Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 28525 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 28525 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22528/2024 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persona del rappresentante come in atti indicato, con domicilio telematico all ‘ indirizzo PEC del proprio difensore, rappresentato e difeso dall ‘ avvocato COGNOME NOME;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del rappresentante come in atti indicato, con domicilio telematico all ‘ indirizzo PEC del proprio difensore, rappresentato e difeso dall ‘ avvocato COGNOME NOME unitamente all ‘ avvocato COGNOME NOME;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO di VENEZIA n. 1292/2024 depositata il 02/07/2024;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/10/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. Con ricorso ex art. 702-bis c.p.c. depositato il 18 ottobre 2022, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Treviso, RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), chiedendone la condanna alla restituzione, ex art. 2033 c.c., della somma di Euro 114.764,77, corrisposta – negli anni 2010 e 2011 – a titolo di rivalsa per addizionali provinciali all ‘ accisa sull ‘ energia elettrica, ritenute indebitamente versate per contrasto della disciplina interna (art. 6 d.l. n. 511 del 1988, come modificato dal d.lgs. n. 26 del 2007) con l ‘ art. 1, par. 2, della direttiva n. 2008/118/CE.
A fondamento della domanda, la società attrice deduceva che, in base al contratto di somministrazione di energia elettrica intercorso con la convenuta, le fatture emesse per i punti di prelievo relativi ai propri stabilimenti contenevano l ‘ addebito delle suddette addizionali, successivamente dichiarate incompatibili con il diritto dell ‘ Unione Europea; di qui, la richiesta di ripetizione delle somme indebitamente corrisposte.
Si costituiva in giudizio RAGIONE_SOCIALE, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva, sul rilievo che i crediti verso la RAGIONE_SOCIALE erano stati ceduti, in forza di contratto di factoring, alla RAGIONE_SOCIALE; e contestando – comunque – la fondatezza della domanda di indebito nel merito.
1.1. Il Tribunale di Treviso, con ordinanza ex art. 702-ter c.p.c. del 28 giugno 2023, accoglieva la domanda, accertando la legittimazione passiva all ‘ azione di indebito oggettivo in capo ad RAGIONE_SOCIALE, che veniva condannata alla restituzione della somma di Euro 114.308,57, oltre interessi, in favore di RAGIONE_SOCIALE, nonché alla rifusione delle spese di lite.
Il giudice riteneva che il rapporto contrattuale tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE integrasse un mandato all ‘ incasso e non una vera e
propria cessione del credito, sicché la fornitrice doveva considerarsi l ‘ effettiva percettrice delle somme indebitamente pagate.
Avverso tale ordinanza proponeva appello RAGIONE_SOCIALE, deducendo, con più motivi, l ‘ erroneità della decisione nella parte in cui aveva ritenuto sussistente la sua legittimazione passiva, nonché contestando, in subordine, la disapplicazione della disciplina nazionale sull ‘ addizionale provinciale e la regolazione delle spese di lite.
2.1. La Corte d ‘ appello di Venezia, con sentenza n. 1292/2024, in accoglimento del primo motivo di gravame, ha riformato l ‘ ordinanza impugnata, rigettando la domanda di ripetizione di indebito oggettivo spiegata dalla RAGIONE_SOCIALE Le spese di entrambi i gradi di merito sono state integralmente compensate.
Diversamente da quanto statuito dal Tribunale, la Corte ha ritenuto che l ‘ operazione realizzata da RAGIONE_SOCIALE (cedente) e RAGIONE_SOCIALE (cessionaria) costituisse una cessione di crediti nell ‘ ambito di un più complesso contratto di factoring, di modo che l ‘ effettivo percettore dei pagamenti dovesse individuarsi nella cessionaria RAGIONE_SOCIALE, unica legittimata passiva all ‘ azione di ripetizione di indebito oggettivo, escludendo, per l ‘ effetto, la legittimazione passiva in capo ad RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
Per la cassazione di tale sentenza RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso, affidato a tre motivi.
3.1.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo motivo si prospetta, ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 2033 c.c., per avere la Corte d ‘ appello escluso la legittimazione passiva di RAGIONE_SOCIALE nell ‘ azione di ripetizione dell ‘ indebito,
assumendo erroneamente che le somme versate da RAGIONE_SOCIALE a titolo di rivalsa per addizionali provinciali all ‘ accisa sull ‘ energia elettrica fossero state incassate da RAGIONE_SOCIALE quale effettiva percettrice dei pagamenti.
