Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25496 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25496 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28036/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, domicilio digitale ex lege ;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE CURATELA FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE;
-intimate-
Avverso la SENTENZA della CORTE d’appello di ANCONA n. 1147/2022, depositata il 14/09/2022 e notificata il 21/10/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio la banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. e la Curatela del Fallimento RAGIONE_SOCIALE, chiedendo di: 1) accertare e dichiarare l’inefficacia della cessione del credito della RAGIONE_SOCIALE di cui alla fattura n. 2055/11 in favore della Monte dei Paschi di Siena S.p.A. e la non opponibilità della stessa per difetto di accettazione e/o di notificazione dell’atto; 2) accertare e dichiarare che null’altro era dovuto alla curatela della società cedente e per essa alla banca cessionaria, in ragione dell’inadempimento della società cedente alle obbligazioni assunte nei suoi confronti.
A supporto di dette domande produceva le contabili dei bonifici eseguiti in favore della RAGIONE_SOCIALE (in massima parte proprio sul conto della stessa presso la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A.), riferiti alla fattura n. 2055/11, per l’importo complessivo di euro 132.700,00.
La Banca Monte dei Paschi S.p.A. spiegava domanda riconvenzionale per il pagamento dell’importo di euro 109.360,50.
La Curatela del RAGIONE_SOCIALE con domanda riconvenzionale chiedeva la condanna dell’attrice al pagamento della somma di euro 10.775,75, quale residuo credito della menzionata fattura.
Con la decisione n. 471/2019, il Tribunale di Macerata rigettava la domanda di parte attrice nei confronti della convenuta banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. e la domanda riconvenzionale della Curatela del Fallimento RAGIONE_SOCIALE, accoglieva quella riconvenzionale della banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. e per l’effetto condannava la RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore della banca convenuta della somma di euro 157.360,00 di cui alla fattura n. 2055 del 14/10/2011 emessa dalla Calamante RAGIONE_SOCIALE oltre agli interessi legali dal giugno 2016 sino al saldo.
RAGIONE_SOCIALE impugnava la suddetta decisione, denunciando l’errata valutazione dell’efficacia ed opponibilità della cessione di
credito e della comunicazione datata 17/10/2011, perché non era stato allegato l’atto di cessione e le era stato impedito di verificare la volontà manifestata dal creditore nonché di pagare solo a chi qualificatosi come cessionario rivendicava legittimamente il credito, l’omessa valutazione della documentazione prodotta comprovante i pagamenti effettuati a fronte della fattura n. 2055/11 sul conto corrente della RAGIONE_SOCIALE presso la banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. nonché l’omessa pronuncia sulla domanda gradata con cui aveva chiesto di dichiarare che nulla era dovuto alla curatela della società cedente e, per essa, alla cessionaria, formulata con l’atto di citazione in giudizio.
Il giudizio d’appello, nel quale intervenivano RAGIONE_SOCIALE e per essa, quale mandataria, la RAGIONE_SOCIALE si è concluso con la sentenza n. 1147/2022, depositata il 14/09/2022 e notificata il 21/10/2022, con cui la Corte d’appello di Ancona ha respinto il gravame e confermato la decisione del giudice di primo grado.
Segnatamente, la corte distrettuale ha ritenuto che:
i) il credito ceduto riguardava il pagamento di una fornitura di calcestruzzo per l’importo di euro 157.360,00, i cui elementi identificativi (il numero, la data di emissione della fattura, la scadenza, l’importo comprensivo di IVA), erano contenuti nella comunicazione inviata all’appellante dalla banca e che, avendo la notificazione il solo effetto di rendere la cessione opponibile al debitore ceduto, essa avrebbe potuto essere effettuata sia dal cedente che dal cessionario (Cass. n. 5869/2014), in quanto l’art. 1264 cod.civ. non individua il soggetto tenuto a notificare la cessione del credito, non obbliga a trasmettere al debitore ceduto l’originale o la copia autentica della cessione, purché il ceduto sia messo nella condizione di conoscere «gli elementi identificativi e costitutivi (Cass. n. 9761/2005) » dell’avvenuto trasferimento del credito;
ii) non avendo rinvenuto agli atti le contabili dei bonifici asseritamente effettuati a pagamento della fattura oggetto di anticipo (quello di euro 50.000,00 del 7.2.2012, quello di euro 5.000,00 dell’11.7.2012, quello di euro 27.000,00 dell’11.07.2012, quello di euro 16.000,00 risalente al 25.09.2012, quello di euro 6.000,00 eseguito il 13.06.2012), il debitore ceduto non aveva offerto la prova delle imputazioni di pagamento alla fattura ceduta e, pertanto, era tenuto a provvedere al pagamento della somma di cui alla fattura alla banca cessionaria;
iii) l’eccezione di estinzione del credito per risoluzione per inadempimento con efficacia ex tunc del contratto che costituisce la fonte del credito pur opponibile alla cessionaria, risultava carente di specificità non essendo stato dedotta la condotta inadempiente idonea a provocare la risoluzione del contratto di fornitura, idonea « a porsi come eccezione impeditiva/estintiva relativamente al credito ceduto».
RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione di detta sentenza formulando quattro motivi.
RAGIONE_SOCIALE Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A.RAGIONE_SOCIALE non svolgono attività difensiva in questa sede.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
La ricorrente, in vista dell’odierna Camera di consiglio, deposita memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si denunziano la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1264 cod.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3 cod.proc.civ.
La ricorrente ripropone le argomentazioni difensive già disattese dalla corte d’appello oltre che dal tribunale con cui aveva dedotto
che la comunicazione unilaterale dell’avvenuta cessione da parte della cessionaria non era idonea a produrre gli effetti di cui all’art. 1264 cod.civ. Ribadisce che, richiedendosi che la cessione sia ‘notificata’ al debitore ceduto, non può bastare che essa sia ‘riferita’ o ‘comunicata’ dal preteso cessionario.
Né l’art. 1264, 2° comma, cod.civ. – che precisa che il debitore e ̀ liberato se paga al cedente prima dell’accettazione o della notificazione, salvo che il cessionario provi che lo stesso debitore era a conoscenza dell’avvenuta cessione (art. 1264, 2° comma, cod.civ.) – può essere letto disgiuntamente dal 1° comma, nella parte i cui esige che la notificazione sia accettata o notificata al debitore ceduto.
Precisa che la notificazione, se eseguita dal cessionario, deve contenere la copia integrale dell’accordo raggiunto fra cedente e cessionario, cioè la prova certa del trasferimento del diritto di credito, proprio perché la notificazione proviene da un soggetto ‘estraneo’ al ceduto, in quanto questi non partecipa al contratto di cessione.
Aggiunge che secondo la prevalente giurisprudenza:
a) «il debitore ceduto, pur se informato della cessione, non viola il principio di buona fede nei confronti del cessionario se non contesta il credito, né il suo silenzio può costituire conferma di esso, perché per assumere tale significato occorre un’intesa tra le parti (…). Inoltre, l’accettazione della cessione da parte del debitore ceduto è dichiarazione di scienza priva di contenuto negoziale e non vale in sé quale ricognizione tacita del debito; né tale valenza può desumersi dal silenzio del debitore sulla natura del credito ceduto atteso che quest’ultimo si identifica con il contratto dal quale nasce, da presumersi noto al nuovo creditore – o dalla mancata informativa al cessionario sulle ragioni della contestazione del credito, in quanto l’obbligo di diligenza di cui all’articolo 1176 del codice civile, è imposto al debitore solo nell’adempimento della
prestazione, mentre non può es ere esteso sino ad includere l’informazione dettagliata delle ragioni del rifiuto di adempiere » (Cass. 18/02/ 2016, n. 3184);
b) per Cass. 20/08/2021, n. 23257 «il contratto cessione di credito ha natura consensuale, di modo che il suo perfezionamento consegue al solo scambio del consenso tra cedente e cessionario, il quale attribuisce a quest’ultimo la veste di creditore esclusivo, unico legittimato a pretendere la prestazione (anche in via esecutiva), pur se sia mancata notificazione prevista dall’art. 1264 c.c.; questa, a sua volta, è necessaria al solo fine di escludere l’efficacia liberatoria del pagamento eventualmente effettuato in buona fede dal debitore ceduto al cedente anziché al cessionario, nonché, il caso di cessioni diacroniche del medesimo credito, per risolvere il conflitto tra più cessionari, trovando applicazione in tal caso i, principio della priorità temporale riconosciuta al primo notificante».
c) in difetto di comunicazione da parte del cedente, ovvero di accettazione da parte del debitore ceduto, la comunicazione della cessione che proviene dal solo cessionario non può creare una situazione di apparenza dell’avvenuta cessione, idonea a giustificare, in base alle regole della buona fede e della normale diligenza, la convinzione che la cessione si sia effettivamente verificata. La liberazione del debitore ceduto, ai sensi dell’art. 1264 cod.civ., rappresenta un’applicazione specifica della regola generale di cui all’art. 1189 cod.civ. che introduce il principio dell’effetto liberatorio del pagamento eseguito in buona fede al creditore apparente. In base al disposto dell’art. 1264 cod.civ., infatti, tolte le tre ipotesi dell’accettazione, della notificazione e della conoscenza, in tutti gli altri casi il debitore si libera anche se paga al cedente che non è più creditore. Solo nei tre casi di accettazione, notificazione o idonea conoscenza vi è, quindi, la rimozione del limite della tutela del debitore di buona fede. L’art. 1189 cod.civ.,
invece, ai fini della liberazione del debitore, richiede genericamente che il soggetto, a favore del quale il pagamento è effettuato, appaia legittimato a riceverlo in base a circostanze univoche. Inoltre, mentre nello schema dell’art. 1189 cod.civ., è il debitore che deve provare la propria buona fede, con l’art. 1264 cod.civ. si assiste ad un’inversione dell’onere della prova. È, infatti, il cessionario che ha l’onere di provare la mala fede del debitore, cioè la sua conoscenza dell’avvenuta cessione.
Il motivo è infondato in tutte le sue articolazioni.
Occupatasi di una vicenda analoga a quella per cui è causa, in cui il ricorrente si doleva che il giudice d’appello avesse attribuito rilievo, ai fini dell’art. 1264 cod.civ., ad una comunicazione unilaterale proveniente dal preteso cessionario relativa alla cessione del credito, senza che risultasse agli atti la prova dell’avvenuto negozio di cessione tra cedente e cessionario, questa Corte, con la decisione n.20143 del 18/10/2005 ha affermato «in conformità, del resto, a quanto assolutamente pacifico presso una giurisprudenza più che consolidata di questa Corte regolatrice nonché in dottrina (…) che il cessionario del credito (…) che agisca per ottenere l’adempimento del debitore (…), è tenuto a dare la prova del negozio di cessione, quale atto produttivo di effetti traslativi indipendentemente dal carattere oneroso o gratuito, ovvero dagli scopi perseguiti, non anche a dimostrare la causa della cessione od il corrispettivo per essa pattuito (in termini, ad esempio, Cass. 5 giugno 1987, n. 4919).
Contemporaneamente non può tacersi, da un lato, che la notificazione al debitore ceduto, prevista dall’art. 1264 c.c., non si identifica con quella effettuata ai sensi dell’ordinamento processuale, ma costituisce un atto a forma libera che, come tale, può concretarsi in qualsivoglia atto idoneo a porre il debitore nella consapevolezza della mutata titolarità attiva del rapporto obbligatorio (tra le tantissime, Cass. 28 gennaio 2002, n. 981;
Cass. 12 maggio 1998, n. 4774; Cass. 2 settembre 1997, n. 8387), dall’altro, che non è prescritto, ai fini della efficacia della cessione, che questa sia notificata al debitore prima che quest’ultimo sia citato in giudizio dal cessionario (Cass. 12 maggio 1990, n. 4077).
A tale ultimo riguardo, anzi, deve evidenziarsi che la giurisprudenza di questa Corte è fermissima da oltre dieci lustri nell’affermare che (…) la notificazione della cessione può essere fatta anche mediante comunicazione scritta (eventualmente citazione in giudizio) con la quale il cessionario intima il pagamento al debitore ceduto (…) o anche successivamente, nel corso del giudizio».
Tale conclusione è stata adottata, tra le decisioni massimate, anche da Cass. 28/01/2014, n. 1770; Cass. 13/05/2021, n. 12734; Cass. 10/01/2025, n. 654.
La corte territoriale, dunque, ha fatto corretta applicazione della giurisprudenza di questa Corte, là dove ha ritenuto idonea a produrre gli effetti di cui all’art. 1264 cod.civ. la comunicazione, contenente tutti gli elementi identificativi del credito ceduto, inviata dalla cessionaria all’odierna ricorrente. Il che assorbe le altre censure che quest’ultima ha mosso alla sentenza impugnata.
Con il secondo motivo vengono prospettate la violazione dell’art. 112 cod.proc.civ. e la nullità della sentenza, ex art. 161, 1° comma, cod.proc.civ., in riferimento all’art. 360, 1° comma, n. 4 cod.proc.civ.
La corte di merito avrebbe attribuito alla banca convenuta somme non richieste, ostandovi il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (art. 112 cod.proc.civ.), da ritenersi violato ogniqualvolta il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri alcuno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione ( petitum e causa petendi ) attribuendo ad alcuno dei contendenti un bene della vita diverso da quello richiesto e non compreso nemmeno implicitamente nella domanda. Detto vizio
determina la nullità della sentenza e può essere fatto valere in sede di impugnazione per mezzo della norma dell’art 161, 1° comma, cod.proc.civ. Nel caso di specie, secondo quanto prospetta la ricorrente, sarebbe avvenuto proprio questo, atteso che sarebbe stata condannata a pagare una somma -euro 157.360,00 -ben maggiore di quella oggetto della domanda riconvenzionale spiegata dalla Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. (euro 109.360,50).
Il motivo è inammissibile, per violazione dell’art. 366, 1° comma, n. 6 cod.proc.civ.
Come più volte precisato da questa Corte (tra le decisioni massimate più recenti v. Cass. 24/12/2021, n. 41465), «Quando col ricorso per cassazione venga denunciato un vizio che comporti la nullità del procedimento o della sentenza impugnata, sostanziandosi nel compimento di un’attività deviante rispetto ad un modello legale rigorosamente prescritto dal legislatore, il giudice di legittimità è investito del potere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, purché la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate, al riguardo, dal codice di rito, in particolare negli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, c.p.c.».
Non è infatti sufficiente il rinvio alla comparsa alle memorie avversarie (v. p. 21 del ricorso), perché anche declinato secondo le indicazioni della sentenza CEDU 28 ottobre 2021, COGNOME e altri c/ Italia, la quale ha ribadito, in sintesi, che il fine legittimo, in linea generale ed astratta, del principio di autosufficienza del ricorso è la semplificazione dell’attività del giudice di legittimità unitamente alla garanzia della certezza del diritto e alla corretta amministrazione della giustizia, (ai p.ti 74 e 75 in motivazione), investendo questa Corte del compito di non farne una interpretazione troppo formale che limiti il diritto di accesso ad un organo giudiziario (al p.to 81 in motivazione), esso (il principio di autosufficienza, consacrato nell’art. 366, 1° comma, n. 6 cod.proc.civ., può dirsi soddisfatto
solo se la parte riproduce il contenuto del documento o degli atti processuali su cui si fonda il ricorso e se sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (così Cass., Sez. Un., 18/03/2022, n. 8950, la quale ha ritenuto soddisfatte le prescrizioni di cui all’art. 366 comma 1°, n. 6 cod.proc.civ., perché parte ricorrente nell’enucleare i motivi di ricorso, aveva ‘fatto specifico riferimento ai diversi atti e documenti allegati nel giudizio innanzi al Tsap, individuandoli in modo sufficientemente chiaro e nei termini in cui già erano stati richiamati nella sentenza di merito, nonché riportandone alcuni estratti’): requisito che può essere concretamente soddisfatto ‘anche’ fornendo nel ricorso, in ottemperanza dell’art. 369, comma 2°, n. 4 cod.proc.civ., i riferimenti idonei ad identificare la fase del processo di merito in cui siano stati prodotti o formati rispettivamente, i documenti e gli atti processuali su cui il ricorso si fonda’ (Cass. 19/04/2022, n. 12481) .
3) Con il terzo motivo parte ricorrente si duole, ex art. 360, 1° comma, n. 5, cod.proc.civ., dell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, nonché dell’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.
Il fatto denunziato come omesso è la documentazione comprovante i pagamenti effettuati a fronte della fattura n. 2055/11 sul conto corrente della RAGIONE_SOCIALE presso la banca Monte dei Paschi di Siena. Detta documentazione sarebbe stata prodotta con l’atto introduttivo del giudizio davanti al Tribunale di Macerata e non sarebbe stata ridepositata con l’atto d’appello, essendo non controversa in quanto prodotta anche dalla parte convenuta e richiamata espressamente dal tribunale. Né -sostiene la ricorrente -era tenuta a provvedere in appello al deposito del fascicolo di parte del precedente grado di giudizio. Richiama, a tal fine, l’ordinanza interlocutoria n. 14534/2022 che aveva rimesso alle Sezioni Unite di questa Corte la valutazione di quale incidenza
avesse sui principi enunciati nelle sentenze n. 28498/2005 e n. 3033/2013 l’introduzione del fascicolo telematico del processo e se tale eventuale incidenza giustificasse l’opportunità di superare anche per i documenti analogici la conclusione secondo cui grava sull’appellante l’onere di produrre o ripristinare in appello i documenti già prodotti in primo grado, subendo egli, altrimenti, le conseguenze della mancata restituzione del fascicolo dell’altra parte.
Il motivo è inammissibile.
A prescindere dall’eventuale rilievo nella specie della questione oggetto dell’ordinanza interlocutoria n. 14534/2022, su cui le Sezioni Unite sono intervenute con la decisione n. 4835/2023, non può farsi a meno di rilevare che la corte d’appello non solo ha ritenuto non provati i pagamenti asseritamente estintivi, ma ne ha escluso anche l’efficacia liberatoria, «dovendo il debitore ceduto provvedere al pagamento della fattura alla banca cessionaria, secondo le modalità che sarebbero state da questa comunicate, dovendosi escludere che il versamento del debitore ceduto sul conto corrente della società cedente sia liberatorio in virtù della disciplina del conto corrente e dei meccanismi di compensazione legale» (p. 6). Il ragionamento della corte territoriale è chiaro: «dal momento in cui si verifica l’effetto traslativo dei crediti del cedente al cessionario quest’ultimo può pretendere l’adempimento dal debitore ceduto, che può tuttavia liberarsi pagando al creditore originario solo se non ha comunque conoscenza della cessione, giacché dall’accettazione o dalla notifica di questo negozio l’adempimento al cedente nonostante tale conoscenza non ha più efficacia liberatoria» (p. 5).
Costituisce ius receptum , nella giurisprudenza di questa Corte, il principio per il quale l’impugnazione di una decisione basata su una motivazione strutturata in una pluralità di ordini di ragioni, convergenti o alternativi, autonomi l’uno dallo altro, e ciascuno, di
per sé solo, idoneo a supportare il relativo dictum , per poter essere ravvisata meritevole di ingresso, deve risultare articolata in uno spettro di censure tale da investire, e da investire utilmente, tutti gli ordini di ragioni cennati, posto che la mancata critica di uno di questi o la relativa attitudine a resistere agli appunti mossigli comporterebbe che la decisione dovrebbe essere tenuta ferma sulla base del profilo della sua ratio non, o mal, censurato e priverebbe il gravame dell’idoneità al raggiungimento del suo obiettivo funzionale, rappresentato dalla rimozione della pronuncia contestata (Cass. 26/02/2024, n. 5102).
4) Con il quarto motivo parte ricorrente imputa al giudice a quo l’errata applicazione dell’art. 112 cod.proc.civ., la violazione dell’art. 360, 1° comma, n. 5 cod.proc.civ., per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.
I giudici del merito non avrebbero considerato che quasi tutta la somma indicata nella fattura n. 2055/2011, al netto della nota di credito n. 2779/11 del 31/12/2011 emessa dalla stessa RAGIONE_SOCIALE era stata pagata; restava da pagare ancora solo l’importo di euro 10.775,75, trattenuto in attesa che la RAGIONE_SOCIALE fornisse la certificazione dei materiali forniti. I versamenti, in quanto accreditati sul conto corrente n. 298727 intestato alla RAGIONE_SOCIALE presso la banca Monte dei Paschi di Siena, avevano carattere satisfattivo dell’obbligazione di pagamento; competeva poi alla banca nell’ambito del rapporto di conto corrente, compensare la somma incassata con il proprio credito verso RAGIONE_SOCIALE in ragione dell’anticipo concesso.
Aggiunge che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il debitore ceduto può opporre al cessionario anche le eccezioni relative ad eventi estintivi o modificativi del rapporto obbligatorio e quindi può eccepire l’intervenuto pagamento e/o il pagamento parziale anche se intervenuti dopo la conclusione della cessione,
purché siano sorti anteriormente all’accettazione della cessione o alla sua notifica o alla conoscenza certa da parte del ceduto. Invoca Cass. 28/07/2004, n. 14225, che, riferendosi al contratto di factoring , ha ammesso che il debitore ceduto possa «opporre al factor cessionario non solo le eccezioni attinenti alla fonte negoziale del credito, ma anche quelle relative a fatti posteriori alla nascita del rapporto obbligatorio, di cui il ceduto al momento della cessione non abbia avuto conoscenza»; ciò allo scopo di dimostrare che la corte d’appello avrebbe dovuto tener conto dell’eccezione di pagamento formulata avverso la pretesa avversa di euro 109.360,50 per non incorrere nella violazione del principio di cui all’art. 112 cod.proc.civ.
Il motivo è inammissibile.
Non sono state colte infatti le rationes decidendi della sentenza impugnata, con la quale è stata esclusa l’efficacia estintiva dei pagamenti eseguiti attraverso i dedotti bonifici (v. supra , sub § 3) ed è stata rilevata la formulazione aspecifica dell’eccezione di estinzione. La corte territoriale ha ritenuto astrattamente opponibile alla cessionaria la suddetta eccezione, spiegandone le ragioni -di qui la superfluità delle argomentazioni difensive della ricorrente sul punto -ma ha reputato quella in concreto formulata priva di specificità non essendo stata dedotta la condotta inadempiente, idonea a provocare la risoluzione per inadempimento del contratto fonte del diritto di credito ceduto.
Dette statuizioni resistono alle censure di parte ricorrente.
Non può che ribadirsi, infatti, che «Il motivo d’impugnazione è costituito dall’enunciazione delle ragioni per le quali la decisione è erronea e si traduce in una critica della decisione impugnata, non potendosi, a tal fine, prescindere dalle motivazioni poste a base del provvedimento stesso, la mancata considerazione delle quali comporta la nullità del motivo per inidoneità al raggiungimento dello scopo; tale nullità si risolve in un “non motivo” del ricorso per
cassazione ed è conseguentemente sanzionata con l’inammissibilità, ai sensi dell’art. 366, n. 4, c.p.c.» (Cass. 06/04/2025, n. 9059 che ha dichiarato inammissibile il ricorso con cui il ricorrente, nell’invocare l’ammissibilità dell’opposizione avverso una cartella esattoriale, fondata su ingiunzione di pagamento ex r.d. n. 639 del 1910, perché proponibile senza limiti di tempo, quando volta a contestare il difetto del titolo esecutivo, non si era confrontato con la ratio decidendi della sentenza impugnata nella quale l’inammissibilità dell’opposizione all’esecuzione era stata pronunciata in forza del principio per cui il debitore opponente non può far valere vizi antecedenti alla formazione del titolo).
All’infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Nulla deve essere liquidato per le spese del giudizio di legittimità, non avendo gli intimati svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, come modif. dalla l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente all’ufficio del merito competente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 17 giugno 2025 dalla Terza sezione civile della Corte di Cassazione.
Il Presidente NOME COGNOME