Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 29719 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 29719 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32991/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME -controricorrente- nonché contro RAGIONE_SOCIALE
-intimata-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 2909/2019 depositata il 02/07/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Dalla sentenza della Corte d’Appello di Milano n.3042/2019, oggetto del presente ricorso, emerge, in fatto, quanto segue: era intervenuto tra RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE il contratto di appalto pubblico n.4198/2008, nel cui ambito erano stati dati in subappalto, assentito dalla stazione appaltante, lavori a RAGIONE_SOCIALE; il 27.11.2009, con atto di cessione notificato al RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE aveva ceduto i crediti relativi al contratto di appalto pubblico richiamato a RAGIONE_SOCIALE; in data 14.12.2010 RAGIONE_SOCIALE, titolare di un decreto ingiuntivo esecutivo nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, aveva notificato al RAGIONE_SOCIALE atto di pignoramento presso terzi sui crediti della società debitrice verso l’Ente territoriale; l’atto di pignoramento era stato notificato a RAGIONE_SOCIALE ma non a RAGIONE_SOCIALE; in data 24.12.2010 il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva formato la dichiarazione ex art.547 c.p.c., evidenziando sia il credito residuo di RAGIONE_SOCIALE, sia l’avvenuta notificazione della sua cessione a RAGIONE_SOCIALE; nella stessa data il RAGIONE_SOCIALE aveva informato la cessionaria dell’occorso; in data 14.3.2011 il Giudice dell’Esecuzione aveva pronunciato a favore della creditrice pignorante ordinanza di assegnazione del credito di RAGIONE_SOCIALE fino alla concorrenza dell’importo di € 73.424,79, notificata in forma esecutiva da RAGIONE_SOCIALE al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in data 1.4.2011; il RAGIONE_SOCIALE aveva provveduto a pagare l’importo richiesto; RAGIONE_SOCIALE aveva proposto opposizione ex art.619 c.p.c. ma, interrotto il processo per intervenuto fallimento di RAGIONE_SOCIALE, esso si era estinto per mancata riassunzione.
RAGIONE_SOCIALE aveva quindi agito avanti al Tribunale di Milano, convenendo in giudizio il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per il pagamento del residuo credito dovutole in qualità di cessionaria di RAGIONE_SOCIALE, corrispondente all’importo versato dall’Ente convenuto a RAGIONE_SOCIALE Il RAGIONE_SOCIALE, costituitosi ritualmente, aveva chiamato in causa RAGIONE_SOCIALE perché fosse condannata a pagare il richiesto a RAGIONE_SOCIALE o per tenere indenne l’Ente da eventuali pagamenti a favore della società attrice. La società chiamata in causa si era costituita instando per il rigetto delle pretese fatte valere nei suoi confronti dal RAGIONE_SOCIALE.
All’esito del giudizio di primo grado il Tribunale di Milano aveva respinto la domanda principale, ritenendo che il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE avesse pagato bene, ex art.1188 co 1 c.c., alla società subappaltatrice e che RAGIONE_SOCIALE si sarebbe dovuta rivolgere a RAGIONE_SOCIALE, in applicazione analogica dell’art.1189 c.c. La Corte d’Appello di Milano aveva riformato la sentenza di primo grado, accogliendo l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE, per le seguenti ragioni: -il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha riconosciuto, con la sua dichiarazione ex art.547 c.p.c., l’esistenza di crediti di importo maggiore rispetto al pignorato in capo a RAGIONE_SOCIALE e ne ha precisato l’intervenuta cessione a RAGIONE_SOCIALE; -nonostante questa specificazione, il Giudice dell’Esecuzione ha assegnato la somma di € 73.242,79, diritto di credito già della cedente RAGIONE_SOCIALE nei confronti dell’Ente territoriale, alla creditrice pignorante RAGIONE_SOCIALE con ordinanza in data 11.3.2011; -quest’ultimo provvedimento non può essere considerato idoneo a travolgere gli effetti della cessione di diritti di credito di RAGIONE_SOCIALE verso il RAGIONE_SOCIALE a favore di RAGIONE_SOCIALE, che non era parte del processo esecutivo ed era pertanto legittimata all’opposizione ex art.619 c.p.c., né può giustificare il pagamento da parte del RAGIONE_SOCIALE, che avrebbe potuto e dovuto proporre opposizione agli atti esecutivi ex art.617 c.p.c. in ragione
della dichiarazione resa, negativa quanto all’esistenza del credito, non contestato nella sua oggettività, in capo alla cedente a causa dell’intervenuta cessione; -il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non risulta aver mai formulato, in sede esecutiva, alcuna affermazione circa l’eventuale inesigibilità di tali diritti di credito, avendo sollevato la questione solo in questo giudizio, a pagamento a favore di RAGIONE_SOCIALE già avvenuto; comunque, se anche quei diritti di credito fossero stati allora inesigibili, ciò non avrebbe influito sulla titolarità di essi, che sarebbe rimasta in capo alla cessionaria RAGIONE_SOCIALE, ma avrebbe potuto giustificare il rifiuto del RAGIONE_SOCIALE di pagare su richiesta di quest’ultima; -rimane quindi il fatto che esiste un diritto di credito di RAGIONE_SOCIALE, quale cessionaria di RAGIONE_SOCIALE, nei confronti del RAGIONE_SOCIALE e non vi è prova di un atto estintivo opponibile all’attrice appellante.
Il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione affidandolo a sei motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto controricorso.
RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
Solo il RAGIONE_SOCIALE ha depositato memorie illustrative delle difese svolte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE lamenta, ex art.360 n.3 c.p.c., la violazione dell’art.112 c.p.c., per mancato rispetto del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato: la Corte avrebbe errato nell’individuare causa petendi e petitum della domanda perché, a fronte della richiesta di pagamento di RAGIONE_SOCIALE, si sarebbe limitata a valutare l’idoneità dell’ordinanza di assegnazione quale fatto estintivo dell’obbligazione in capo al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, senza considerare che il primo Giudice non avrebbe parlato di estinzione del credito ma avrebbe applicato analogicamente il disposto
dell’art.1189 c.c. In sostanza, il RAGIONE_SOCIALE avrebbe secondo il Tribunale di Milano pagato bene, avendo versato l’importo richiesto a mano di chi risultava essere legittimato a pretenderlo sulla base di un provvedimento giudiziario esecutivo.
Il motivo di ricorso in esame non è del tutto comprensibile ma, anche superando ni profili di potenziale inammissibilità ex art.366 c.p.c. e valutando la doglianza per quanto è dato capire dall’articolazione del suo contenuto in relazione alla motivazione della sentenza impugnata, se ne deve affermare comunque l’infondatezza.
RAGIONE_SOCIALE ha agito nei confronti del RAGIONE_SOCIALE quale titolare del credito vantato nei confronti dell’Ente territoriale già da RAGIONE_SOCIALE, che glielo aveva ceduto con contratto scritto notificato alla parte debitrice; non essendovi questione né sull’esistenza del credito già in capo alla società cedente né sull’intervenuta cessione del credito stesso, notificata al RAGIONE_SOCIALE debitore, la Corte di merito -e prima il Tribunale- ha esaminato la domanda di adempimento formulata da RAGIONE_SOCIALE verificando quale era il valore da riconoscere al pagamento effettuato dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE alla subappaltatrice RAGIONE_SOCIALE, creditrice della società cedente, intervenuto sulla base di un’ordinanza di assegnazione pronunciata dal Giudice dell’Esecuzione all’esito del procedimento introdotto dalla subappaltatrice con pignoramento del credito già di RAGIONE_SOCIALE nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, terzo pignorato. Il Tribunale di Milano prima e la Corte d’Appello poi hanno pertanto correttamente preso in esame l’ordinanza richiamata per valutare in rapporto ad essa la legittimità del pagamento eseguito dal RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE e quindi l’idoneità dello stesso ad estinguere la posizione debitoria dell’Ente territoriale, giungendo a conclusioni opposte: secondo il primo Giudice, <> (così la sentenza di primo grado, in motivazione, come riportata dallo stesso ricorrente a pag.7 del ricorso: il riferimento è chiaramente al disposto dell’art.1188 c.c., mentre il richiamo all’art.1189 c.c. e alle conseguenze del pagamento al creditore apparente, sottolineato dal ricorrente, è operato dal Tribunale solo per individuare -senza alcun rilievo per il presente procedimento- quella che a suo parere sarebbe stata l’azione più appropriata per permettere ad RAGIONE_SOCIALE il recupero del credito); secondo la Corte di merito invece l’ordinanza di assegnazione non poteva superare il fatto che il credito già di RAGIONE_SOCIALE era stato ceduto a RAGIONE_SOCIALE con atto notificato al RAGIONE_SOCIALE prima della notificazione del pignoramento ad opera di RAGIONE_SOCIALE, pignoramento ritenuto non opponibile alla cessionaria che non era stata coinvolta nel procedimento esecutivo.
Si deve pertanto escludere che sia stato violato dalla Corte il disposto dell’art.112 c.p.c., perché è stata concretamente vagliata proprio la domanda svolta dalla società cessionaria creditrice ed è stato esaminato il permanere o meno dell’obbligo di pagamento in capo al RAGIONE_SOCIALE debitore ceduto, a fronte della corresponsione da parte dell’Ente dell’importo, già dovuto alla cedente RAGIONE_SOCIALE, alla creditrice pignorante RAGIONE_SOCIALE in base all’ordinanza di assegnazione richiamata: ciò ha comportato proprio la verifica dell’idoneità del pagamento operato dal RAGIONE_SOCIALE ad estinguere l’obbligazione verso RAGIONE_SOCIALE quale cessionaria dell’originaria creditrice RAGIONE_SOCIALE, non rilevando nei rapporti tra cessionaria e debitrice quali azioni avrebbe potuto esperire la prima nei confronti di RAGIONE_SOCIALE se fosse risultato correttamente effettuato il pagamento del secondo.
Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360 n.5, l’Ente ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo
discusso, in concreto non un unico fatto ma una ‘pluralità di fatti’ che la Corte avrebbe omesso di valutare, riguardanti: il comportamento delle parti nell’evoluzione del rapporto obbligatorio; il pagamento non per scelta del RAGIONE_SOCIALE ma a seguito dell’ordinanza di assegnazione; il fatto che il RAGIONE_SOCIALE non avrebbe potuto pagare RAGIONE_SOCIALE se prima non avesse pagato i subappaltatori, quale appunto era RAGIONE_SOCIALE; la rinuncia di RAGIONE_SOCIALE all’opposizione ex art.619 c.p.c., interrotta dopo il fallimento di RAGIONE_SOCIALE
Questo motivo è inammissibile per più profili.
Il ricorrente non esamina separatamente le diverse circostanze di fatto ritenute omesse evidenziandone, per ognuna, la decisività ma le enuncia affermando che la Corte di merito non ne avrebbe tenuto conto, mentre invece esse risultano essere state considerate nella motivazione della sentenza ma non valorizzate nel senso che il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE avrebbe voluto.
Ora, questa Corte ha già avuto modo di rilevare che l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. in l. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie -cfr., in tal senso, Cass. n. 17005/2024-; l’omesso esame nemmeno può riguardare l’argomentazione della parte la quale, svolgendo le proprie tesi difensive, non fa che
manifestare il proprio pensiero sulle conseguenze di un certo fatto o di una determinata situazione giuridica -cfr. Cass. n.2961/2025-.
In conclusione, attraverso il motivo in esame, che non rispetta i criteri di formulazione richiesti dall’art.360 co 1 n.5 c.p.c., il RAGIONE_SOCIALE vorrebbe in sostanza provocare, inammissibilmente in sede di legittimità, una diversa interpretazione e valorizzazione delle circostanze di fatto evidenziate, coincidente con le proprie tesi difensive.
Con il terzo motivo di doglianza il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE richiama il disposto dell’art.360 n.3 c.p.c. prospettando la violazione degli art.1175 e 1227 c.c.: secondo il ricorrente il comportamento di RAGIONE_SOCIALE sarebbe stato improntato a slealtà perché la società non avrebbe tenuto conto della comunicazione inviatale dal RAGIONE_SOCIALE sulla ricevuta notificazione del pignoramento presso terzi su iniziativa di RAGIONE_SOCIALE e non avrebbe coltivato l’opposizione ex art.619 c.p.c.; questi elementi avrebbero dovuto essere valorizzati quantomeno ex art.1227 c.c.
Con il quarto motivo di ricorso si lamenta, quale rilevante ex art.360 n.4 c.p.c., l’omissione della motivazione, o comunque la sua apparenza e/o il suo essere perplessa.
La Corte di merito imputerebbe al RAGIONE_SOCIALE di non aver proposto opposizione ex art.617 c.p.c. nei confronti dell’ordinanza di assegnazione ma si tratterebbe di un’affermazione apodittica e astratta, perché priva di riferimenti alla concreta situazione venutasi a creare; la situazione di fatto era articolata, il credito di RAGIONE_SOCIALE trovava origine nello stesso contratto di appalto la cui posizione creditoria dell’appaltatrice verso il RAGIONE_SOCIALE era stata ceduta a RAGIONE_SOCIALE, il Giudice dell’Esecuzione aveva dato un’interpretazione sulla titolarità del credito e aveva emesso un provvedimento immediatamente esecutivo nei confronti del
RAGIONE_SOCIALE debitore, il quale non avrebbe potuto pagare comunque alla cessionaria in applicazione dell’art.118 d.lgs. n.163/2006.
Il quinto motivo è articolato come rientrante nell’ambito di operatività dell’art.360 n.5 c.p.c. ed evidenzia l’omesso esame di un fatto decisivo discusso: nell’affermare l’asserito obbligo di opposizione ex art.617 c.p.c. a carico del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE la Corte di merito avrebbe omesso di valutare che era stato introdotto da RAGIONE_SOCIALE il procedimento di opposizione di terzo all’esecuzione ex art.619 c.p.c., procedimento che non era stato coltivato dalla cessionaria che aveva in tal modo prestato acquiescenza all’ordinanza di assegnazione.
Con il sesto motivo il RAGIONE_SOCIALE ricorrente richiama il disposto dell’art.360 n.3 c.p.c. e prospetta la violazione ed erronea applicazione dell’art.118 d. lgs. n.163/2006: la Corte afferma che l’inesigibilità del credito avrebbe potuto essere fatta valere nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, senza rendersi conto che è proprio ciò che è stato fatto nel caso di specie. Su questo motivo RAGIONE_SOCIALE rileva che si tratterebbe di un’eccezione non formulata tempestivamente, perché non sarebbe mai stato allegato, in sede esecutiva e poi nella fase introduttiva del presente giudizio, che ricorressero i presupposti per la sospensione del pagamento.
I motivi dal numero tre al numero sei si esaminano congiuntamente perché richiamano le stesse circostanze di fatto che erano state evidenziate nell’articolazione del secondo motivo di ricorso per valorizzarle individualmente sotto il profilo della violazione di legge rilevante ex art.360 n.3 o n.4 c.p.c. o nuovamente sotto il profilo dell’omissione di fatto decisivo discusso, rilevante ex art.360 n.5 c.p.c., per aspetti diversi da quelli indicati nel secondo motivo di ricorso: le quattro critiche in esame pongono questioni correlate, meglio affrontate attraverso una valutazione unitaria.
l motivi in esame sono infondati.
Quanto al comportamento della società, che non sarebbe stato valorizzato dalla Corte di merito e che il RAGIONE_SOCIALE afferma improntato a slealtà e quindi non rispettoso del disposto dell’art.1175 c.c., si osserva che, pacificamente, RAGIONE_SOCIALE non era parte del procedimento di pignoramento presso terzi, perché il pignoramento eseguito da RAGIONE_SOCIALE nei confronti del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE è stato effettuato sul presupposto che questi fosse terzo debitore di RAGIONE_SOCIALE Il RAGIONE_SOCIALE poi, nella dichiarazione ex art.547 c.p.c. (nel testo all’epoca vigente), aveva evidenziato l’intervenuta cessione del credito di RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE, notificata al debitore prima dell’atto di pignoramento, e quindi la circostanza si doveva ritenere nota al Giudice dell’Esecuzione e al creditore pignorante. L’unico strumento di tutela che, rispetto alla procedura di pignoramento presso terzi, RAGIONE_SOCIALE aveva era la proposizione dell’opposizione di terzo, ex art.619 c.p.c., che la società effettivamente introdusse contro il provvedimento di assegnazione comunque pronunciato dal Giudice dell’Esecuzione -cfr., al riguardo, Cass. n.14639 del 27.6.2014, che, con riferimento alle norme vigenti all’epoca di introduzione del pignoramento presso terzi da parte di RAGIONE_SOCIALE, evidenzia come <>; è conforme Cass. n.2868 del 6.2.2020-.
Quanto alla prospettata violazione del disposto dell’art.1227 c.c., genericamente richiamato dal ricorrente senza distinzione tra il primo e il secondo comma si osserva prima di tutto che la domanda di RAGIONE_SOCIALE non è di risarcimento del danno ma di adempimento; ne consegue che il richiamo normativo non è pertinente, sia se si considera il richiamo della norma come riferito al primo comma (rilevabile anche d’ufficio) che prevede l’ipotesi di concorso del creditore nel cagionare il danno, sia se si considera il richiamo rivolto al secondo comma (rilevabile su eccezione di parte, rispetto alla quale il ricorrente avrebbe dovuto precisare dove fosse stata sollevata, come fosse stata coltivata e come fosse stata provata), relativo ai danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza; non si controverte infatti del danno da inadempimento e del suo manifestarsi o aggravarsi, in teoria, per il concorso del fatto colposo del creditore -cfr. per spunti di riflessione sull’argomento Cass. n.10995/2003, relativa ad una controversia in materia di appalto, nel cui ambito si era ipotizzata una responsabilità concorrente del creditore della prestazione per non aver provveduto all’adempimento in luogo del debitore; Cass. n.25775/2013-.
In ogni caso, dalla stessa ricostruzione dei fatti effettuata dal RAGIONE_SOCIALE ricorrente nel ricorso per cassazione emerge che l’ordinanza di assegnazione del credito, del 14.3.2011, fu notificata in data 1.4.2011 al RAGIONE_SOCIALE, che il 14.4.2011 provvide a pagare; l’opposizione ex art.619 c.p.c. fu tempestivamente proposta da RAGIONE_SOCIALE il 22.4.2011 con richiesta di sospensione dell’esecutività del provvedimento che non fu esaminata perché, a causa del fallimento di RAGIONE_SOCIALE nel frattempo intervenuto, la fase cautelare introdotta fu dichiarata improcedibile. E’ vero che RAGIONE_SOCIALE non riassunse nel termine assegnato per l’introduzione della causa di merito il procedimento di opposizione ma, essendo già intervenuto il pagamento da parte del RAGIONE_SOCIALE
sulla base del provvedimento di assegnazione, la società cessionaria del credito pagato ad un terzo creditore della sua cedente aveva diritto di verificare quale azione apparisse più opportuno esperire per far valere le proprie ragioni, scegliendo infine di non coltivare l’opposizione ex art.619 c.p.c. e di introdurre il presente giudizio.
La mancata valorizzazione da parte della Corte di merito degli elementi di fatto sopra evidenziati, pur considerati dalla stessa nello sviluppo logico della motivazione, sotto il profilo di una prospettata scarsa diligenza nel comportamento tenuto da RAGIONE_SOCIALE e di una carente valorizzazione dello stesso anche ai sensi dell’art.1227 c.c. non comporta pertanto alcuna violazione di legge. Le doglianze del RAGIONE_SOCIALE ricorrente mirano, in concreto, a rimettere in discussione l’interpretazione e la valutazione degli elementi di fatto emersi all’esito dell’istruttoria documentale, attività tipicamente meritale e insuscettibile di essere riesaminata in sede di legittimità ove sorretta, come nel caso di specie, da motivazione esistente e logicamente ricostruibile senza contraddizioni.
Le questioni pertanto sono e rimangono quelle di verificare: se, a fronte dell’ordinanza di assegnazione del credito, pronunciata dal Giudice dell’Esecuzione senza tenere conto dell’intervenuta cessione del credito in epoca antecedente alla notificazione del pignoramento, il RAGIONE_SOCIALE, debitore ceduto pignorato, avesse o meno la possibilità di opporsi al pagamento a favore del creditore del cedente; se, in applicazione dell’art.118 d. lgs. n.163/2006, l’esposizione di RAGIONE_SOCIALE -appaltatore nell’ambito di un contratto di appalto pubblico- nei confronti del subappaltatore incaricato con il consenso della stazione appaltante-, antecedente alla cessione del credito, comportasse l’inesigibilità del credito ad opera del creditore principale -e quindi del cessionario- e la legittimità del pagamento a favore del subappaltatore da parte
della stazione appaltante, a prescindere dall’aver quest’ultima esplicitato la situazione di inesigibilità nella dichiarazione ex art.547 c.p.c. resa nell’ambito della procedura esecutiva per pignoramento presso terzi.
In proposito si osserva quanto segue.
Il procedimento di espropriazione presso terzi introdotto da RAGIONE_SOCIALE nei confronti del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE si è svolto e concluso prima dell’entrata in vigore della riforma dell’art.549 c.p.c. introdotta dalla legge n.228/2012: nel testo all’epoca vigente della norma richiamata l’inesistenza della dichiarazione o le contestazioni nei confronti di essa dovevano essere risolte con lo svolgimento di un ordinario giudizio di cognizione, ad istanza di parte (e quindi non su iniziativa del terzo pignorato). Già in quel contesto normativo si riteneva ammissibile l’opposizione ex art.617 c.p.c. all’ordinanza di assegnazione ex art.553 c.p.c. da parte del terzo pignorato: in particolare, detta ordinanza, costituendo l’atto esecutivo che chiude il processo per espropriazione presso terzi, poteva essere impugnata con l’opposizione agli atti esecutivi (cfr., tra le più recenti, Cass. n. 16232/03, n. 11360/06, n. 4505/11, n. 5529/11), rimedio esperibile anche quando si assumeva che l’assegnazione fosse stata disposta nonostante che la dichiarazione del terzo avesse contenuto negativo, invece che positivo come ritenuto dal giudice dell’esecuzione (cfr. Cass. n. 10180/05, n. 4212/07, n. 4578/08, n. 20310/12), e anche da parte del terzo pignorato, <> -così, in motivazione, Cass. n.14639 del 27.6.2014, che esamina proprio una fattispecie in cui il terzo pignorato aveva evidenziato nella dichiarazione ex art.547 c.p.c. l’intervenuta cessione del credito pignorato, notificata prima del pignoramento-.
L’ordinanza di assegnazione ex art.553 c.p.c. non opposta, inoltre, pur costituendo titolo esecutivo nei confronti del terzo debitore pignorato, non era idonea al giudicato anche secondo le disposizioni processuali vigenti all’epoca <> -così Cass. n.22050 del 17.10.2014-.
Alla luce delle considerazioni svolte appare rispettoso delle norme all’epoca vigenti, come interpretate dalla giurisprudenza di legittimità, il ragionamento della Corte di merito, che ha sottolineato come il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, a fronte di una dichiarazione ex art.547 c.p.c. da considerarsi negativa proprio per l’esplicitazione dell’intervenuta cessione del credito notificata prima della notificazione del pignoramento da parte di RAGIONE_SOCIALE (è la stessa situazione che si era verificata nella fattispecie esaminata da Cass. n.14639/2014), avrebbe potuto e dovuto proporre -avendo interesse a pagare bene- opposizione ex art.617 c.p.c. all’ordinanza di assegnazione del credito, che aveva un contenuto in contrasto con l’intervenuta cessione anteriore dello stesso e che, pur costituendo titolo esecutivo, non era idonea alla formazione di un giudicato opponibile al creditore cessionario.
Ciò a prescindere dalla proposizione di opposizione di terzo, ex art.619 c.p.c., da parte del creditore cessionario e dall’andamento di detto giudizio -il cui abbandono non può essere letto come accettazione del contenuto dell’ordinanza di assegnazione, non coinvolgente RAGIONE_SOCIALE, per quanto sopra detto-, e a prescindere pure dall’efficacia di titolo esecutivo dell’ordinanza di
assegnazione stante la sua inidoneità al giudicato, rappresentando comunque l’iniziativa ex art.617 c.p.c. il modo per il terzo debitore pignorato per evitare di pagare ad un soggetto, pur munito di titolo esecutivo, non individuabile come effettivo destinatario della prestazione -per non essere più, in concreto, il credito pignorato nella titolarità del debitore esecutato da epoca precedente al pignoramento-.
Il ricorrente lamenta ancora che la Corte di merito non avrebbe tenuto conto dell’inesigibilità del credito da parte di RAGIONE_SOCIALE, come avrebbe invece dovuto in applicazione del disposto dell’art.118 d. lgs. n.163/2006, inesigibilità derivante proprio dall’esistenza di un subappaltatore non pagato dall’appaltatore subcommittente del cui credito verso la stazione appaltante RAGIONE_SOCIALE era cessionaria: l’evidenza della situazione rendeva inoltre, per il ricorrente, poco rilevante che essa non fosse stata specificamente denunciata.
Anche questo profilo di critica deve essere respinto.
Nel testo all’epoca vigente, l’art.118 comma 3 d. lgs. n.163/2006 prevedeva che <>. Essendo pacifico che, nel caso di specie, non era stato previsto a monte il pagamento diretto alla subappaltatrice, la stazione appaltante doveva sospendere i
pagamenti all’impresa appaltatrice fino a dimostrazione dell’avvenuto pagamento dei subappaltatori, senza poter effettuare alcun pagamento diretto -in totale assenza, all’epoca, di disposizioni che le riconoscessero tale possibilità-. Questa norma non disciplinava con la sospensione del pagamento una condizione sospensiva ma costituiva un’applicazione dell’art.1460 c.c. e, in quanto tale, presupponeva la vigenza del rapporto di appalto: ad essa faceva da riscontro l’inesigibilità del credito da parte dell’appaltatrice subcommittente -cfr., per una ricostruzione delle posizioni in materia, esaminate nell’ottica delle procedure concorsuali e della loro incidenza sulla prosecuzione del rapporto contrattuale, Cass. SU n.5685/2020-.
La eventuale sospensione del pagamento disposta dalla stazione appaltante non poteva avere alcuna incidenza sulla possibilità di cessione del credito, perché essa riguardava solo la temporanea inesigibilità del credito, con inibizione della riscossione verso l’appaltante, e non poteva essere perciò solo di ostacolo alla circolazione del credito stesso con lo strumento della cessione, ex art.1260 e s. c.c. -come, del resto, dimostrava la sua assoggettabilità ad espropriazione ai sensi dell’art. 543 cod. proc. civ., incompatibile con l’ipotesi di intrasferibilità perchè il procedimento espropriativo si concludeva anche all’epoca, in esito positivo, con l’assegnazione, avente natura di cessione coattiva del credito: cfr. Cass. n. 4927/2023, in motivazione-, né poteva impedire l’accertamento giudiziale dell’esistenza del credito e la condanna all’adempimento a carico della stazione appaltante -cfr., ancora, Cass. n.4972/2023, che sottolinea come <>-.
Da quanto esposto consegue che l’eventuale sospensione -della quale non vi è peraltro traccia documentale- del pagamento, disposta dalla stazione appaltante nei confronti della cedente -o della cessionariaai sensi dell’art.118 co 3 cit., anche ammettendone la possibilità nell’ipotesi di rapporto di appalto ormai concluso come nel caso di specie, non poteva incidere sul trasferimento della cessione del credito, effettivamente intervenuta prima del pignoramento notificato dal subappaltatore; essa poteva giustificare la sola temporanea inesigibilità del credito di RAGIONE_SOCIALE -credito comunque accertabile e suscettibile altresì di fondare la condanna al suo pagamento anche in sede giudiziaria-, non la legittimità del pagamento eseguito dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE alla subappaltatrice, nemmeno sulla base dell’ordinanza di assegnazione la necessità dell’opposizione ex art.617 c.p.c. alla quale diveniva anzi ancora più pretendibile- per le considerazioni svolte sopra al riguardo.
La Corte di merito non ha violato il disposto dell’art.118 co 3 d.lgs. n.163/2006 -nel testo all’epoca vigente -, né i criteri interpretativi per esso enucleabili dalla giurisprudenza di legittimità, quando ha affermato che l’eventuale inesigibilità dei crediti all’epoca della procedura di pignoramento presso terzi <>, offrendo una motivazione di rigetto rispetto alle tesi proposte dal RAGIONE_SOCIALE ricorrente che deve essere integrata con le considerazioni sopra svolte.
In conclusione, il ricorso deve essere integralmente respinto.
Le spese del giudizio di legittimità si pongono a carico del RAGIONE_SOCIALE ricorrente, a solo favore di RAGIONE_SOCIALE non avendo RAGIONE_SOCIALE partecipato al giudizio.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00 ed agli accessori di legge, inclusi iva e cassa avvocati.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il 27 maggio 2025.
Il Presidente NOME COGNOME