Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6086 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6086 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 29289/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME, COGNOME NOME;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME;
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 632/2021 del TRIBUNALE di BUSTO ARSIZIO, depositata il 21/04/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che
RAGIONE_SOCIALE conveniva davanti al Giudice di pace di Busto Arsizio la compagnia aerea RAGIONE_SOCIALE, chiedendo, quale cessionaria di un credito acquisito da NOME COGNOME e NOME COGNOME, di accertarne la responsabilità contrattuale per un ritardo di oltre tre ore di un volo del 2016 da Zanzibar a Fiumicino e di condannarla pertanto a corrispondere l’indennizzo di cui all’articolo 7, primo comma, lettera c), del Regolamento CE 261/2004 per un importo di euro 1.200,00. La convenuta si costituiva resistendo.
Il Giudice di pace, con sentenza del 29 maggio 2019, respingeva la domanda per difetto di legittimazione attiva dell’attrice in quanto non iscritta, in violazione dell’articolo 106 T.U.B., all’ albo degli intermediari finanziari tenuto dalla Banca d’Italia.
RAGIONE_SOCIALE proponeva appello, cui controparte resisteva, e che il Tribunale di Busto Arsizio accoglieva con sentenza del 21 aprile 2021, condannando quindi l’appellata a corrispondere all’appellante, in qualità di cessionaria del credito de quo , la somma di euro 1.200,00, oltre a interessi legali.
Avverso la suindicata sentenza del giudice dell’appello la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE propone ora ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi, illustrati da memoria, cui resiste con controricorso e memoria RAGIONE_SOCIALE
Considerato che
Con il primo motivo la ricorrente denunzia violazione dell’articolo 1362, primo comma, c.c. , in riferimento all’articolo 360, primo comma n. 3, c.p.c., nonché <> degli articoli 81 c.p.c. e 115 Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS).
1.1 Premesso che la falsa applicazione dell’articolo 81 c.p.c. deriverebbe da una non corretta interpretazione, alla luce dell’articolo 1362, primo comma, c.c., de l ‘regolamento contrattuale’ concordato tra i suddetti viaggiatori e l’attuale controricorrente ‘come sigillato nel doc. 8 e nel richiamato Listino Prezzi (doc. 16)’, si duole che il giudice d’appello abbia implicitamente riconosciuto la legittimazione attiva dell’RAGIONE_SOCIALE in quanto ‘farebbe valere in nome proprio un diritto di credito del quale si afferma titolare in forza di cessione a titolo oneroso la cui causa il Giudice d’appello ritiene <> , di ‘ vendita e gestoria’.
Lamenta non essersi considerato che ‘quella che viene definita cessione di credito risulta in realtà essere un mandato oneroso all’incasso’ , difettando pertanto la legittimazione dell ‘odierna controricorrente, difetto rilevabile d’ufficio.
Richiamati gli articoli 81 c.p.c. e 1362, primo comma, c.c., riporta il contenuto del contratto (ricorso, pagine 912) per dedurne che dalla sua ‘complessiva lettura’ emergerebbe che ‘l’intenzione negoziale delle parti’ non sarebbe stata la compravendita di un credito bensì il conferimento di un mandato per il recupero di un credito.
Deduce altresì che questi lo avrebbero ‘ben dimostrato’, un elenco di quattro elementi (sull’obbligo di RAGIONE_SOCIALE di compiere atti giuridici, sul ‘prezzo’ riguardo a come e quando verrebbe pagato e altresì riguardo alla sua determinazione, e su un riferimento al Listino Prezzi), per poi asserire che il Tribunale avrebbe pertanto violato l’articolo 1362, primo comma, c.c. nell’interpretare il contratto, attribuendogli anche affermazioni contraddittorie nel negare l’applicabilità dell’articolo 106 T.U.B. laddove attribuisce alla cessione la causa mista e sottolinea l’assenza di anticipazione della ‘compensazione pecuniaria’. In realtà , ad avviso della ricorrente, il giudice d’appello avrebbe descritto per RAGIONE_SOCIALE un’attività di mandatari a.
Lamenta che i l giudice avrebbe dovuto interpretare l’insieme delle clausole negoziali e ‘qualificare apertamente’ il negozio ‘quale mandato con
rappresentanza all’incasso senza arrestarsi all’intitolazione del documento o all’esame di una singola clausola’; dalla sua violazione dell’articolo 1362 c.c. sarebbe derivata un’erronea interpretazione del negozio e di conseguenza l’applicazione dell’arti colo 81 c.p.c., perché il giudice ‘avrebbe dovuto accogliere l’eccezione di inammissibilità per carenza di legittimazione attiva avendo RAGIONE_SOCIALE fatto valere in giudizio in nome proprio un diritto altrui’. E tale difetto dovrebbe essere ora rilevato da questa Suprema Corte, che dovrebbe quindi dichiarare inammissibile l’azione esercitata dalla controricorrente.
1.2 Si duole che il giudice del gravame abbia rigettato altresì l’eccezione di nullità per violazione dell’articolo 115 T.U.L.P.S. , ravvisando la non necessità nella specie della licenza del questore, trattandosi di ‘attività di recupero stragiudiziale dei crediti per conto di terzi’: e questo per essere RAGIONE_SOCIALE la titolare stessa del credito. Il che però non corrisponderebbe al vero proprio per la lettura complessiva del contratto, appena sopra illustrata come apportante una natura di mandato. Così, per mancanza dell”autorizzazione questorile’, il mandato sarebbe nullo, con conseguente difetto di legittimazione di RAGIONE_SOCIALE.
1.3 Il motivo è inammissibile. Anziché denunciare la lamentata violazione di norme, in primis di quelle ermeneutiche, la ricorrente propone una ricostruzione alternativa del contenuto del contratto stipulato tra RAGIONE_SOCIALE, da un lato, e RAGIONE_SOCIALE e COGNOME, dall’altro, per dedurne una qualificazione diversa con conseguenti diversi effetti giuridicirispetto a quella che, all’esito del suo accertamento fattuale sul contenuto appunto del negozio, operata dal giudice d’appello.
Si tratta quindi di censura se del caso congrua in sede di gravame ma inammissibile in sede di legittimità, presupponendo accertamenti di fatto inammissibili in questa sede di legittimità.
Con il secondo motivo, in relazione all’articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 106 d.lgs. 1 settembre 1993 n. 385 (T.U.B.), nonché degli articoli 2, primo comma, e 3, primo comma, del Decreto del Min istro dell’Economia e delle Finanze 2 aprile 2015 n. 53.
2.1 A prescindere dalla precedente censura, sostiene che il giudice d’appello avrebbe errato anche rigettando l’eccezione di nullità del contratto di cessione del credito tra l’attuale controricorrente e i due viaggiatori, e dunque non avendo dichiarato l’insussistenza del diritto di credito in capo ad RAGIONE_SOCIALE.
Invero, a tutto concedere, il giudice d’appello avrebbe dovuto qualificare tale cessione del credito come acquisto a titolo oneroso del credito soggetto alle norme di cui in rubrica, che obbligano l’iscrizione del cessionario all’apposito Albo tenuto dalla Banca d’Italia, pena nullità per violazione delle norme imperative del T.U.B.
Richiama quindi gli articoli 106, commi primo e secondo, 2, primo comma, e 3, primo comma, d.m. 53/2015, per poi riportare, ripetitivamente rispetto a quanto già era stato trascritto nel precedente motivo, il testo del contratto stipulato tra RAGIONE_SOCIALE e i due viaggiatori, ed altresì affermare accertato e pacifico che la cessione del credito era avvenuta a titolo oneroso, che RAGIONE_SOCIALE non è iscritta a tale A lbo e che esercita ‘attività sistematica di acquisto dei crediti di soggetti terzi con carattere di professionalità nei confronti del pubblico’, avendo nella citazione davanti al Giudice di pace essa stessa dichiarato di occuparsi dei diritti dei passeggeri dei voli aerei e in particolare ‘del recupero dei crediti dovuti dalle varie Compagnie … a titolo di compensazione pecuniaria ex art. 7 del Regolamento CE 261/2004’.
Lament a che il giudice d’appello non ha ritenuto la cessione del credito qualificabile una concessione di finanziamento prevista dal combinato disposto degli articoli 106, primo comma, T.U.B. e 2 d.m. 53/2015, e si oppone che ‘plurime sentenze di merito’ lo avrebbero invece r iconosciuto. Le argomentazioni nella sentenza qui impugnata sarebbero ‘viziate da un eccesso di costruttivismo interpretativo privo di base legale’.
L’articolo 2, primo comma, lettera b), d.m. 53/2015 determina l’acquisto di crediti a titolo oneroso un’attività di ‘finanziamento sotto qualsiasi forma’; ultronea sarebbe stata quindi l ”indagine ulteriore’ della causa del negozio di cessione del credito de quo , perché il regolamento di cui al d.m. 53/2015
‘individua le specifiche operazioni negoziali che debbono ritenersi riservate agli operatori autorizzati in quanto ritenute <>’. E la riconducibilità della cessione di credito in esame alle operazioni riservate agli intermediari abilitati ex articolo 106 T.U.B. deriverebbe dalla onerosità dell’acquisto e dalla professionalità di RAGIONE_SOCIALE.
Comunque, anche se il giudice avesse correttamente interpretato la normativa, l’avrebbe falsamente applicata, avendo erroneamente ritenuto che il cedente non abbia conseguito una ‘utilità immediata’ quando fu stipulato il contratto di cessione, così negandone proprio la natura di finanziamento. Al contrario il cedente avrebbe immediatamente beneficiato dell’attività di controparte, ‘stragiudiziale e quindi giudiziale’, per la riscossione della compensazione , in quanto ‘l’attività di recupero del credito risarcitorio viene <> del cessionario e rappresenta una utilità immediata ed economicamente valutabile in fa vore del cedente’.
Il motivo si conclude con la contestazione della pertinenza della giurisprudenza evocata dal giudice d’appello, relativa al credito indennitario assicurativo passato da un danneggiato al carrozziere (Cass. 4300 e 21765 del 2019), non essendo il carrozziere un professionista in relazione all’acquisto di crediti a titolo oneroso.
2.2 La ricorrente non a caso riporta il contenuto del negozio che era già stato trascritto per il motivo precedente: infatti, per poter affermare che è stato violato l’apparato normativo invocato nella rubrica, occorre che il negozio abbia natura finanziaria (che infatti il giudice d’appello nega con specifiche argomentazioni) ; e il vaglio del contenuto del negozio, che lo conduca ad attribuirgli tale natura, compete al giudice di merito. Dunque, incorre nella medesima inammissibilità del motivo precedente, essendo dinanzi a una censura tutta direttamente fattuale, in quanto la qualificazione che il motivo afferma debba attribuirsi al negozio esige appunto l’accertamento della natura finanziaria del negozio stesso.
Analogo discorso vale per la questione della utilità immediata ; d’altronde, che quanto ottengono i due viaggiatori dall’adempimento contrattuale di controparte in termini di attivazione per acquisire, e dopo un certo tempo, l’equivalente di
una quota del l’assai modesto indennizzo dell’impresa aerea sia da ricondurre ad un’attività finanziaria da collocare sotto il controllo della Banca d’Italia è ictu oculi una evidente forzatura.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1353, 1418 e 1470 c.c.
3.1 O sserva che la sentenza impugnata ha disatteso l’eccezione di nullità del contratto stipulato tra i due viaggiatori e la controricorrente, che era stata proposta per preteso difetto di un elemento essenziale, cioè il prezzo, ritenendo l’elemento evincibile dal Listino Prezzi.
Deduce che il negozio è nullo ‘per la ragione, sopra indagata, che il (solo) pagamento del prezzo della vendita è sottoposto a condizione (evento futuro ed incerto), con il che viene meno un elemento essenziale del negozio ‘, producendosi la nullità ex articolo 1418 c.c. Infatti la condizione dovrebbe riguardare fatti esterni al contratto, di cui costituirebbe un elemento accidentale; e qui si tratterebbe appunto di ‘un evento esterno rispetto alla fattispecie contrattuale’ , che in quanto tale non può costit uire ‘un elemento indefettibile del contratto’ quale ‘il prezzo nella compravendita (art. 1470 cod. civ.)’.
3.2 Non può non rilevarsi che un prezzo indicato in un listino cui il contratto si correla non è evidentemente qualificabile come elemento esterno al contratto stesso, dovendo invece, piuttosto che elemento esterno accidentale, qualificarsi come pienamente predeterminato componente contrattuale ‘ per relationem ‘, il che già di per sé disattende il motivo.
3.3 Peraltro va pure constatato che, per quel che emerge dal ricorso, la questione della condizione non era stata sottoposta al giudice di merito: in primo grado si era eccepita solo la violazione degli articoli 1325 e 1418 c.c. ‘in quanto il contratto di cessione, chiaramente a titolo oneroso, difetta dell’elemento essenziale del prezzo’ (ricorso, pagina 4); quanto a l contenuto dell’atto di appello presentato da controparte, poi, il ricorso non indica altro che le conclusioni (a pagina 5) nonché segnala la riproposizione in subordine di quelle
che vengono indicate come ‘le ulteriori eccezioni già formulate avanti al Giudice di Pace … non prese in esame in quanto assorbite’ (ricorso, pagina 6).
Non risulta, dunque, che la sussistenza della condizione e i suoi effetti fossero parte del thema decidendum anteriormente al presente giudizio di legittimità.
La sentenza d’appello, dopo avere disattesa la ragione per cui il primo giudice aveva rigettato la domanda, ha affrontato le ulteriori eccezioni dispiegate dall’attuale ricorrente, tra cui quella relativa al prezzo, in relazione alla quale ha affermato a pagina 10: ‘Non è … meritevole di accoglimento l’eccezione di nullità del contratto per indeterminatezza dell’oggetto: basti rilevare che, se risulta per tabulas che il costo a carico del cessionario non è direttamente fissato dal contratto, che rinvia per relationem al Listino Prezzi e ai Termini e Condizioni, è altrettanto certo che una siffatta indicazione per relationem è perfettamente idonea, vista la specificità e chiarezza del rinvio nel caso di specie, ad integrare il presupposto della <> dell’oggetto contrattuale ai sensi dell’art. 1346 c.c.’.
Nessun riferimento ad una fattispecie di condizione è dunque rinvenibile per quanto lascia intendere il ricorso prima del giudizio di legittimità, e neppure emerge dalla pronuncia impugnata. Si tratta quindi di un novum che rende inammissibile la censura.
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1260, secondo comma, c.c. e 33, secondo comma, lettere b) e t), d.lgs. 6 settembre 2005 n. 206 (Codice del Consumo).
4.1 Osserva che il giudice d’appello ha ritenuto inapplicabile il patto di non cedibilità del credito previsto dall’articolo 16.3 delle Condizioni Generali del contratto stipulato tra i due viaggiatori e l’attuale ricorrente, reputandolo clausola abusiva ex articolo 33, secondo comma, lettere b) e t), del Codice del Consumo, e si oppone che invece vi sarebbe stata applicabilità.
Pur riconoscendo che controparte aveva eccepito ‘invalidità del patto di non cedibilità’, si argomenta poi sul fatto che dovrebbe ritenersi provata la conoscenza dell’esistenza di tale patto, e che perciò il giudice d’appello avrebbe ‘errato nel ritenere la clausola inopponibile al cessionario’ in quanto l’articolo 1260, secondo comma, c.c. ‘sancisce l’opponibilità del patto al cessionario che ne sia a conoscenza al momento della cessione’.
Il giudice d’appello avrebbe altresì errato nel ritenere che per la cessione del credito l’attuale controricorrente sarebbe subentrata nei diritti del ‘ consumatore passeggero ‘ , potendo quindi invocare la vessatorietà del patto in forza del Codice del Consumo: si tratterebbe di una ulteriore interpretazione scorretta dell’articolo 1260 c.c. perché , a differenza della cessione del contratto, ‘la cessione del credito … non trasferisce in capo al cessionario la intera posizione contrattuale del cedente ma solo il più circoscritto diritto di credito’ onde ‘solo il contraente consumatore potrebbe far eccepire la vessatorietà di una clausola inerente al contratto’; così la cessione del credito non avrebbe fatto acquistare alla cessionaria RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, la qualità soggettiva di consumatore.
4.2 Dal ricorso risulta che, avverso alla domanda di RAGIONE_SOCIALE, in primo grado RAGIONE_SOCIALE aveva, oltre alle altre difese, opposto ‘infondatezza della domanda per inefficacia della cessione del credito giacché espressamente vietata dall’art. 16.3 delle condizioni generali di contratto NEOS’ (ricorso, pagina 5).
Delle difese presentate nel giudizio d’appello poi, ut supra visto, è dato sapere soltanto quali siano state le conclusioni (per il rigetto dell’appello e , in subordine, per il rigetto delle domande attoree ‘accertata la nullità e/o l’inefficacia dei contratti di cessione del credito … ed il conseguente difetto di titolarità del diritto/azione in capo all’attrice/appellante … e/o comunque la fondatezza della domanda di co mpensazione pecuniaria’) nonché la riproposizione in subordine di quelle che vengono in dicate come ‘le ulteriori eccezioni già formulate avanti al Giudice di Pace … non prese in esame in quanto assorbite’ (ricorso, pagina 6). 4.3 Il motivo in esame è divisibile in due parti.
4.3.1 La prima parte del motivo afferma che è stata provata la conoscenza del patto di non cedibilità da parte di RAGIONE_SOCIALE: ciò , a tacer d’altro, è palesemente irrilevante, in quanto la stessa ricorrente espone che controparte, anziché negare l’esistenza del patto, ne ha eccepito l’invalidità (ricorso, pagina 23: ‘Controparte non ha mai contestato l’assunto in punto di fatto, limitandosi piuttosto a dedurre una invalidità del patto di non cedibilità’).
4.3.2 La seconda parte del motivo è diretta a sostenere che non è passata alla cessionaria l’utilizzabilità della norma del Codice del Consumo di cui invece avrebbero potuto avvalersi i cedenti: in particolare la qualità di consumatore non sarebbe trasferibile. Di qui l’errore del giudice d’appello nell’applicare la norma.
Anche questa questione, come già si è visto per la terza censura, è un novum , ed è quindi inammissibile.
In conclusione, il ricorso è inammissibile. La ricorrente deve pertanto, in ragione della sua soccombenza, rifondere alla controricorrente le spese, liquidate come da dispositivo.
La ricorrente va altresì condannata al pagamento di somma, liquidata come in dispositivo, ex art. 96, terzo comma, c.p.c., sussistendone i presupposti di legge.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 1.600,00, di cui euro 1.400,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge; nonché al pagamento di euro 1.400,00 ex articolo 96, terzo comma, c.p.c.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater , d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 5 dicembre 2023