Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7375 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7375 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/03/2024
Oggetto: Trasporto aereo – Ritardo – Compensazione ex reg. CE n.261/04 – Cessione del credito.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5125/2022 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del rappresentante legale pro tempore , rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, giusta procura speciale allegata al ricorso, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE (PEC EMAIL; EMAIL);
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, giusta procura speciale in calce al controricorso, domiciliata elettivamente in INDIRIZZO, presso il suo studio (PEC EMAIL);
-controricorrente, ricorrente incidentale –
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di BUSTO ARSIZIO n. 1125 depositata il 16/07/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5 dicembre 2023 dalla Consigliera NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
RAGIONE_SOCIALE, odierna resistente, aveva convenuto in giudizio RAGIONE_SOCIALE dinanzi al Giudice di pace di Busto Arsizio per sentirla condannare, ai sensi del Regolamento CE 261/2004, al pagamento della somma di Euro 1200,00 a titolo di compensazione pecuniaria dovuta in favore di NOME COGNOME e NOME COGNOME – i quali le avevano ceduto il loro credito – per il ritardo (di oltre 3 ore) del volo NO 280 e NO 281 diretto da Zanzibar a Milano del 10.2.2016; si era costituita in giudizio RAGIONE_SOCIALE che aveva eccepito la nullità dell’atto di cessione e domandato il rigetto della domanda.
Il Giudice di pace di Busto Arsizio con sentenza n.175 del 2019 rigettò la domanda svolta da RAGIONE_SOCIALE, sull’assunto che la cessione fosse nulla per violazione dell’art. 106 Testo unico bancario, con conseguente difetto di legittimazione attiva dell’attrice.
Avverso tale decisione, RAGIONE_SOCIALE propose appello e il Tribunale di Busto Arsizio, in accoglimento del gravame ed in integrale riforma della decisione del Giudice di pace, condannò RAGIONE_SOCIALE a pagare in suo favore la somma di euro 1200,00, oltre interessi moratori al saggio legale dalla sentenza al saldo e spese del doppio grado di giudizio.
Per quanto ancora qui rileva, la sentenza del Tribunale in funzione di giudice d’appello ritenne la cessione del credito in favore di RAGIONE_SOCIALE pienamente valida ed efficace nonché fondato il diritto alla compensazione pecuniaria posto a fondamento del credito ex art. 3.2 del Regolamento UE 261/04, tenuto conto che la responsabilità in tali casi ha fondamento oggettivo e prescinde dalla colpa del trasportatore; infatti, gli artt. 5, 6, 7 del citato
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n. r.g. 5125/2022
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Regolamento CE delineano una responsabilità di carattere marcatamente oggettivo, legata alla mera evenienza del ritardo o della cancellazione del volo, ed improntata sul concetto di ‘compensazione’ piuttosto che su quello di ‘risarcimento’.
Avverso la decisione di appello resa dal Tribunale di Busto Arsizio, RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi d’impugnazione. RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso e, a sua volta, ha proposto ricorso incidentale condizionato sulla base di un unico motivo.
Ai fini della decisione del presente ricorso, questa Corte ha proceduto in camera di consiglio ai sensi dell’art. 360 bis.1 c.p.c.
le parti hanno depositato rispettive memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La ricorrente principale lamenta con il primo motivo di ricorso l ” Error in iudicando: in relazione all’art. 360, n. 3), cod. proc. civ. violazione dell’art. 1362, comma 1, cod. civ. nell’interpretazione del contratto «cessione di credito / assignment form» del 2 maggio 2016 stipulato tra i Sig.ri NOME COGNOME e NOME COGNOME ed RAGIONE_SOCIALE e violazione e/o falsa applicazione dell’art. 81 cod. proc. civ. e dell’art. 115 Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS), per non aver compreso dall’insieme di tutte le clausole negoziali la reale intenzione delle parti di dare vita ad un mandato all’incasso e quindi falsamente applicato l’art. 81 c.p.c. ritenendo la RAGIONE_SOCIALE legittimata ad agire in nome proprio, e l’art. 115 TULPS in tema di autorizzazione questorile per l’attività di recupero del credito conto terzi, di cui l’intimata è pacificamente sprovvista’; in particolare, contesta che il giudice di appello ha definito come cessione ciò che in realtà è un mandato oneroso all’incasso ovvero il conferimento di un incarico per lo svolgimento di attività di recupero del credito che non consente al mandatario di agire in nome proprio, donde il difetto di legittimazione ad causam di RAGIONE_SOCIALE, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio .
In altri termini, la sentenza di appello, ha ritenuto la legittimazione attiva in capo ad RAGIONE_SOCIALE in quanto l’intimata farebbe valere in nome proprio un diritto di credito del quale si afferma titolare in forza di cessione a titolo oneroso, la cui causa il Giudice d’appello ha assimilato alla vendita (pag. 7, rigo 3, Sentenza); viceversa, quella che viene definita cessione di credito risulta in realtà essere un mandato oneroso all’incasso ovverossia che non consente al mandatario di agire in nome proprio, donde il difetto di legittimazione ad causam di RAGIONE_SOCIALE, vizio rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio (richiama in proposito la decisione di legittimità: Cass. Sez. U. n. 2951/2016).
2. La ricorrente denuncia, inoltre, con un secondo motivo di ricorso l’ ‘Error in iudicando: in relazione all’art. 360, n. 3), cod. proc. civ. violazione e/o falsa applicazione dell’art. 106 del D.lgs. 1° settembre 1993, n°385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia TUB), dell’art. 2, comma 1, e dell’art. 3, comma 1, del Decreto del Ministro dell’Economia e delle Fi nanze 2 aprile 2015, n°53 (in GURI -SG -8.5.2015, n°105) ‘ ; nello specifico, contesta la decisione impugnata nella parte in cui ha rigettato l’eccezione di nullità del contratto di cessione del credito intervenuto tra RAGIONE_SOCIALE ed i cedenti, non pronunciando sull’insussistenza dell’azionato diritto di credito in capo ad RAGIONE_SOCIALE; a parere della ricorrente, a tutto concedere, il Tribunale avrebbe dovuto qualificare la predetta cessione del credito quale acquisto a titolo oneroso di crediti soggetta alla disciplina dell’art. 106 TUB e del DM del MEF 2 aprile 2015 n°53 (Regolamento recante norme in materia di intermediari finanziari), che impone l’iscrizione del soggetto cessionario a titolo oneroso all’apposito Albo tenuto dalla Banca d’Italia; in difetto, la cessione del credito è nulla per violazione di norme imperative, quali pacificamente sono quelle di cui al TUB. Contesta infine le argomentazioni spese dalla sentenza impugnata circa l’impossibilità di qualificare l’acquisto del credito effettuato da RAGIONE_SOCIALE quale finanziamento ai sensi dell’art. 2 del
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DM 53/2015 perché viziate da ‘ un eccesso di costruttivismo interpretativo privo di base legale ‘ ( sic , v. pag. 19 in ricorso).
La parte ricorrente lamenta con il terzo motivo l’ ‘ Error in iudicando: in relazione all’art. 360, n. 3), cod. proc. civ. violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1353, 1418 e 1470 cod. civ.’ ; in particolare, contesta il rigetto della eccezione di nullità della cessione del credito per difetto di un elemento essenziale (il prezzo), per avere il Tribunale ritenuto il medesimo ricavabile per relationem dal richiamato Listino prezzi.
La parte ricorrente lamenta con il quarto motivo l’ ‘ Error in iudicando: in relazione all’art. 360, n. 3), cod. proc. civ. violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ., e dell’art. 1260, comma 2, cod. civ. e dell’art. 2697 cod. civ. ‘ in quanto i l giudice d’appello sarebbe incorso in un ulteriore errore in violazione dell’art. 115, comma 1, cod. proc. civ., perché non ha ritenuto provata la conoscenza in capo ad RAGIONE_SOCIALE del divieto di cessione del credito indennitario ex Reg. (CE) 260/2004, contenuto nell’art. 16.3 delle condizioni generali di contratto tra RAGIONE_SOCIALE e i RAGIONE_SOCIALE cedenti il credito.
La ricorrente incidentale con un unico motivo di ricorso condizionato ha impugnato la decisione ‘ in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.’ perchè ‘non si è pronunciata sulla vessatorietà e dunque inefficacia della clausola contenuta nelle condizioni generali di contratto di RAGIONE_SOCIALE al punto 16.3 ‘ .
Va esaminato con priorità, in considerazione della formulazione del ricorso incidentale come condizionato, il ricorso principale.
6.1. Il primo motivo del ricorso principale è inammissibile sotto un triplice profilo.
6.1.1. In primo luogo, il motivo è inammissibile poiché parte ricorrente non conforma le proprie deduzioni al principio posto dall’art. 366 n. 6 cod. proc. civ., che prescrive di specificare in quale sede siano state dispiegate le relative contestazioni e allegate le relative prove davanti al giudice di appello, che si lamenta avere ignorato le circostanze oggi solo dedotte, secondo cui la
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RAGIONE_SOCIALE cessione di credito de qua risulterebbe essere in realtà un mandato oneroso all’incasso ; in particolare, la ricorrente si limita a trascrivere il contenuto dei documenti che indica come depositati sub doc. nn. 7 e 8 come allegati al ricorso per cassazione (v. pagg. 9-13 del ricorso), senza che essi siano accompagnati da un riferimento idoneo ad identificare la fase del processo di merito in cui siano stati prodotti (v. tra tante, di recente, Cass. Sez. 1, 19/04/2022 n. 12481).
6.1.2. In secondo luogo, nonostante la sua formale intestazione, il motivo, lungi dall’introdurre un vizio di violazione e falsa applicazione delle norme indicate, è volto a richiedere a questa Corte, inammissibilmente, una diversa lettura delle risultanze probatorie; invero, la società ricorrente propone una sua interpretazione sul punto, in contrapposizione a quella accolta dalla sentenza impugnata; questa Corte ha già più volte chiarito che, traducendosi l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico in una indagine di fatto affidata al giudice di merito, il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata (da ultimo, tra tante, Cass. Sez. 1, 09/04/2021 n. 9461).
In definitiva, parte ricorrente censura la ricostruzione dei fatti e l’apprezzamento delle prove compiute dal Tribunale e omette di considerare che esso apprezzamento è attività riservata al giudice del merito cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede
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RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. COGNOME di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 04/07/2017, n. 16467; Cass.23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499);
6.1.3. Manifestamente inammissibile è infine la censura con cui si deduce la pretesa violazione dell’art. 115 TULPS (per non essere munita la società odierna resisten te dell’ autorizzazione del questore per l’attività di recupero del credito conto terzi) atteso che la qualificazione del rapporto come compravendita presuppone che la RAGIONE_SOCIALE abbia agito in giudizio per il recupero di un proprio credito.
6.2. Inammissibile è il secondo motivo del ricorso principale.
Nuovamente, parte ricorrente, lungi dall’introdurre un vizio di violazione e falsa applicazione delle norme indicate, insiste nel richiedere a questa Corte, inammissibilmente, un diverso accertamento di fatto, contrapposto e alternativo, rispetto a quello già legittimamente compiuto dal giudice di merito. Il Tribunale in proposito, con piana e adeguata motivazione, ha escluso che la fattispecie in esame fosse riconducibile al finanziamento al pubblico di cui all’art. 106 TUB sulla base di alcuni condivisibili passaggi argomentativi.
Innanzitutto, il Tribunale ha esaminato la nozione di finanziamento per come delineata dall’art. 2 del decreto ministeriale n. 53 del 2015, che al comma 1, alla lettera b), annovera fra le operazioni di finanziamento i contratti di ‘acquisto di crediti a titolo oneroso’ . Ha poi sottolineato che «la cessione del credito non integri un tipo negoziale autonomo, prestandosi a svolgere in concreto le funzioni più disparate in relazione al modello contrattuale mediante il quale viene attuata» (pag. 5 della sentenza impugnata).
Ha poi spiegato che «la compravendita, cui allude il sostantivo ‘acquisto’, presuppone di per sé il pagamento di un prezzo, in quanto negozio con causa onerosa per espressa definizione legislativa (1470 c.c.). Dunque, l’ulteriore precisazione ‘a titolo oneroso’, affinché abbia un autonomo significato, dev’essere interpretata nel senso che al cedente debba essere
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AVV_NOTAIORAGIONE_SOCIALE AVV_NOTAIO imposto un sacrificio ulteriore e diverso rispetto al prezzo della compravendita, assimilabile agli interessi che il mutuato deve al mutuante. Tale conclusione è altresì avvalorata dal comma 2 dell’art. 2, che esclude dal novero delle operazioni di finanzi amento gli acquisti di crediti ‘a fini di recupero’. Trattasi pur sempre di compravendita di crediti, che prevede dunque il pagamento di un prezzo a carico del cedente, aventi però non già finalità di finanziamento, bensì la mera funzione di facilitare l’e sazione del credito, senza dubbio più agevole nell’ipotesi in cui il suo titolare sia un soggetto professionalmente predisposto alla riscossione. La norma, dunque, presuppone la distinzione fra ‘acquisti di credito’ che si contraddistinguono come finanziamenti, in quanto applicano a carico del cedente un onere ulteriore e diverso dal prezzo, e ‘acquisti di credito’ esclusivamente riconducibili al tipo della comprave ndita e della cessione. Tale differenziazione è del resto ben nota alla giurisprudenza di legittimità, la quale esclude che una cessione del credito sia configurabile come finanziamento per il solo fatto che sia posta in essere nei confronti del pubblico, potendo il sacrificio del cedente essere configurato come mero ‘mezzo di pagamento’ per la ‘prestazione professionale’ svolta dal cessionario (in questi termini, seppur in materia diversa da quella odierna, Cass. n. 4300 del 2019).» (pagg. 5 e 6 della sentenza impugnata).
Tanto spiegato, il Tribunale ha posto la dizione della richiamata disposizione in correlazione con il contenuto del contratto di cessione de quo (stipulato da RAGIONE_SOCIALE con i viaggiatori) secondo cui: « ‘La parte cedente è titolare del diritto alla compensazione pecuniaria (credito) previsto nei confronti della compagnia aerea sopra indicata in conformità a quanto previsto dal Regolamento n. 261/2004 in relazione al volo sopra specificato. La parte cedent e trasferisce e assegna a RAGIONE_SOCIALE (…) il credito di cui sopra. Il prezzo indicato per tale assegnazione è quello di cui al Listino prezzi ai termini e condizioni da considerarsi parte del presente accordo per relationem , e sarà corrisposto dopo che RAGIONE_SOCIALE avrà ricevuto la compensazione pecuniaria (il
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RAGIONE_SOCIALE credito) da parte della compagnia aerea (…). A far data da oggi, la parte cedente non potrà accettare alcun pagamento da parte della compagnia aerea’ » (pag. 6 della sentenza impugnata).
Pertanto, il giudice d’appello ha mostrato, nella specie , di conformarsi a quanto questa Corte ha già avuto modo di affermare nella diversa ipotesi di cessione del credito da risarcimento del danno da sinistro stradale e cioè che detto credito è suscettibile di cessione ai sensi dell’artt. 1260 e ss. cod. civ.; e che la cessione di detto credito, intervenuta tra il danneggiato/cedente e una carrozzeria/cessionaria, consente a quest’ultima di agire in giudizio nei confronti della compagnia assicurativa in quanto la cessionaria può, in base a tale titolo, domandarne anche giudizialmente il pagamento al debitore ceduto, pur se assicuratore per la r.c.a., non sussistendo alcun divieto normativo in ordine alla cedibilità del credito risarcitorio (v. Cass. Sez. 3, 14/02/2019 n. 4300; Cass. Sez. 3, 10/1/2012, n. 51; Cass., 10/1/2012, n. 52; Cass. Sez. 3, 3/10/2013, n. 22601) e neppure implicando detta operazione alcuna attività finanziaria soggetta ad autorizzazione ex art. 106 d.lgs. n. 385 del 1992.
6.3. Inammissibile è pure il terzo motivo di ricorso principale.
Con esso parte ricorrente, d enunzia la nullità dell’ accordo intercorso tra RAGIONE_SOCIALE e i RAGIONE_SOCIALE, ricostruito dal giudice di merito come compravendita, poiché la corresponsione del prezzo sarebbe sottoposta a condizione.
In proposito, il Giudice d’appello ha adeguatamente osservato che, per un verso, «il prezzo della compravendita non è fissato dal contratto, che rinvia per relationem al Listino Prezzi e ai Termini e condizioni. Non è dato dunque evincere con chiarezza le modalità di calcolo e la composizione del prezzo. Tuttavia, è incontestata la circostanza, affermata da parte appellante sia in questa sede che in primo grado, che il prezzo sia esclusivamente parametrato al costo di esazione del credito » e che, per l’altr o verso, la parte appellata «non ha provato -quale necessaria condizione per l’accoglimento dell’eccezione se e per quale ragione l’operazione debba qualificarsi come
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RAGIONE_SOCIALE finanziamento, alla luce delle modalità di calcolo del prezzo o delle altre pattuizioni indicate in contratto» (pag. 6 della sentenza impugnata).
Lo stesso giudice ha, infine, concluso che «proprio dalla circostanza (incontestata) che il prezzo sia parametrato ai costi di esazione del credito, induce ad affermare che la cessione in concreto realizzata sia riconducibile esclusivamente alla compravendita, e non anche al finanziamento» e che, in definitiva, l’impianto causale dell’operazione non risulta connotato dallo scopo di finanziamento (quantomeno non in misura prioritaria e prevalente), atteso che la dazione di denaro da parte della cessionaria al cedente è solo eventuale, per la ragione suddetta, ed in ogni caso -anche laddove il ceduto effettivamente adempia nei confronti di RAGIONE_SOCIALE -essa è sempre successiva alla fruttuosa escussione del ceduto (pag. 7 della sentenza impugnata).
A fronte di tali argomentazioni, insussistenti, pertanto, si rilevano le doglianze di parte ricorrente.
7. Del tutto inammissibile anche la pretesa violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. dedotta con il quarto motivo di ricorso principale, tenuto conto che come affermato da tempo da questa Corte con il ricorso per cassazione non è possibile dedurre una censura relativa alla violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (tra tante, di recente, Cass. Sez. 1, 01/03/2022 n. 6774); pretesa violazione che, nella specie, oltre che risultare non sussistente, è pure generica e resta sostanzialmente inammissibile perché non adeguatamente spiegata dalla parte ricorrente che – come correttamente rilevato dalla controparte (pag. 21
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RAGIONE_SOCIALE controricorso) – si è limitata a dedurre che dette condizioni generali fossero pubblicate sul proprio sito web, da ciò deducendo che fossero conosciute dalla cessionaria.
In definitiva, dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso principale discende l’assorbimento di quello incidentale condizionato .
Le spese del giudizio di legittimità seguono il principio di soccombenza e vengono poste a carico della parte ricorrente in favore della controricorrente e liquidate come da dispositivo.
L’inammissibilità del ricorso nei termini sopra esposti legittima la condanna della parte ricorrente per responsabilità aggravata ex art. 96, 3° co. c.p.c., nell’importo liquidato in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente a rifondere il pagamento delle spese processuali in favore della parte controricorrente, che liquida in complessivi euro 1.400,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie al 15% ed accessori di legge; nonché al pagamento della somma di euro 1.400,00 ex art. 96, 3° comma, cod. proc. civ., in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza