME, così come le dichiarazioni rese in sede penale dal COGNOME, confermavano la natura pro solvendo delle cessioni e quindi, militavano contra e non a favore RAGIONE_SOCIALE tesi degli appellati, dal momento che dall’analisi dei medesimi emergeva che i crediti ceduti erano stati concretamente trattati
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come crediti ceduti pro solvendo e non come crediti ceduti pro soluto ;
che la CTU contabile esperita in primo grado, con cui erano state esaminate anche le considerazioni dei Consulenti tecnici di parte, aveva concluso -allo stato degli atti e dei documenti esaminati -come non fosse possibile determinare l’esatta situazione dei rapporti di dare e avere; ed aveva evidenziato che gli allegati ai COGNOME COGNOME erano incompleti, sembravano presentare incongruenze e non erano sufficienti a determinare il rapporto di debito e credito tra le parti riferito all’intero periodo in cui i rapporti si erano svolti (pagg. 40 -42 RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata);
3.3. Inammissibile e da disattendere è il terzo motivo del ricorso principale, con cui i ricorrenti denunciano il vizio di motivazione apparente in ordine alla ritenuta ‘ ammissibilità delle domande svolte dagli attori in riassunzione, così come erroneamente qualificate dalla Corte stessa ‘ ;
la censura va disattesa, tenuto conto che, ritenute motivatamente ammissibili le domande, la Corte d’appello le ha espressamente reputate infondate, e dunque la doglianza è inammissibile per difetto di interesse;
3.4. sono inammissibili il quarto e il quinto motivi del ricorso principale, che possono essere congiuntamente esaminati, stante l’evidente vincolo di connessione, sotto un triplice profilo;
3.4.1. in primo luogo, in relazione alla dedotta violazione di omesso esame di un fatto decisivo; in proposito va evidenziato che il ‘fatto’ di cui può denunciarsi con ricorso per cassazione l’omesso esame, ai sensi dell’art.360 n.5 c.p.c., deve essere un fatto storico vero e proprio avente carattere di fatto principale, ex
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AVV_NOTAIO. I. RAGIONE_SOCIALE art. 2697 c.c. (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) o di fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale) e deve altresì possedere i due necessari caratteri dell’essere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso RAGIONE_SOCIALE controversia) e dall’aver formato oggetto di controversia tra le parti (Cass. Sez. U, 07/04/2014, n. 8053; Cass. 29/10/2018, n. 27415; Cass. 08/09/2016, n. 177761), sicché non costituisce omissi one censurabile, ai sensi RAGIONE_SOCIALE norma richiamata, l’omesso esame di elementi istruttori precostituiti o costituendi, (nella specie, si imputa alla Corte d’appello di non aver evinto dai COGNOME COGNOME che le operazioni di cessione intercorse che le operazioni di cessione intercorse tra RAGIONE_SOCIALE e le società RAGIONE_SOCIALE si sarebbero chiuse con una differenza contabile a credito di queste ultime) qualora il fatto storico rilevante in causa (e cioè, la circostanza controversa RAGIONE_SOCIALE natura effettiva delle cessioni intercorse tra le parti) sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie;
nel caso di specie, le dedotte circostanze sono state espressamente considerate dalla Corte di merito, la quale, nell’esercizio dell’insindacabile potere di valutazione delle risultanze istruttorie, ha, ritenuto accertato, con ampia motivazione, che le cessioni di credito intercorse nell’ambito del contratto di factoring e quelle nell’ambito delle operazioni di cessione denominate ‘sconto’, erano tutte pro solvendo e che, a fronte degli storni effettuati da RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE per inesistenza dei crediti ceduti (cfr. sentenza impugnata pag. 42 ultimo capoverso), legittimamente RAGIONE_SOCIALE aveva via via
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compensato sui successivi anticipi i crediti derivantile da tali storni, giungendo alla situazione creditoria finale oggetto dei due decreti ingiuntivi (cfr. sentenza impugnata pagg. 26 – 30);
3.4.2. in secondo luogo, le evocate censure di violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. sono del tutto inammissibili per quanto già osservato nel precedente punto 3.1.2. con riferimento al primo motivo di ricorso;
3.4.3. infine, è inammissibile la censura prospettata nel quinto motivo, con cui si reitera il vizio di motivazione apparente in relazione ad una generica violazione dei criteri legali di interpretazione contrattuale in considerazione di quanto già osservato con riferimento al secondo motivo di ricorso;
3.5. é inammissibile il sesto motivo del ricorso principale;
va sottolineato che RAGIONE_SOCIALE questione sollevata dai ricorrenti sulla pretesa violazione da parte RAGIONE_SOCIALE società controricorrente delle norme in tema di iscrizione all’Albo di cui all’art. 2 L. 52/1991 e norme attuative successive, la sentenza impugnata non fa alcun cenno e la censura prospettata viola il principio di completezza e specificità previsto da ll’art. 366 n. 6 c.p.c., non avendo i ricorrenti dedotto in quali atti del giudizio tali deduzioni sono state svolte;
è sufficiente richiamare al riguardo quanto affermato da questa Corte con il seguente principio: qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere RAGIONE_SOCIALE parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità RAGIONE_SOCIALE censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla
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Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito RAGIONE_SOCIALE suddetta questione’ (tra tante, Cass. 31/3/2020 n. 7624; nello stesso senso Cass. 13/12/2019 n. 32804); e se è pur vero che la nullità del contratto posta a fondamento dell a domanda è rilevabile d’ufficio, tuttavia la stessa non può essere accertata sulla base di una ‘nuda’ eccezione sollevata per la prima volta con il ricorso per cassazione, basata su contestazioni in fatto in precedenza mai effettuate, a fronte RAGIONE_SOCIALE quale la controparte sarebbe costretta a subire il vulnus delle maturate preclusioni processuali (v. pure Cass. 9/08/2019, n. 21243 e Cass., ord., 19/0272020, n. 4175) e peraltro il rilievo officioso è consentito sempre che tale nullità sia desumibile dagli atti ritualmente e, quindi, tempestivamente acquisiti al processo (Cass. 11/12/2023, n. 34590);
3.7. il settimo motivo è manifestamente infondato;
come già evidenziato da questa Corte, la condanna solidale al pagamento delle spese processuali può essere pronunciata non solo quando vi sia indivisibilità o solidarietà del rapporto sostanziale, ma pure nel caso in cui sussista una mera comunanza di interessi che può desumersi anche dalla semplice identità delle questioni sollevate e dibattute ovvero dalla convergenza di atteggiamenti difensivi diretti a contrastare la pretesa avversaria, costituendo una siffatta pronuncia esercizio di una facoltà discrezionale del giudice di merito, secondo un apprezzamento incensurabile in sede di legittimità se congruamente e logicamente motivato; con la precisazione che la condanna in solido è consentita anche quando i vari soccombenti abbiano proposto domande di valore notevolmente diverso, purché accomunate dall’interesse al riconoscimento di un fatto costitutivo comune,
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RAGIONE_SOCIALE rispetto al quale vi sia stata convergenza di questioni di fatto e di diritto (cfr. Cass. 17/10/2016 n. 20916 e Cass 30/10/2018. n. 27476);
la Corte d’appello si è posta in linea con l’orientamento appena richiamato e ha affermato: «Dette somme sono a carico solidale di parti attrici nei confronti di parte convenuta, e ripartite in quote eguali nei rapporti interni fra le medesime parti, in ragione dell’eguale interesse delle parti alla domanda complessivamente proposta ed alla parità nella causazione delle stesse spese’ (sentenza impugnata a pag. 45) ;
in conclusione, dal rigetto del ricorso principale discende l’assorbimento di quello incidentale condizionato, le spese del giudizio di legittimità seguono il principio di soccombenza e si liquidano in dispositivo a carico RAGIONE_SOCIALE parte ricorrente, in solido, in favore RAGIONE_SOCIALE parte resistente;
il rigetto del ricorso comporta la dichiarazione di sussistenza, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dei presupposti per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALE parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
Per questi motivi
la Corte rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale, e condanna i ricorrenti principali, in solido, a rifondere, in favore RAGIONE_SOCIALE parte controricorrente, il pagamento delle spese processuali, che liquida in complessivi Euro 15.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti per il versamento,
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da parte dei ricorrenti principali , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE Sezione