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Cessione in blocco: prova con Gazzetta Ufficiale

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un garante che contestava la titolarità di un credito in capo a una società di cartolarizzazione. La Corte ha ribadito un principio consolidato: nella cessione in blocco di crediti bancari, la pubblicazione dell’avviso in Gazzetta Ufficiale è una prova sufficiente del trasferimento, senza la necessità di produrre in giudizio il contratto di cessione specifico. Questa pronuncia consolida le formalità probatorie a carico delle società cessionarie.

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Cessione in blocco: prova con Gazzetta Ufficiale sufficiente

L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame affronta una questione cruciale nel contenzioso bancario: quali sono gli oneri probatori per una società cessionaria che agisce per il recupero di un credito derivante da una cessione in blocco? Con una decisione che conferma un orientamento ormai consolidato, la Suprema Corte stabilisce che la pubblicazione dell’avviso di cessione in Gazzetta Ufficiale è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito, semplificando notevolmente il processo per i cessionari.

I Fatti di Causa

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di una garante (fideiubente) al pagamento di una somma ingente in favore di una società finanziaria, a garanzia di un debito contratto da una società terza. La garante proponeva appello, lamentando diversi vizi della sentenza di primo grado. La Corte d’Appello accoglieva parzialmente il gravame, riducendo l’importo dovuto in considerazione di una transazione e di alcuni pagamenti effettuati da altri condebitori.

Non soddisfatta, la garante ha presentato ricorso per cassazione contro la società di cartolarizzazione, nel frattempo divenuta titolare del credito, articolando tre motivi di doglianza.

I Motivi del Ricorso e la questione della Cessione in Blocco

Il cuore della controversia portata all’attenzione della Suprema Corte risiedeva nel primo motivo di ricorso. La ricorrente sosteneva che la società cessionaria non avesse adeguatamente provato la propria legittimazione ad agire. Secondo la sua tesi, la mera produzione in giudizio dell’avviso di cessione in blocco pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale non era sufficiente. A suo dire, la società avrebbe dovuto depositare anche il contratto di cessione per dimostrare che il suo specifico credito era effettivamente incluso nell’operazione di trasferimento.

Gli altri due motivi, di natura più tecnica, riguardavano l’errata interpretazione da parte della Corte d’Appello di un atto di transazione e la mancata considerazione del carattere accessorio della garanzia fideiussoria rispetto al debito principale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le censure della garante.

Sulla prova della cessione in blocco

Sul punto centrale, la Corte ha ribadito con forza il suo orientamento consolidato. In materia di cessione in blocco dei crediti da parte di una banca, ai sensi dell’art. 58 del Testo Unico Bancario, la pubblicazione dell’avviso sulla Gazzetta Ufficiale costituisce il veicolo legale per portare a conoscenza dei debitori l’avvenuto trasferimento. Tale pubblicazione è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario, a condizione che l’avviso contenga l’indicazione delle categorie dei rapporti ceduti, permettendo così di individuare senza incertezze i crediti oggetto dell’operazione.

La Corte ha specificato che non è necessaria una specifica ed analitica enumerazione di ciascun rapporto, essendo sufficiente che gli elementi comuni delle categorie indicate consentano di identificare i crediti inclusi. La valutazione circa l’idoneità di tale avviso a provare la cessione dello specifico credito controverso è un accertamento di fatto, devoluto al giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato.

Sugli altri motivi di ricorso

La Cassazione ha giudicato inammissibili anche gli altri motivi. La critica all’interpretazione dell’atto di transazione è stata respinta perché si risolveva in una mera contrapposizione tra l’interpretazione proposta dalla ricorrente e quella, motivata, del giudice d’appello. Un simile approccio non è consentito in Cassazione, dove non si può procedere a un nuovo esame del merito della causa.

Infine, il terzo motivo è stato considerato inammissibile in quanto sollevava una questione nuova, non trattata nei precedenti gradi di giudizio, e per violazione del principio di autosufficienza, non avendo la ricorrente trascritto il contenuto del contratto di fideiussione da cui sarebbe dovuto emergere il carattere accessorio della garanzia.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

L’ordinanza conferma un principio di fondamentale importanza pratica per il settore del recupero crediti NPL (Non-Performing Loans). Stabilire che la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale è una prova sufficiente della cessione in blocco alleggerisce l’onere probatorio delle società di cartolarizzazione, che non sono costrette a produrre in ogni singolo giudizio i voluminosi e complessi contratti di cessione. Per il debitore o il garante che intende contestare la titolarità del credito, non è sufficiente una generica eccezione: sarà necessario fornire elementi specifici per dimostrare che il proprio debito, per le sue caratteristiche, non rientra nelle categorie descritte nell’avviso pubblicato.

Come può una società di cartolarizzazione provare in giudizio di essere la titolare di un credito acquistato tramite una cessione in blocco?
Secondo la Corte di Cassazione, è sufficiente produrre l’avviso di cessione pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Questo documento è considerato prova adeguata del trasferimento del credito, a patto che indichi chiaramente le categorie di crediti ceduti in modo da rendere identificabili quelli oggetto della cessione.

È necessario che l’avviso di cessione in blocco elenchi singolarmente tutti i crediti trasferiti?
No. La Corte ha chiarito che non è richiesta una specifica enumerazione di ogni singolo rapporto di credito. È sufficiente che l’avviso descriva le categorie di crediti ceduti (ad esempio, per tipologia, periodo di origine, stato di sofferenza) con elementi comuni tali da permettere di individuare senza incertezze i rapporti inclusi nell’operazione.

Può il debitore contestare in Cassazione l’interpretazione di un contratto (come un accordo di transazione) data dal giudice di merito?
No, non se la contestazione si limita a proporre una propria interpretazione diversa da quella accolta nella sentenza impugnata. Il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove riesaminare i fatti. Per contestare l’interpretazione di un contratto, il ricorrente deve specificare quali canoni legali di interpretazione (artt. 1362 e ss. c.c.) il giudice ha violato e in che modo, non semplicemente sostenere che il contratto andava letto diversamente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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