Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23852 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23852 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 33598/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE quale mandataria di RAGIONE_SOCIALE a sua volta cessionaria di RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME Emilio (CODICE_FISCALE,
-ricorrente-
contro
Fallimento RAGIONE_SOCIALE, già Fallimento NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Ascoli Piceno INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende,
-controricorrente-
avverso il decreto del Tribunale di Macerata n. 1354/2019 depositato il 07/10/2019,
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE qualificandosi cessionaria di crediti originariamente in capo alla Banca delle Marche spa e transitati,
per effetto di atti di cessione, dapprima in Nuova Banca delle Marche spa e successivamente in Rev Gestione Crediti RAGIONE_SOCIALE, chiese che fossero ammessi allo stato passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE, già Fallimento NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, plurimi crediti, per un totale di € 6.401.454,86 (di cui € 4.095.395,10 in collocazione privilegiata ipotecaria), derivanti da fideiussione prestata dalla società in bonis in favore della soc. RAGIONE_SOCIALE, prestiti e finanziamenti, due dei quali garantiti da ipoteca.
Il decreto di esecutività dello stato passivo escluse i crediti insinuati per diverse ragioni tra le quali la mancata dimostrazione della titolarità del diritto di credito.
Il Tribunale di Macerata respingeva l’opposizione allo stato passivo proposta RAGIONE_SOCIALE rappresentata dalla mandataria RAGIONE_SOCIALE confermando la carenza di legittimazione dell’opponente.
3.1. Il Tribunale marchigiano, dopo aver riportato tutti i passaggi delle posizioni creditorie derivanti da rapporti originariamente in capo a Banca delle Marche spa, sottoposta alla procedura di Amministrazione straordinaria, rilevava che mentre per la prima cessione (da Banca delle Marche spa a Nuova Banca delle Marche spa) non sorgeva alcun dubbio sul passaggio dei crediti alla cessionaria, in quanto trattavasi di cessione in blocco (di tutti i diritti, passività ed attività), altrettanto non poteva dirsi per la seconda e terza cessione.
In particolare, la seconda vicenda successoria – da Nuova Banca delle Marche RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE – prevedeva la cessione solo parziale, escludendo alcune tipologie di crediti, per la cui individuazione era necessario attingere alla situazione contabile consolidata della Banca delle Marche alla data del passaggio (30/9/2015), mentre la terza cessione – da RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE – faceva riferimento ad un contratto concluso tra soggetti privati e la ricorrente non aveva prodotto il contratto di
cessione, limitandosi a versare in atti una dichiarazione del preteso cedente.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione del decreto affidandosi ad un unico motivo. Il Fallimento ha svolto difese con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il mezzo di impugnazione denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2967 c.c., 58 d.lgs. n. 385/1993 e 4 l. 130/1999, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1° , n. 3, c.p.c., per avere il Tribunale, quanto alla seconda cessione, ritenuto non provata l’inclusione in essa dei crediti fatti valere in sede fallimentare dalla dimostrazione che gli stessi non rientravano tra quelli espressamente esclusi dalla cessione, così violando il principio della ripartizione dell’onere probatorio. In particolare, a dire della ricorrente, la Banca avrebbe assolto l’onere di provare la cessione in blocco dei crediti, mentre spettava alla curatela allegare e dimostrare che i crediti azionati non rientravano nel perimetro della cessione, essendone stati esclusi, non potendosi pretendere da chi agisce in giudizio la prova di un fatto negativo.
Con riferimento alla terza cessione viene ascritto al Tribunale di aver errato nel non aver ritenuto sufficiente, ai fini della prova dell’inclusione dei crediti insinuati al passivo , la produzione dell’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale recante l’indicazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno di essi.
Va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso sul presupposto che la procura rilasciata in calce al ricorso risulta sottoscritta di pugno ma il relativo file non contiene la sottoscrizione con firma digitale p7m.
2.1. Questa Corte ha avuto modo precisare che «in tema di ricorso per cassazione, l’inammissibilità consegue soltanto alla mancanza
di sottoscrizione del difensore sull’originale del ricorso (art. 365 c.p.c.), mentre la mancata sottoscrizione della copia notificata non dà luogo a nullità, a meno che non si determini assoluta incertezza sull’identificazione della parte e del difensore» (cfr. Cass. S.U. n. 11632/03, confermata da numerose sentenze successive, tra cui, da ultimo, Cass. n. 4548/11 e n. 3791/14).
2.2. Nel caso di specie, l’originale del ricorso e la procura in calce sono in formato analogico; l’atto da notificare non consiste in un documento informatico ma in un documento cartaceo.
Poiché questi documenti risultano sottoscritti in originale di proprio pugno dal procuratore speciale (per come risulta dall’originale depositato in formato cartaceo ai sensi dell’art. 369 c.p.c.) e poiché, per la modalità di notificazione prescelta (a mezzo di PEC con indirizzo del mittente risultante da pubblico elenco), non vi è incertezza alcuna sull’identificazione della parte e del difensore, non può essere messa in discussione la regolarità dell’instaurazione del contraddittorio.
In secondo luogo, l’eccezione sarebbe comunque infondata, perché la notificazione con modalità telematica ha raggiunto lo scopo di portare a conoscenza del Fallimento destinatario il ricorso per cassazione. In proposito, va ribadito che l’irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna telematica ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale (cfr. Cass. S.U. n. 7665/16, relativa ad un controricorso notificato in “estensione.doc”, anziché “formato.pdf”).
Venendo all’esame del ricorso, il motivo è, nel suo complesso, infondato.
3.1. Con riferimento alla seconda cessione va rilevato che, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, la violazione del precetto di cui all’art. 2697 cod. civ. si configura solo nell’ipotesi in
cui il giudice di merito abbia applicato la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo -cioè attribuendo l’ onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata, secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costitutivi ed eccezioni -ma non anche laddove si contesti il concreto apprezzamento delle risultanze istruttorie, assumendosi che le stesse non avrebbero dovuto portare al convincimento raggiunto dal giudice di merito (Cass. 1634/2020, 17313/2020, 26769/2018, 13395/2018 e 26366/2017).
3.2. Va, altresì, precisato che la parte che agisce affermandosi successore a titolo particolare della parte creditrice originaria in virtù di un’operazione di cessione in blocco ex art. 58 d.lgs. n. 385 del 1998, ha l’onere di dimostrare l’inclusione del credito oggetto di causa nell’operazione di cessione in blocco, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, a meno che il resistente non l’abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta (v. Cass. n. 4116 /2016 e 24798/2020).
3.3. Secondo la tesi della ricorrente l’impugnato provvedimento sarebbe incorso nell’erronea ripartizione dell’onere probatorio laddove avrebbe imposto alla cessionaria il carico probatorio del fatto positivo, inerente l’asserita cessione in blocco dei crediti, ma avrebbe, in conflitto con la regola sancita dall’art 2697 c.c., gravato la ricorrente anche della dimostrazione del ‘fatto’ impeditivo, ossia che i crediti azionati non rientravano nel perimetro della cessione, appartenendo essi ad una delle categorie escluse.
3.4. Ciò premesso, risulta accertato che il provvedimento della Banca d’Italia del 26/1/2016 ha disposto « che i crediti in sofferenza risultanti dalla situazione contabile individuale di Banca delle Marche spa al 30 settembre 2015, detenuti da Nuova Banca delle Marche spa per effetto del provvedimento nr 1241108 del 22 novembre 2015 di cessione delle attività e delle passività siano ceduti a RAGIONE_SOCIALE ai sensi degli artt. 46 e 47 del
d.lvo 180/2015. Restano esclusi dalla cessione, e, in conformità al programma di gestione, saranno oggetto di successivi trasferimenti al Rev-RAGIONE_SOCIALE: i) i crediti in sofferenza, risultanti dalla situazione contabile consolidata di Banca delle Marche spa al 30 settembre 2015, di titolarità della controllata Medio Leasing RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria che saranno ceduti solo a seguito del trasferimento delle attività e passività di RAGIONE_SOCIALE a Nuova Banca delle Marche spa ».
3.5. Orbene, contrariamente a quanto opinato dalla ricorrente, il Tribunale ha correttamente applicato principio della ripartizione dell’onere probatorio , che, nel caso di specie, imponeva al cessionario di dimostrare non solo che le posizioni creditorie fatte valere con l’insinuazione allo stato passivo fossero ricomprese nel perimetro dei crediti in sofferenza ceduti in blocco, ma anche che le stesse non fossero incluse tra quelle non oggetto di cessione in base ai criteri dettati dal provvedimento.
Il motivo non censura in modo compiuto l’affermazione del tribunale, che riflette il principio della vicinanza della prova più volte affermato in giurisprudenza (cfr. di recente Cass. 12910/2022), per cui l’accertamento dell’inclusione poteva esser assolto solo dal cessionario.
3.6. Quanto alla terza cessione è di tutta evidenza che l’insufficienza probatoria circa disponibilità nel portafoglio del cedente del credito, per non essere stata fornita la prova del passaggio intermedio, non può che avere ripercussioni negative anche in termini di accertamento probatorio della trasmissione del credito stesso da RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE
3.7. Va, inoltre, rilevato che il Tribunale, nel ritenere inidonea a provare la vicenda traslativa del credito la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della cessione e la dichiarazione del cedente, si è uniformato all’insegnamento di questa Corte , secondo il quale «in tema di cessione di crediti in blocco ex art. 58 del d.lgs. n. 385 del
1993, ove il debitore ceduto contesti l’esistenza dei contratti, ai fini della relativa prova non è sufficiente quella della notificazione della detta cessione, neppure se avvenuta mediante avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ai sensi dell’art. 58 del citato d.lgs., dovendo il giudice procedere ad un accertamento complessivo delle risultanze di fatto, nell’ambito del quale la citata notificazione può rivestire, peraltro, un valore indiziario, specialmente allorquando avvenuta su iniziativa della parte cedente» (cfr. Cass. 17944/2023, 5478/2024 28790/2024, vedi anche le più recenti Cass. 841, 9073 e 15088 del 2025).
4. Conclusivamente il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano in € 15.200 , di cui € 200 per esborsi, oltre Iva, Cap e rimborso forfettario.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. del 30.05.2002, n. 115, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, se dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella Camera di Consiglio tenutasi in data 8 luglio 2025.