Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 219 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 219 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso nr. 13631/2018 proposto da:
INVITALIA RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t. , rappresentata e difesa da ll’avv. NOME COGNOME (CODICE_FISCALE giusta procura speciale in calce al ricorso
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del curatore p.t . , rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOMECODICE_FISCALE giusta procura speciale in calce al controricorso
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 1271/2018 della Corte d’Appello di Roma, depositata in data 24/2/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17/5/2024 dal Consigliere Relatore Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Il Tribunale di Latina, in accoglimento delle domande proposte dal RAGIONE_SOCIALE, accertò la simulazione relativa del contratto, stipulato con atto pubblico del 26/2/2001, col quale RAGIONE_SOCIALE in bonis aveva ceduto a RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE il credito di lire 936.095.000 vantato nei confronti dell’amministrazione finanziaria a titolo di rimborso IVA, perché dissimulante un atto di costituzione in pegno non contestuale, a garanzia del finanziamento di lire 800.000.000 erogato dalla cessionaria alla cedente il 21/12/2000, e dichiarò il pegno inefficace nei confronti della massa dei creditori, ai sensi dell’art. 67, 1° comma, n. 3 l. fall., condannando l a convenuta a restitu ire all’attore la somma di € 413.165,55 ovvero la diversa somma effettivamente versatale dall’Agenzia delle Entrate, qualora quest’ultima avesse adempiuto.
2. L’appello proposto contro la decisione da RAGIONE_SOCIALEsocietà incorporante RAGIONE_SOCIALE è stato respinto dalla Corte di Appello di Roma con sentenza del 24/2/2018. La corte capitolina ha osservato: i) che l’eccezione dell’appellante , secondo cui le domande del Fallimento erano precluse dal giudicato endofallimentare formatosi s ull’ammissione al passivo del proprio credito restitutorio (sia pure con riserva del mancato pagamento da parte dell’Erario del credito IVA cedutole) , non poteva essere accolta, in quanto tra i documenti prodotti non vi era il decreto di esecutività dello stato passivo munito della certificazione ex art. 124 disp. att. c.p.c. della Cancelleria; ii) che il motivo d’appello volto a contestare che il contratto di cessione del credito dissimulasse la costituzione di un pegno non investiva il complesso delle circostanze indiziarie gravi, precise e concordanti, su cui il primo giudice aveva fondato il relativo accertamento; iii) che la garanzia pignoratizia attuata mediante la
simulata cessione del credito non poteva ritenersi contestuale al sorgere dell’obbligazione garantita , in quanto atto autonomo e successivo rispetto alla garanzia atipica contestuale, contenuta nel contratto di mutuo, costituita dal l’obbligo assunto da Copel di rilascio di un mandato all’incasso del proprio credito IVA ; iv) che andava respinto anche l’ultimo motivo di gravame, col quale Invitalia aveva sostenuto che la domanda attrice era stata erroneamente accolta attesa la natura solutoria dell’atto di cessione, in quanto la censura presupponeva l’infondatezza dell’accertamento , non più in discussione, della simulazione relativa di tale atto.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza sulla base di tre motivi; il Fallimento ha resistito con controricorso illustrato da memoria.
CONSIDERATO CHE
Col primo motivo, che denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 96 e 97 l.fall., 115 e 324 c.p.c., la ricorrente lamenta il rigetto dell’eccezione di giudicato, assumendo che la produzione della certificazione della cancelleria concernente la mancata impugnazione del decreto di esecutività dello stato passivo non era necessaria, in quanto la circostanza non era stata contestata dal Fallimento e doveva pertanto ritenersi pacifica.
1.1. Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 3 60 bis , 1° comma, c.p.c. perché il giudice d’appello ha deciso la questione di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte e l’esame della censura non offre argomenti per modificare tale orientamento.
1.2 E’ infatti consolidato il principio secondo cui «la parte che eccepisce il giudicato esterno ha l’onere di provare il passaggio in giudicato della sentenza resa in altro giudizio, non soltanto producendola, ma anche corredandola dell’idonea certificazione ex art. 124 disp. att. c.p.c., dalla quale risulti che la pronuncia non è soggetta ad impugnazione, anche nel caso di non contestazione della controparte (Cass. 22644/2004, 19883/2013, 9746/2017,
6868/2022 e 6092/2023), restandone esonerata solo nel caso in cui quest’ultima ammetta esplicitamente l’intervenuta formazione del giudicato (Cass. 36258/2024, 4803/2018).
1.3 Orbene, Invitalia, che ammette di non aver versato in atti la certificazione di cancelleria, si limita a censurare la sentenza per non aver ritenuto provato il giudicato sulla scorta del principio di non contestazione, ma non sostiene (se non in via generica, ovvero senza indicare ‘ il dove’ e ‘ il come’) che il Fallimento aveva espressamente riconosciuto l ‘avvenuto passaggio in giudicato del decreto di esecutività dello stato passivo. Per contro, è la stessa ricorrente a dare atto che la curatela aveva contestato l ‘e ccezione di giudicato perché tardiva e inammissibile ; e, d’altro canto, ulteriori ragioni di contestazione erano state indicate dall’allora appellato nella memoria di replica depositata (allegata al controricorso).
2. Col secondo motivo, che denuncia la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 67 comma 1° n 3 l.fall., 1414, 1260, 2727 e 2729 c.c. e 115 c.p.c., la ricorrente assume di aver puntualmente contraddetto in sede di appello gli elementi valutativi su cui il tribunale aveva fondato l’accertamento della simulazione relativa della cessione e deduce l’errone ità di detto accertamento, perché il fenomeno simulatorio sarebbe stato individuato sulla scorta di meri elementi indiziari privi di consistenza e non tenendo conto del fatto che il negozio traslativo poteva avere una funzione di garanzia; evidenzia inoltre che, contrariamente a quanto opinato dalla corte d’appello , vi era contestualità tra il finanziamento e la garanzia costituita mediante la cessione del credito IVA, dal momento che nel contratto di finanziamento, col quale COGNOME aveva conferito mandato all’incasso di tale credito a RAGIONE_SOCIALE detta possibilità era stata espressamente prevista: a dire della ricorrente, si era dunque in presenza di una unitaria e complessiva operazione di finanziamento con garanzia costituita contestualmente, ancorché in via temporalmente progressiva.
2.1. Entrambe le censure in cui si articola il motivo sono inammissibili.
2.2. Quanto alla prima, va evidenziato che la corte capitolina ha rigettato il corrispondente motivo d’appello non nel merito, ma per difetto di specificità: infatti, dopo aver osservato che la contestazione di Invitalia concernente la statuizione di accertamento della simulazione relativa si basava s ull’errato presupposto che il tribunale vi fosse pervenuto sulla scorta di un’unica circostanza di fatto, la corte ha affermato che il motivo andava respinto ‘in assenza di specifiche censure’ in ordine alle ulteriori circostanze indiziarie evidenziate dal primo giudice e alla loro complessiva validità ai sensi dell’art. 2729 c.c. . Ciò premesso, è sufficiente rilevare che la ricorrente, pur avendo correttamente colto le ragioni del rigetto (cfr. ricorso pag. 19, primo cpv.) non solo non ha dedotto la violazione dell’art. 3 42 c.p.c., ma neppure ha ri portato l’esatto contenuto del motivo d’appello in questione , né ha allegato al ricorso l’atto di gravame, secon do quanto richiesto dall’art. 366, 1° comma n. 6 c.p.c., così precludendo a questa Corte, che non ha accesso diretto agli atti di causa, la verifica della correttezza dell’assunto secondo cui ‘… gli elementi valutati dal giudice di prime cure erano stati puntualmente contraddetti da indici di segno contrario … ‘.
2.3. La seconda censura, invece, ancorché rubricata sotto il profilo della violazione di legge, mira in realtà ad ottenere da questa Corte una non consentita rivalutazione della quaestio facti, ovvero una lettura delle risultanze processuali, in punto di non contestualità della garanzia, diversa da quella alla quale è pervenuta la corte territoriale con accertamento, come noto, non sindacabile in sede di legittimità se non nei ristretti limiti previsti dall’art. 360, 1° comma, n. 5 c.p.c. .
Col terzo motivo, che prospetta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 67 comma 1° nr. 3 l.fall., la ricorrente rileva che la corte d’appello, una volta ritenuta la non contestualità tra il debito
originario derivante dal finanziamento complessivamente erogato e la cessione del credito, avrebbe dovuto ricondurre la fattispecie ad un’ operazione di cessione solvendi causa , revocabile, quale atto estintivo di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con denaro o con altri mezzi normali di pagamento , solo ai sensi dell’art. 67, 1° comma, n. 2 l.fall., ovvero mediante un rimedio che il Fallimento non aveva azionato.
3.1. Anche questo motivo è inammissibile, perché non sottopone ad alcuna critica l’argomento in base al quale la corte del merito ha respinto l’identica censura avanzata da Invitalia in sede di gravame, costituita dal rilievo che la stessa presupponeva l’ infondatezza dell’accertamento della simulazione relativa della cessione di credito, che non poteva invece essere posto in discussione stante il rigetto del corrispondente motiv o d’appello.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in € 10.200, di cui € 200 per esborsi, oltre I VA, Cap e rimborso forfettario al 15%.
Dà atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del d.P.R. del 30.05.2002 n.115, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, se dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 17