Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15010 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15010 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 15255/2020 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Borgo San Michele (INDIRIZZO), alla INDIRIZZO, in persona dell’amministratore unico NOME COGNOME, nonché COGNOME NOME, in proprio; RAGIONE_SOCIALE, con sede in Borgo San Michele (LT), alla INDIRIZZO, in persona dell’amministratore unico NOME COGNOME, e COGNOME NOME, tutti rappresentati e difesi, giusta procura speciale allegata al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, presso il cui studio elettivamente domiciliano in Roma, alla INDIRIZZO.
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE (quale mandataria di RAGIONE_SOCIALE), con sede in San Donato Milanese, alla INDIRIZZO, in persona del procuratore AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al controricorso, da ll’ AVV_NOTAIO, con cui elettivamente domicilia in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO .
-controricorrente –
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Velletri INDIRIZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore .
– intimata – avverso la sentenza, n. cron. 5877/2019, della CORTE DI APPELLO DI ROMA, pubblicata in data 27/09/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno
24/04/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE (per il prosieguo anche, breviter , BPL) notificò a RAGIONE_SOCIALE, debitrice principale, ed a NOME COGNOME, NOME COGNOME ed alla RAGIONE_SOCIALE, tutti suoi fidejussori, il decreto ingiuntivo n. 515/2010 provvisoriamente esecutivo, ottenuto dal Tribunale di Velletri, avente ad oggetto la somma di per € 40.597,78, oltre accessori, dalla prima invocata quale restituzione di quanto corrisposto a RAGIONE_SOCIALE, a titolo di mutuo chirografario, il 18 giugno 2009.
1.1. Gli ingiunti proposero opposizione ex art. 645 cod. proc. civ. (giudizio incardinato al n.r.g. 3653/2010 del menzionato tribunale), deducendo la nullità del mutuo, posto che l’erogazione della relativa provvista aveva avuto una mera funzione compensatoria di pregresse passività, asseritamente contra legem , relative al saldo negativo, alla data suddetta, del conto corrente 520837/58, assistito da rapporti di apertura di credito ed anticipi su fatture. Pertanto, previa declaratoria della nullità del mutuo per collegamento negoziale con il viziato rapporto di conto corrente, chiesero, in via riconvenzionale, anche la declaratoria di nullità delle condizioni economiche concernenti il rapporto di conto corrente predetto e la rideterminazione del saldo secondo criteri legali.
1.1.1. Si costituì, alla prima udienza, BPL, contestando le avverse pretese.
1.2. Successivamente, lo stesso istituto di credito notificò ai medesimi soggetti, nelle rispettive, già indicate qualità, un secondo decreto ingiuntivo, n. 272/11, ottenuto, sempre dal Tribunale di Velletri, per l’importo di € 65.430,78, corrispondente al saldo (negativo) di chiusura (al 17 novembre 2009) del conto corrente suddetto.
1.2.1. Nell’opporre anche questo provvedimento (giudizio incardinato al n.r.g. 2487/2011 del citato tribunale), RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME COGNOME ed RAGIONE_SOCIALE rimarcarono che il saldo di quel conto era già sub iudice , lamentarono l’abuso del processo da parte di BPL e l’identità di lite con la causa r.g. 3653/2010, chiedendo la riunione ex art 273 cod. proc. civ. delle opposizioni per ‘ litispendenza ‘, con condanna della banca ex art. 96 cod. proc. civ..
1.3. BPL si costituì pure in questo procedimento, contestando gli assunti di controparte.
1.4. Riuniti i giudizi (in ragione della ‘ litispendenza parziale ‘ tra essi esistente), l’adito tribunale, con sentenza del 2 marzo 2015, n. 722, respinse entrambe le opposizioni.
Esito negativo ebbe pure il gravame proposto dai suddetti opponenti contro quella decisione, definito dall’adita Corte di appello di Roma con sentenza del 27 settembre 2019, n. 2877, pronunciata, ex art. 281sexies cod. proc. civ., nel contraddittorio con BPL.
2.1. Per quanto qui ancora di interesse, ed in estrema sintesi, quella corte, disattesa l’eccezione di inammissibilità del gravame formulata dall’appellata ex art. 342 cod. proc. civ., e descritti i formulati motivi di impugnazione, ritenne: i ) infondata l’eccezione di mancanza di forma scritta ad substantiam del contratto di conto corrente di corrispondenza n. 520837/58, « posto che tale contratto risulta, al contrario, esistente, e prodotto a corredo dell’istanza volta ad ottenere il secondo decreto ingiun tivo. Né può ritenersi che la banca avesse l’onere di depositarlo nel contesto delle
produzioni documentali da effettuarsi a sostegno della prima istanza monitoria », atteso che, « in quella sede, l’istituto di credito aveva fondato la propria domanda sul mancato pagamento delle rate di mutuo, quindi su un titolo del tutto diverso dal contratto di conto corrente; al contrario, avrebbero dovuto, semmai, essere gli opponenti a depositare tale contratto a fondamento delle loro allegazioni e della domanda riconvenzionale proposta con l’atto di opposizione, avendo affermato il collegamento negozia le tra il mutuo ed il conto corrente ed avendo sostenuto che il saldo di quest’ultimo fosse derivato da poste indebite o illegittime, derivanti, appunto, dal conto corrente »; ii ) che « La richiesta di emissione del secondo decreto ingiuntivo -l’opposizione al quale ha dato origine alla causa riunita non integra, poi, un abuso del processo da parte della RAGIONE_SOCIALE, poiché è correlata ad un titolo (il contratto di conto corrente bancario) del tutto distinto da quello (convenzione chirografaria) sul quale era basata la precedente istanza monitoria »; iii ) « Condivisibile la pronuncia impugnata nel suo fondamentale nucleo decisorio, nella parte in cui ha ritenuto, da un lato, la radicale indeterminatezza delle eccezioni di nullità, riferite al conto corrente, giungendo, per tale verso, a revocare l’ordinanza ammissiva di c.t.u., e, dall’altro, non ha in ogni caso ravvisato il collegamento negoziale tra la ‘sovvenzione chirografaria’ ed il saldo passivo del conto corrente ».
Per la cassazione di questa sentenza hanno proposto ricorso RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME COGNOME ed RAGIONE_SOCIALE, affidandosi a sei motivi, illustrati anche da memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.. Ha resistito, con controricorso, corredato da analoga memoria, RAGIONE_SOCIALE (qualificatasi cessionaria pro soluto di tutti i crediti della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE p.a. elencati nel contratto di cessione), tramite la mandataria RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE s.p.a.. Non ha svolto difese in questa sede BPL.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Rileva, pregiudizialmente, il Collegio, quanto all’avvenuta costituzione, in questa sede, con un atto denominato ‘ controricorso ‘, -e benché non destinataria della notificazione del ricorso di RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME COGNOME
ed RAGIONE_SOCIALE -di RAGIONE_SOCIALE (affermatasi cessionaria del preteso credito di cui si discute), tramite la sua mandataria RAGIONE_SOCIALE, che detta costituzione deve essere qualificata come un intervento ex art. 111 cod. proc. civ., dalla stessa spiegato quale asserita subentrata a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Soc. RAGIONE_SOCIALE p.a. nella titolarità (anche) del credito predetto.
1.1. L’ammissibilità di una tale tipologia di intervento in questa sede, benché astrattamente configurabile alla stregua delle argomentazioni tutte rinvenibili in Cass. n. 34562 del 2022 e Cass. n. 7721 del 2023 (alle cui esaustive motivazioni, sui corrispondenti specifici punti, può qui farsi rinvio ex art. 118, comma 1, disp. att. cod. proc. civ.), deve essere valutata, tuttavia, concretamente, tenendo conto, in particolare: i ) di quanto rinvenibile nella giurisprudenza di questa Corte con riguardo agli oneri di allegazione e prova gravanti sul soggetto che proponga impugnazione oppure -come avvenuto nella specie -vi resista nell’asserita qualità di successore, a titolo universale o particolare, di colui che era stato parte nel precedente grado o fase di giudizio; ii ) della condotta processuale mantenuta dalla parte diversa da quella interessata dalla vicenda successoria suddetta, fin da ora rimarcandosi, peraltro, che, nell’odierno giudizio di legittimità, i ricorrenti, nella loro memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ. -nel testo, qui applicabile ratione temporis , risultante dalle modifiche apportategli dal menzionato d.lgs. n. 149 del 2022, trattandosi di ricorsi, già notificati alla data del 1° gennaio 2023, ma per i quali, a quest’ultima data, non era stata ancora fissata udienza o camera di consiglio (art. 35 del d.lgs. n. 149 del 2022). La fissazione dell’adunanza camerale del 24 aprile 2024, infatti, è avvenuta con comunicazione alle parti del 5 febbraio 2024 -del 12 aprile 2024, hanno specificamente contesta to l’essere effettivamente RAGIONE_SOCIALE cessionaria del credito di cui si discute. In detta memoria, invero, si legge, tra l’altro ( cfr . pag. 1), che, « In questa sede di legittimità si è costituita come controricorrente, in luogo della banca, la RAGIONE_SOCIALE (a mezzo della mandataria RAGIONE_SOCIALE), riferendo la propria
legittimazione all’esistenza di un contratto di cessione in blocco di crediti che sarebbe intervenuto con RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, contratto che non è stato depositato unitamente al controricorso e del quale, i ricorrenti, contestano l’esistenza. In luogo del contratto, la RAGIONE_SOCIALE ha depositato un avviso di cessione pubblicato in Gazzetta Ufficiale che, tuttavia, in presenza di contestazione dell’altra parte processuale circa l’esistenza del contratto di cessione, non è sufficiente a dare la prova dell’interv enuta successione a titolo particolare nel diritto controverso. Secondo un consolidato orientamento (da ultimo ribadito anche da Cassazione 9412/2023, n. 17944/2023 e n. 34373/2023), la parte che agisce affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un’operazione di cessione in blocco secondo la speciale disciplina di cui all’ art. 58 del D.lgs. n. 385 del 1993, qualora la cessione sia contestata, come i ricorrenti espressamente contestano, ha l’onere di dimostrare l’avven uta cessione con il deposito del contratto, non essendo al riguardo sufficiente la mera produzione dell’avviso di cessione pubblicato in Gazzetta Ufficiale (così: Cassazione n. 17944/2023). Premesso che questa è la prima difesa utile per i ricorrenti che segue il controricorso, stante la struttura del grado di legittimità che, sino al momento della fissazione dell’udienza (o adunanza camerale), non prevede difese interlocutorie, con la presente memoria ex art. 380bis, n. 1, c.p.c., i ricorrenti contestano la esistenza della cessione del credito ed eccepiscono l’inammissibilità del controricorso ad opera della RAGIONE_SOCIALE ».
1.2. Orbene, va rilevato che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, il soggetto che proponga impugnazione oppure vi resista nell’asserita qualità di successore, a titolo universale o particolare, di colui che era stato parte nel precedente grado o fase di giudizio, deve non soltanto allegare la propria legitimatio ad causam per essere subentrato nella medesima posizione del proprio dante causa, ma altresì fornire la prova – la cui mancanza, attenendo alla regolare instaurazione del contraddittorio nella fase della impugnazione, è rilevabile d’ufficio – delle circostanze costituenti i presupposti di legittimazione alla sua successione nel processo ex artt. 110 e
111 cod. proc. civ. ( cfr . Cass. n. 24050 del 2019, Cass. n. 25344 del 2010 e Cass. n. 22244 del 2006, tutte richiamate, in motivazione, dalle più recenti Cass. nn. 10786 e 5478 del 2024. In senso sostanzialmente conforme, si vedano anche Cass. n. 13685 del 2006, Cass. n. 15352 del 2010 e Cass. n. 1943 del 2011, alle quali pure hanno fatto riferimento le menzionate Cass. nn. 10786 e 5478 del 2024).
1.3. Pertanto, alla stregua dell’appena descritto indirizzo ermeneutico, che il Collegio, condividendolo, intende ribadire –RAGIONE_SOCIALE, onde giustificare la propria legittimazione ad intervenire in questa sede perché subentrata nella titolarità del credito di cui si discute, avrebbe dovuto non soltanto allegare ma anche fornire la dimostrazione della relativa circostanza, la cui mancanza, attenendo alla regolare instaurazione del contraddittorio nella fase della impugnazione, è, come già anticipatosi, rilevabile d’ufficio.
1.3.1. La menzionata società, in proposito, ha dichiarato di depositare, unitamente al ‘ controricorso ‘, tra l’altro, ‘ l’avviso di cessione di crediti pro soluto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’8 novembre RAGIONE_SOCIALE , parte seconda, foglio delle inserzioni n. 130 ‘ ( cfr . doc. indicato sub n. 4), evidentemente considerandolo idoneo a dimostrare l’ avvenuta cessione, da parte di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE, di alcuni dei suoi crediti (tra cui quello di cui oggi ancora si controverte), ai sensi degli artt. 1 e 4 della legge n. 130 del 1999 e 58 del d.lgs. n. 385 del 1993 (T.U.B.).
1.3.2. Così operando, tuttavia, RAGIONE_SOCIALE ha finito per confondere il requisito della ‘ notificazione ‘ della cessione al debitore ceduto, necessario ai fini dell’efficacia della cessione stessa nei confronti di quest’ultimo e dell’esclusione del carattere liberatorio dell’eventuale pagamento dal medesimo eseguito in favore del cedente, con la prova dell’e ffettiva avvenuta stipulazione del contratto di cessione e, quindi, del concreto trasferimento della titolarità di quel credito, prova necessaria per dimostrare la reale legittimazione sostanziale ad esigerlo da parte del preteso
cessionario, laddove tale qualità sia contestata (come accaduto nella specie per effetto di quanto si è detto in precedenza) dal debitore ceduto.
1.3.3. Richiamate, allora, le considerazioni tutte espresse dalle recenti Cass. nn. 10786 e 5478 del 2024, pronunciatesi su questione assolutamente analoga ( cfr ., rispettivamente, §§ da 1. ad 1.5, pag. 3-8, e §§ da 2.2. a 2.4.6., pag. 7-15 delle relative motivazioni, cui può qui farsi rinvio ex art. 118, coma 1, disp. att. cod. proc. civ.), ne discende che RAGIONE_SOCIALE, benché gravata del corrispondente onere fin dal momento del deposito del proprio ‘ controricorso ‘, non ha dimostrato adeguatamente la propria qualità di successore a titolo particolare nel diritto controverso di RAGIONE_SOCIALE, posto che la sola descritta documentazione dalla prima prodotta contestualmente al deposito del suo ‘ controricorso ‘ si rivel a affatto inidonea a provare il contratto di cessione in suo favore dei crediti (tra cui quello di cui oggi si discute) già della banca da ultimo indicata. La stessa, infatti, investe il solo requisito della ‘ notificazione ‘ della cessione al debitore ceduto, necessario ai fini dell’efficacia della cessione stessa nei confronti di quest’ultimo e dell’esclusione del carattere liberatorio dell’eventuale pagamento dal medesimo effettuato in favore del cedente, non anche la prova dell’effettiva avvenuta stipulaz ione del contratto di cessione e, quindi, del concreto trasferimento della titolarità di quel credito.
1.4. Una tale carenza probatoria -rilevabile di ufficio anche da questa Corte, giova nuovamente ricordarlo, attenendo alla regolare instaurazione del contraddittorio nella fase della impugnazione -nemmeno è stata colmata da una condotta processuale degli odierni ricorrenti comportante il riconoscimento o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione della suddetta legittimazione di RAGIONE_SOCIALE. Al contrario, RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME COGNOME ed RAGIONE_SOCIALE, come pure si è già riferito, con la propria memoria ex art. 380. bis .1 cod. proc. civ. (nel testo, qui applicabile ratione temporis , risultante dalle modifiche apportategli dal menzionato d.lgs. n. 149 del 2022) ne hanno espressamente contestato la legittimazione ad intervenire in questa sede non avendo la stessa dimostrato il contratto di
cessione dei crediti in forza del quale ha affermato di essere titolare del rapporto e/o del credito controverso.
1.4.1. È qui doveroso puntualizzare, peraltro, che la trattazione dell’odierno giudizio di legittimità è avvenuta secondo il rito previsto dal già citato art. 380bis .1 cod. proc. civ. (rubricato Procedimento per la decisione in camera di consiglio ), sicché la predetta contestazione sollevata da RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME COGNOME ed RAGIONE_SOCIALE certamente poteva avvenire, per la prima volta, nella loro memoria di cui al comma 1 della citata norma.
1.4.2. È sicuramente vero, infatti, che costituisce indirizzo costante di questa Corte quello per cui le memorie di cui agli artt. 380bis e 380bis .1 cod. proc. civ., nei rispettivi testi anteriori alle modificazioni apportategli dal d.lgs. n. 149 del 2022, non potevano contenere nuove censure e/o eccezioni, ma solo illustrare quelle già proposte ( cfr., ex multis , Cass. n. 30878 del 2023; Cass. n. 17893 del 2020; Cass. n. 24007 del 2017; Cass. n. 26332 del 2016; Cass., SU, n. 11097 del 2006). Una tale conclusione, condivisa dal Collegio e ragionevolmente riproponibile, in linea generale, anche con riferimento alla memoria di cui all’art. 380 -bis .1, comma 1, cod. proc. civ. come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022 (non decisive, in contrario, alcune differenze del testo di detta disposizione rispetto a quello suo antecedente), si rivela, tuttavia, affatto insoddisfacente nella peculiare vicenda processuale in esame, caratterizzata dal fatto che solo per effetto dell’atto, denominato ‘ controricorso ‘, ad essa noti ficato e poi depositato da RAGIONE_SOCIALE, la parte oggi ricorrente si è trovata, in questo giudizio di legittimità, al cospetto di un soggetto diverso da quello (RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE p.a.) nei cui confronti aveva ritualmente effettuato la notifica del ricorso ed in contraddittorio con il quale si era svolto il giudizio di appello.
1.4.3. È giocoforza, allora, ritenere, onde scongiurare il potenziale verificarsi di una chiara lesione del diritto di difesa costituzionalmente garantito ( cfr . art. 24 Cost.), che, proprio tenuto conto del concreto iter procedimentale previsto dall’indicato art. 380 -bis .1 cod. proc. civ., una sua
interpretazione costituzionalmente orientata non può che essere nel senso che la memoria suddetta, in una ipotesi particolare come quella appunto in esame (chiaramente differente da quella affrontata e decisa da Cass. n. 8975 del 2020, in cui era il ricorrente ad aver agito affermandosi successore a titolo particolare nel diritto controverso e tale qualità, non contestata nel controricorso, lo era stata invece, solo nella successiva memoria ex art. 380bis cod. proc. civ. della parte controricorrente. In quella occasione, questa Corte sancì che « Il successore a titolo particolare nel diritto controverso è legittimato a impugnare la sentenza resa nei confronti del proprio dante causa allegando il titolo che gli consenta di sostituire quest’ultimo, essendo a tal fine sufficiente la specifica indicazione dell’atto nell’intestazione dell’impugnazione, qualora il titolo sia di natura pubblica e, quindi, di contenuto accertabile, e sia rimasto del tutto incontestato o non idoneamente contestato dalla controparte. In particolare, nel giudizio di cassazione, il fatto che il controricorrente non abbia sollevato alcuna eccezione in ordine alla legittimazione del ricorrente e si sia solo difeso nel merito dell’impugnazione vale come riconoscimento implicito della dedotta legittimazione attiva e ne preclude la rilevabilità con la successiva memoria ex art. 378 c.p.c. »), configurandosi come il primo ed unico atto difensivo (non essendo prevista dal rito disciplinato dall’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ. la discussione della causa in pubblica udienza) a disposizione della parte ricorrente suddetta per contestare la titolarità, in capo alla RAGIONE_SOCIALE, intervenuta in giudizio, per la prima volta, solo in questo grado di legittimità, del credito di cui oggi si discute, debba consentire una siffatta contestazione ( cfr . nel medesimo senso, in motivazione, le già citate Cass. nn. 10786 e 5478 del 2024).
1.5. Resta solo da dire che il menzionato ‘ controricorso ‘ di RAGIONE_SOCIALE nemmeno offre altri ‘ elementi utili ‘ che permettano a questa Corte di verificare l’esistenza di una prova presuntiva della cessione de qua e dell’inclusione dello specifico credito oggetto del procedimento in esame nel ‘ blocco ‘ dei rapporti ceduti ( cfr . Cass. n. 24798 del 2020). Pertanto, essendo
mancata la concreta dimostrazione di detta cessione e, conseguentemente, della effettiva titolarità del rapporto controversa in capo a detta società, il suo odierno intervento deve ritenersi inammissibile.
Fermo quanto precede, i formulati motivi di ricorso denunciano, rispettivamente, in sintesi:
I) « Violazione degli artt. 36, 167, 273, 633 e 645 c.p.c. e conseguenziale nullità della sentenza impugnata e del procedimento in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4. c.p.c .». Muovendo dall’assunto che « Il presente giudizio riguarda due cause di opposizione a due decreti ingiuntivi riunite ex art. 273 c.p.c. per identità di lite », si contesta alla corte distrettuale di non aver ritenuto che, nell’incardinare la seconda istanza monitoria relativa al pagamento del saldo di chiusura di un conto corrente, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva aggirato la decadenza da tale domanda, ex art. 167, comma 2, cod. proc. civ., maturata nel primo giudizio ex art. 645 cod. proc. civ.. Si deduce che: i ) con l’opposizione al primo decreto ingiuntivo (riguardante un mutuo chirografario) gli opponenti ampliarono il thema decidendum con la domanda riconvenzionale riguardante proprio il suddetto rapporto di conto corrente (a loro dire collegato al mutuo in quanto quest’ultimo ebbe la mera funzione di estinguere la pregressa passività del conto corrente). Tale riconvenzionale ebbe ad oggetto la declaratoria di nullità del conto corrente per difetto di forma scritta e la ripetizione d’indebito oggettivo; ii ) per effetto della riconvenzionale suddetta, la banca opposta, trovandosi nella posizione processuale di convenuta, avrebbe dovuto, in tale veste, proporre la domanda di pagamento del saldo di chiusura del conto corrente in via di reconventio reconventionis ; iii ) l’omessa revoca del secondo decreto ingiuntivo, dunque, era frutto di error in procedendo ed in contrasto con la regola per la quale le decadenze processuali verificatesi nel giudizio di primo grado non possono essere aggirate con l’introduzione di un secondo giudizio, identico al primo ed a questo riunito ai sensi dell’art. 273 cod. proc. civ.;
II) « Violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 24 e 111 Cost., 1175 e 1375 c.c., 6 CEDU, 388, comma 2, c.p., 88 e 96 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. ». Si prospetta il contrasto della sentenza impugnata con la giurisprudenza di legittimità sull’abuso del processo, qui consistito, asseritamente, nella deliberata proliferazione di cause sul medesimo rapporto attuata dalla banca, con conseguenziale conflitto di giudicati potenziale, sovraccarico delle limitate risorse della Giustizia e maggiore pregiudizio della controparte (in termini di apprestamento di difesa e moltiplicazione delle spese di lite);
III) « Violazione degli artt. 273, 39, 167, 183 c.p.c., 2697 c.c., 117, commi 1 e 3, del d.lgs. n. 385/1993, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. ». Si ascrive alla corte capitolina di aver deciso l’eccezione di nullità del contratto di conto corrente, per difetto di forma scritta ad substantiam , basandosi non già sul materiale istruttorio raccolto nel primo giudizio di opposizione (unico considerabile), ma dando ingresso ed utilizzabilità alla convenzione depositata dalla banca a corredo della seconda, abusiva (e quindi inammissibile) istanza monitoria. Risulta così violato il principio per il quale la riunione ex art. 273 cod. proc. civ. mantiene i processi come entità autonome e la causa va decisa tenendo conto delle deduzioni, domande ed allegazioni nonché del materiale istruttorio raccolto nel solo primo giudizio, essendo la seconda causa identica un’entità insuscettibile di essere considerata. Si censura, inoltre, l’affermazione circa l’onere di deposito del contratto di conto corrente, che la corte suddetta ha ritenuto gravare in capo agli odierni ricorrenti, anziché alla banca, non considerando che, nelle cause di accertamento negativo, se l’attore allega l’inesistenza della convenzione scritta trova applicazione il principio di vicinanza della prova, che ribalta l’onere sul convenuto;
IV) « Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112, 183 c.p.c., 1418 e 1421 cod. civ., 117, commi 4 e 6, del d.lgs. n. 385/1993, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. ». Si contesta alla corte distrettuale di avere censurato gli appellanti per non avere precisamente allegato e dimostrato le
nullità negoziali del conto corrente, così trascurandosi, però, che l’eccezione di nullità rientra nel novero di quelle in senso lato rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del processo, per cui essa non è subordinata all’onere di precisa allegazione e dimostrazione di parte essendo sufficiente che i fatti risultino documentati ex actis ;
« Nullità della sentenza , ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per motivazione apparente ». Si censura la corte di appello per aver negato il collegamento negoziale tra il mutuo ed il conto corrente motivando per relationem alla sentenza di primo grado, dichiarando di condividerla, in particolare laddove la stessa aveva evidenziato che la somma mutuata non era corrispondente allo scoperto di conto, totalmente ignorando, però, le doglianze che erano state mosse alla sentenza di primo grado dagli odierni ricorrenti;
VI) « Violazione e falsa applicazione degli artt. 1321, 1322, 1325, n. 2, 1418, 1813 e 1814 cod. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. ». Si assume che, nel valutare la sussistenza del nesso funzionale tra il mutuo ed il contratto di conto corrente, la corte territoriale si è limitata ad un esame formale degli atti, senza considerarne la causa in concreto, nemmeno apprezzando, pertanto, ogni circostanza di fatto rilevante e, soprattutto, il risultato stesso che l’operazione negoziale ha prodotto.
I primi due descritti motivi, scrutinabili congiuntamente perché chiaramente connessi, si rivelano, complessivamente insuscettibili di accoglimento.
3.1. Invero, nell’ordinario giudizio di cognizione che si instaura a seguito dell’opposizione a decreto ingiuntivo, l’opposto, rivestendo la posizione sostanziale di attore, non può avanzare domande diverse da quelle fatte valere con il ricorso monitorio, salvo il caso in cui, per effetto di una riconvenzionale formulata dall’opponente, egli si venga a trovare, a sua volta, nella posizione processuale di convenuto, al quale non può essere negato il diritto di difesa, rispetto alla nuova o più ampia pretesa della controparte, mediante la proposizione di una reconventio reconventionis dipendente dal
titolo dedotto in causa o da quello che già appartiene alla stessa come mezzo di eccezione ovvero di domanda riconvenzionale.
3.2. Contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, tuttavia, la proposizione di una reconventio reconventionis , nelle ipotesi suddette, deve considerarsi meramente eventuale, frutto, cioè, di una libera facoltà di scelta lasciata -nel caso -alla parte opposta.
3.2.1. In altri termini, non sussisteva, nella specie, alcun obbligo e/o dovere per la banca (allora opposta) di azionare, nei confronti dei medesimi opponenti, nel contesto del giudizio pendente innanzi al Tribunale di Velletri, avente r.g. n. 3653/2010 (cd. primo giudizio di opposizione), anche un diverso titolo (saldo di chiusura del conto corrente).
3.2.2. La banca (allora opposta), quindi, limitando la propria difesa a contraddire la domanda riconvenzionale spiegata dagli allora opponenti, confutandone gli assunti senza instare per una ulteriore condanna di pagamento derivante da un distinto titolo rispetto a quello in precedenza azionato in sede monitoria, ha agito del tutto legittimamente, senza che ciò abbia comportato alcuna decadenza dalla possibilità di azionare autonomamente il diverso titolo.
3.2.3. N on è maturata, pertanto, per la banca, nell’ambito del cd. primo giudizio di opposizione (Tribunale di Velletri, r.g. n. 3653/2010) alcuna definitiva decadenza e/o preclusione.
3.3. Ne consegue l’infondatezza anche de l secondo motivo di ricorso, per effetto delle precedenti argomentazioni, poiché costruito sulla base del preteso obbligo e/o dovere della banca di esperire una reconventio reconventionis , dal quale i ricorrenti farebbero discendere che la successiva azione di recupero del credito promossa dalla banca -ossia il secondo procedimento monitorio, che, giova rimarcarlo, era basato su di un titolo ben diverso (contratto di conto corrente) rispetto a quello posto a fondamento della prima richiesta monitoria -sarebbe stata volta ad aggirare surrettiziamente le (in realtà inesistenti, per quanto si è detto) preclusioni processuali.
Il terzo motivo di ricorso risulta infondato.
4.1. In proposito, infatti, è sufficiente richiamare l’assunto di Cass. n. 15189 del 2001 e Cass. n. 9440 del 2012, -che il Collegio, condividendolo, intende ribadire -a tenore del quale, nel caso di riunione di due procedimenti, le prove raccolte in uno dei giudizi sono automaticamente utilizzabili anche nell’altro, essendo sufficiente, affinché il giudice possa esaminarle e trarne elementi per il suo convincimento, che esse siano state legittimamente raccolte in contraddittorio e discusse tra le parti, come pacificamente avvenuto nel caso di specie. Tanto basta, pertanto, a travolgere integralmente la doglianza in esame.
Il quarto motivo di ricorso si rivela inammissibile.
5.1. La corte territoriale, in realtà, è entrata nel merito della questione, verificando -contrariamente a quanto lamentato dai ricorrenti -le clausole del contratto di conto corrente.
5.1.1. Ciò emerge chiaramente dalla sua affermazione, in tema di interessi ed anatocismo, che quest’ultimo, alla luce della operatività della delibera CICR del 9.02.2000, ‘ non era di per sé illegittimo ove, come nella specie, prevista per iscritto la determinazione degli interessi attivi e passivi fosse con la stessa periodicità ‘.
5.2. La sentenza impugnata, quindi, è assolutamente corretta, anche se non ha esaminato tutte le argomentazioni degli appellanti, peraltro interamente richiamate nell’analisi de l contenuto del gravame a dimostrazione del fatto che esse sono state conosciute e valutate dal giudice di secondo grado.
5.2.1 È noto, del resto, che, giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, per la conformità della sentenza al modello di cui all’art. 132, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., non è indispensabile che la motivazione prenda in esame tutte le argomentazioni svolte dalle parti al fine di condividerle o confutarle, essendo necessario e sufficiente, invece, che il giudice abbia comunque indicato le ragioni del proprio convincimento in modo tale da rendere evidente che tutte le argomentazioni logicamente
incompatibili con esse siano state implicitamente rigettate ( cfr. , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 956 del 2023; Cass. n. 33961 del 2022; Cass. n. 29860 del 2022; Cass. n. 3126 del 2021; Cass. n. 25509 del 2014; Cass. n. 5586 del 2011; Cass. n. 17145 del 2006; Cass. n. 12121 del 2004; Cass. n. 1374 del 2002; Cass. n. 13359 del 1999).
5.2.2. La censura si risolve, in definitiva, nella richiesta di nuova disamina del contratto di conto corrente, questione che attinge al fatto, il cui esame, tuttavia, è precluso in questa sede, posto che il giudizio di legittimità non può essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative ( cfr . Cass. n. 21381 del 2006, nonché, tra le più recenti, Cass. n. 8758 del 2017; Cass., SU, n. 34476 del 2019; Cass. nn. 32026 e 40493 del 2021; Cass. nn. 1822, 2195, 3250, 5490, 9352, 13408, 5237, 21424, 30435, 35041 e 35870 del 2022; Cass. nn. 1015, 7993, 11299, 13787, 14595, 17578, 27522, 30878 e 35782 del 2023; Cass. nn. 4582, 4979, 5043, 6257, 9429 e 10798 del 2024).
Il quinto ed il sesto motivo di ricorso, scrutinabili congiuntamente perché chiaramente connessi, si rivelano insuscettibili di accoglimento.
6.1. Giova ricordare, innanzitutto, come ancora ribadito, in motivazione, da Cass. n. 9807 del 2024, l’attuale testo dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., come modificato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012 e qui applicabile, ratione temporis , risultando impugnata una sentenza pubblicata il 27 settembre 2019, ha ormai ridotto al ‘ minimo costituzionale ‘ il sindacato di legittimità sulla motivazione, sicché si è chiarito ( cfr . tra le più recenti, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 35947, 28390, 26704 e 956 del 2023; Cass. nn. 33961 e 27501 del 2022; Cass. nn. 26199 e 395 del 2021; Cass. n. 9017 del RAGIONE_SOCIALE) che è oggi denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della
sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; questa anomalia si esaurisce nella ” mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico “, nella ” motivazione apparente “, nel ” contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili ” e nella ” motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile “, -tutte fattispecie assolutamente inconfigurabili nella motivazione della sentenza della corte distrettuale impugnata in questa sede -esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ” sufficienza ” della motivazione ( cfr . Cass., SU, n. 8053 del 2014; Cass. n. 7472 del 2017. Nello stesso senso anche le più recenti; Cass. nn. 20042 e 23620 del 2020; Cass. nn. 395, 1522 e 26199 del 2021; Cass. nn. 27501 e 33961 del 2022; Cass. n. 28390 del 2023) o di sua ‘ contraddittorietà ‘ ( cfr . Cass. nn. 7090 e 33961 del 2022; Cass. n. 28390 del 2023). Cass., SU, n. 32000 del 2022, ha puntualizzato, altresì, che, a seguito della riforma dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., l’unic a contraddittorietà della motivazione che può rendere nulla una sentenza è quella ‘ insanabile ‘ e l’unica insufficienza scrittoria che può condurre allo stesso esito è quella ‘ insuperabile ‘.
6.2. In particolare, il vizio di omessa o apparente motivazione della decisione sussiste qualora il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento ( cfr . Cass. nn. 33961 e 27501 del 2022; Cass. nn. 26199, 1522 e 395 del 2021; Cass. nn. 23684 e 20042 del 2020; Cass. n. 9105 del 2017; Cass. n. 9113 del 2012). Ne deriva che è possibile ravvisare una ‘ motivazione apparente ‘ nel caso in cui le argomentazioni del giudice di merito siano del tutto inidonee a rivelare le ragioni della decisione e non consentano l’identificazione dell’ iter logico seguito per giungere alla conclusione fatta propria nel dispositivo risolvendosi in espressioni assolutamente generiche, tali da non permettere di comprendere la ratio decidendi seguita dal giudice. Un simile vizio, inoltre, deve apprezzarsi non rispetto alla correttezza della
soluzione adottata o alla sufficienza della motivazione offerta, bensì unicamente sotto il profilo dell’esistenza di una motivazione effettiva ( cfr. Cass. nn. 33961 e 27501 del 2022; Cass. n. 395 del 2021; Cass. n. 26893 del 2020; Cass. n. 22598 del RAGIONE_SOCIALE; Cass. n. 23940 del 2017).
6.3. Va rimarcato, poi, che, come sancito dalle Sezioni Unite di questa Corte, « Nel processo civile ed in quello tributario, la sentenza la cui motivazione si limiti a riprodurre il contenuto di un atto di parte o di altri atti processuali o provvedimenti giudiziari, senza niente aggiungervi, non è nulla qualora le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo, atteso che, in base alle disposizioni costituzionali e processuali, tale tecnica di redazione non può ritenersi, di per sé, sintomatica di un difetto d’imparzialità del giudice, al quale non è imposta l’originalità né dei contenuti né delle modalità espositive, tanto più che la validità degli atti processuali si pone su un piano diverso rispetto alla valutazione professionale o disciplinare del magistrato » ( cfr . Cass., SU, n. 642 del 2015. In senso conforme si vedano anche Cass. n. 22562 del 2016 e Cass. n. 29028 del 2022).
6.4. Alla stregua dei suesposti principi, quindi, quella fornita dalla corte distrettuale con riferimento alla ritenuta inconfigurabilità, nella specie, del collegamento negoziale, tra i contratti di mutuo e conto corrente, su cui ancora oggi insistono i ricorrenti, non è affatto una motivazione apparente, nel senso in precedenza indicato.
6.4.1. Essa, infatti, è chiarissima, oltre che ampiamente in linea con il ‘ minimo costituzionale ‘ richiesto da Cass., SU, n. 8053 del 2014, nello spiegare le ragioni per cui è giunta all’appena riferita conclusione, dovendosi intendere, pertanto, implicitamente rigettate tutte le argomentazioni degli appellanti logicame nte incompatibili con quest’ultima ( cfr. l’ampia rassegna giurisprudenziale di cui si è dato conto alla fine del precedente § 5.2.1. di questa motivazione).
6.5. Resta solo da aggiungere, allora, che le censure in esame (soprattutto quella di cui al sesto motivo) sono chiaramente dirette a
sollecitare una rivisitazione, da parte di questa Corte, dell’accertamento fattuale operato dal giudice a quo circa la ivi ritenuta insussistenza del collegamento negoziale tra mutuo e conto corrente.
6.5.1. Ciò, però, non è possibile in questa sede, tenuto conto, da un lato, che il collegamento cd. funzionale fra negozi postula un accertamento riservato al giudice di merito ed incensurabile in sede di legittimità ove condotto -come accaduto nella specie – nel rispetto dei criteri di logica ermeneutica e di corretto apprezzamento delle risultanze di fatto ( cfr . Cass. n. 28342 del 2023); dall’altro, perché, come si è già sottolineato, il giudizio di legittimità non può essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative ( cfr. l’ampia rassegna giurisprudenziale di cui si è dato conto alla fine del precedente § 5.2.2. di questa motivazione).
In conclusione, dunque, l’odierno ricorso di RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME COGNOME ed RAGIONE_SOCIALE deve essere respinto, senza necessità di pronuncia in ordine alle spese di questo giudizio di legittimità, stante la inammissibilità, per le esposte ragioni, della costituzione, in questa sede, di RAGIONE_SOCIALE, tramite la propria mandataria RAGIONE_SOCIALE, e l’essere rimasta solo intimata la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE p.a.
7.1. Deve darsi atto, infine, -in assenza di ogni discrezionalità al riguardo ( cfr . Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, in solido tra loro, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del
contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
PER QUESTI MOTIVI
La Corte dichiara inammissibile l’avvenuta costituzione, in questa sede, di RAGIONE_SOCIALE tramite la propria mandataria RAGIONE_SOCIALE
Rigetta il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME COGNOME ed RAGIONE_SOCIALE.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera dei medesimi ricorrenti, in solido tra loro, dell’ulteriore importo a titolo di con tributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, giusta il comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile