Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5551 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5551 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19048/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in Treviso INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende ricorrente-
contro
Fallimento RAGIONE_SOCIALE
intimato- avverso il decreto di Tribunale di Trento n. 1080/2023 depositato in data 28/08/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Trento, con decreto pubblicato il 13/4/2016, respinse l’opposizione ex art. 98 l.fall., proposta da RAGIONE_SOCIALE, avverso il provvedimento con cui il Giudice Delegato al Fallimento RAGIONE_SOCIALE (di seguito indicato per brevità semplicemente ‘RAGIONE_SOCIALE‘) aveva rigettato la sua domanda di ammissione allo stato passivo del credito chirografario di € 2.268.500,00, asseritamente vantato dall’opponente a titolo di ripetizione di quanto versato, mediante datio in solutum, alla società poi fallita (in acconto sul prezzo di un immobile che le era stato promesso in vendita con contratto preliminare, non seguito dalla stipula del definitivo) dalla delegata RAGIONE_SOCIALE( breviter ‘RAGIONE_SOCIALE‘) che aveva trasferito a RAGIONE_SOCIALE in bonis l’11,6443% delle azioni di RAGIONE_SOCIALE, come risultava da atto di quietanza.
Il credito era stato escluso dal giudice delegato sul rilievo che l’effettiva legittimata (in quanto titolare del credito) era COGNOME e che non era applicabile l’art. 1180 c.c..
2.2 Il Tribunale, da parte sua, affermò che il documento in data 19/12/2012, definito quietanza, tale non poteva essere considerato ed era privo di valore confessorio, perché la creditrice RAGIONE_SOCIALE non lo aveva rilasciato nei confronti della debitrice COGNOME, bensì nei confronti della COGNOME, sul presupposto che il prezzo sarebbe stato pagato da tale ultima società mediante cessione alla promittente venditrice di azioni e connesso finanziamento soci della Toscanablu, come si evinceva dalla sottoscrizione appostavi esclusivamente dai legali rappresentanti di tali società. Tale documento costituiva, a giudizio del Tribunale , una « confessione stragiudiziale resa a terzi » liberamente apprezzabile dal giudice ai sensi dell’art. 2735 c.c.
Il Tribunale accertò che la cessione delle azioni di Senini a Quadro Uno era, in realtà, avvenuta solo il 16/5/2013 e non nella data della pretesa quietanza; escluse che vi fosse prova dell’effettivo
pagamento ed aggiunse che non era ipotizzabile alcuna delegazione di pagamento fra COGNOME e COGNOME.
Avverso tale provvedimento RAGIONE_SOCIALE propose ricorso in Cassazione che, in accoglimento del primo motivo di ricorso (previa sua riqualificazione), cassò con rinvio il decreto impugnato per avere il Tribunale escluso, senza motivazione, la sussistenza della delegazione di pagamento.
Riassunta la causa, il Tribunale di Trento rigettava l’opposizione ritenendo che dalla documentazione non era emersa la prova della sussistenza dello schema negoziale della delegazione di pagamento, essendo invece l’operazione negoziale posta in essere tra le parti riconducibile nello schema della cessione del credito.
Il Collegio, infatti, rilevava che dalla quietanza al contratto preliminare di compravendita in atti risultava che, a fronte del trasferimento delle azioni di RAGIONE_SOCIALE da parte di RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE, quest’ultima società aveva ceduto alla società RAGIONE_SOCIALE, a titolo di pagamento del prezzo per l’acquisto delle predette azioni, il proprio credito vantato nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE
Ne discendeva, a giudizio del Tribunale, che alcun pagamento a RAGIONE_SOCIALE risultava imputabile alla società RAGIONE_SOCIALE, la quale per effetto dell’operazione negoziale di cessione del credito era divenuta debitrice della società RAGIONE_SOCIALE, anziché della società RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per Cassazione affidato a tre motivi, illustrati con memoria, mentre il Fallimento non ha svolto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art 101 c.p.c., in relazione all’art. 360 , comma 1,
nr. 3, c.p.c., per avere il Tribunale sussunto l’operazione nello schema della cessione del credito ex officio senza stimolare il contraddittorio.
1.1 Il motivo è infondato.
Contrariamente a quanto opinato dalla ricorrente, la qualificazione giuridica della cessione del credito non costituisce affatto un thema decidendum trattato per la prima volta dal giudice di rinvio; emerge, infatti, dall’impugnato decreto che già il G.D. , nel motivare il diniego di ammissione allo stato passivo, aveva affermato « per altro verso, il riferimento all’art. 1182 c.c., pur suggestivo, è anch’esso non pertinente, dal momento che dalla stessa quietanza risulterebbe una cessione del credito e non una datio in solutum da parte di COGNOME per conto di COGNOME; del resto, se così fosse stato, il diritto alla restituzione dell’acconto avrebbe ad oggetto le azioni di RAGIONE_SOCIALE ».
Inoltre, nell’atto di opposizione RAGIONE_SOCIALE aveva dedotto che la cessione del credito indicata nella detta quietanza era meramente simulata, avendo COGNOME rinunciato ad ogni pretesa nei confronti di COGNOME.
Il secondo motivo prospetta la violazione e/o errata applicazione dell’art. 1260 c.c. in riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.; la ricorrente contesta la configurabilità dell’accertato atto traslativo del credito non essendovi stata alcuna pattuizione contrattuale in tal senso.
Deduce, inoltre, la ricorrente l’incedibilità del credito , per avere lo stesso, carattere ‘personale’ , rappresentando la controprestazione di un’opera di facere imputabile alla sola Quadro Uno. e l’inefficacia della cessione del credito, avente ad oggetto un credito futuro non ancora venuto ad esistenza.
2.1 Anche questo motivo non merita accoglimento.
Secondo quanto argomentato dal Tribunale « dalla quietanza a contratto preliminare di compravendita in atti (all. 2 doc. 3) risulta
che a fronte del trasferimento delle azioni di RAGIONE_SOCIALE da parte di RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE, quest’ultima società ha ceduto alla società Senini, a titolo di pagamento del prezzo per l’acquisto delle predette azioni, il proprio credito vantato nei confronti della società COGNOME. Si è in tal modo realizzata una traslazione del credito (propria dello schema negoziale della cessione del credito), con sostituzione del cessionario -ossia di COGNOME -al cedente -ossia RAGIONE_SOCIALE, e ciò quale corrispettivo del trasferimento delle azioni di RAGIONE_SOCIALE da parte di COGNOME alla RAGIONE_SOCIALE. Ne discende che alcun pagamento a RAGIONE_SOCIALE risulta imputabile alla società RAGIONE_SOCIALE.
Si trattava di un credito liberamente cedibile in quanto avente ad oggetto una somma di denaro (costituita dal corrispettivo di una operazione di vendita di immobile da costruire) ed avente, come riconosciuto dalla stessa RAGIONE_SOCIALE, effetti obbligatori tra le parti, trattandosi di un credito condizionato alla esecuzione della controprestazione a carico di Quadro Uno consistente nella costruzione e vendita dell’unità immobiliare.
Un simile accertamento -rientrante ne compiti istituzionali del giudice di merito e non rivedibile in questa sede – non poteva che condurre al rigetto dell’opposizione, dato che il negozio intervenuto fra la fallita e RAGIONE_SOCIALE non aveva coinvolto RAGIONE_SOCIALE e quest’ultima non vantava alcun credito da insinuare al passivo della procedura.
Il terzo motivo assume la «violazione e/o omessa e/o errata applicazione degli artt. 91 e/o 385 c.p.c. in riferimento all’art. 360, n. 3 c.p.c, per avere il Tribunale omesso di statuire sulle spese del procedimento nr R.G. n. 12383/2016 Corte di Cassazione».
3.1 Anche tale censura è infondata.
Va applicato il principio per cui, in tema di spese processuali, il giudice del rinvio, cui la causa sia stata rimessa anche per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, si deve attenere
al principio della soccombenza applicato all’esito globale del processo, piuttosto che ai diversi gradi del giudizio ed al loro risultato, sicché non deve liquidare le spese con riferimento a ciascuna fase del giudizio, ma, in relazione all’esito finale della lite, può legittimamente pervenire ad un provvedimento di compensazione delle spese, totale o parziale, ovvero, addirittura, condannare la parte vittoriosa nel giudizio di cassazione, e, tuttavia, complessivamente soccombente, al rimborso delle stesse in favore della controparte (Cass. 20289/2015 e 10246/2019).
A tale insegnamento si è attenuto l’impugnato provvedimento che, tenendo conto dell’esito complessivo della lite che ha visto il rigetto dell’opposizione allo stato passivo, non ha provveduto alla statuizione sulle spese stante la mancata costituzione in tutti i gradi del giudizio del Fallimento.
4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Nulla è da statuire sulle spese, non avendo il Fallimento svolto difese.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 16 gennaio 2025.