Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16962 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16962 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6851/2021 R.G. proposto da:
NOME, PATRES PATRIZIA, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) ed elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
Pec:
-ricorrenti-
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata da RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) ed elettivamente domiciliata
in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonchè contro RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 2158/2020 depositata il 31/08/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/02/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La società RAGIONE_SOCIALE, quale procuratrice di RAGIONE_SOCIALE, convenne davanti al Tribunale di Treviso i coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME chiedendo la declaratoria di inefficacia ai sensi dell’art. 2901 c.c. dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale nel quale i coniugi avevano conferito i loro beni. A base della domanda l’attrice espose che NOME COGNOME, in qualità di socio unico, legale rappresentante e amministratore della società RAGIONE_SOCIALE, aveva prestato garanzia personale in favore di Banca Intesa SpA per le obbligazioni della società fino a concorrenza dell’importo di € 700.000, e che, a seguito di cessione del credito a RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE SpA, la società debitrice aveva iniziato a non corrispondere più le rate del finanziamento tanto da indurre la banca a revocare i fidi e dichiarare risolto il finanziamento; agì pertanto con la domanda di revocatoria a tutela del proprio credito;
a seguito di costituzione in giudizio dei coniugi che affermarono di aver prestato una garanzia autonoma nei confronti di Banca Intesa che non si sarebbe trasferita con la cessione del credito, il Tribunale, disposta una CTU, accolse la domanda e la sentenza fu confermata
dalla Corte d’Appello di Venezia con sentenza n. 2158 del 31/8/2020 la quale, per quanto ancora di interesse, ha rigettato il motivo con cui si chiedeva di accertare che il credito non si fosse trasferito alla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, ha confermato che la banca avesse adempiuto tardivamente agli obblighi pubblicitari di cui all’art. 58, comma secondo T.U.B., ha ritenuto che non fossero stati prodotti in atti gli elementi necessari a valutare la nullità delle fideiussioni;
avverso la sentenza NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi;
RAGIONE_SOCIALE, divenuta medio tempore cessionaria del credito, resiste con controricorso;
il ricorso è assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 -bis. 1 c.p.c.;
i ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
con il primo motivo -violazione o falsa applicazione dell’art. 58 TUB e dell’art. 1263 c.c. in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. i ricorrenti impugnano la sentenza nella parte in cui ha ritenuto che, a seguito della cessione dei crediti, sorti nei confronti di Banca Intesa, e da quest’ultima ceduti alla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE di Venezia, la garanzia rilasciata dai fideiussori si è trasferita automaticamente in capo alla cessionaria in virtù del combinato disposto degli artt. 58 TUB e 1263 c.c. e che è idonea a coprire anche i successivi crediti sorti nei confronti della società cessionaria. Secondo i ricorrenti il contratto autonomo di garanzia privo del requisito della accessorietà non può ritenersi automaticamente ceduto in caso di cessione del credito principale ma si intende ceduto solo a seguito di una espressa manifestazione di consenso o di una espressa previsione in tal senso contenuta nella stessa garanzia;
il motivo è infondato. La Corte d’Appello ha correttamente ritenuto che la qualificazione della garanzia quale contratto autonomo è irrilevante perché ai sensi dell’art. 58 TUB e 1263 c.c. i privilegi e le garanzie di qualsiasi tipo da chiunque prestati o comunque esistenti in favore del cedente …(omissis) .. conservano la loro validità e il loro grado in favore del cessionario senza bisogno di alcuna formalità o annotazione; la sentenza ha fatto buongoverno di tali norme e si è conformata al consolidato indirizzo di questa Corte, inaugurato con la sentenza n. 10555 del 19/7/2002, secondo cui il trasferimento della garanzia autonoma segue automaticamente la cessione del credito, essendo irrilevante il possibile eventuale aggravio della posizione del garante, trattandosi di mero fatto come tale inidoneo ad incidere sulla fattispecie normativa applicabile; questa pronuncia è costantemente richiamata da successive pronunce quali la n. 3319 del 2020 secondo cui la nozione di ‘altri accessori’ di cui all’art. 1263 c.c. va intesa nel senso di ricomprendere la somma delle utilità che il creditore può trarre dall’esercizio del diritto ceduto e dalla n. 25491 del 2019 che nel richiamare il predetto indirizzo sull’art. 1263 c.c. precisa ‘ ed è la cessione in sé che determina il trasferimento della garanzia, anche se avente natura autonoma, senza necessità di consenso’, etc.
con il secondo motivo di ricorso -violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., dell’art. 58 TUB e dell’art. 1263 c.c. in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. assume che la sentenza ha erroneamente interpretato il contratto di garanzia sottoscritto da NOME COGNOME nella parte in cui non ha limitato gli effetti della cessione ai soli crediti già sorti con Banca Intesa SpA ma la ha estesa alle obbligazioni successivamente contratte dalla RAGIONE_SOCIALE direttamente con la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE;
il motivo é inammissibile perché volto non a prospettare la violazione delle disposizioni sull’interpretazione del contratto, che non sono affatto illustrate, ma ad evocare direttamente una diversa interpretazione del medesimo; secondo questa Corte ‘ In tema di interpretazione del contratto, il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sé, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicità della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (Cass., 3, n. 2465 del 10/2/2015, Cass., 3, n. 14355 del 14/7/2016; Cass. 1, n. 27136 del 15/11/2017) ;
con il terzo motivo -violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 1: co. c.p.c. e dell’art. 116, 1° co. c.p.c. in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. -impugna il capo di sentenza con cui la Corte d’Appello ha ritenuto indeterminata e aspecifica la tesi dell’appellante secondo cui la garanzia si sarebbe estinta per estinzione del credito delle banche; secondo la Corte d’Appello la censura risulta indeterm inata e aspecifica perché non indica neppure quando sarebbe avvenuta tale estinzione; a fronte di tale motivazione la ricorrente prospetta un ragionamento secondo cui l’estinzione del credito non sarebbe mai stata contestata dalla banca sicché il giudice avrebbe dovuto applicare il principio di non contestazione; il motivo è inammissibile perché prospetta la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. senza rispettare i criteri indicati da Cass. n. 11892 del 2016, ribaditi, in motivazione espressa, sebbene non massimata, da Cass. Sez. Un., n. 15698 del 2016 ed ora, ex multis , da Cass., Sez. Un., n. 20867 del 2020: ‘ In materia di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 115 c.p.c. può
essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre; la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione ‘ ;
con il quarto motivo -violazione o falsa applicazione dell’art. 115, I° e II° co. c.p.c. in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. impugna il capo di sentenza che ha rigettato l’eccezione di nullità della garanzia sottoscritta da COGNOME NOME sia per la genericità della stessa che per carenza probatoria; la corte del merito, dato atto del principio della rilevabilità d’ufficio della nullità del negozio giuridico in ogni stato e grado del giudizio contenuto nell’art. 1421 c.c., ha ritenuto che non fossero stati prodotti tempestivamente in giudizio gli elementi necessari a valutare la nullità del contratto;
questa ratio non è impugnata con un motivo adeguato sotto il profilo del rispetto dei requisiti di contenuto-forma del ricorso: la ricorrente non riporta né il testo della garanzia prestata dal COGNOME, né il testo della Banca d’Italia invocato ex adverso e neppure il contenuto delle clausole contenute nello schema ABI in asserito contrasto con la legge antitrust dando per scontata la conoscenza dei predetti documenti da parte della Corte di RAGIONE_SOCIALEzione che non è tenuta a consultare gli atti del fascicolo (salvo nel caso qui non ricorrente in cui vengano dedotti errores in procedendo );
con il quinto motivo di ricorso i ricorrenti prospettano che, dall’ accoglimento dei precedenti motivi, consegue il rigetto della domanda di revocatoria ex art. 2901 c.c.
è un ‘non motivo’ privo di specificità, tanto più che nella trattazione esso prospetta la violazione dell’art. 1957 c.c. che non ha mai costituito oggetto del giudizio di merito;
conclusivamente il ricorso va rigettato e i ricorrenti sono condannati al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 7.200,00, di cui euro 7.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza