Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22708 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22708 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 06/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23788/2020 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’ avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli avv. NOME COGNOME ed NOME COGNOME
– ricorrente principale – contro
– controricorrente principale e incidentale – e contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione coatta amministrativa, elettivamente domiciliata presso gli indicati indirizzi PEC degli avv. NOME COGNOME e NOME
COGNOME che la rappresentano e difendono, essendo subentrati all’avv. NOME COGNOME
– controricorrente e ricorrente incidentale avverso la sentenza n. 3776/2019 del la Corte d’Appello di Venezia, depositata il 24.9.2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24.6.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME convenne in giudizio la Banca Popolare di Vicenza S.p.A. (all’epoca società cooperativa per azioni), per chiedere l’accertamento della risoluzione, per inadempimento della banca, dell’acquisto di obbligazioni emesse dalla Repubblica Argentina e la condanna della convenuta al risarcimento dei danni provocati dalla violazione delle norme che regolano l’esercizio dell’attività di intermediazione finanziaria.
Il Tribunale di Vicenza accolse parzialmente la domanda, condannando la banca al risarcimento dei danni, liquidati in € 56.883,13.
La sentenza di primo grado fu appellata da Banca Popolare di Vicenza S.p.A. e la Corte d’Appello di Venezia, accogliendo il gravame, rigettò tutte le domande dell’attrice , la quale propose ricorso per cassazione.
Con ordinanza n. 24946/2017 questa Corte cassò la sentenza d’appello con rinvio alla medesima Corte territoriale di Venezia per un nuovo esame sui profili di responsabilità della banca.
Nel frattempo Banca Popolare di Vicenza S.p.A. era stata posta in liquidazione coatta amministrativa, motivo per cui NOME COGNOME riassunse il processo nei confronti sia della
procedura concorsuale, sia di Intesa Sanpaolo S.p.A., indicata quale cessionaria del rapporto oggetto del contenzioso.
In sede di rinvio, la Corte d’Appello di Venezia confermò la decisione del Tribunale di Vicenza e pronunciò la condanna al pagamento della somma capitale di € 56.883,13 nei confronti di Intesa Sanpaolo S.p.A., previo rigetto della sua eccezione di difetto di legittimazione passiva.
Contro la sentenza della Corte territoriale Intesa Sanpaolo S.p.A. ha proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi.
Banca Popolare di Vicenza S.p.A. RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha proposto successivo ricorso (riunito al precedente come ricorso incidentale) articolato in sei motivi, il primo dei quali in senso adesivo al ricorso principale di Intesa Sanpaolo S.p.A.
NOME COGNOME si è difesa con due controricorsi, in risposta l’uno al ricorso principale, l’al tro al ricorso incidentale.
Nei rispettivi termini di legge anteriori alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c., il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto dei ricorsi, mentre Intesa Sanpaolo S.p.A. e Banca Popolare di Vicenza S.p.A. in L.C.A. hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso principale si denunciano «violazione o falsa applicazione degli artt. 2, 3 e 4 del d.l. n. 99 del 2017 in relazione a ll’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. e violazione dell’art. 1 11 c.p.c. in relazione a ll’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.».
Il secondo motivo denuncia «violazione o falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. in relazione a ll’art. 360,
comma 1, n. 3, c.p.c. e violazione degli artt. 81 e 111 c.p.c. in relazione a ll’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.».
3. I due motivi, da valutare congiuntamente per la stretta connessione tra di loro, pongono la questione del trasferimento da Banca Popolare di Vicenza S.p.A. in L.C.A. a Intesa Sanpaolo S.p.A. -per effetto del contratto stipulato in data 26.6.2017 tra i commissari liquidatori della banca sottoposta a procedura concorsuale e Intesa Sanpaolo S.p.A., in esecuzione di quanto stabilito dall ‘ art. 3, comma 1, del d.l. n. 99 del 2017 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 121 del 2017) -dei contenziosi pendenti relativi a rapporti bancari già estinti alla data della stipula di quel contratto.
Si tratta di un profilo dirimente per la decisione della controversia, in quanto l’esclusione de l rapporto contrattuale dal quale deriva la pretesa creditoria azionata da NOME COGNOME dall’operazione negoziale di cessione posta in essere il 26.6.2017 non può che determinare il difetto di legittimazione passiva della cessionaria Intesa Sanpaolo S.p.A., contrariamente a quanto statuito in questo caso dalla Corte d’Appello di Venezia.
3.1. I due motivi sono fondati.
3.1.1. La questione ruota intorno all’interpretazione non solo del d.l. n. 99 del 2017, ma anche del contratto di cessione, le cui disposizioni «hanno efficacia verso i terzi», come eccezionalmente previsto proprio dal medesimo decreto legge (art. 3, comma 2).
Sul tema, diversi sono stati gli orientamenti interpretativi espressi dalla giurisprudenza di merito: per un primo indirizzo rimarrebbero esclusi dalla passività cedute tutti i rapporti
contrattuali estinti, anche se oggetto di contenzioso già pendente al momento della stipula dell’accordo, in ragione della carenza del requisito dell ‘ inerenza e funzionalità all ‘ attività bancaria che deve intendersi riferito, non già all ‘ attività bancaria considerata in astratto, ma alla sua concreta proiezione nella successiva attività della banca cessionaria; in altre pronunce si è invece ritenuto che il decreto legge e il contratto di cessione avessero trasferito a Intesa Sanpaolo S.p.A. anche il contenzioso pregresso già pendente, interpretando il requisito di inerenza e funzionalità all ‘ esercizio dell ‘ impresa bancaria come riferito, non alla concreta attività destinata ad essere svolta dalla banca cessionaria, ma alla mera riferibilità del rapporto contrattuale già cessato al l’oggetto tipico dell ‘ impresa bancaria.
3.1.2. Della questione si è occupata di recente anche la Corte di Cassazione e, in particolare, più volte, questa Prima Sezione, che con l’ordinanza n. 15083/2025 (cui sono seguite le ordinanze nn. 15670, 15671, 15673, 15675, 15682 e 15689, rese a conclusione della stessa camera di consiglio) ha affermato il seguente principio di diritto: « In tema di controversie intraprese da o contro Veneto Banca S.p.A. o Banca Popolare di Vicenza S.p.A., poi sottoposte a liquidazione coatta amministrativa durante i rispettivi giudizi, non si verifica il subentro di Intesa Sanpaolo S.p.A. nella posizione sostanziale e processuale delle banche suddette nelle liti pendenti alla data (26.6.2017) del contratto di cessione stipulato dai commissari liquidatori di quelle banche con Intesa Sanpaolo S.p.A., giusta il d.l. n. 99 del 2017 (convertito dalla legge n. 121 del 2017), ed aventi ad oggetto rapporti bancari già estinti alla data
predetta, atteso che tali rapporti rientrano tra quelli di cui al cd. ‘ Contenzioso escluso ‘ previsto nel menzionato contratto ».
Queste, in sintesi, le argomentazioni poste a sostegno dell’opzione interpretativa seguita nelle suindicate pronunce della Prima Sezione:
i) la Corte costituzionale, con la sentenza n. 220/2021 ha fornito utili elementi nella definizione dell’interazione tra il decreto-legge e il contratto di cessione, evidenziando che l’atto normativo rimette la disciplina della cessione ad un successivo contratto le cui disposizioni, ai sensi del comma 2 dello stesso art. 3, «hanno efficacia verso i terzi a seguito della pubblicazione da parte della Banca d ‘ Italia sul proprio sito della notizia della cessione, senza necessità di svolgere altri adempimenti… » e puntualizzando che « l’art. 3 del D.L. n. 99 del 2017, come convertito, non è, di per sé, rivolto a regolare direttamente tali rapporti, perché rimetteva ai commissari liquidatori e al cessionario individuato il compito di determinare l’oggetto della cessione, e cioè se si dovesse trasferire l’azienda, suoi singoli rami, ovvero beni, diritti e rapporti giuridici individuabili in blocco, oppure attività e passività, anche parziali o per quote, ponendo però ai contraenti un limite oggettivo e inderogabil e, in forza del quale dovevano restare ‘in ogni caso esclusi’ dal trasferimento le passività e i debiti elencati nelle lettere a), b) e c) »; a ncora, sempre nell’intento di chiarire i rapporti tra la fonte legale e quella negoziale, la pronuncia della Corte costituzionale rileva che « il contratto di cessione perfezionato in data 26 giugno 2017 fra le due Banche venete in liquidazione e Intesa Sanpaolo S.p.A. … richiamava in premessa la manifestazione di interesse di quest’ultima … del 21 giugno 2017, limitata all’acquisto ‘di certe attività, passività
e rapporti giuridici facenti capo a BP Vicenza e Veneto Banca’RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE, in ragione dell’aspettativa della banca cessionaria di non caricarsi di passività non gradite … Le disposizioni dettate dal d.l. n. 99 del 2017 … possono, pertanto, essere qualificate come ‘norme -provvedimento’: esse si occupano di un singolo contratto, in quanto incidono sulla sola convenzione di cessione tra i commissari liquidatori delle due banche venete in L.C.A. e il soggetto individuato ai sensi dell’art. 3, comma 3, disciplinano un numero limitato di fattispecie e rivelano un contenuto concreto, ispirato da particolari esigenze, ponendo per tale singolo evento regole specifiche innovative nel sistema legislativo vigente »; dunque la delimitazione del perimetro delle attività e passività oggetto di cessione è demandata agli accordi negoziali nel rispetto dei paletti fissati dalla norma;
ii) alla luce del descritto intreccio tra il dato normativo e quello negoziale, per stabilire la sorte dei rapporti estinti alla data della collocazione delle due banche in liquidazione coatta amministrativa occorre fare riferimento non al decreto-legge ma al contratto, avendo il primo attribuito alle parti il potere di determinare l ‘ ambito della cessione, entro i limiti fissati normativamente, riconoscendo che «il cessionario risponde solo dei debiti ricompresi nel perimetro della cessione»;
iii) è da escludere che la previsione secondo cui non rientrano nell’ambito della cessione, ai sensi del cit ato art. 3, «le controversie relative ad atti o fatti occorsi prima della cessione, sorte successivamente ad essa, e le relative passività» possa essere intesa nel senso che, a contrario , sono viceversa incluse nella cessione le medesime controversie qualora sorte anteriormente ad essa: questo è un ragionamento che in modo piano avrebbe potuto svolgersi, ubi lex voluit dixit ubi noluit
tacuit , se si fosse trattato di interpretare l ‘ art. 3 sulla base delle regole di interpretazione normativa, ma il decreto-legge si limita ad individuare con efficacia cogente taluni rapporti, «i quali restano in ogni caso esclusi dalla cessione», e rimette invece ai contraenti, la cui volontà va invece interpretata secondo le regole di ermeneutica contrattuale, l ‘ individuazione di quanto ulteriormente escluso o invece ricompreso nella cessione;
iv) corollario dell’articolato congegno , che vede il decreto legge impiegare il contratto quale strumento di attuazione del programmato intervento normativo, è la possibilità di diretta interpretazione da parte della Corte di Cassazione delle clausole contrattuali; ciò in quanto il contratto stipulato tra i commissari liquidatori delle menzionate Banche Venete ed Intesa Sanpaolo S.p.A., pur avendo natura negoziale e non normativa, si intreccia con il dato normativo, il quale riflette a propria volta i pregressi accordi e pattuizioni e conferisce al contratto efficacia rispetto ai terzi ed incide sulla regolamentazione di un ‘ ampia pluralità di rapporti, con conseguente esigenza -al pari di quanto accade per i contratti collettivi cui si riferisce il numero 3 dell ‘ art. 360, comma 1, c.p.c. -dell ‘ adozione di modalità interpretative tali da garantire uniformità applicativa, necessaria affinché il congegno adottato non fallisca il suo compito di fondare la compiuta regolazione di detti rapporti;
v) dal tenore letterale dell’art. 3.1.4., lett. b), del contratto di cessione si evince inequivocabilmente che, ai fini dell’inclusione delle passività nell’« Insieme Aggregato» ceduto a Intesa Sanpaolo S.p.A., non è sufficiente il mero dato temporale della sola pendenza della corrispondente lite al momento (26.6.2017) della stipulazione del contratto di cessione, ma è necessario «che si tratti di debiti che ‘ derivano
da rapporti inerenti e funzionali all ‘ esercizio dell ‘ impresa bancaria ‘ »; ciò in quanto le «Passività Incluse» di cui al punto vii dell ‘ art. 3.1.2. (b) -e cioè i contenziosi pendenti diversi da quelli promossi da azionisti e/o obbligazionisti subordinati delle Banche Venete -costituiscono solo una esemplificazione («tra cui») delle passività cedute ad Intesa Sanpaolo S.p.A., le quali devono tutte, in ogni caso ed a monte, presentare le caratteristiche definite dall ‘ incipit della disposizione in questione, ovverosia le «passività … che derivano da rapporti inerenti e funzionali all ‘ esercizio dell ‘ impresa bancaria» della cessionaria;
vi ) l’espressione «rapporti inerenti e funzionali all ‘ esercizio dell ‘ impresa bancaria» va intesa non con riferimento alla categoria generale e astratta dei rapporti bancari, come relativa all ‘ esercizio del credito e alla raccolta del risparmio, ma avendo riguardo al singolo rapporto contrattuale, valorizzandosi la funzionalità del rapporto stesso rispetto all ‘ attività bancaria che il cessionario è chiamato a svolgere in ragione del trasferimento in blocco; siffatta soluzione interpretativa trova conferma nel dato testuale della disposizione che non utilizza l’espressione «attività bancaria», e cioè quella speciale attività tipologicamente integrata dalla raccolta di risparmio tra il pubblico e dall ‘ esercizio del credito (art. 10 T.U.B.), ma la diversa locuzione di «impresa bancaria», che si identifica con l ‘ azienda (con quella parte dell ‘ azienda) che è oggetto di cessione e che comprende tutti i rapporti che fanno capo all ‘ impresa, indipendentemente dal fatto che siano riferibili alla tipica attività bancaria o meno; le parti hanno inteso fare riferimento a quei rapporti che, oltre ad essere inclusi nei rapporti aziendali, rilevino finalisticamente per lo svolgimento
della specifica attività di impresa della cessionaria: che cioè le passività oggetto di trasferimento debbano inscriversi in rapporti che, per non essersi esauriti alla data della cessione, debbano per tale ragione reputarsi funzionali all ‘ esercizio dell ‘ impresa bancaria di Intesa Sanpaolo S.p.A.;
vii ) tale conclusione è coerente con l’interesse manifestato da Intesa Sanpaolo S.p.A. nei confronti dell’operazione di salvataggio delle Banche Venete: interesse consistente nel suo rafforzamento quale realtà operativa sul mercato creditizio, come si desume dalle premesse del contratto di cessione, ove è spiegato che l’obiettivo della cessionaria è quello di assicurare una maggiore sua presenza sul territorio e di «estrarre valore dall’acquisizione attraverso l’applicazione delle best practice del Gruppo ISP in tutti gli ambiti di attività, anche recuperando la fiducia nella clientela nei confronti della ‘ nuova ‘ realtà bancaria operativa», contribuendo alla salvaguardia dei livelli occupazionali;
viii ) avvalora l’esclusione dalla cessione di qualsiasi contenzioso avente ad oggetto rapporti estintiti il contegno delle parti successivo al contratto di cessione costituito dalla stipula del «Secondo Accordo Ricognitivo» in data 17.1.2018, che si è ritenuto valutabile ai sensi dell’art. 1362, comma 2, c.c.
3.1.3. Al principio di diritto affermato nelle pronunce della Prima Sezione appena citate si intende qui dare continuità, anche rinviando, ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., alle più ampie motivazioni della decisione assunta contenute in quei provvedimenti. Ferma la precisazione che il «Secondo Accordo Ricognitivo», stipulato il 17.1. 2018, al punto 4 dell’allegato 1.1. , sancisce esplicitamente l ‘ esclusione dalla cessione dei
contenziosi relativi a rapporti estinti. E in questo senso tale a ccordo, più che valutabile ai sensi dell’art. 1362 c.c., integra esso stesso, e rafforza alla stregua di elemento testuale di ulteriore conferma, l’interpretazione già ricavabile dalla lettura dell’atto di cessione de quo , secondo la quale la pendenza della lite non è criterio sufficiente, per reputare un rapporto incluso nel perimetro della cessione ad Intesa Sanpaolo S.p.A.
In conseguenza dell’accoglimento dei primi due motivi del ricorso principale non occorre esaminare il terzo motivo («violazione o falsa applicazione de ll’art. 25 58 c.c. e degli artt. 2 e 3 del d.l. n. 99 del 2017 in relazione a ll’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. e violazione dell’art. 111 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.») che rimane assorbito.
Di conseguenza rimane assorbito anche il primo motivo di ricorso incidentale di Banca Popolare di Vicenza S.p.A. in L.C.A. («violazione e falsa applicazione ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. degli artt. 2, 3 e 4 del d.l. n. 99 del 2017; violazione e falsa applicazione ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. de ll’ art. 1362 c.c.; violazione e falsa applicazione ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. degli artt. 2558 e 2560 c.c.»), in quanto dichiaratamente adesivo al ricorso di Intesa Sanpaolo S.p.A., di cui ricalca gli argomenti.
Il che, peraltro, non impedisce di rilevare il profilo di inammissibilità connesso al fatto che la ricorrente incidentale non ha specificato quale sia il suo interesse a ricorrere contro un capo della sentenza (accertamento della titolarità passiva del rapporto obbligatorio in capo a Intesa Sanpaolo S.p.A.) che non produce effetti negativi nei suoi confronti.
5.1. Prima di procedere all’esame degli ulteriori motivi di ricorso incidentale deve essere rilevata l’inammissibilità del controricorso incidentale di NOME COGNOME in quanto l’atto depositato è mutilo (mancano tutte le pagine di numero pari), sicché è impossibile comprenderne il contenuto.
Il secondo motivo del ricorso incidentale è rubricato: «violazione e falsa applicazione ex art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4, c.p.c. dell’art. 83, comma 3, T.U.B. ».
Banca Popolare di Vicenza S.p.A. RAGIONE_SOCIALE ripropone l’eccezione di improcedibilità, già disattesa dalla Corte territoriale, sollevata con riferimento al divieto legale di iniziare o proseguire nelle sedi ordinarie azioni giudiziarie contro la banca posta in liquidazione coatta amministrativa.
6.1. Il motivo è infondato, perché la Corte d’Appello di Venezia ha applicato correttamente la norma che si assume violata, tenuto conto che la procedura concorsuale fu aperta ben dopo la pubblicazione della sentenza di primo grado (anzi, dopo che era stata pronunciata anche la sentenza d’appello , sicché la questione è stata affrontata solo nel giudizio di rinvio).
Trova pertanto applicazione l’art. 96, comma 3, legge fall. (che rientra tra le disposizioni richiamate dall’art. 83, comma 3, T.U.B.), secondo cui vanno ammessi al passivo con riserva «i crediti accertati con sentenza del giudice ordinario o speciale non passata in giudicato, pronunziata prima della dichiarazione di fallimento». Il definitivo accertamento prosegue, dunque, nella sede ordinaria, dove «Il curatore può proporre o proseguire il giudizio di impugnazione».
I rimanenti motivi di ricorso incidentale, che sono diretti a contestare il merito dell’accertamento del diritto di NOME COGNOME al risarcimento dei danni, sono tutti inammissibili.
7.1. Il terzo motivo denuncia «violazione e falsa applicazione ex art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4, c.p.c. dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 23 T.U.F. in tema di onere probatorio del nesso causale».
Il motivo è inammissibile perché si sforza di vestire nei termini di una critica all’applicazione delle norme giuridiche sulla ripartizione degli oneri probatori quella che è, in realtà, una censura mossa nei confronti dell’accertamento del fatto.
La Corte d’Appello di Venezia ha ritenuto provato il nesso causale tra l’inadempimento della banca agli obblighi imposti dalla legge all’intermediario finanziario e il danno economico subito dalla cliente. Dunque non ha applicato una norma sulla ripartizione dell’onere probatorio (in particolare attribuendo alla banca l’onere di provare l’assenza del nesso causale), ma ha semplicemente applicato la pertinente norma del diritto sostanziale al fatto così come positivamente accertato.
7.2. Il quarto motivo denuncia «violazione e falsa applicazione ex art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4, c.p.c. dell’art. 2697 c.c. in relazione alla prova degli importi ulteriori percepiti dalla cliente post instaurazione del giudizio, e dell’art. 2 033 c.c. in materia di ingiustificato arricchimento per mancato accertamento di quanto dedotto dalla banca».
Il motivo si concentra sulla (assenza di) prova della percezione di importi ulteriori, da parte della cliente, dopo la chiusura del rapporto con Banca Popolare di Vicenza S.p.A. e grazie al conservato possesso dei bond argentini.
Il motivo è inammissibile, da un lato, perché prospetta un’impossib ilità di assolvere l’onere della prova che non sussiste (sarebbe stata sufficiente una tempestiva istanza di ordine di esibizione diretto alla controparte o alla banca dove erano stati nel frattempo depositati i titoli) ; dall’altro lato, e soprattutto, perché non si allega un fatto preciso (sul quale il giudice potrebbe essere chiamato a valutare l’esito delle prove offerte), ma si limita a prospettare una mera eventualità («la cliente potre bbe avere ottenuto, oltre al risarcimento … altre somme sempre derivanti dall’investimento in discussione») .
7.3. Il quinto motivo prospetta «violazione e falsa applicazione ex art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4, c.p.c. dell’art. 1227 c.c.».
La ricorrente incidentale contesta al giudice d’appello di non avere «individuato il concorso di colpa nella condotta omissiva» della cliente, «per non aver aderito -per sua autonoma decisione -né alle OPS lanciate nel 2005 e nel 2010 dalla Repubblica Argentina, né alla Task Force Argentina per ottenere il rimborso degli investimenti nei titoli argentini».
Il motivo è inammissibile, perché si limita a riproporre gli argomenti svolti davanti al giudice del rinvio, senza confrontarsi con la decisione di questo, nella parte in cui ha evidenziato che «la diligenza che si esige dal creditore ai sensi del 2° comma dell’art. 1227 c.c. non può consistere nel procurarsi altrimenti l’oggetto della prestazione né spingersi fino ad imporre ulteriori iniziative di esito incerto, con ulteriore aggravio e con l’assunzione di nuovi e inevitabili rischi ».
7.4. Infine, il sesto motivo di ricorso incidentale censura una «violazione e falsa applicazione ex art. 360, comma 1, n. 3
e n. 4, c.p.c. dell’art. 2033 c.c. per omessa deduzione delle cedole incassate dalla cliente».
La ricorrente incidentale contesta alla Corte d’Appello di avere attribuito alla cliente un ingiustificato arricchimento per non avere detratto dal l’importo liquidato a titolo di risarcimento le cedole incassate sui bond argentini di cui qui si discute.
Anche questo motivo non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha confermato il metodo utilizzato dal giudice di primo grado, il quale aveva liquidato il danno considerando quello che avrebbe potuto essere, all’epoca, il rendimento di un investimento alternativo e più prudente, procedendo poi alla «necessaria compensazione del danno col lucro individuato per l’innanzi nelle cedole già conseguite».
In definitiva, accolto il primo e il secondo motivo di ricorso principale, con assorbimento del terzo motivo e del primo motivo di ricorso incidentale, rigettato il secondo motivo di ricorso incidentale e dichiarati inammissibili i rimanenti motivi di ricorso incidentale, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Venezia, per decidere, in diversa composizione, anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Si dà atto che, in base all’esito del giudizio, sussiste, a carico della ricorrente incidentale, il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte:
accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso principale, dichiara assorbiti il terzo motivo di ricorso principale e il primo motivo di ricorso incidentale, rigetta il secondo motivo di ricorso incidentale e dichiara inammissibili i rimanenti motivi di ricorso incidentale;
dichiara inammissibile il controricorso incidentale;
cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’Appello di Venezia, per decidere, in diversa composizione, anche sulle spese del presente giudizio di legittimità;
dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso incidentale a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del