LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Cessione del credito: patto esclude la garanzia?

Una società cessionaria di crediti agiva contro la cedente, lamentando che uno dei crediti acquistati era parzialmente inesistente a causa di un incasso precedente alla cessione. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione d’appello. La Corte ha stabilito che la clausola del contratto di cessione del credito, che escludeva revisioni del prezzo per ‘divergenze interpretative’ sulla quantificazione del credito, era valida e prevaleva sulla garanzia legale dell’esistenza del credito (art. 1266 c.c.). La controversia sull’imputazione del pagamento pregresso è stata qualificata come una di tali divergenze, legittimando l’esclusione della responsabilità della cedente.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Cessione del Credito e Garanzia: Quando un Patto Contrattuale Può Fare la Differenza

Nell’ambito delle operazioni commerciali, la cessione del credito è uno strumento fondamentale che permette di trasferire liquidità e gestire i flussi di cassa. Tuttavia, cosa succede se il credito ceduto si rivela, in parte, già estinto? La legge prevede una garanzia a tutela del cessionario, ma l’autonomia delle parti può derogarvi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini di questa possibilità, sottolineando l’importanza di clausole contrattuali chiare e inequivocabili.

I Fatti di Causa

Una società specializzata nella gestione di attivi finanziari (la cedente) stipulava un contratto di cessione del credito con un’altra società (la cessionaria). L’accordo prevedeva il trasferimento di due crediti per un valore nominale di svariati milioni di euro. Successivamente, la società cessionaria scopriva che uno dei crediti ceduti era stato parzialmente incassato dalla cedente alcuni mesi prima della stipula del contratto, per un importo di quasi tre milioni di euro.

Ritenendo di aver subito un grave inadempimento, la cessionaria citava in giudizio la cedente dinanzi al Tribunale. Chiedeva di accertare la violazione dell’obbligo di garantire l’esistenza del credito e di essere reintegrata dell’importo corrispondente al credito risultato inesistente, oltre agli interessi e al maggior danno.

Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda, riconoscendo l’inadempimento della cedente e disponendo una riduzione del corrispettivo della cessione. La società cedente proponeva appello.

La Riforma in Appello

La Corte d’Appello ribaltava la decisione di primo grado. I giudici di secondo grado, accogliendo uno dei motivi di appello, affermavano che la cessionaria non aveva alcun diritto alla riduzione del prezzo. La loro decisione si basava sull’interpretazione di una specifica clausola (l’art. 5) del contratto di cessione, che escludeva la possibilità di rivedere il corrispettivo in caso di “diverse quantificazioni dell’importo dei crediti ceduti derivanti o da divergenze di interpretazione”. Secondo la Corte d’Appello, la controversia sull’imputazione del pagamento ricevuto dalla cedente prima della cessione rientrava pienamente in questa casistica, escludendo di fatto la responsabilità della cedente.

Le Motivazioni della Cassazione sulla Cessione del Credito

La società cessionaria proponeva ricorso per cassazione, denunciando la violazione e falsa applicazione di diverse norme, tra cui l’art. 1266 del codice civile, che disciplina la garanzia sull’esistenza del credito (il cosiddetto nomen verum).

La Suprema Corte ha ritenuto il motivo infondato, confermando la sentenza d’appello. Il ragionamento dei giudici si è concentrato sull’interpretazione della clausola contrattuale in questione. L’art. 5 del contratto recitava espressamente che la cedente garantiva la titolarità e la sussistenza dei crediti, ma allo stesso tempo le parti si davano atto che “eventuali, diverse quantificazioni dell’importo dei crediti […] derivanti o da divergenze di interpretazione […] non comporteranno la revisione del corrispettivo di cessione”.

La Corte ha qualificato il contrasto tra le parti come una “divergenza interpretativa”. La cedente sosteneva di aver legittimamente imputato la somma incassata (derivante dalla liberazione di un’ipoteca) ad altri debiti della società debitrice, mentre la cessionaria riteneva che tale somma dovesse necessariamente estinguere il credito poi oggetto di cessione. Questo scontro tra due diverse prospettazioni giuridiche, secondo la Cassazione, concretizza proprio quella “divergenza interpretativa” che, per volontà delle parti, escludeva la possibilità di rivedere il prezzo.

Inoltre, la clausola si chiudeva con una frase decisiva: era “interesse del cessionario acquisire per il prezzo convenuto il credito vantato […] quale ne sia il suo importo”. Questa espressione, chiara e inequivoca, rafforzava la tesi che la cessionaria avesse accettato un certo grado di aleatorietà sull’esatto ammontare del credito, a fronte di un prezzo forfettario.

Le Conclusioni: Autonomia Contrattuale e Principio di Auto-responsabilità

La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del nostro ordinamento: l’autonomia contrattuale. L’art. 1266 c.c. stabilisce che il cedente deve garantire l’esistenza del credito, ma fa salva l’ipotesi in cui tale garanzia sia esclusa “per patto”. Nel caso di specie, le parti avevano appunto stipulato un patto di questo tipo. La clausola contrattuale, interpretata secondo i canoni di buona fede e del significato letterale delle parole, esprimeva la chiara volontà delle parti di definire il corrispettivo in modo irrevocabile, anche in presenza di successive contestazioni sul quantum del credito.

Questa ordinanza serve da monito per tutti gli operatori economici. Nella redazione di un contratto di cessione del credito, è cruciale prestare la massima attenzione alle clausole che limitano o escludono le garanzie legali. Sebbene la legge offra tutele standard, le parti sono libere di modellare il loro rapporto e di allocare i rischi come meglio credono, a patto di farlo con clausole chiare, specifiche e non ambigue. La chiarezza previene future controversie e assicura che la volontà negoziale sia rispettata, come dimostra in modo esemplare questa vicenda giudiziaria.

In una cessione del credito, la garanzia legale sull’esistenza del credito può essere esclusa?
Sì, l’articolo 1266 del codice civile prevede che la garanzia sull’esistenza del credito al momento della cessione, dovuta dal cedente, può essere esclusa tramite un apposito ‘patto’ tra le parti. La volontà di escludere o limitare tale garanzia deve risultare in modo chiaro e inequivocabile dal contratto.

Cosa stabiliva la clausola contrattuale al centro del caso?
La clausola (art. 5 del contratto) stabiliva che, sebbene la cedente garantisse la titolarità e la sussistenza dei crediti, eventuali successive e diverse quantificazioni del loro importo, derivanti da ‘divergenze di interpretazione’ o errori di calcolo, non avrebbero comportato una revisione del prezzo di cessione. La clausola specificava inoltre che era interesse della cessionaria acquistare il credito al prezzo pattuito, ‘quale ne sia il suo importo’.

Perché la Corte di Cassazione ha considerato la disputa una ‘divergenza interpretativa’?
La Corte ha ritenuto che il disaccordo tra le parti sull’imputazione di un pagamento ricevuto dalla cedente prima della cessione costituisse una ‘divergenza interpretativa’. La cedente aveva una propria tesi su come imputare quel pagamento (ad altri debiti), mentre la cessionaria ne aveva una opposta (al credito ceduto). Questo contrasto tra due diverse letture giuridiche della stessa situazione è stato qualificato come la fattispecie prevista dal contratto per escludere la revisione del prezzo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati