Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9810 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9810 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16095/2020 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (EMAIL) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME (EMAIL) e COGNOME NOME (EMAIL), giusta procura speciale a margine del ricorso.
–
ricorrente – contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (EMAIL) che lo rappresenta
e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (EMAIL), giusta procura speciale in calce al controricorso.
–
contro
ricorrente –
nonché contro
NOME NOME.
–
intimata – avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bologna n. 3029/2019 depositata il 28/10/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/03/2024 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
COGNOME NOME conferiva all’avvocato COGNOME NOME procura a vedere un immobile di sua proprietà in Forlì ad un prezzo non inferiore a 90 milioni di lire, in forza della quale l’avvocato COGNOME vendeva l’alloggio a COGNOME NOME al prezzo di 191 milioni di lire, dei quali 91 versati ed acquisiti dalla venditrice. La signora COGNOME decedeva prima della scadenza prevista nel contratto di compravendita per il pagamento del saldo di 100 milioni di lire, che, conteso tra NOME COGNOME, figlia ed unica erede della venditrice ed il procuratore COGNOME, non fu versato dall’acquirente COGNOME.
Davanti al Tribunale di Forlì furono promosse due cause, poi riunite: a) la prima dell’acquirente COGNOME contro la COGNOME per ottenere il rilascio del bene; b) la seconda dall’avvocato COGNOME contro lo COGNOME e la COGNOME, in cui, in particolare, egli esponeva che la venditrice COGNOME gli aveva
manifestato l’intenzione di ‘diseredare’ la figlia con cui aveva dei dissidi, lo aveva incaricato di vendere l’immobile ad un prezzo non inferiore a 90 milioni di lire e, con dichiarazione scritta redatta in occasione del rilascio della procura notarile, lo aveva autorizzato a trattenere per sé la somma che sarebbe residuata; c) COGNOME NOME svolgeva delle domande riconvenzionali al fine di sentire dichiarare l’annullabilità ovvero la nullità della procura a vedere e della vendita, perché frutto di circonvenzione di incapace; d) COGNOME NOME dichiarava la propria disponibilità a pagare il residuo prezzo e chiedeva al tribunale di accertare l’avente diritto.
2.1. Dopo aver emesso sentenza non definitiva n. 465/2002, con sentenza definitiva n. 370/2004 il Tribunale di Forlì dichiarò il diritto di proprietà dello COGNOME sull’appartamento, condannando la COGNOME al rilascio, e dichiarò COGNOME tenuto a corrispondere il saldo del prezzo della compravendita a COGNOME NOME, rigettando le domande tutte proposte da COGNOME NOME.
Successivamente, con sentenza 1366/2011, la Corte d’Appello di Bologna, riunite le impugnazioni di COGNOME NOME e COGNOME NOME, dichiarava invece che il residuo prezzo doveva essere corrisposto da COGNOME NOME a COGNOME NOME.
Con sentenza n. 10880/2017 la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso proposto da COGNOME NOME avverso la sentenza della corte bolognese, cassandola con rinvio.
Con sentenza n. 3029/2019 del 28 ottobre 2019 la Corte d’Appello di Bologna, avanti alla quale lo COGNOME aveva riassunto il giudizio, ed in cui si costituiva soltanto COGNOME NOME, accertava e dichiarava che COGNOME NOME era tenuto a versare a COGNOME NOME il residuo prezzo di 100 milioni di lire, corrispondenti agli attuali euro 52.162,15.
Avverso tale sentenza COGNOME NOME propone ora ricorso per cassazione, affidato a nove motivi.
Resiste con controricorso COGNOME NOME.
Resta intimata COGNOME NOME.
Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni.
Il ricorrente ed il resistente hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., sotto il profilo della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 345 1° comma, 384 1° comma e 394 cod. proc. civ.
Lamenta che la corte d’appello non si è pronunciata sull’oggetto del giudizio di rinvio e non ha rispettato il principio di diritto contenuto nella sentenza n. 10880/2017 della Corte di Cassazione.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di norme di diritto’, ex art. 360, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., sotto il profilo della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. cod. civ. in combinato disposto con l’articolo 1260 cod. civ.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ravvisato, con violazione dei criteri ermeneutici, una cessione del credito nella scrittura privata conclusa tra la sig.ra COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di norme di diritto’, ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ., sotto il profilo della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 771, comma 1, cod. civ.
Lamenta che la sentenza impugnata ha accertato la validità della cessione del credito futuro disposta da NOME COGNOME in favore di NOME COGNOME, senza considerare che nel caso di specie si sarebbe piuttosto in presenza di una donazione
indiretta, peraltro vietata, in quanto avente ad oggetto crediti che al momento dell’atto di liberalità non esistevano nel patrimonio della donante.
Con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di norme di diritto’, ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ., sotto il profilo della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 778 cod. civ. e 782, 1° comma, cod. civ.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha accertato la validità della donazione, disposta da NOME COGNOME in favore di NOME COGNOME, senza indicazione del valore dei beni donati.
Con il quinto motivo il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di norme di diritto’, ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ., sotto il profilo della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1346 e 1418, comma 2, cod. civ.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha accertato la validità del negozio con oggetto indeterminato, nonché indeterminabile, concluso tra la NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Con il sesto motivo il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di norme di diritto’, ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ., sotto il profilo della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1264 cod. civ.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto accertata la conoscenza, da parte del venditore COGNOME, della cessione del credito da parte di NOME COGNOME a NOME COGNOME.
Con il settimo motivo il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di norme di diritto’, ex art. 360, n. 3, c.p.c. (sotto il profilo della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 782 1° comma c.c.).
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha accertato
la validità della cessione del credito disposta con scrittura privata da NOME COGNOME in favore di NOME COGNOME.
Con l’ottavo motivo il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di norme di diritto’, ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ., sotto il profilo della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 34 2° comma D. Lgs. 6 settembre 2005, n. 206.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha omesso di rilevare la nullità della scrittura privata, in quanto priva di oggetto e di corrispettivo individuati in modo chiaro e comprensibile.
Con il nono motivo il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ., sotto il profilo della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 458, cod. civ.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui non ha accertato la nullità della scrittura privata, in quanto integrante un patto successorio.
Ragioni di ordine logico impongono di esaminare anzitutto il sesto ed il secondo motivo di ricorso.
Il sesto motivo è fondato.
La corte territoriale ha ritenuto di affermare, al di là di ogni dubbio (così a p. 9 della sentenza impugnata), che NOME COGNOME ‘fosse a conoscenza del rapporto fra la COGNOME e COGNOME, dato che sin dal primo grado, egli, proprio in ragione di tale rapporto giuridico, chiese al Tribunale di Forlì di stabilire a chi avrebbe dovuto saldare il prezzo dell’immobile acquistato, evidente prova della sua conoscenza della scrittura privata in esame. In conseguenza, la cessione ha esplicato i suoi effetti nei confronti del debitore ceduto’.
Così argomentando, tuttavia, la corte d’appello non ha tenuto conto del consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui se, per un verso, il contratto di cessione di credito ha natura
consensuale e, perciò, il suo perfezionamento consegue al solo scambio del consenso tra cedente e cessionario, il quale attribuisce a quest’ultimo la veste di creditore esclusivo, unico legittimato a pretendere la prestazione (anche in via esecutiva), pur se sia mancata la notificazione prevista dall’art. 1264 cod. civ., per altro verso la notificazione è necessaria al fine di escludere l’efficacia liberatoria del pagamento eventualmente effettuato in buona fede dal debitore ceduto al cedente, anziché al cessionario, nonché, in caso di cessioni diacroniche del medesimo credito, per risolvere il conflitto tra più cessionari, trovando applicazione in tal caso il principio della priorità temporale riconosciuta al primo notificante (Cass., 13/07/2011, n. 15364; Cass., 16/06/2006, n. 13954; Cass., 26/04/.2004, n. 7919; Cass., 21/12/2005, n. 28300).
11.1. Orbene, la corte bolognese ha omesso di applicare i suindicati principi al caso di specie ed ha reso, anzitutto, una motivazione errata in diritto, perché ha desunto dalla conoscenza, da parte dell’acquirente COGNOME, del rapporto tra la COGNOME ed il COGNOME fondato sulla procura a vendere, anche la conoscenza della cessione del credito, invece contenuta in una scrittura privata tra loro stipulata a latere della procura notarile, priva di forma pubblica, e, soprattutto, non notificata allo COGNOME nella sua qualità di debitore ceduto.
11.2. In secondo luogo, la corte ha svolto anche una motivazione illogica, perché il fatto che NOME COGNOME abbia chiesto al Tribunale di Forlì a chi avrebbe dovuto pagare il saldo del prezzo della compravendita non prova affatto la sua conoscenza della scrittura privata a latere della procura a vendere rilasciata dalla COGNOME al COGNOME, ma -al contrariodimostra proprio la sua incertezza in ordine al soggetto a favore del quale effettuare il pagamento, data la mancata conoscenza della cessione, causata dalla mancata notificazione ex art. 1264
cod. civ.
Infine, la sentenza impugnata va ancora ulteriormente censurata, là dove ha omesso di considerare l’efficacia liberatoria del pagamento effettuato da NOME COGNOME a NOME a seguito della sentenza emessa in prime cure dal Tribunale di Forlì, che appunto ha statuito in tal senso.
12. Anche il secondo motivo è fondato.
La corte d’appello ha ritenuto che ‘in tale scrittura privata la COGNOME senz’altro rivendicò a sé la titolarità del credito, ma solo sino all’importo di 90 milioni di lire, al contrario di quanto riguardava il credito per il prezzo eccedente tale importo che cedette al COGNOME (p. 7 della sentenza impugnata), ma ha svolto tale affermazione senza tener conto dei criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ., ed in primis del criterio letterale, dato che espressamente la procura prevedeva il potere per il procuratore COGNOME di riscuotere il prezzo della vendita, il che, più che ad una cessione del credito, è riconducibile ai poteri del procuratore in quanto mandatario, anche per l’incasso.
Un tale esito interpretativo risulta anche conforme alla volontà delle parti ed al risultato pratico che le medesime volevano perseguire, che, nel caso di specie, era per la venditrice incaricare il COGNOME della vendita dell’immobile di sua proprietà demandandogli tutte le attività connesse, ivi compreso l’incasso del prezzo.
12.1. Condivisibile, infine, è la censura svolta dal ricorrente, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1367 cod. civ., secondo cui nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno: orbene, la sentenza impugnata, nel rinvenire nella scrittura privata a latere della procura a vendere una cessione del credito, trascurando tuttavia il riferimento all’art. 1264 cod. civ., ha adottato una soluzione
che ha reso l’atto improduttivo di effetti, sotto il profilo dell’obbligo del debitore ceduto, nel caso di specie l’acquirente COGNOME, di pagare al cessionario invece che al cedente.
In conclusione, il secondo ed il sesto motivo devono essere accolti, mentre i restanti motivi devono essere dichiarati assorbiti; ne consegue che il pagamento effettuato dallo COGNOME in favore della COGNOME risulta per esso liberatorio e che non può riconoscersi fondamento alla pretesa avanzata dal COGNOME nei confronti dello COGNOME.
L’impugnata sentenza va cassata senza rinvio, dato che ricorrono i presupposti di cui all’art. 382, ultimo comma, cod. proc. civ.
La peculiarità della vicenda e l’esito altalenante dei precedenti gradi di merito giustificano la compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo ed il sesto motivo; dichiara assorbiti i restanti motivi.
Cassa la sentenza impugnata.
Dichiara compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio. Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza