Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 2680 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 2680 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.P.A. , rappresentata e difesa da ll’ AVV_NOTAIO elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO -ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso da ll’ AVV_NOTAIO pec: EMAIL -controricorrente –
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze n. 2197/2020, depositata il 1°.12.2020, non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29.1.2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Oggetto:
1 .-Con atto di citazione innanzi al Tribunale Civile di Livorno il RAGIONE_SOCIALE ha convenuto in giudizio la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. deducendo:
– di aver ricevuto in data 12.04.2012 dalla Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a. richiesta di pagamento delle fatture nn. 327, 339, 376 tutte relative all’anno 2011 emesse dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti del RAGIONE_SOCIALE (complessivo credito ceduto al suddetto Istituto) per un importo totale pari ad € 126.128,11 nonché ulteriore richiesta verbale di pagamento della fattura n. 207/2011 di € 148.500,00;
– di aver risposto con lettera in data 17.04.2012 alla Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. riscontrando, in una sola volta, le comunicazioni del 17.10.2011, del 27.10.2011 del 12.12.2011 e del 12.04.2012 comunicando la « legittimità e correttezza dell’importo di cui alla fattura n. 376/2011 per Euro 24.928,11, ma contestando le fatture nn. 327, 339 perché non corrispondenti ad attività svolta dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, mai comunicate e mai contabilizzate».
Per quanto riguardava invece la fattura n. 207 del 2011 di € 148.500,00 il RAGIONE_SOCIALE affermava che «tale fattura non corrisponde ad un effettivo credito».
2.─ Il tribunale di Livorno, in relazione alle cessioni di credito in favore della Banca, riteneva che la stessa, sulla quale incombeva la prova, non avesse dimostrato l’esistenza del credito ceduto in ordine alle tre fatture azionate, risultando, anzi, che le stesse riguardavano lavori già fatturati e saldati (NUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO), lavori relativi ad un SAL posteriore alla fattura stessa (fattura n.327NUMERO_DOCUMENTO) e lavori extracontratto, per i quali non esisteva alcuna prova in atti (fatt. n.NUMERO_DOCUMENTO).
Pertanto, il Tribunale dichiarava che il RAGIONE_SOCIALE non era debit ore della RAGIONE_SOCIALE per la somma di € 249.700 di cui alle fatture indicate e rigettava la domanda riconvenzionale della RAGIONE_SOCIALE, con la
quale era richiesta la condanna del RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle citate fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE
3 .─ Banca Monte Paschi di Siena proponeva gravame dinanzi alla Corte di Appello di Firenze che, con sentenza qui impugnata, ha accolto parzialmente l’appello.
4 .─ Per quanto qui di interesse la Corte di merito ha precisato che: a) non è possibile sostenere che il debitore, avendo contestato il credito solo dopo molto tempo dalla notifica, abbia accettato e riconosciuto tacitamente l’esistenza del credito. Nel caso di specie, ancora, nelle lettere di comunicazione al debitore della cessione la Banca stessa riferiva «Vi preghiamo di confermarci che avete preso nota della cessione, servendovi dell’apposito modulo allegato alla presente …».
Nonostante l’invito sia rimasto inevaso, la stessa ha provveduto ugualmente ad anticipare le somme al cedente, assumendosi ogni rischio circa l’esistenza e l’ammontare del credito ;
b) Il RAGIONE_SOCIALE ha dedotto l’inesistenza delle fatture oggetto di cessione, mai allo stesso inviate e mai dallo stesso contabilizzate e la Banca non ha provato l’esistenza del credito ; in tema di riparto dell’onere della prova anche in caso di domanda di accertamento negativo, l’onere di provare i fatti costitutivi del diritto grava sempre su colui che si afferma titolare del diritto stesso ed intende farlo valere, ancorché sia convenuto in giudizio di accertamento negativo; c) l’inadempimento della società RAGIONE_SOCIALE al contratto di cessione è assolutamente evidente, stante l’acclarata inesistenza dei crediti ceduti, per cui la stessa deve essere condannata alla restituzione degli importi anticipati, pari al complessivo importo delle somme effettivamente anticipate dalla stessa, nella misura che risulta agli atti e non contestata per complessivi €.199.760,00 (NUMERO_TELEFONO), oltre interessi legali dai singoli conferimenti al saldo;
d) il giudice di appello, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere anche d’ufficio, quale conseguenza della
pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale, sicché viola il principio di cui all’art. 91 c.p.c., il giudice di merito che ritenga la parte soccombente in un grado di giudizio e, invece, vincitrice in un altro grado.
5. ─ Banca Monte Dei Paschi di Siena RAGIONE_SOCIALE.p.a. ha presentato ricorso per cassazione con due motivi e ed anche memoria. RAGIONE_SOCIALE e 5 ha presentato controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La ricorrente deduce:
6. ─ Con il primo motivo: Violazione e falsa applicazione degli artt. 1176, 1337 e 1338 c.c. in relazione all’art. 360 , n. 3, c.p.c. La Corte avrebbe errato quando ha statuito che il debitore ceduto non è tenuto al rispetto del principio di buona fede nei confronti del cessionario con il quale non ha alcun vincolo contrattuale e dunque, anche se è portato a conoscenza della cessione, non ha alcun obbligo di contestare il debito.
6.1 -La censura è inammissibile perché non si confronta con la ratio decidendi . La Corte ha sottolineato ed evidenziato che rispetto alla richiesta della banca, rivolta al debitore ceduto di confermare di aver preso nota della comunicata cessione, non vi era stato alcun riscontro e ciononostante la banca aveva proceduto all’anticipa zione. Questa Corte ha più volte statuito che il ceduto non viola il principio di buona fede nei confronti del cessionario, se non contesta il credito, pur se edotto della cessione, né il suo silenzio può costituire conferma di esso, perché, per assumere tale significato, occorre un’intesa tra le parti negoziali cui il ceduto è estraneo (Cass., n. 3184/2016; ed ancor più dettagliatamente Cass., n. 3319/2020 ha statuito che il debitore ceduto che, reso edotto della cessione, non
abbia avvertito il factor dell’inesistenza di crediti per i quali il cedente abbia ricevuto anticipazioni, non è tenuto al risarcimento dei danni subiti dal cessionario poiché, a fronte della mera comunicazione dell’avvenuta cessione, il suo comportamento inerte non viola il principio di correttezza e buona fede, non sussistendo a suo carico neanche nel caso in cui abbia accettato la cessione – un obbligo di informazione che ne aggravi la posizione; il medesimo cessionario può, invece, pretendere di essere risarcito dal detto debitore ove questi, dopo avere garantito allo stesso factor l’esistenza e la validità di tali crediti, ne abbia leso l’affidamento, omettendo di avvisarlo sua sponte di circostanze sopravvenute ostative alla loro realizzazione.). La ricorrente tenta, così, di costruire che la debitrice ceduta «non è rimasta estranea ai contratti di cessione» per superare l’evidente contrasto della doglianza con il consolidato principio sopra ricordato. Ma trattasi di mere dichiarazioni non eccepite nel merito e non supportate da allegazioni che possano contrastare quanto accertato e statuito dalla Corte di merito.
7. – Con il secondo motivo: Violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2710 c.c. in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. La Corte afferma, per quanto attiene all’onere della prova, che, a seguito della deduzione da parte del RAGIONE_SOCIALE della «inesistenza delle fatture oggetto di cessione, mai allo stesso inviate e mai dallo stesso contabilizzate» , la Banca avrebbe dovuto provare l’esistenza del credito secondo quanto affermato dalla Suprema Corte: « ……. l’accettazione della cessione da parte del debitore ceduto è dichiarazione di scienza priva di contenuto negoziale e non vale in sé quale ricognizione tacita del debito, per cui è onere del cessionario provare l’esistenza e l’ammontare del credito ». Avrebbe, così, fatto cattivo uso dei criteri di ripartizione dell’onere probatorio.
7.1 ─ La censura è inammissibile perché non si confronta con la ratio decidendi . La Corte ha accertato che il RAGIONE_SOCIALE ha adeguatamente provato che:
a) che la fattura NUMERO_DOCUMENTO…non fa riferimento ad alcun SAL. In ogni caso, il RAGIONE_SOCIALE ha provato che alla data dell’emissione della stessa (cioè al 30 giugno 2011) i lavori effettuati erano al SAL n. 8, per il quale era già stata emessa altra fattura dalla RAGIONE_SOCIALE per € 45.015,58, cioè per una somma diversa da quella richiesta con la fattura in esame e pari all’intero SAL n. 8, per cui circa l’esistenza e validità della stessa fattura n. 207 non può ritenersi raggiunta alcuna prova, in assenza di alcun indizio che possa ricondurre alla stessa; b) per la fattura n. 327 del 14.10.2011 esiste un riferimento al SAL n. 11, tuttavia lo stesso è stato emesso in data 31.10.2011, cioè in data successiva all’emissione della fattura; inoltre lo stesso SAL riporta un importo pari ad € 32.918,55, cioè un importo diverso dalla fattura in esame. Per il citato SAL, ancora, il RAGIONE_SOCIALE ha dedotto e provato che fu emessa ulteriore fattura dalla Bellabrba, regolarmente pagata dal RAGIONE_SOCIALE;
c) per la fattura n. 339/2011 non è dato sapere alcunché, sebbene nella stessa sono indicati lavori ‘extra contratto’. Per essa, pertanto, non è possibile ipotizzare neppure un riferimento al contratto d’appalto in essere tra il cedente ed il debitore ceduto, rimanendo completamente sfornita di prova, sia l’esistenza, sia l’ammontare del credito in essa indicato.
La Corte ha ritenuto sufficienti le allegazioni del debitore ceduto sull’inesistenza dei crediti portati nelle fatture e si è limitata a ricordare che l’onere probatorio di provare i fatti costitutivi del diritto grava su colui che si afferma titolare del diritto stesso (nel caso di specie sul cedente), ancorché sia convenuto in un giudizio di accertamento negativo. Onere non adeguatamente assolto dal cedente che non ha in alcun modo contestato le allegazioni sull’inesistenza dei credi formulate del debitor e ceduto né ha addotto alcuna prova ulteriore sull’esistenza dei crediti.
7. ─ Per quanto esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M .
La Corte dichiara il ricorso inammissibile, e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in € 8.000 per compensi e € 200 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione