Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6203 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6203 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30476/2021 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
NOME domiciliazione telematica legale
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME COGNOME domiciliazione telematica legale
-controricorrente e ricorrente incidentale- e nei confronti di
-intimato- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n. 1830/2021 depositata il 29/09/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che
RAGIONE_SOCIALE, poi fallita, nel 2011 stipulava un contratto di factoring con RAGIONE_SOCIALE con cessione alla stessa tutti i crediti che sarebbero sorti a partire da una data fattura di quell’anno vantati, a titolo di fornitura, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE poi divenuta RAGIONE_SOCIALE la quale ultima, sùbito dopo, sottoscriveva la comunicazione per accettazione;
due anni dopo circa, BBC: contestava alla propria fornitrice COGNOME l’esistenza di vizi nella merce consegnata, tali da renderla incommerciabile, con conseguente inadempimento, invocando la risoluzione del rapporto contrattuale; e riscontrava i solleciti di pagamento del cessionario RAGIONE_SOCIALE confermando l’esistenza di contestazioni in merito alla regolarità della merce e all’inadempimento del fornitore;
i vizi, per quanto di ragione, erano confermati dalla consulenza giudiziale esperita in apposito procedimento di accertamento tecnico preventivo instaurato da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di BCC;
RAGIONE_SOCIALE inoltrava alla cedente NOME richieste di restituzione delle somme anticipate in virtù del contratto di factoring, sicché la società richiesta citava RAGIONE_SOCIALE dinanzi al Tribunale di Bologna per far accertare l’illegittimità delle pretese di pagamento da quest’ultima avanzate nei propri riguardi, con inoperatività della clausola risolutiva espressa invocata da RAGIONE_SOCIALE a séguito delle contestazioni di BBC;
il Tribunale adito, con sentenza poi passata in giudicato, respingeva le domande ritenendo legittime le pretese di pagamento di RAGIONE_SOCIALE nei riguardi di RAGIONE_SOCIALE osservando che BBC poteva opporre al cessionario le stesse eccezioni che avrebbe potuto sollevare nei confronti del cedente, e che tali eccezioni erano da ritenersi fondate, atteso l’esito del sopra ricordato procedimento ex art. 696-bis cod. proc. civ.;
il Tribunale precisava che la cessione dei crediti era da ritenersi di natura pro solvendo, trovando applicazione l’art. 4 della legge n. 52 del 1992, secondo cui, nell’ambito di un contratto di factoring, il cedente garantisce, nei limiti del corrispettivo pattuito, la solvenza del debitore, e ciò era in linea in specie con la clausola n. 5 del contratto sottoscritto tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, con cui era stato previsto l’obbligo di Dupi di ripristinare le somme anticipate dal factor nel caso di contestazioni del debitore ceduto, e la clausola n. 10, in cui era stato previsto che la prima, a semplice richiesta della seconda, dovesse rimborsare quanto integralmente dovuto nell’ipotesi in cui il debitore non avesse eseguito il pagamento del credito all’esito della procedura di sollecito descritta nel contratto e seguita dalla società di factoring;
nelle more COGNOME otteneva un decreto ingiuntivo, nei confronti di BCC, per il pagamento delle forniture di merci, azionando le fatture che erano state oggetto di cessione tramite il contratto di factoring; nel successivo giudizio di opposizione interveniva RAGIONE_SOCIALE chiedendo, per quanto qui è utile sapere, che venisse accertata la parte obbligata al pagamento, con condanna al relativo versamento a favore di RAGIONE_SOCIALE, e inoltre, nell’ipotesi in cui BBC fosse condannata al pagamento a favore di COGNOME, che tale somma venisse corrisposta a RAGIONE_SOCIALE;
dopo il fallimento di COGNOME con conseguente interruzione e riassunzione processuali, il Tribunale revocava l’ingiunzione, ritenendo che l’intervenuto accordo transattivo tra BBC e il
Fallimento RAGIONE_SOCIALE avesse fatto cessare ogni interesse alla pronuncia giudiziale avente ad oggetto l’accertamento della pretesa di credito di RAGIONE_SOCIALE nei confronti di BCC e il diritto di quest’ultima alla risoluzione del contratto a causa dell’esistenza di vizi e difformità nella merce fornita dalla prima; al contempo affermava che, per effetto della sopra richiamata pronuncia del Tribunale di Bologna, RAGIONE_SOCIALE aveva già ottenuto riconoscimento delle proprie ragioni nei confronti di Dupi, venendo così meno il suo interesse e la sua legittimazione ad agire nei confronti di BBC;
la Corte di appello riformava la decisione osservando che:
-«l’obbligo del debitore ceduto di pagare al creditore cessionario scaturisce…direttamente dall’avvenuta cessione del credito e non può venir meno…sol perché il cessionario mantiene anche il diritto a ripetere dal cedente quanto pagato per l’acquisto del credito in caso di mancato pagamento delle fatture da parte del debitore ceduto e ciò sulla base del contratto di cessione di pro solvendo»;
-sussisteva quindi duplice legittimazione, del factor cessionario, ad agire sia nei confronti del cedente che nei confronti del debitore ceduto;
-l’interesse del factor ad agire nei confronti del debitore ceduto era poi reso evidente dall’inopponibilità della sentenza pur definitiva del Tribunale di Bologna alla Curatela del Fallimento Dupi, perché, come pure eccepito da quest’ultima, intervenuta quando la società era in bonis;
-era inoltre risultato che RAGIONE_SOCIALE si era insinuata, in chirografo, per il credito vantato al passivo della procedura concorsuale, ma senza che risultasse soddisfazione dello stesso;
-in ordine al quantum, era comunque un dato processuale acquisito quello dei vizi accertati in sede di accertamento tecnico preventivo, e la corrispondente minor somma doveva pertanto decurtarsi dal dovuto, oggetto così di condanna;
avverso questa decisione ricorre per cassazione RAGIONE_SOCIALE articolando cinque motivi;
resiste con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale fondato su motivo unico, RAGIONE_SOCIALE.p.a.;
le parti hanno depositato memorie;
Rilevato che
con il primo motivo di ricorso principale si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 4, legge n. 52 del 1991, 1267, 1456, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che: a) la cessione di credito è uno strumento adoperato nel contratto di factoring con la particolarità che la garanzia della solvenza del debitore, eventuale nella disciplina codicistica della cessione, costituisce un elemento fisiologico del factoring; b) pur tuttavia, la disciplina fondamentale rimane identica, sicché, se il cessionario si avvale della garanzia di solvenza, si produce la risoluzione della cessione e il cedente riacquista la titolarità del credito, mentre il factor può chiedere la restituzione dell’anticipo versato; ne era derivato che, con la richiesta di restituzione degli anticipi, rivolta da RAGIONE_SOCIALE a Dupi, il contratto di cessione era stato risolto, Dupi aveva riacquistato la titolarità del credito e legittimamente transatto con BCC;
con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2909, cod. civ., 324, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che la rammentata sentenza divenuta irrevocabile del Tribunale di Bologna, n. 1623 del 2016, aveva accertato la risoluzione per inadempimento del contratto di factoring, con conseguente ritrasferimento della titolarità del credito al cedente, e, nonostante quel giudizio fosse intercorso tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, senza il contraddittorio di BCC, sussisteva l’effetto riflesso del giudicato in parola;
con il terzo motivo di ricorso si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 1260, cod. civ., poiché la Corte di
appello avrebbe errato eludendo l’accertamento dell’assolvimento dell’onere della prova dell’entità del credito, che il factor avrebbe comunque dovuto evadere;
con il quarto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112, cod. proc. civ., poiché, nell’opposizione a decreto ingiuntivo BCC aveva chiesto di accertare la risoluzione del contratto di fornitura per l’esistenza degli accertati vizi, con conseguente obbligo anche risarcitorio, e su tale eccezione in ogni caso non vi era stata pronuncia;
con il quinto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 100, cod. proc. civ., 1267, cod. civ., 4, legge n. 52 del 1991, poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che l’azione di RAGIONE_SOCIALE aveva comunque integrato l’esercizio della garanzia di solvenza nei confronti di Dupi, tanto da chiedere che le somme in tesi ritenute da corrispondere da BCC a Dupi fossero versate direttamente ad essa, in coerenza con la richiesta originaria principale di dichiarare la litispendenza o continenza con il giudizio preventivamente instaurato davanti al Tribunale di Bologna tra cedente e cessionario, con conseguente erroneità della pretesa rivolta al debitore ceduto, e comunque carenza d’interesse all’esito della sopravvenuta transazione tra Dupi e BCC;
con il motivo di ricorso incidentale si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe omesso di pronunciarsi sulla regolazione delle spese del primo grado, necessaria all’esito della riforma della decisione del Tribunale;
Considerato che
i primi due motivi, da esaminare congiuntamente per connessione, sono fondati;
la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto che «la cessione di credito è…lo strumento formale adoperato nel contratto di
factoring, con la particolarità che la garanzia della solvenza del debitore è eventuale nella disciplina codicistica della cessione, mentre costituisce un naturale negotii del factoring secondo quanto dispone l’art. 4 della legge 52/1991; ma pur tuttavia la disciplina fondamentale di questo strumento rimane identica, in particolare, se il cessionario factor si avvale della garanzia di solvenza, si produce la risoluzione della cessione ed il cedente fornitore riacquista la piena titolarità del credito, mentre il factor può chiedere la restituzione dell’anticipo versato» (Cass., 08/02/2007, n. 2746, pag. 15, e poi Cass., 10/11/2021, n. 32991, pag. 5, entrambe richiamate di recente da Cass., 18/12/2024, n. 33036, come pure sottolineato nella memoria di parte ricorrente); parte controricorrente obietta in particolare che:
non vi sarebbe norma a sorreggere tale conclusione in ordine alla risoluzione della cessione;
ii) la giurisprudenza di legittimità, esemplificata con il richiamo di Cass., 28/05/2020, n. 10092, afferma, nella cessione del credito in funzione di garanzia e non solutoria, la possibilità, per il cessionario, di agire sia nei confronti del cedente che nei confronti del debitore ceduto senza essere gravato, nel primo caso, dall’onere di provare l’infruttuosa escussione del debitore ceduto; premesso che, come il Tribunale di Bologna (pag. 6) nel previo giudizio (sentenza riportata e prodotta sub X da parte ricorrente), anche le odierne parti assumono la funzione di garanzia, infatti esercitata, del concluso factoring, la prima obiezione cade se si pensa che la richiamata giurisprudenza di legittimità arriva alla conclusione ritenendo evidentemente incompatibile l’avvenuto esercizio della garanzia in parola con la sussistenza del contratto di cessione che la implementava;
la seconda obiezione si supera constatando che altro è affermare la possibilità di esercitare una duplice azione, senza beneficio di escussione e, in tesi, neppure ordinis, altro è sostenere che
l’avvenuto esercizio dell’una non si traduca, strutturalmente, nella ricostruita risoluzione del contratto di cessione che ne realizzava la funzione;
del resto -va aggiunto -sull’esercizio della garanzia di solvenza, avvenuto prima del successivo fallimento del cedente, con conseguente e incontestata insinuazione in chirografo al passivo del cessionario, è intervenuta la sentenza del Tribunale di Bologna passata in giudicato;
sul punto va preliminarmente chiarito, in relazione all’obiezione sollevata in memoria da parte controricorrente (RAGIONE_SOCIALE) secondo cui l’eccezione di giudicato esterno sarebbe nuova e come tale inammissibile, che tale ultimo assunto è del tutto infondato;
il documento prodotto sia nel merito che come detto in questa sede, attesta il passaggio in giudicato il giorno 9 gennaio 2017, e tutte le parti, come rappresentato nel ricorso (pag. 5, nota 11, e pagg. 9-10) avevano precisato le conclusioni discutendone all’udienza, successiva, del 19 gennaio 2017, di prosecuzione dopo la riassunzione seguita, a sua volta, al fallimento RAGIONE_SOCIALE, e di ciò dà atto anche la Corte territoriale (già a pag. 5): in questo contesto la portata di tale decisione non può comunque ritenersi questione nuova e in questo senso inammissibile;
è opportuno sottolineare che la stessa RAGIONE_SOCIALE -la cui condotta processuale va stigmatizzata al riguardo -aveva concluso all’udienza del 19 gennaio 2017 di prime cure dando atto della definitività della sentenza in parola, secondo quanto evidenziato nella comparsa di costituzione in appello di RAGIONE_SOCIALE, già BBC (pagg. 67, doc. XXIV in questa sede), e ora nel ricorso per cassazione (pag. 9, 4° rigo), con esclusione di ogni possibile novità rispetto al contraddittorio svolto;
ciò posto, è vero che tale sentenza è stata pronunciata tra cedente e cessionario, senza la partecipazione del debitore ceduto, ma è altrettanto vero che secondo questa Corte (Cass., 23/10/2023, n.
29301) l’estensione del giudicato riflesso opera a condizione che i terzi estranei al giudizio siano titolari di ‘diritti dipendenti o comunque subordinati’ al rapporto deciso con efficacia di giudicato (Cass. Sez. U., 12 marzo 2008, n. 6523; Cass., 20 febbraio 2013, n. 4241; Cass, 11 giugno 2019, n. 15599), mentre tale efficacia riflessa è impedita qualora il terzo sia titolare di un rapporto ‘autonomo ed indipendente’ rispetto a quello in ordine al quale il giudicato è intervenuto, non essendo possibile né che egli ne possa ricevere un pregiudizio giuridico né che se ne possa avvalere, salvo che tale facoltà sia espressamente prevista dalla legge, come nel caso delle obbligazioni solidali, ai sensi dell’art. 1306 c.c. (Cass., 13 gennaio 2011, n. 691; Cass., 2 dicembre 2015, n. 24558; Cass. civ., 17 maggio 2017, n. 12252);
«le modalità con cui gli effetti del giudicato possono venire a riverberarsi sulla situazione giuridica vantata dal terzo variano a seconda della struttura relazionale di ‘dipendenza’ che caratterizza la situazione giuridica di cui quest’ultimo risulta essere titolare. Tale situazione giuridica può, infatti, configurarsi come: a) ‘dipendente’ nel senso di ‘accessoria’ (es. obbligazione fidejussoria); b) ‘dipendente’ sul piano del collegamento o del coordinamento negoziale, nel senso di ‘derivata o subordinata’ (es. sublocazione; subappalto, contratti derivati in genere); c) ‘dipendente’ sul piano del diritto sostanziale, nel senso di “pregiudicata” (qualora la fattispecie costitutiva del diritto fatto valere includa tra i suoi elementi essenziali una situazione giuridica che sia stata oggetto della controversia in precedente giudizio ‘inter alios’ passato in giudicato)» (Cass., n. 29301 del 2023, cit.); ora, nel caso di specie, una volta assunto l’effetto risolutorio del contratto di cessione quale implicazione logica necessaria dell’esercizio della garanzia di solvenza svolta da quella, la statuizione su tale oggetto incide sulla titolarità dell’obbligazione attiva cui fa fronte il debitore già ceduto, ripristinando quella
originaria già assunta dal medesimo debitore e quindi non suscettibile di essere considerato giuridicamente pregiudicato, in modo logicamente del tutto sovrapponibile all’ipotesi in cui si opponga al factor la risoluzione della fonte negoziale del credito (Cass., 28/02/2008, n. 5302, discussa dalle parti, pagg. 16-17);
la configurazione soggettiva dell’obbligazione stessa, in altri termini, dipende, per quanto qui rileva, dalla statuizione passata in cosa giudicata;
gli altri motivi di ricorso principale e il motivo di ricorso incidentale sono logicamente assorbiti;
spese al giudice del rinvio;
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso principale, assorbiti i restanti e il motivo di ricorso incidentale, cassa in relazione la decisione impugnata e rinvia alla Corte di appello di Firenze perché, in diversa composizione, pronunci anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 08/01/2025.