La ricorrente sostiene, al contrario, che le somme furono ricevute da RAGIONE_SOCIALE, la quale le riversò all ‘ Amministrazione finanziaria, e che il rapporto con RAGIONE_SOCIALE avesse natura di mero mandato all ‘ incasso e non di cessione del credito, sicché l ‘ obbligazione restitutoria avrebbe dovuto gravare sulla fornitrice.
4.2. Con il secondo motivo si prospetta, ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., l ‘ omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per non avere la Corte territoriale considerato la comunicazione del 11.3.2020, con la quale la stessa RAGIONE_SOCIALE aveva riconosciuto di avere incassato le somme oggetto di ripetizione e di averle successivamente versate all ‘ Erario. Tale documento – prodotto in atti da entrambe le parti – costituirebbe prova decisiva della qualità di effettiva destinataria dei pagamenti in capo alla società fornitrice RAGIONE_SOCIALE e, se esaminato, avrebbe condotto a diversa decisione.
4.3. Con il terzo motivo si prospetta, ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 1260 c.c. nonché dell ‘ art. 14 del d.lgs. n. 504 del 1995 (c.d. Testo unico accise), per avere la Corte territoriale qualificato il contratto concluso tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE come cessione di credito anche per la parte relativa alle somme addebitate a titolo di addizionale provinciale all ‘ accisa sull ‘ energia elettrica, trascurando che, per tale componente, la cessione non poteva operare, permanendo in capo alla fornitrice l ‘ obbligo di versamento all ‘ Erario e, correlativamente, la legittimazione passiva all ‘ azione di ripetizione.
Si assume che l ‘ interpretazione accolta dai giudici d ‘ appello contrasti con il principio di effettività della tutela dei diritti sancito dall ‘ art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell ‘ Unione Europea.
5.1. Il primo motivo è inammissibile.
Ed invero, l ‘ esame nel merito dell ‘ illustrata censura presuppone l ‘ individuazione della natura del contratto stipulato il 21 febbraio 2013 tra RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE, che radicava il diritto di quest ‘ ultima alla riscossione dei crediti in precedenza vantati dalla cedente RAGIONE_SOCIALE nei confronti dell ‘ odierna ricorrente RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Ciò in quanto, per univoca e consolidata giurisprudenza di legittimità e di merito, la questione relativa all ‘ individuazione del soggetto passivamente legittimato nell ‘ azione di ripetizione di indebito oggettivo, ex art. 2033 c.c., nei casi in cui il pagamento sia stato effettuato a un terzo incaricato della riscossione, dipende dalla qualificazione giuridica del rapporto intercorrente tra il creditore originario e il terzo percettore della somma, quale mandato all ‘ incasso ovvero cessione del credito.
In proposito, mentre la cessione del credito (come nel factoring pro soluto) trasferisce immediatamente la titolarità del diritto al cessionario, rendendolo nuovo e unico creditore, il mandato all ‘ incasso (anche se conferito in rem propriam ) attribuisce al mandatario «solo la legittimazione alla riscossione del credito, di cui resta titolare il mandante» (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15548 del 17/10/2003). In questo secondo scenario, il mandante non perde mai la proprietà del credito.
A sua volta, la giurisprudenza è unanime nell ‘ affermare che «il solo soggetto passivamente legittimato è colui che ha ricevuto la somma che si assume non dovuta» (cfr. Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 27421 del 26/09/2023) e che l ‘ azione è circoscritta al rapporto tra il solvens e il destinatario del pagamento (cfr., oltre alla già
menzionata Sez. 3, Ordinanza n. 27421 del 26/09/2023, Sez. 6 – L, Ordinanza n. 610 del 14/01/2019; Sez. 3, Sentenza n. 17853 del 22/07/2013).
L ‘ individuazione dell ‘ accipiens , tuttavia, non si esaurisce nell ‘ identificazione del percettore materiale, ma richiede di accertare chi sia il destinatario giuridico del pagamento, ossia il soggetto nel cui patrimonio il pagamento è destinato a produrre i suoi effetti.
Orbene, per le cennate ragioni, la censura prospettata dalla ricorrente involve, al fondo, la precipua questione della qualificazione del detto contratto: essa, infatti, è volta a mettere in discussione proprio la ricostruzione in fatto (e, di lì, in diritto) operata dal giudice del merito.
In tal senso, però, la doglianza in esame – con cui parte ricorrente formalmente lamenta la violazione dell ‘ art. 2033 c.c. da parte della Corte di merito ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – si sostanzia nella deduzione di una questione di interpretazione del contratto, riconducibile alla violazione degli artt. 1362 e ss. c.c.
Ne discende che la censura in parola non è stata correttamente prospettata da parte ricorrente, la quale avrebbe dovuto censurare, piuttosto, la specifica violazione dei criteri di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., o comunque prospettare un vizio di motivazione sul punto (nei limiti in cui questo può ancora rilevare dopo la novella dell ‘ art. 360 c.p.c. del 2012), indicando altresì nel ricorso, a pena d ‘ inammissibilità, le considerazioni del giudice in contrasto con i criteri ermeneutici di cui si lamenta la violazione ed il testo del contratto oggetto di erronea interpretazione.
Non risulta perciò correttamente censurata la ricostruzione operata dal giudice del merito, cui è riservata – tra l ‘ altro – l ‘ attività di interpretazione e qualificazione del negozio giuridico. Al riguardo,
giova ribadire il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità ai sensi del quale la qualificazione di un negozio giuridico richiede due distinte operazioni: la prima consiste nell ‘ identificazione degli elementi costitutivi dell ‘ attività negoziale e delle finalità pratiche perseguite dalle parti; la seconda consiste, invece, nell ‘ attribuzione del nomen juris , previa interpretazione sul piano giuridico, degli elementi di fatto precedentemente accertati. Di tali operazioni, mentre la seconda è soggetta al sindacato di legittimità, la prima ne è sottratta, se correttamente motivata, giacché si risolve in un apprezzamento di mero fatto, riservato al giudice di merito (cfr. Sez. 3, Ordinanza n. 9996 del 10/04/2019).
Nel caso di specie, non avendo la ricorrente correttamente prospettato tale censura, resta ferma la qualificazione data al contratto dalla Corte territoriale quale contratto di factoring, che purtuttavia non si esaurisce nella mera cessione di uno o più crediti, ma comporta per le parti – e soprattutto per il factor -l ‘ assunzione di importanti obbligazioni (cfr. Sez. 3, Ordinanza n. 9875 del 26/05/2020). In tal guisa, la Corte d ‘ appello ha quindi individuato in RAGIONE_SOCIALE la cessionaria dei crediti in precedenza vantati dalla cedente RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, sicché RAGIONE_SOCIALE risulta l ‘ unica legittimata passiva all ‘ azione di ripetizione di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c.
5.2. Il secondo motivo è inammissibile.
Sul punto, va ribadito il consolidato principio secondo cui la valutazione delle risultanze istruttorie – comprese le presunzioni rientra nell ‘ ambito dell ‘ esclusivo, prudente apprezzamento del giudice del merito, in quanto tale insindacabile in sede di legittimità, salvo che ricorra il vizio di omesso esame di un fatto decisivo di cui all ‘ art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., qui pure prospettato dalla ricorrente.
Cionondimeno, varrà precisare che l ‘ omesso esame – come è stato di recente ribadito da Cass. civ. Sez. 3, Ordinanza n. 25305 del 16/09/2025 – deve avere per oggetto «un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico» (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 21152 del 08/10/2014), un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante (Cass., Sez. U, Sentenza n. 5745 del 23/03/2015). Esulano, dunque, dalla nozione di ‘fatto’, il cui omesso esame possa integrare il vizio ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., le argomentazioni o le deduzioni difensive (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 14802 del 14/06/2017), gli elementi istruttori, una moltitudine di fatti e circostanze, ovvero il «vario insieme dei materiali di causa» (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 27415 del 29/10/2018).
In proposito, questa Corte, quale Giudice di legittimità, non può sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella operata dai giudici del merito, né può rivalutare i fatti storici della causa, essendo limitata alla sola verifica della sussistenza di una motivazione idonea, non meramente apparente, perplessa o insanabilmente contraddittoria (cfr. Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 3267 del 12/02/2008; da ultimo, Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 8872 del 03/04/2025; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 6964 del 16/03/2025).
5.3. Il terzo motivo è infondato.
La questione posta dalla ricorrente, relativa alla presunta incedibilità del credito per la rivalsa dell ‘ addizionale provinciale all ‘ accisa sull ‘ energia elettrica, trova una ferma e univoca soluzione nella giurisprudenza di legittimità. L ‘ analisi sistematica delle norme e delle pronunce giurisprudenziali dimostra la piena validità della cessione di tale credito a una società di factoring, confutando la tesi della sua natura pubblicistica.
Occorre premettere che la giurisprudenza di questa Corte ha affermato la netta distinzione tra il rapporto tributario e il rapporto di rivalsa.
Il primo rapporto, di natura pubblicistica, intercorre esclusivamente tra il fornitore -quale soggetto passivo d ‘ imposta -e l ‘ Amministrazione finanziaria (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 22344 del 15/10/2020).
Il secondo rapporto, di natura privatistica, origina dal contratto di somministrazione stipulato tra il fornitore e il consumatore finale e ha ad oggetto non l ‘ imposta in sé, bensì il mero trasferimento del suo corrispondente onere economico.
La giurisprudenza di legittimità qualifica i rapporti intercorrenti tra debitore, creditore e factor come rapporti autonomi sul piano giuridico, sebbene economicamente collegati, rilevando che la cessione del credito o il mandato all ‘ incasso non incidono sulla distinta titolarità delle obbligazioni che ne costituiscono l ‘ oggetto (cfr., oltre alla già menzionata Cass. Sez. 5, Sentenza n. 22344 del 15/10/2020, anche: Cass. Sez. 2, Sentenza n. 17861 del 24/11/2003; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 22831 del 12/12/2012).
Ne consegue che il credito vantato dal fornitore nei confronti del cliente a titolo di rivalsa non ha natura tributaria, ma integra un ordinario credito di natura commerciale, integralmente regolato dalle norme di diritto privato.
5.3.1. Dalla natura puramente privatistica del credito per rivalsa discende, come logica e inevitabile conseguenza, la sua piena cedibilità ai sensi dell ‘ art. 1260 c.c., anche nell ‘ ambito di un ‘ operazione di factoring (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 17861 del 24/11/2003).
Il fatto che il fornitore rimanga l ‘ unico soggetto obbligato al versamento del tributo all ‘ Erario e, specularmente, l ‘ unico legittimato in via ordinaria ad agire in ripetizione contro
l ‘ Amministrazione finanziaria, non incide in alcun modo sulla natura e sulla libera trasferibilità del credito vantato verso il cliente (cfr. Sez. 3, Ordinanza interlocutoria n. 5220 del 27/02/2025). I due rapporti, quello pubblicistico e quello privatistico, rimangono su piani distinti e autonomi. Pertanto, il credito derivante dalla rivalsa è un ‘ entità giuridica autonoma, un asset commerciale che può essere liberamente ceduto a terzi, come una società di factoring, senza che ciò alteri la sua natura o la posizione del debitore ceduto rispetto alle eccezioni sul merito del credito.
5.3.2. L ‘ architettura processuale prevista per la restituzione dell ‘ addizionale indebitamente versata conferma ulteriormente l ‘ autonomia dei rapporti e, di riflesso, la cedibilità del credito.
La giurisprudenza di legittimità, in linea con le indicazioni della Corte di Giustizia dell ‘ Unione Europea, ha consolidato un meccanismo a cascata che si articola in due fasi distinte: in primo luogo, il consumatore finale che ha pagato un indebito deve esperire un ‘ azione civilistica di ripetizione (ex art. 2033 c.c.) contro il fornitore (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 17642 del 30/06/2025; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 16992 del 24/06/2025; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 13740 del 22/05/2025). Solo in un secondo momento, e a condizione di aver effettivamente restituito le somme al cliente a seguito di una condanna passata in giudicato, il fornitore potrà agire a sua volta contro l ‘ Erario per ottenere il rimborso del tributo, entro il termine di 90 giorni previsto dall ‘ art. 14 del d.lgs. n. 504/1995, c.d. ‘Testo unico sulle accise’.
Questa struttura ‘triangolare’ dimostra in modo inequivocabile che il rapporto di credito/debito tra fornitore e cliente si esaurisce sul piano del diritto privato, rendendo il relativo credito un bene commerciabile e cedibile prima e indipendentemente dalle successive vicende restitutorie con l ‘ Amministrazione finanziaria.
5.3.3. Venendo al caso di specie, mette poi conto osservare che, nel contratto di factoring, il debitore ceduto conserva il diritto di opporre al cessionario (il factor ) tutte le eccezioni che avrebbe potuto far valere nei confronti del cedente (il fornitore), incluse quelle relative all ‘ esistenza e alla validità del negozio da cui deriva il credito (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 24657 del 02/12/2016).
Sicché l ‘ argomento della ricorrente, secondo cui il credito non sarebbe cedibile per la sua presunta natura pubblicistica, costituisce un ‘ eccezione che attiene proprio alla validità della cessione. Tuttavia, alla luce dei principi sopra esposti, tale eccezione è manifestamente infondata, volta che, avendo il credito per rivalsa natura commerciale e non tributaria, la sua cessione è pienamente valida ed efficace ai sensi dell ‘ art. 1260 c.c. Di conseguenza, l ‘ eccezione del debitore ceduto non può trovare accoglimento: e la pretesa del factor nei suoi confronti, se non altro sotto questo specifico aspetto, è legittima.
5.3.4. Un ‘ ulteriore e decisiva conferma della natura privatistica del rapporto di rivalsa proviene, a contrario, dalla previsione di una legittimazione straordinaria del consumatore finale ad agire direttamente contro l ‘ Erario.
La giurisprudenza di legittimità, se non altro fino a qualche tempo fa, ha ammesso tale azione diretta solo in via del tutto eccezionale, in ossequio al principio di effettività della tutela sancito dal diritto dell ‘ Unione Europea, qualora l ‘ azione verso il fornitore si riveli eccessivamente difficoltosa o impossibile (ad esempio per insolvenza di quest ‘ ultimo) (cfr. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 21154 del 29/07/2024; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 27099 del 23/10/2019). della giurisprudenza sul punto, siccome irrilevante ai fini della decisione
Non mette conto esaminare l ‘ ulteriore evoluzione della questione oggi sottoposta al Collegio.
Il carattere eccezionale di questo rimedio rafforza la regola generale, che è quella dell ‘ azione civilistica contro il fornitore. È in questa ipotesi che l ‘ azione del consumatore contro l ‘ Erario non muta la sua natura: essa rimane un ‘ azione di indebito oggettivo di matrice civilistica, non un ‘ azione di rimborso di un tributo. Ciò conferma che il rapporto fondamentale che legittima la pretesa è e rimane di diritto privato, il cui credito è, per definizione, liberamente negoziabile.
In conclusione, l ‘ interpretazione sistematica della normativa e della giurisprudenza conduce a ritenere che il credito vantato dal fornitore di energia nei confronti del cliente finale, relativo alla rivalsa dell ‘ addizionale provinciale, abbia natura di credito commerciale e non tributario. Di conseguenza, esso è pienamente cedibile a una società di factoring.
L ‘ obbligo del fornitore di versare l ‘ imposta all ‘ Erario e la sua primaria legittimazione ordinaria all ‘ azione di rimborso nei confronti dello Stato appartengono a un distinto rapporto giuridico di natura pubblicistica, che non inficia in alcun modo la validità e l ‘ efficacia della cessione del credito privatistico.
Pertanto, la situazione giuridica della società di factoring (cessionaria) è giuridicamente fondata e la tesi della ricorrente deve essere respinta.
Se, infatti, il terzo che ha riscosso il credito (come è a dirsi nel caso di specie rispetto alla posizione di RAGIONE_SOCIALE) ha operato in qualità di cessionario del credito medesimo, egli è il nuovo titolare del diritto, sicché l ‘ azione di ripetizione deve essere intentata direttamente ed esclusivamente nei suoi confronti. I rapporti interni tra il creditore originario e il terzo incaricato, come la mancata rimessa delle somme, sono del tutto ininfluenti per la posizione del debitore che agisce per la restituzione dell ‘ indebito.
6. Pertanto, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio, in favore della controricorrente, liquidate in complessivi Euro 7.700, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi, liquidati in Euro 200, e agli accessori come per legge.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente ed al competente ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-quater, dell ‘ art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte suprema di cassazione, in data 16 ottobre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME