Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 19476 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 19476 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25671/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende, domiciliato ex lege all’indirizzo Pec in atti.
–
ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME domiciliato ex lege all’indirizzo Pec in atti.
–
contro
ricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 3385/2022 depositata il 20/07/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/04/2025
dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE -sul presupposto di aver stipulato con la RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE (di seguito, per brevità, RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE) un atto di ‘Cessione di credito’, in forza del quale alla cessionaria RAGIONE_SOCIALE venivano ceduti dalla cedente RAGIONE_SOCIALE, due crediti per il rispettivo ammontare di euro 7.612.138,21 e di euro 8.885.598,00 vantati verso la RAGIONE_SOCIALE, crediti dichiarati garantiti e sussistenti -conveniva la cedente RAGIONE_SOCIALE avanti al Tribunale di Napoli, formulando le seguenti conclusioni: ‘accertare che la RAGIONE_SOCIALE nella sottoscrizione dell’atto di cessione di credito del 22 marzo 2012 è incorsa nel grave inadempimento di dichiarare e garantire sussistente credito nei confronti di RAGIONE_SOCIALE per un ammontare di Euro 8.885.598,20, mentre già aveva proceduto a riscuotere -così decontandosi il totale del credito cedutol’importo di Euro 2.980.256,00 nei mesi di novembre/dicembre 2001; accertare, conseguentemente, il diritto della cessionaria Trasfiv S.p.a. ad essere reintegrata dall’inadempiente cedente di importo equivalente a quello inveritieramente garantito sussistente di Euro 2.980.256,00 od, in ogni caso, di quell’altro importo -maggiore o minore- ritenuto conforme a giustizia; da maggiorare di interessi e maggior danno ex 1224 c.c. l’importo come sopra determinato, a far data dal giorno di stipula della cessione (22.03.2002) sino al giorno dell’effettivo pagamento’.
Con sentenza n. 3800/15 il Tribunale di Napoli così pronunciava: ‘Accoglie la domanda per quanto di ragione, e, accertato l’inadempimento contrattuale della RAGIONE_SOCIALE accerta il diritto della RAGIONE_SOCIALE ad essere
reintegrata nella corretta posizione nascente dal contratto concluso in data 22.03.2001, mediante il riconoscimento del diritto ad una riduzione del corrispettivo della cessione nella misura di euro 220.287,26′.
Avverso tale sentenza RAGIONE_SOCIALE proponeva appello; si costituiva, resistendo al gravame, la RAGIONE_SOCIALE proponendo a sua volta appello incidentale.
Con sentenza n. 3385 del 20 luglio 2022 la Corte d’Appello di Napoli, in accoglimento del quinto motivo di appello principale ed assorbito l’appello incidentale, riformava la sentenza di prime cure ed affermava che non sussisteva alcun diritto della cessionaria RAGIONE_SOCIALE alla riduzione del corrispettivo della cessione, per cui la domanda di accertamento da essa proposta in primo grado doveva pertanto essere rigettata.
Avverso tale sentenza la RAGIONE_SOCIALE propone ora ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
La società resistente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con un unico motivo la ricorrente denuncia ‘Violazione di legge/falsa applicazione degli artt. 1266-1362-1366-1371 cod. civ., in relazione all’art. 360 comma primo n. 3 cod. proc. civ.’.
Lamenta che la corte di merito è pervenuta ad escludere la responsabilità della società cedente alla propria obbligazione di garantire l’esistenza del credito ceduto, perché è incorsa nella violazione dell’art. 1266 cod. civ. in forza di una non corretta interpretazione dell’art. 5 del contratto di cessione del credito.
1.1. Il motivo è infondato.
1.2. L’art. 5 del contratto di cessione, riportato nel ricorso in assolvimento dell’onere di cui all’art. 366, n. 3 e 6 cod. proc. civ.,
espressamente recita ‘La presente cessione viene effettuata non assumendo la cedente RAGIONE_SOCIALE‘ la responsabilità o la garanzia della solvenza dei debitori e dei coobbligati. La cedente RAGIONE_SOCIALE, assumendone la relativa responsabilità, garantisce esclusivamente la titolarità dei crediti ceduti, oltre alla sussistenza degli stessi. Le parti si danno reciprocamente atto che eventuali, diverse quantificazioni dell’importo dei crediti ceduti derivanti o da divergenze di interpretazione o da errori nell’applicazione del tasso di interesse o dai metodi di calcolo, ivi compresa la capitalizzazione, non comporteranno la revisione del corrispettivo di cessione, essendo interesse del cessionario acquisire per il prezzo convenuto il credito vantato dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti delle Società debitrici cedute: ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e ‘RAGIONE_SOCIALE, quale ne sia il suo importo’ .
Orbene, in relazione a tale previsione la corte territoriale ha affermato che la clausola esprime in modo inequivoco la volontà delle parti di definire irrevocabilmente il corrispettivo, a prescindere da eventuali divergenze successive sul quantum del credito ceduto ed ha così motivato: ‘l’interpretazione di tale clausola fornita dal primo giudice non è corretta e non appare condivisibile in quanto si discosta chiaramente dal significato letterale di tale disposizione negoziale, nonché da quella che si ritiene essere stata la comune intenzione delle parti, in relazione agli interessi di ciascuna sottesi al regolamento contrattuale, ex artt. 1362, 1366 e 1371 c.c. Difatti, nel caso di specie, non appare porsi in dubbio che ricorra proprio l’ipotesi di ‘divergenze interpretative’ sulla quantificazione dell’importo dei crediti ceduti, prevista espressamente dall’art. 5 del contratto come causa di esclusione della possibilità di revisione del prezzo della cessione. La cedente RAGIONE_SOCIALE infatti, ritiene, in mancanza di imputazione da parte del debitore, di aver correttamente imputato, ai sensi
dell’art. 1193 comma 2 cc., la somma ricevuta dal terzo RAGIONE_SOCIALE come corrispettivo per la liberazione dalla ipoteca dello stabilimento industriale ex RAGIONE_SOCIALE (pari ad € 2.980.256,00) ad altri debiti della RAGIONE_SOCIALE, differenti rispetto a quelli oggetto del contratto di cessione del 22.03.2002 successivamente concluso con la RAGIONE_SOCIALE. Di contro, invece, la RAGIONE_SOCIALE ha contestato alla SGA tale prospettazione e la imputazione da quest’ultima effettuata, ritenendo che la corretta imputazione del pagamento non potesse che riguardare il credito oggetto della cessione, ovvero quello derivante da mutuo fondiario concesso dal Banco di Napoli alla RAGIONE_SOCIALE a garanzia del quale era stata accesa l’ipoteca. Pertanto, a suo dire, all’atto della cessione il credito ceduto sarebbe stato inferiore a quello indicato in contratto, dovendosi ad esso sottrarre tali € 2.980.256,00 già precedentemente ricevuti dalla cedente SGA a parziale estinzione dello stesso. Orbene, a prescindere dalla fondatezza dell’una o dell’altra tesi, appare evidente che proprio questo contrasto sulla quantificazione dell’importo del credito ceduto concretizza una divergenza interpretativa sul contenuto e l’oggetto del contratto medesimo, ovvero una delle fattispecie sopra riportate in presenza delle quali è esclusa dall’art. 5 la possibilità di revisione del corrispettivo della cessione. D’altra parte questa interpretazione trova ulteriore sostegno nella chiara ed inequivoca espressione finale dell’art. 5 del contratto, laddove è espressamente detto che è ‘interesse del cessionario acquisire per il prezzo convenuto il credito vantato dalla società RAGIONE_SOCIALE nei confronti delle società debitrici cedute RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE quale ne sia il suo importo’ (v. p. 9 dell’impugnata sentenza).
Tale articolata motivazione risulta congrua e scevra da vizi logico-giuridici, nonché conforme al costante orientamento di legittimità, secondo cui l’interpretazione del contratto è attività
riservata al giudice di merito, purchè regolarmente condotta secondo i criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ., ed in particolare tenendo presente non il mero criterio letterale ovvero una lettura parziale della clausola contrattuale, bensì tutti gli elementi del contratto, complessivamente considerati, in modo da pervenire alla ricostruzione della comune intenzione delle parti, giacchè solo una lettura completa è il presupposto di una corretta comprensione del significato letterale della convenzione e, per suo tramite, della comune intenzione delle parti che l’hanno stipulata (Cass., 16/11/2023, n. 8832; Cass., 08/02/2021, n. 2945).
1.3. Né risulta fondata la prospettata censura di violazione dell’art. 1266 cod. civ., poiché tale norma, in caso di cessione a titolo oneroso, stabilisce che il cedente è tenuto a garantire l’esistenza del credito al tempo della cessione, ma fa salva l’ipotesi in cui la garanzia sia esclusa ‘per patto’, pur restando il cedente obbligato per fatto proprio, come è appunto avvenuto nel caso di specie.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la società ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 25.000,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi, liquidati in euro 200,00, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali
per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza