Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 15238 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 15238 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/06/2025
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 15394/23 proposto da:
-) COGNOME NOME COGNOME domiciliato ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
-) RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliato ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore , difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché
-) Banca Popolare di Vicenza s.p.a. in liquidazione coatta amministrativa ;
– intimata – avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze 9 gennaio 2023 n. 36; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del l’ 8 aprile 2025 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. L’antefatto.
NOME COGNOME, intermediari o assicurativo, fu vittima d’una appropriazione indebita perpetrata in suo danno da un subagente, con la complicità d’un impiegato della Cassa di Risparmio di Prato (poi Banca Popolare di Vicenza).
Oggetto:
Banca
Popolare di Vicenza cessione di azienda sorte delle obbligazioni scaturenti da fatto illecito dei dipendenti art. 3 d.l. 99/17 interpretazione.
In particolare, la società RAGIONE_SOCIALE, in possesso di assegni sia bancari che circolari emessi all’ordine della mutua assicuratrice Reale Mutua Assicurazioni, li presentò all’incasso in una filiale della Cassa di Risparmio di Prato e, con la complicità d’un dipendente di questa, ne ottenne indebitamente l’accredito sul proprio conto corrente.
1.1. Per essere risarcito, NOME COGNOME convenne dinanzi al Tribunale di Lucca la Cassa di Risparmio di Prato, la cui posizione processuale fu in seguito coltivata dalla Banca Popolare di Vicenza (d’ora innanzi, per brevità, ‘la BPV ‘), e poi dalla liquidazione coatta di quest’ultima.
All’esito dei due gradi di giudizio, la Corte d’appello di Firenze con sentenza 21.3.2018 n. 861 accolse la domanda e condannò la BPV al pagamento in favore dell’attore di euro 82.864,41, oltre quelle già liquidate dal Tribunale ed accessori.
1.2. Nelle more del giudizio la RAGIONE_SOCIALE fu posta in liquidazione coatta amministrativa e la sua azienda il 26.6.2017 fu ceduta alla società Intesa Sanpaolo s.p.a..
2. I fatti di causa.
Con atto del 15.5.2018 NOME COGNOME intimò precetto alla Intesa San Paolo s.p.a. (d’ora, innanzi, ‘la ISP’) , avvalendosi del titolo esecutivo rappresentato dalla sentenza 861/18 della Corte d’appello di Firenze, sopra ricordata.
A fondamento di tale iniziativa dedusse che:
-) la propria debitrice, e cioè la BPV, con atto del 26.6.2017 aveva ceduto l’azienda alla ISP;
-) l’art. 3.1.2, lettera (b), del contratto di cessione di azienda prevedeva che la cessionaria ISP si facesse carico di tutti i debiti scaturenti da controversie giudiziarie pendenti alla data della cessione;
-) la controversia tra NOME COGNOME e la BPV, alla data della cessione (26.6.2017) era ancora pendente, in quanto fu conclusa dalla sentenza già ricordata, pubblicata il 21.3.2018.
2.1. La ISP propose opposizione all’esecuzione .
Dedusse che il contratto di cessione d’azienda della BPV alla ISP prevedeva il trasferimento alla cessionaria non già di tutti i crediti scaturenti da liti pendenti alla data della cessione, ma solo di crediti scaturenti da liti pendenti sì, purché concernenti ‘ rapporti inerenti e funzionali all’esercizio dell’impresa bancaria ‘.
Ad avviso della ISP il credito vantato da NOME COGNOME non rientrava in questa categoria, poiché:
la RAGIONE_SOCIALE era stata condannata per avere un suo impiegato pagato assegni non trasferibili a persona non legittimata (la società RAGIONE_SOCIALE);
i titoli indebitamente pagati erano stati versati su un conto corrente della società RAGIONE_SOCIALE;
questo conto corrente era stato estinto prima che la BPV cedesse la propria azienda alla ISP.
Tanto bastava, ad avviso dell’opponente ISP, per escludere che la banca cessionaria dell’azienda fosse tenuta ad adempiere l’obbligazione della cedente nei confronti di NOME COGNOME
2.2. Con sentenza n. 571/19 il Tribunale di Lucca accolse in parte l’opposizione con riferimento al quantum ; ritenne tuttavia che la ISP fosse tenuta ad adempiere il credito vantato da NOME COGNOME perché scaturito da una sentenza conclusiva d’un giudizio pendente alla data della cessione d’azienda .
La sentenza fu appellata dalla ISP.
2.3. Con sentenza 9.1.2023 n. 36 la Corte d’appello di Firenze accolse il gravame e dichiarò che nulla la ISP dovesse ad NOME COGNOME
La Corte d’appello condivise la tesi giuridica prospettata dalla ISP, e concluse affermando che ‘ il rapporto bancario per cui era lite ‘ ( scilicet, il rapporto di conto corrente intrattenuto dalla RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE con la Cassa di Risparmio di Prato e su cui era stato indebitamente negoziato il
titolo, v. supra ) si era risolto prima della cessione dell’azienda dalla BPV alla ISP. Tanto bastava ad escludere, secondo la corte d’appello, che la ISP dovesse rispondere del credito di NOME COGNOME in virtù di quanto previsto dall’art. 3, comma 1, d.l. 25.6.2017 n. 99.
La sentenza d’appello è stata impugnata per Cassazione da NOME COGNOME con ricorso fondato su cinque motivi.
La ISP ha resistito con controricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria.
Il Collegio ha disposto il deposito della motivazione nel termine di cui all’art. 380 bis, secondo comma, c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso.
Col primo motivo è denunciata la violazione dell’art. 3, comma 1, d.l. 25.6.2017 n. 99 (recante ‘ Disposizioni urgenti per la liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza s.p.a. e di Veneto Banca s.p.a. ‘) e dell’art. 105 l. fall. (nel testo vigente ratione temporis ).
Deduce il ricorrente che nella lite tra lui e la BPV l’oggetto del contendere non era ‘ il rapporto di conto corrente tra RAGIONE_SOCIALE.cRAGIONE_SOCIALE e l’allora Cariprato, ma il diritto risarcitorio per un fatto illecito perpetrato da COGNOME NOME e COGNOME a danno dello stesso COGNOME, talché nessun rilievo può assumere la chiusura ante cessione di azienda del contratto di conto corrente intrattenuto da RAGIONE_SOCIALEn.cRAGIONE_SOCIALE, posto che tale rapporto esula(va) dall’oggetto del giudizio in questione ‘ .
Così individuato l’oggetto della lite conclusa dal titolo messo in esecuzione, ne trae la conclusione della violazione dell’art. 3 d.l. 99/17, cit..
Tale norma infatti esclude dalla cessione dell’azienda già appartenuta alla BPV solo i crediti scaturenti da atti o fatti anteriori alla cessione, ma solo se azionati successivamente ad essa. Nel caso di specie invece il credito del ricorrente era sì sorto da fatti anteriori alla cessione, ma era stato dedotto in giudizio ben prima di quest’ultima.
1.1. Il motivo è fondato.
Il primo errore commesso dalla Corte d’appello è consistito nel ritenere che ‘oggetto della lite’ tra NOME COGNOME e la BPV fosse il ‘rapporto bancario’ tra quest’ultima e la società RAGIONE_SOCIALE
Nulla di più inesatto: mai sorse questione, infatti, sulla validità di quel rapporto, sulla nullità delle clausole contrattuali che lo regolavano, o sui reciproci rapporti di dare ed avere tra la banca e quella specifica correntista.
L’oggetto del contendere tra la BPV ed NOME COGNOME era ben diverso , e costituito dalla responsabilità dell’istituto bancario nei confronti dell’attore, per il fatto del proprio dipendente.
In quel giudizio non venivano in rilievo contratti, ma obbligazioni scaturenti dalla legge; non un danno al correntista, ma un danno al terzo; non una responsabilità della banca verso il cliente, ma verso il terzo.
1.2. Da questo errore è disceso il secondo: e cioè ritenere che il credito vantato da chi sia stato danneggiato da una condotta colposa della BPV, dedotto in giudizio prima della cessione dell’azienda ed accertato dopo di essa, non si sia trasferito nel patrimonio della ISP.
Il suddetto credito si era invece trasferito sia in virtù del d.l. 99/17, sia in virtù dei patti singolari del contratto di cessione.
1.3. Quanto al primo profilo , l’art. 3, comma 1, d.l. 99/17 , dopo avere accordato al commissario liquidatore della BPV la facoltà di cedere l’azienda, stabilì che dalla cessione fossero escluse le obbligazioni (chiamate dalla legge ‘passività’) scaturenti da ‘ controversie relative ad atti o fatti occorsi prima della cessione, sorte successivamente ad essa’ .
L’esclusione riguardava dunque le obbligazioni con due caratteristiche:
fossero sorte da atti o fatti anteriori alla cessione;
avessero dato vita ad una lite introdotta dopo la cessione.
Ma nel caso di specie è incontroverso che la lite tra NOME COGNOME e la BPV fu incardinata ben prima della cessione (26.6.2017): dunque non trova applicazio ne l’art. 3, comma 1, lettera (c), sopra trascritto.
Questo principio è già stato affermato da questa Corte, la quale ha stabilito che il titolo esecutivo formato contro la banca, in un giudizio già pendente al
momento della cessione dei debiti ex art. 3 d.l. 99/17, ‘ può essere azionato nei confronti del cessionario in virtù del fenomeno successorio di cui all’art. 111 c.p.c., secondo cui la lite pendente prosegue con la parte originaria, dotata di legittimazione meramente sostitutiva e processuale ‘ (Cass. Sez. 3, 21/06/2023, n. 17834, Rv. 668449 – 01).
1.4. Quanto al contratto di cessione d’azienda, anch’esso non autorizza la conclusione cui è pervenuta la sentenza impugnata.
Quel contratto suddivideva i debiti derivanti da liti pendenti al momento della cessione in due categorie: il ‘contenzioso pregresso’ ed il ‘contenzioso escluso’.
La prima categoria includeva i debiti scaturenti da liti pendenti al momento della cessione, e quella proposta da NOME COGNOME vi rientra (art. 3.b.VII del contratto). La seconda categoria includeva ‘ qualsiasi contenzioso diverso dal contenzioso pregresso ‘.
Sicché, una volta accertata la sussumibilità del credito di NOME COGNOME nella prima categoria, il principio inclusio unius, exclusio alterius impediva di ritenere quel credito estraneo alla cessione.
2. Il secondo motivo.
Il secondo motivo di ricorso denuncia il vizio di omesso esame d’un fatto decisivo.
Vi si sostiene che la Corte d’appello non avrebbe esaminato la clausola 3.b.VII del contratto di cessione, sopra richiamata.
2.1. Il motivo è manifestamente fondato, in virtù di quanto già esposto al precedente § 1.4.
3. Il terzo motivo.
Il terzo motivo denuncia la nullità della sentenza per vizio di motivazione, ex art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c..
Esso resta assorbito dall’accoglimento dei primi due motivi di ricorso.
4. Il quarto ed il quinto motivo.
Il quarto ed il quinto motivo di ricorso, con cui è denunciata la violazione delle norme sull’interpretazione dei contratti e dell’art. 3 d.l. 99/17 restano anch’essi assorbiti.
L’accoglimento dei primi due motivi e l’assorbimento degli altri impone la cassazione della gravata sentenza, con rinvio alla medesima Corte d’appello di Firenze, che provvederà pure a liquidare le spese del presente giudizio di legittimità.
P. q. m.
(-) accoglie il privo del secondo motivo di ricorso; dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile