Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23633 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23633 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11337/2020 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’Avvocata COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE con domicilio digitale
-ricorrente e controricorrente incidentale- contro
COMUNE SAN BENEDETTO DEL TRONTO, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE con domicilio digitale
-controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ANCONA n. 1503/2019 depositata il 22/10/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/06/2025 dalla consigliera NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
La Corte d’appello di Ancona con la sentenza n. 1503 pubblicata il 22 ottobre 2019 in totale riforma della pronuncia gravata ha accertato la validità ed efficacia della cessione del credito vantato dall’Impresa RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi solo Impresa COGNOME) nei confronti del Comune di San Benedetto del Tronto traente origine dal ‘contratto di appalto pubblico per i lavori di costruzione della strada di collegamento della Zona artigianale Albula Alta con la strada SS16 RAGIONE_SOCIALE sottoscritto fra le parti in data 6.12.1989 – e ceduto alla Banca delle Marche s.p.a. con cessione perfezionata con atto notarile il 17.1.1995 e ha condannato il Comune convenuto a pagare alla società RAGIONE_SOCIALE la somma di euro 439.579,05 oltre interessi legali dalla domanda al saldo.
In particolare la Corte territoriale aveva accolto i tre motivi di gravame proposti dalla società RAGIONE_SOCIALE che era intervenuta nel giudizio in qualità di acquirente dei crediti, tra gli altri, azionati in giudizio dalla Banca delle Marche s.p.a.
Con il primo motivo l’appellante aveva lamentato che il primo giudice avesse rigettato la domanda di pagamento sul presupposto della inopponibilità dell’atto di cessione, rogato del notaio COGNOME, del 10 luglio 1995, ritenendo erroneamente applicabile al caso in esame l’articolo 69 del r.d. 2440 del 1923 che imporrebbe, per i soli contratti di appalto ancora in corso al momento della stipula della convenzione, il requisito ulteriore dell’accettazione della cessione da parte della P.A. quale debitore ceduto.
3.1. La Corte d’appello ha ritenuto fondato il motivo richiamando il precedente della Suprema Corte, la sentenza 20.739 del 2015
pronunciata in relazione al medesimo appalto per cui è causa e che aveva statuito la ritualità ed opponibilità al medesimo Comune di San Benedetto del Tronto della cessione dei crediti intervenuta nel 1993 a favore del Banco di Napoli ora Intesa San Paolo s.p.a.
Nel giudizio di appello si era contestata la decisione di primo grado anche per avere erroneamente ritenuto non provata la regolarità rispetto ai pagamenti degli oneri contributivi alla Cassa edile dell’impresa cedente.
4.1. Rispetto a tale censura la Corte d’appello aveva ritenuto non sussistere alcuna circostanza impeditiva dell’adempimento del debitore ceduto nei confronti della creditrice cessionaria riformando sul punto la sentenza di primo grado.
Con il terzo motivo di gravame si era impugnava la sentenza di primo grado in merito alla assunta irrilevanza dell’ammissione della cessionaria al passivo della procedura concordataria dell’impresa cedente, censura accolta dalla Corte territoriale in considerazione del fatto che ai sensi dell’art. 61, comma 1, della legge fallimentare, applicabile ratione temporis , il creditore cessionario ha diritto di concorrere nel fallimento del coobbligato fallito cedente per l’intero credito per capitale ed accessori sino all’integrale pagamento anche nel caso in cui, in data successiva al fallimento, abbia ricevuto un parziale pagamento da un altro coobbligato.
La cassazione della sentenza d’appello, notificata il 2 aprile 2020, è chiesta in via principale dalla società RAGIONE_SOCIALE con ricorso notificato il 28 aprile 2020 ed è affidato a due motivi cui resiste con controricorso il Comune di San Benedetto del Tronto articolando, a sua volta, quattro motivi di ricorso incidentale cui resiste con controricorso la ricorrente principale RAGIONE_SOCIALE
Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 380-bis.1 cod. proc. civ.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo del ricorso principale si deduce (in relazione all’art. 360, comma 1, n.4, cod. proc. civ.) la violazione dell’articolo 112 cod. proc. civ. in relazione al mancato riconoscimento degli interessi di mora e anatocistici, nonché l’omessa motivazione in violazione dell’articolo 132, comma 2, n.4 del codice di rito.
8.1. Lamenta la ricorrente che avendo la domanda ad oggetto la richiesta di pagamento di un credito ceduto dalla impresa COGNOME in favore dell’ex Banca delle Marche RAGIONE_SOCIALE (ora RAGIONE_SOCIALE) e costituente il corrispettivo di un contratto di appalto pubblico per ratei di acconto dei Sal nn. 8 e 9, nonché per interessi di mora, gli accessori avrebbero dovuto riconoscersi in ossequio alla normativa di settore, ratione temporis applicabile, nonché in osservanza dell’articolo 1283 cod. civ. in conformità ai precedenti giurisprudenziali sull’argomento, nella misura degli interessi moratori e anatocistici anche per come pedissequamente richiesti già nelle originarie conclusioni.
8.2. La censura è infondata.
8.3. Ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto; tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una specifica argomentazione (Cass. 2151/2021).
8.4. Nel caso in esame la Corte territoriale si è pronunciata sulla domanda in esame, riconoscendo gli interessi seppure nella sola misura legale e, quindi, implicitamente disattendendo la richiesta sugli interessi moratori e anatocistici, sicché non ricorre quindi il vizio denunciato di omessa pronuncia.
Con il secondo motivo del ricorso principale si deduce (in relazione all’art. 360, comma 1, n.3, cod. proc civ.) la violazione
degli articoli 35 e 36 del capitolato generale di appalto approvato con il DPR 1063/1962, nonché dell’art. 4 della legge 741 del 1981 e dell’articolo 1283 cod. civ. per il mancato riconoscimento degli interessi di mora e anatocistici, nonché la falsa applicazione dell’articolo 1224 cod. civ.
9.1. Il motivo è infondato.
9.2. Come è noto, trattandosi di un appalto pubblico non stipulato dallo Stato, il Capitolato generale di appalto per le opere pubbliche, approvato con d.p.r. 1063 del 1962 opera solo quando l’applicabilità dello stesso sia prevista da espressa e specifica volontà delle parti, assumendo efficacia obbligatoria nei limiti del richiamo ad esso fatto dalle parti (Cass. 7245/2023; 25061/2018).
9.3. Nel caso di specie, come eccepito dal controricorrente, non vi è prova di una simile pattuizione e pertanto il Capitolato non è invocabile.
9.4. Il ricorso principale è dunque infondato.
Con riguardo al ricorso incidentale del Comune, si deduce con il primo motivo (in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.) la violazione e falsa applicazione degli artt. 342 e 112 cod. proc. civ. per avere la Corte d’appello ritenuto fondato un motivo dedotto per la prima volta nella comparsa conclusionale e riguardante l’asserita non applicabilità agli enti locali dell’articolo 69, comma 3, del r. d. 2440/1923 fino a quel momento espressamente ritenuta dalla stessa appellante applicabile. In sede di conclusionale controparte affermava, invece, che detta previsione normativa riguarda la sola amministrazione statale e non si applica alle cessioni di credito da corrispettivo di appalto vantato verso enti locali. Nonostante nella memoria di replica il Comune di San Benedetto del Tronto avesse contestato la violazione dell’articolo 342 cod. proc. civ., la Corte territoriale ha ritenuto fondato l’argomento nuovo formulato dalla Green Energy.
10.1. La censura è inammissibile perché non si confronta con la ratio decidendi della sentenza di prime cure che già aveva fatto richiamo all’argomento dell’applicabilità o meno dell’art. 69 alla cessione (come riconosciuto dallo stesso ricorrente a pag. 8, primo cpv del controricorso).
10.2. Peraltro, la censura appare inammissibile anche per difetto di interesse atteso che la questione era stata risolta in senso corrispondente all’inammissibilità non dichiarata rigettando nel merito l’applicabilità dell’art. 69 r.d. 2440/1923.
Con il secondo motivo il ricorrente incidentale deduce (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) la violazione del combinato disposto dell’art.9 All.E L. 2248/1865, art. 339 all. F Capo III l.n.2248/1865 e artt. 69-70 r.d. 2440/1923 là dove la Corte d’appello ha ritenuto l’articolo 69, comma 3 e l’articolo 70 del r.d. 2440/1993 non applicabili alle cessioni di credito verso gli enti locali.
11.1. Sostiene il ricorrente incidentale che vada, invece, seguito l’orientamento giurisprudenziale che ha affermato la generalizzata applicazione dell’articolo 69 r.d. cit. alle amministrazioni pubbliche ritenendo irragionevole che gli enti locali non godano al pari dell’amministrazione dello Stato di tutela da parte del legislatore fino all’avvento della disciplina dettata dall’articolo 177 del decreto legislativo 163/2006 (cfr. Cass. 1957/2007; 3887/1975; 13481/2002).
11.2. La censura è inammissibile ex art. 360bis , n.1, cod. proc. civ.. E’ principio consolidato quello applicato dalla Corte d’appello ed enunciato anche nel caso riguardante il medesimo appalto con sentenza 20739/2015.
11.3. L’art. 69 del r.d. n. 2440 del 1923, che richiede, per l’efficacia della cessione di un credito di un privato nei confronti della P.A., che detta cessione risulti da atto pubblico o da scrittura privata autenticata da notaio e che il relativo atto sia notificato
nelle forme di legge, è norma eccezionale ed è pertanto insuscettibile di applicazione analogica. (Cass. 20739/2015; id. 21747/2016; id. 30658/2017; id. 22315/2020).
11.4. La sentenza impugnata ha deciso la questione in conformità della giurisprudenza di questa Corte e l’esame del motivo non offre argomenti per mutare l’orientamento.
Con il terzo motivo il ricorrente incidentale deduce (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.) la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 cod. proc. civ. per avere la Corte d’appello considerato possibile in quanto ‘indispensabile’ il deposito tardivo dei documenti inerenti l’asserita regolarità contributiva dell’impresa RAGIONE_SOCIALE, senza tener conto dell’orientamento che considera indispensabile solo la prova dotata di un’attitudine probatoria particolarmente pregnante.
12.1. Il motivo è inammissibile perché la decisione risulta assunta in conformità all’interpretazione della previsione dell’art. 345 cod. proc. civ., nel testo ratione temporis vigente, secondo cui nel giudizio di appello, costituisce ‘prova nuova indispensabile ‘ , ai sensi dell’art. 345, comma 3, c.p.c.(nel testo previgente rispetto alla novella di cui al d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012) quella di per sé idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto indimostrato o non sufficientemente provato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado ( cfr. Cass. Sez. Un. 10790/2017).
12.2. La censura mira in realtà a sindacare l’apprezzamento in fatto della Corte d’appello circa la documentazione prodotta.
Con il quarto motivo si deduce (in relazione all’art. 360, comma 1, n.3, cod. proc. civ.) la violazione e falsa applicazione dell’articolo
61 della L. Fall. per avere la Corte d’appello erroneamente interpretato ed applicato la disposizione in esame ritenendo ammissibile e non preclusiva della domanda oggetto del giudizio l’intervenuta ammissione al passivo del concordato fallimentare della cedente RAGIONE_SOCIALE
13.1. La censura è inammissibile per genericità della critica. Peraltro la sentenza impugnata ha specificamente aggiunto che la prova della soddisfazione (anche parziale) del creditore ceduto spettava al Comune, il quale neppure in sede di ricorso incidentale, preso atto di tale osservazione, ha fornito indicazioni circa l’assolvimento del suddetto onere.
In conclusione il ricorso incidentale va ritenuto inammissibile.
In considerazione di detto esito le spese di lite sono integralmente compensate fra le parti.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte del ricorrente principale e di quello incidentale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione.
P.Q.M.
La Corte dichiara infondato il ricorso principale ed inammissibile il ricorso incidentale e compensa integralmente fra le parti le spese di lite.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e di quello incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della I Sezione civile il 26/06/2025.
Il Presidente
NOME COGNOME