Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25325 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25325 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12937/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio degli avv.ti NOME e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) (CODICE_FISCALE) che la rappresentano e difendono
-ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE IN SIGLA AZA, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME
(CODICE_FISCALE)
-controricorrente- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 530/2022 depositata il 10/03/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Svolgimento del processo
In data 4 gennaio 2013 la RAGIONE_SOCIALE aveva ceduto parte del credito relativo alla vendita del complesso immobiliare denominato ‘ex distilleria Socini’ e vantato nei confronti di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. RAGIONE_SOCIALE ad AZA per €. 600.000.
RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo, esecutivo, ottenuto da RAGIONE_SOCIALE per l’importo di €. 380.000, oltre ad accessori e derivante dalla cessione del credito vantato dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE (con accettazione di RAGIONE_SOCIALE,) e con la quale si prevedeva in origine il pagamento, sempre a favore di RAGIONE_SOCIALE, di €. 400.000 entro il 20 febbraio 2013 e di €. 200.000 entro il 15 aprile 2013.
Oggetto del giudizio era quindi il pagamento della differenza ancora dovuta per €. 380.000 (oggetto del decreto ingiuntivo).
NOME deduceva che con lettera raccomandata del 23 gennaio 2013 aveva notificato la cessione al debitore ceduto RAGIONE_SOCIALE che aveva ricevuto la stessa il 30 gennaio 2013.
Il Tribunale decidendo sulla opposizione a decreto ingiuntivo emesso a favore di RAGIONE_SOCIALE rigettava l’opposizione, dichiarando l’esecutività del decreto e condannandola alle spese.
La cessione era avvenuta con atto notificato alla cessionaria, da parte della cedente RAGIONE_SOCIALE (con l’accettazione di RAGIONE_SOCIALE utilizzatrice e mandataria senza
rappresentanza di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) con la previsione del pagamento di €. 400.000 entro il 20 febbraio 2013 e di €. 200.000 entro il 15 aprile 2013.
Con atto di citazione notificato il 22 luglio 2019 RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE) evocava in giudizio RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE) avanti Corte d’Appello di Venezia impugnando la sentenza del Tribunale di Padova del 22 gennaio 2019.
RAGIONE_SOCIALE deduceva in appello la mancata valorizzazione del termine essenziale del 31 marzo 2013 in forza del quale la cedente avrebbe dovuto consegnare l’opera, quale eccezione opponibile alla cessionaria.
Lamentava l’errore del Tribunale che non aveva considerato che le rate di pagamento della cessione erano collegate alle scadenze residue del contratto di appalto posto il relativo collegamento.
Il Tribunale non avrebbe considerato oltre che il termine essenziale, i vizi dell’immobile da consegnare da parte della appaltatrice col conseguente diritto alle penali da opporre in compensazione.
Censurava ancora la pronuncia lamentando l’errore del primo giudice che non aveva ritenuto rilevanti gli inadempimenti della appaltatrice e che aveva errato nella valutazione della transazione. Lamentava l’omesso esame RAGIONE_SOCIALE istanze proposte da RAGIONE_SOCIALE in sede fallimentare comportanti rinuncia al credito e lamentava l’errore in ordine alla conoscenza della cessione deducendo infine l’erroneità per errata interpretazione del contratto di appalto.
Si costituiva RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE) contestando l’appello del quale chiedeva il rigetto.
La Corte d’appello di Venezia, con sentenza del 10 marzo 2022 rigettava l’appello provvedendo sulle spese.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE affidandosi a sei motivi. Resiste con controricorso
RAGIONE_SOCIALE (AZA). Entrambe le parti depositano memorie ex art. 380-bis1 c.p.c.
Motivi della decisione
Con il primo motivo si lamenta la violazione dell’articolo 1372 c.c. ai sensi dell’articolo 360, n. 3 c.p.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo della controversia ai sensi dell’articolo 360, n. 5 c.p.c.
Secondo la ricorrente la Corte territoriale avrebbe travisato i dati negoziali ritenendo sussistente un autonomo e ulteriore contratto di appalto, diverso rispetto alla cessione del credito, stipulata tra cedente e debitore ceduto e che non riguarderebbe la posizione del cessionario del credito AZA.
Al contrario, l’unico contratto al quale le parti hanno sempre inteso riferirsi era quello notarile del 14 novembre 2012 nel quale si discuteva se lo stesso avesse una prevalente funzione di compravendita, eventualmente di cosa futura, rispetto a quella dell’appalto. Circostanza, peraltro, poco significativa negli effetti pratici giacché non essendo mai stata consegnata l’opera, in entrambi i casi non sarebbero decorsi i termini di decadenza e cioè degli otto giorni previsti dall’articolo 1498 c.c. o i due mesi previsti dall’articolo 1667 CC
Il motivo è inammissibile sia per difetto di specificità, sia per carenza di interesse.
Sotto il primo profilo, parte ricorrente discute della insussistenza di un ulteriore contratto di appalto diverso da quello del 14 novembre 2012 senza alcuno specifico riferimento agli atti processuali, ai documenti depositati ed alle fasi del procedimento di primo e secondo grado nell’ambito RAGIONE_SOCIALE quali tali questioni sarebbero state prese in esame.
Il ragionamento è prospettato nei termini della astrattezza e genericità ed è contraddetto dal passaggio della sentenza di appello che pagina 12, precisa che la cessione del credito notificata il 30 gennaio 2013 ha riguardato il corrispettivo della vendita di un
complesso immobiliare vantato dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE aggiungendo che ‘vuoi il riferimento al contratto di appalto non risulta dirimente, come non dirimente e ingiustificato, per carenza di allegazioni il preteso rapporto fra appalto e la cessione, che risulta riferita al credito e non al contratto’.
In sostanza, secondo la Corte non vi sono elementi documentali per ritenere sussistente un contratto di appalto diverso da quello di vendita del 14 novembre 2012 e comunque, la cessione, si riferisce al credito e non al contratto.
In secondo luogo, il motivo è inammissibile per carenza di interesse poiché come dedotto dalla stessa ricorrente gli effetti giuridici pratici non differiscono nell’ipotesi di vendita di cosa futura o di appalto ricorrendo l’ipotesi di opera non consegnata e quindi secondo l’assunto della stessa ricorrente, non sarebbero decorsi i termini di decadenza. Sotto altro profilo non viene individuato, neppure implicitamente, il pregiudizio derivante dalla (interpretazione della) argomentazione della sentenza impugnata che parte ricorrente ritiene di non condividere.
Infine, il riferimento alla violazione dell’articolo 1372 c.c. è soltanto formale poiché non viene spiegata la ragione della violazione di tale disposizione, inquadrandola nell’ambito di un errore ermeneutico. Nello stesso modo il riferimento all’articolo 360, n. 5 c.p.c. per l’omesso esame di un fatto storico non è deducibile nell’ipotesi di doppia conforme, ricorrente nel caso di specie.
La previsione d’inammissibilità del ricorso per cassazione, di cui all’art. 348 ter, quinto comma, cod. proc. civ., esclude che possa essere impugnata ex art. 360, n. 5, cod. proc. civ. la sentenza di appello “che conferma la decisione di primo grado”.
Pertanto, nell’ipotesi ricorrente nel caso di specie di cd “doppia conforme”, è escluso il controllo sulla ricostruzione di fatto operata dai giudici di merito, sicché il sindacato di legittimità del
provvedimento di primo grado è possibile soltanto ove la motivazione al riguardo sia affetta da vizi giuridici o manchi del tutto, oppure sia articolata su espressioni o argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, perplessi o obiettivamente incomprensibili (Sez. 6 – 3, Sentenza n. 26097 del 11/12/2014, Rv. 633883).
Nell’ipotesi di “doppia conforme” prevista dal quinto comma dell’art. 348 ter cod. proc. civ., il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Sez. 2, Sentenza n. 5528 del 10/03/2014, Rv. 630359). Nel caso di specie tale allegazione difetta del tutto.
Con il secondo motivo si lamenta la violazione dell’articolo 1262, 2727 e 1372 c.c, ai sensi dell’articolo 360, n. 3 c.p.c. La prima disposizione prevede che il cedente debba consegnare al cessionario i documenti probatori del credito che sono in suo possesso.
Pertanto, COGNOME era al corrente del contenuto del contratto di cessione del 2012 e della esistenza del termine del 31 marzo 2013 per la consegna dell’immobile rifinito e ultimato e che la mancata consegna tempestiva dell’immobile avrebbe comportato l’applicazione della penale prevista dal contratto.
Sotto altro profilo, i giudici di merito avrebbero potuto ritenere provata tale consapevolezza sulla base di una serie di presunzioni a partire dalla consegna dei documenti di cui si è detto, la presenza in cantiere di tale società che era una sub-fornitrice RAGIONE_SOCIALE finestre e la circostanza che nell’atto di cessione vi fosse un riferimento al contratto di compravendita del 2012.
Il motivo è inammissibile perché non specifico in quanto le deduzioni della ricorrente non si confrontano con le argomentazioni della Corte d’appello che si intendono contestare.
Sia il Tribunale che la Corte d’appello hanno evidenziato l’irrilevanza dei fatti verificatisi dopo la notifica della cessione del credito riguardanti l’inadempimento dell’impresa sui tempi di consegna dell’immobile. Le ragioni giuridiche poste a base del ragionamento della Corte d’appello riguardo ai fatti verificatisi successivamente alla notifica della cessione del credito non sono in alcun modo contestate nel presente motivo.
Quanto alle censure relative alla violazione RAGIONE_SOCIALE norme in tema di presunzioni la ricorrente sollecita la Corte a censurare la ricostruzione del giudice di merito che non avrebbe applicato la prova per presunzioni. La deduzione formulata in questi termini è inammissibile.
Nel caso di specie parte ricorrente individua una serie di elementi istruttori fattuali che ai quali il giudice di merito avrebbe omesso di attribuire valore indiziario non riconoscendo la sussistenza dei caratteri di gravità, precisione e concordanza. La doglianza si atteggia quale prospettazione di una inferenza probabilistica semplicemente diversa da quella che si dice applicata dal giudice di merito.
In questi casi la critica si risolve in realtà in un diverso apprezzamento della ricostruzione della quaestio facti, e, in definitiva, nella prospettazione di una diversa ricostruzione della stessa quaestio e ponendosi su un terreno che non è quello del n. 3 dell’art. 360 cod. proc. civ. (falsa applicazione dell’art. 2729, primo comma, cod. civ.), ma è quello che sollecita un controllo sulla motivazione del giudice relativa alla ricostruzione della quaestio facti.
Terreno che, come le Sezioni Unite, (Cass., Sez. Un., nn. 8053 e 8054 del 2014) hanno avuto modo di precisare, vigente il nuovo n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., è percorribile solo qualora si denunci che il giudice di merito avrebbe omesso l’esame di un fatto principale o secondario, che avrebbe avuto carattere decisivo per una diversa
individuazione del modo di essere della detta quaestio ai fini della decisione, occorrendo, peraltro, che tale fatto venga indicato in modo chiaro e non potendo esso individuarsi solo nell’omessa valutazione di una risultanza istruttoria.
In definitiva, l’illustrazione del motivo si risolve nella prospettazione di pretese inferenze probabilistiche diverse sulla base della evocazione di emergenze istruttorie e talora nella prospettazione di una diversa ricostruzione RAGIONE_SOCIALE quaestiones facti . Ne segue che il motivo non presenta le caratteristiche della denuncia di un vizio di falsa applicazione dell’art. 2729, primo comma, cod. civ. e nemmeno, pur riconvertito alla stregua di Cass., Sez. Un., n. 17931 del 2013, quelle di un motivo ai sensi del n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. (peraltro non applicabile al caso in esame per quanto detto con riferimento al motivo precedente).
Con il terzo motivo si deduce, ai sensi dell’articolo 360, n. 3 c.p.c. la errata applicazione degli articoli 1362 e 1363 c.c. e degli articoli 1260, 1264 e 1267 c.c, in relazione al rapporto originale di credito e con riferimento alla questione della opponibilità RAGIONE_SOCIALE eccezioni da parte del ceduto, al cessionario.
I giudici di merito non avrebbero valorizzato l’esistenza del termine essenziale del 31 marzo 2013 previsto nel contratto ed entro il quale la società cedente avrebbe dovuto completare l’opera e consegnare l’immobile alla utilizzatrice del contratto. Sotto tale profilo non si condivide la argomentazione della Corte veneziana secondo cui il ritardato adempimento si colloca in un periodo successivo alla cessione del contratto, giacché il termine del 31 marzo 2013 segue quello del 30 gennaio 2013 della cessione. Al contrario, secondo la ricorrente, la consapevolezza dell’esistenza di un termine già alla data del 31 gennaio che, nel caso di mancato adempimento, avrebbe comportato la applicazione di penali in decurtazione del prezzo costituiva profilo sufficiente per la opponibilità dell’inadempimento
alla cessionaria COGNOME. Questo perché si tratterebbe di eccezioni riguardanti l’esatto adempimento come tali opponibili al cessionario. Il motivo è inammissibile perché non si confronta con la argomentazione giuridica posta a sostegno della sentenza impugnata limitandosi a reiterare le ragioni espresse nell’atto di appello e disattese dalla Corte territoriale.
Nella cessione di credito il debitore ceduto opporre al cessionario le eccezioni che avrebbe potuto opporre al all’originario creditore. Tuttavia, se dopo la cessione intervengono fatti incidenti sulla entità, esigibilità o estinzione del credito, la loro efficacia deve essere considerata in relazione alla nuova situazione soggettiva stabilitasi in dipendenza del già perfezionato trasferimento del diritto. Conseguentemente, perfezionatasi la cessione le vicende successive alla stessa, come ad esempio la risoluzione consensuale del contratto, non sono opponibili al cessionario (Cass, 10 maggio 2005, n. 9761).
Nel caso di specie alla data del 31 marzo 2013 e anche successivamente, come si legge in sentenza, non vi erano state contestazioni di inadempimento da parte di RAGIONE_SOCIALE.
Con il quarto motivo si lamenta la violazione degli articoli 1260, 1264 e 1267, oltre che degli articoli 1495 e 1667 c.c. con riferimento all’originale rapporto di credito. In particolare, non sarebbe condivisibile il ragionamento della Corte territoriale che ritiene non opponibili i fatti e gli inadempimenti successivi alla cessione del credito. Al contrario, secondo la ricorrente, sarebbero rilevanti i ritardi e gli inadempimenti comunque precedenti la data di consegna dell’immobile riferita alla fine del mese di luglio 2013. In particolare, la lettera di contestazione sarebbe stata inviata da altra società, RAGIONE_SOCIALE, nel mese di maggio 2013.
Il motivo è inammissibile in quanto non specifico. La censura non si confronta con la lunga argomentazione giuridica e i riferimenti giurisprudenziali contenuti nella sentenza impugnata limitandosi a
ribadire il principio secondo cui tutte le vicende successive alla cessione del credito ma precedenti la consegna sarebbero opponibili. Al contrario le modifiche del contratto convenute tra cedente e debitore ceduto, dopo la cessione non sono opponibili in quanto il cedente perde la disponibilità del diritto che è stato trasferito, nel caso di specie a partire dal 31 gennaio 2013.
Come si legge in sentenza, dopo tale data ed in particolare il 15 febbraio 2013, vi era stato un riconoscimento di somme superiori a quelle contenute nella cessione di credito in assenza di contestazioni sull’operato della società RAGIONE_SOCIALE.
Con il quinto motivo si deduce, i sensi dell’articolo 360, n. 3 c pc, la violazione degli articoli 115 e 116 c pc e 2702 c.c, oltre all’omesso esame di un fatto specifico regola ai sensi dell’articolo 360, n. 5 c.p.c. Contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte territoriale l’inadempimento nell’impresa costruttrice sarebbe stato allegato e dimostrato come risulta dai documenti depositati con le note ai sensi dell’articolo 183 c.p.c. e con quelle successive.
Il motivo è inammissibile per carenza di interesse perché l’argomentazione della Corte oggetto di censura è duplice e fondata su due ragionamenti autonomi, entrambi idonei a supportare la decisione di rigetto. Infatti, la Corte territoriale rileva che il motivo risulta generico e che i pretesi vizi riferiti alle opere eseguite non sono allegati, nemmeno in sede di gravame.
La prima argomentazione della Corte relativa alla genericità del motivo non è censurata e questo rende irrilevante l’esame del quinto motivo che comunque è dedotto in assoluta violazione dell’articolo 366, n. 6 c.p.c.
Quando il ricorso si fonda su documenti, il ricorrente ha l’onere di “indicarli in modo specifico” nel ricorso, a pena di inammissibilità (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6).
“Indicarli in modo specifico” vuol dire, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte:
(a) trascriverne il contenuto, oppure riassumerlo in modo esaustivo;
(b) indicare in quale fase processuale siano stati prodotti;
(c) indicare a quale fascicolo siano allegati, e con quale indicizzazione (in tal senso, ex multis, Sez. 6-3, Sentenza n. 19048 del 28/09/2016; Sez. 5, Sentenza n. 14784 del 15/07/2015; Sez. U, Sentenza n. 16887 del 05/07/2013; Sez. L, Sentenza n. 2966 del 07/02/2011).
Principio ribadito da ultimo dalle Sezioni Unite secondo cui sono inammissibili, per violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità (Sez. U, Sentenza n. 34469 del 27/12/2019, Rv. 656488 – 01).
Tale onere non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può pertanto tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno RAGIONE_SOCIALE censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (Cass. Sez. U., 18/03/2022, n. 8950, Rv. 664409 – 01)
Di questi tre oneri, il ricorrente ha assolto solo il terzo.
Con il sesto motivo si chiede che nell’ipotesi di annullamento con rinvio, il giudice di merito modifichi la pronunzia relativa alla condanna alle spese in senso favorevole alla parte ricorrente.
Si tratta di un ‘non motivo’ riguardando esclusivamente le conseguenze dell’eventuale accoglimento del ricorso che, nel caso di specie, non ricorre.
Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di cassazione, che liquida in favore della controricorrente in € 12.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, oltre esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione della Corte Suprema di Cassazione in data 14 aprile 2025
Il Presidente NOME COGNOME