Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5085 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 5085 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18433/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
FINO RAGIONE_SOCIALE, e per essa quale mandataria RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, in persona del procuratore speciale, NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE; COGNOME NOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME; UNICREDIT SPA;
-intimati- e sul ricorso incidentale proposto da:
FINO RAGIONE_SOCIALE, e per essa quale mandataria RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, in persona del procuratore speciale, NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente incidentale-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);)
-controricorrente all’incidentale- nonché contro
–
RAGIONE_SOCIALE; COGNOME NOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME; UNICREDIT S.p.A.;
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 201/2021 depositata il 22/01/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
RAGIONE_SOCIALE e, per essa, la mandataria RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, conveniva, dinanzi al Tribunale di Milano, NOME COGNOME, la società RAGIONE_SOCIALE nonchè NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, chiedendo:
in via principale, di accertare e dichiarare la nullità e/o l’inefficacia e/o la non riconoscibilità dell’atto istitutivo del Trust Feri, nel quale NOME COGNOME, suo creditore, in quanto fideiussore delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, degli importi di cui ai decreti ingiuntivi n. 2083/2011 (euro 1.858.041,23) e n. 2086/2011 (euro 1.462.665,63), nominando trustee prima RAGIONE_SOCIALE e poi RAGIONE_SOCIALE e indicando come beneficiari NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, aveva fatto confluire, con atto di dotazione del 16 maggio 2012, una serie di beni immobili e mobili;
b) in via subordinata, di dichiarare l’inefficacia ex art. 2901 cod.civ. dell’atto di dotazione;
con la sentenza n. 10677/2018, il Tribunale di Milano rigettava la domanda principale e, accogliendo quella subordinata, dichiarava inefficace l’atto di dotazione;
NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE, da un lato, e NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, dall’altro, impugnavano, con separati atti, la decisione del Tribunale, riproponendo le eccezioni preliminari, già formulate in primo grado, e, nel merito, chiedendo la riforma della sentenza nella parte in cui aveva accolto la domanda revocatoria e tutte le statuizioni accessorie;
in entrambi i giudizi si costituiva RAGIONE_SOCIALE, e per essa la sua mandataria RAGIONE_SOCIALE S.p.A., cessionaria pro soluto dei crediti di RAGIONE_SOCIALE S.p.A., a seguito di contratto di cessione pubblicato in GU n. 93 dell’8 agosto 2017, chiedendo il rigetto degli appelli;
la Corte d’Appello di Milano, riuniti i giudizi, con la sentenza n. 201/2021, resa pubblica in data 22 gennaio 2021, ha confermato la sentenza impugnata; segnatamente, per quanto rileva al fine dello scrutinio dei ricorsi:
ha dichiarato la contumacia di RAGIONE_SOCIALE e per essa di RAGIONE_SOCIALE;
-ha dichiarato inammissibile l’intervento in giudizio di RAGIONE_SOCIALE e per essa di RAGIONE_SOCIALE, non avendo la stessa dimostrato il trasferimento a suo favore del diritto a far dichiarare inefficace l’atto dispositivo del credito di cui era divenuta cessionaria;
-ha rigettato l’eccezione con cui gli appellanti, atteso che la cessione del credito era avvenuta nel corso del giudizio di primo grado senza che fosse comunicata da RAGIONE_SOCIALE, domandavano la riforma della sentenza di prime cure per carenza di interesse ad agire e di legittimazione attiva di RAGIONE_SOCIALE, ritenendo che il giudizio dovesse continuare tra le parti originarie, senza esaminare le difese
di RAGIONE_SOCIALE, intervenuta in qualità di rappresentante di RAGIONE_SOCIALE e non di RAGIONE_SOCIALE;
avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione NOME AVV_NOTAIO, basato su due motivi;
resiste e propone ricorso incidentale RAGIONE_SOCIALE 1 RAGIONE_SOCIALE, basato su un motivo;
ad esso replica con controricorso NOME COGNOME;
le altre parti sono rimaste intimate;
la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.;
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) con il primo motivo il ricorrente in via principale denuncia la nullità della sentenza per omessa o insufficiente motivazione, ex art. 360, 1° comma, n. 4, cod.proc.civ.;
secondo il ricorrente, la Corte d’appello, avendo dichiarato inammissibile l’intervento nel giudizio di secondo grado di RAGIONE_SOCIALE e per essa di RAGIONE_SOCIALE e al tempo stesso rigettando l’eccezione di carenza di legittimazione ed interesse ad agire in capo a RAGIONE_SOCIALE, non avrebbe spiegato perché l’interesse ad agire e la legittimazione ad agire sarebbero rimasti in capo a RAGIONE_SOCIALE, pur privatasi del diritto di credito che è il presupposto per agire in revocatoria;
né avrebbe spiegato perché, non essendovi stato alcun trasferimento del diritto controverso e quindi non trovando applicazione l’art. 111 cod.proc.civ., l’inammissibilità dell’intervento in giudizio di RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata ininfluente, atteso che, disponendo che il processo proseguiva tra le parti originarie, la Corte ha fatto proprio applicazione dell’art. 111 Cost.;
2) con il secondo motivo denunzia <> degli artt. 100 e 101 cod.proc.civ. nonché degli
artt. 2901 e 2902 cod.civ., con riferimento all’art. 360, 1° comma, n. 3 e n. 5, cod.proc.civ.;
secondo parte ricorrente, la Corte d’appello sarebbe caduta in contraddizione, avendo sostenuto che il diritto controverso non si era trasferito e che il processo dovesse proseguire tra le parti originarie, nonostante l’attore non fosse più creditore, non avvedendosi che RAGIONE_SOCIALE ‘non avendo più il credito non potrebbe agire esecutivamente contro il debitore, né su beni presenti nel suo patrimonio né su beni in tesi ‘fraudolentemente’ trasferiti a terzi’;
stante che l’esito vittorioso dell’esperimento dell’azione revocatoria consiste nella declaratoria dell’inefficacia relativa dell’atto dispositivo, RAGIONE_SOCIALE secondo quanto prospettato dal ricorrente -non avendo la qualità di creditore, non potrebbe più giovarsi di una sentenza che dichiari inefficace l’atto dispositivo nei suoi confronti; sicché la Corte d’appello avrebbe dovuto accogliere l’eccezione di difetto di legittimazione ad agire, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento; del resto, rileva che l’accoglimento della domanda ex art. 2901 cod.civ. non gioverebbe neppure al cessionario del credito, non essendo l’azione revocatoria un accessorio del credito, tanto che non si trasferisce con esso, né un’azione deambulatoria, né è a tutela del credito vantato;
2.1) i motivi del ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, sono infondati;
questa Corte ha avuto occasione di precisare (cfr. Cass. 23/06/2022, n.20315) che, contrariamente a quanto teorizzato dal ricorrente, la sentenza di accoglimento dell’azione revocatoria ‘giova al cessionario del creditore ope legis ‘: tale conclusione trova il suo fondamento in plurime indicazioni normative:
nell’art. 2902 cod.civ., a mente del quale il creditore, per effetto dell’accoglimento della domanda di revocazione d’un atto dispositivo, “può promuovere l’azione esecutiva” nei confronti
dell’avente causa del debitore, atteso che se ‘ il credito tutelato con l’azione revocatoria si trasferisce per effetto di cessione, anche il cessionario acquista ipso iure il diritto di “promuovere l’azione esecutiva”, che non sarebbe concepibile scisso dal credito ceduto’;
ii) nell’art. 1263 c.c., il quale prevede che per effetto della cessione si trasferiscono i “privilegi”, senza distinzione; ‘La cessione dunque trasferisce anche i privilegi scaturenti dalla causa del credito. Se dunque la cessione trasferisce i privilegi scaturenti dalle condizioni personali delle parti, a fortiori si dovrà ammettere che per effetto di essa si trasferiscano gli effetti dell’azione revocatoria, che ha in comune coi privilegi lo scopo di garanzia del credito, ed insieme a quelli è sussunta dal legislatore nel Titolo III del Libro VI del codice civile’;
b) nell’art. 2755 cod.civ. che annovera tra i crediti privilegiati le spese di giustizia per atti conservativi, atteso che i privilegi, come già detto, si trasferiscono per effetto di cessione del credito; non può escludersi che il cessionario d’un credito benefici degli effetti dell’azione revocatoria proposta dal cedente, perché altrimenti si dovrebbe ammettere che il credito ceduto conservi privilegio per le spese dell’azione revocatoria, ma non possa giovarsi degli effetti dell’azione revocatoria, dato che il pignoramento è un vincolo preordinato all’esecuzione che, come l’ actio pauliana , evita la dispersione della garanzia patrimoniale;
2.2) detto principio è stato ripetutamente enunciato dalla Terza Sezione civile di questa Corte – cfr. senza pretesa di esaustività, Cass. 17/2/2023, n. 5162; Cass. 23/02/2023, n. 5649; Cass. 31/05/2023, n. 1540; Cass. 29/08/2023 n. 25424; Cass. 3/11/2023, n. 30506 -tanto da potersi considerare in via di consolidamento;
esso appare più persuasivo di quello affermato da Cass. 12/12/2017, n. 29637, richiamata in ricorso, secondo cui “in tema di azione revocatoria, qualora la parte attrice ceda il proprio credito
nel corso del giudizio, è inammissibile l’intervento in causa del cessionario, non trovando applicazione l’art. 111 c.p.c. ‘, perché:
il diritto controverso non è il diritto di credito ma il diritto alla declaratoria di inefficacia dell’atto che si assume pregiudizievole, sicché il cessionario non subentra automaticamente nel diritto controverso (viene citata quale precedente in tal senso, per il caso di revocatoria fallimentare, Cass. 04/12/2014, n. 25660);
la cessione del credito non trasferisce il diritto all’inefficacia della vendita, “e questa Corte si è di recente espressa in modo analogo, ritenendo inapplicabile l’art. 111 c.p.c., nel caso di esercizio di revocatoria, ex art. 67, comma 1, n. 1, L.F., della locazione di immobile, qualora avvenga la vendita forzata dell’immobile, con cui si trasferisce la locazione, nei limiti di opponibilità ex art. 2923 c. c., ma non il diritto di farne dichiarare l’inefficacia (in tal senso, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 16652 del 22/07/2014, che richiama a sua volta i principi della sentenza n. 8419/2000); la Corte in quel caso faceva discendere l’inammissibilità dell’intervento dell’aggiudicatario, nel giudizio promosso dal curatore ex L. Fall., art. 67”;
-nel caso (allora) in esame, la cessionaria, con l’atto di costituzione, non si era qualificata quale successore “anche” nei profili processuali, che pertanto erano restati fuori dalla cessione;
il precedente del 2017 si era basato, a sua volta:
-sulla pronuncia n. 25660 del 04/12/2014, la quale, però si era espressa su una fattispecie assai diversa: il curatore fallimentare aveva proposto l’azione revocatoria fallimentare di un pagamento, ricevuto da una banca in esecuzione di un ordine di pagamento emesso dal giudice dell’esecuzione all’esito dell’espropriazione immobiliare; la banca convenuta, al momento della citazione in giudizio, aveva già ceduto il credito oggetto di revocatoria, ma nel costituirsi nulla eccepì a tal riguardo; rimasta soccombente, la banca propose appello dichiarando di agire non in
proprio, ma “nella qualità di rappresentante del cessionario”: la Corte d’appello dichiarò inammissibile il gravame sul presupposto che il dichiarare solo in appello di stare in giudizio per conto di qualcun altro costituiva un inammissibile mutamento dei presupposti del thema decidendum , non consentito dall’art. 345 c.p.c.; la sentenza venne appellata dalla banca, la quale sostenne che nelle more del giudizio era tornata ad essere creditrice, per effetto di cessione, del credito impugnato con la revocatoria, e pertanto le si doveva consentire di proporre l’appello; nel giudizio di legittimità che ne seguì, questa Corte rigettò il ricorso affermando che ‘nell’azione revocatoria fallimentare il diritto controverso è il diritto all’inefficacia dell’atto, nel caso il pagamento, e non già il diritto di credito oggetto della cessione”; in quel caso, dunque, in contestazione non era né la legittimazione a proporre l’azione di cui all’art. 2901 cod.civ. né se la cessionaria potesse beneficiare dei suoi effetti, ma la legittimazione a resistere all’azione revocatoria ed opporvisi con l’appello, cioè si discuteva del se un soggetto estraneo all’atto revocando potesse impugnare la sentenza di accoglimento dell’azione revocatoria, sostenendo per la prima volta in appello di essere divenuto, per effetto di cessione, titolare del pagamento oggetto di revocazione, e non già titolare del credito che si intese conservare con l’azione pauliana;
-sulla pronuncia n. 8419/2000, a mente della quale, nell’ipotesi di trasferimento dell’immobile oggetto del contratto di locazione per la cui revoca il curatore fallimentare abbia agito nei confronti del conduttore, non si verifica alcun fenomeno di successione ex art. 111 c.p.c. perché con la vendita forzata dell’immobile si trasferisce la locazione, nei limiti di opponibilità previsti dall’art. 2923 c.c., ma non certo il diritto, ricorrendone i presupposti, di farne dichiarare l’inefficacia; tale diritto, infatti, resta funzionalmente collegato con l’esecuzione collettiva”; anche detto precedente era inconferente perché il trasferimento
riguardava l’immobile locato, ma non il diritto in relazione al quale il curatore della procedura concorsuale aveva proposto l’azione revocatoria fallimentare del contratto di locazione;
va dunque data continuità al precedente del 2022 e alla successiva giurisprudenza che ne ha fatto applicazione e sulla scorta di esso va affermato:
che il cessionario, successore a titolo particolare nel diritto controverso, è legittimato non solo a proporre l’azione revocatoria, ma anche ad intervenire nel giudizio promosso dal cedente, in quanto “portatore di interesse attuale e concreto ad un risultato utile e giuridicamente rilevante” (Cass. 14/03/2018, n. 6130 );
in tema di azione revocatoria, qualora la parte attrice ceda il proprio credito durante la controversia, il cessionario può intervenire nel processo ai sensi dell’art. 111 c.p.c. quale successore nel diritto affermato in giudizio, poiché con la domanda ex art. 2901 c.c. si esplica la facoltà del creditore – che costituisce contenuto proprio del suo diritto di credito (presupposto e riferimento ultimo dell’azione esercitata) – di soddisfarsi su un determinato bene nel patrimonio del debitore (Cass. 23/02/2023, n. 5649);
ora, la decisione della Corte d’appello che ha ritenuto RAGIONE_SOCIALE non legittimata, atteso che il diritto controverso era da individuarsi nel diritto alla declaratoria dell’atto pregiudizievole, distinto dunque dallo stesso diritto di credito vantato dall’attrice, escludendo, dunque, la ricorrenza di alcun fenomeno successorio ex latere actoris , con conseguente legittimazione attiva di RAGIONE_SOCIALE,, è erronea; certamente è da ritenere che l’attività processuale svolta da RAGIONE_SOCIALE sia stata dalla stessa compiuta quale successore a titolo particolare nel diritto controverso, sicché gli effetti dell’azione già proposta da RAGIONE_SOCIALE risultano trasmessi naturaliter alla cessionaria del credito a cui tutela l’azione revocatoria era stata avviata, per effetto della stessa
cessione, e tanto basta per giustificare, ad un tempo, sia la piena legittimazione attiva di RAGIONE_SOCIALE, sia il suo interesse ad agire, ex art. 100 c.p.c., in relazione allo stesso intervento spiegato;
4.1) pur rivelandosi erronea la suddetta statuizione, non si giustifica la cassazione della sentenza impugnata, essendo sufficiente la correzione della motivazione, avendo la Corte territoriale considerato ininfluente l’inammissibilità dell’intervento di RAGIONE_SOCIALE, permanendo la legittimazione originaria dell’attrice e l’interesse della stessa ad ottenere una sentenza favorevole a tutela del credito vantato;
essendosi verificata la successione per atto tra vivi nel diritto controverso e concernendo ciò la titolarità attiva e passiva dell’azione, e non già la capacità di agire applicata al processo, deve trarsene la conseguenza che ‘essa non far venir meno né l’interesse ad agire o a resistere in capo agli originali attori e convenuti, né la legittimazione dell’originario titolare del diritto. Tale legittimazione, tuttavia, ha portata meramente sostitutiva e processuale, con la conseguenza che gli effetti sostanziali della pronuncia si spiegano solo nei confronti dell’effettivo nuovo titolare, sia o meno il medesimo intervenuto in giudizio’ (Cass. 23710/2014, n. 22503);
avendo la sentenza impugnata accolto la domanda revocatoria nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, gli effetti di detta pronuncia si sono prodotti nei confronti del successore a titolo particolare;
all’infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso principale, con assorbimento del ricorso incidentale ( con il quale la ricorrente denunzia violazione degli articoli 111 c.p.c., 1263, 2901, 2902 c.c., in riferimento all’art. 360, 1° co. n. 3, c.p.c. ), sostanzialmente condizionato.
le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale. Condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 18.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, in favore della controricorrente società RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 22/11/2023