Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 21275 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 21275 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10887/2022 proposto da: NOME, rappresentato e difeso dalle AVV_NOTAIO NOME COGNOME (EMAIL) e NOME COGNOME (EMAIL);
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, in persona del curatore, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO (EMAIL);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2738/2021 della CORTE D’APPELLO DI VENEZIA, depositata il 28/10/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3/06/2024 dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME;
ritenuto che,
con sentenza resa in data 28/10/2021, la Corte d’appello di Venezia, pronunciando quale giudice del rinvio ex art. 622 c.p.p. a seguito di cassazione in sede penale (sentenza n. 5218 del 12/6/2019), ha condannato NOME COGNOME a ‘ risarcire anche il danno patrimoniale ‘ in favore del RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, determinandolo nella somma pari ad euro 108.222,00, oltre gli accessori;
a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato come, a seguito della sentenza della Corte di cassazione penale n. 5218 del 12/6/2019, fosse divenuta definitiva la condanna pronunciata a carico di NOME COGNOME in relazione al reato di sottrazione di beni sottoposti a pignoramento ai danni dell’esecutante RAGIONE_SOCIALE (dichiarata fallita con sentenza pronunciata in data 20/7/2011) costituitasi parte civile;
ciò posto, secondo il giudice del rinvio ( ex art. 622 c.p.p.), avendo la Corte di cassazione penale accolto il (solo) motivo avanzato dal COGNOME in relazione alle statuizioni civili della sentenza penale d’appello (con cui veniva confermata la condanna del COGNOME al pagamento, in favore del RAGIONE_SOCIALE, dell’importo di euro 25.000,00 per il risarcimento dei soli danni non patrimoniali conseguenti al reato), avrebbe dovuto procedersi alla liquidazione del danno patrimoniale subito dall’esecutante RAGIONE_SOCIALE in conseguenza del reato commesso dal NOME; liquidazione a cui il giudice del rinvio ha provveduto, identificando il danno patrimoniale spettante al RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, nell’importo pari ad euro 108.222,00, oltre accessori;
avverso la sentenza del giudice del rinvio ex art. 622 c.p.p., NOME COGNOME propone ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi d’impugnazione;
il RAGIONE_SOCIALE in liquidazione resiste con controricorso; entrambe le parti hanno depositato memoria;
considerato che,
con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e, in particolare, degli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c. (in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.), per avere la corte territoriale disposto la liquidazione del danno patrimoniale in favore del RAGIONE_SOCIALE in liquidazione nonostante la relativa domanda fosse rimasta assorbita dal giudicato formatosi sul punto in ragione e per effetto dell’omessa impugnazione della parte civile, in sede di cassazione, della sentenza n. 2634 del 6 luglio 2017 in forza della quale la Corte d’appello di Venezia ha confermato integralmente la sentenza di primo grado omettendo la pronuncia in merito alla domanda di risarcimento del danno patrimoniale;
con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e, in particolare, degli artt. 1263 c.c. 111 e 100 c.p.c. (in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.), per avere la corte d’appello di Venezia ritenuto sussistente la legittimazione attiva del RAGIONE_SOCIALE in liquidazione nonostante lo stesso avesse ceduto, in favore della Banca Popolare dell’Alto Adige, in data 9 novembre 2011 (e, per l’effetto, in data antecedente all’appello penale proposto da parte resistente in data 29 luglio 2015 e alla costituzione di parte civile del 29 luglio 2015) i crediti vantati nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, per euro 278.720,00 e nei confronti del signor NOME COGNOME, sino alla concorrenza di euro
400.00,00 di cui al provvedimento di sequestro conservativo del Tribunale di Treviso;
con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (in relazione all’ art. 360 n. 5 c.p.c.), per avere la corte territoriale provveduto alla liquidazione del danno patrimoniale in favore del RAGIONE_SOCIALE in liquidazione nonostante il danno avesse trovato compiuta liquidazione in forza della sentenza n. 1745/2020 (R.G. n. 664/2018, riunito al n. R.G. 329/2019) emessa dalla stessa Corte d’appello di Venezia in data 18 dicembre 2019 e pubblicata il successivo 6 luglio 2020;
con il quarto motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e, in particolare, degli artt. 82 c.p.p. e 75 c.p.p. (in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.), dolendosi altresì della nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c.), per avere la corte territoriale provveduto alla liquidazione del danno patrimoniale in favore del RAGIONE_SOCIALE in liquidazione nonostante lo stesso avesse esercitato l’azione sia in sede civile sia in sede penale e il danno fosse già stato liquidato in sede civile in forza della sentenza n. 1745/2020 (R.G. n. 664/2018, riunito al n. R.G. 329/2019) emessa dalla stessa Corte di Appello di Venezia in data 18 dicembre 2019 e pubblicata il successivo 6 luglio 2020;
con il quinto motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e, in particolare, degli artt. 2697 c.c. e 116 c.p.c. (in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.), nonché per insufficiente motivazione in ordine a un fatto decisivo e controverso per il giudizio (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.), per avere la corte territoriale deciso la controversia in esame
in assenza di alcuna prova in merito al danno da mancato guadagno così come liquidato in favore del RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e, oltretutto, in assenza di alcuna motivazione a fondamento dell’accoglimento dei risultati cui risulta essere pervenuto, in via stragiudiziale, il consulente di parte resistente;
il secondo motivo è fondato e suscettibile di assorbire la rilevanza di tutte le restanti censure;
osserva il Collegio come costituisca circostanza pacifica in causa (per averlo affermato la stessa corte territoriale: pagg. 7-9 della sentenza impugnata) l’avvenuta soddisfazione del RAGIONE_SOCIALE in relazione al credito risarcitorio dallo stesso vantato per le perdite subite (danno emergente) a seguito del reato commesso dal NOME;
in particolare, il giudice a quo ha evidenziato come, in conformità a quanto affermato dallo stesso fallimento, vi fosse piena corrispondenza tra «il credito capitale di euro 276.672,34 ceduto alla Banca Popolare di Marostica il 3/11/2011, e quello per cui fu fatto pignoramento in odio a NOME il 19/12/2008 : dagli atti risulta trattarsi del ‘ saldo prezzo per la fornitura di materiali a favore di NOME (già RAGIONE_SOCIALE) ‘ cui è seguita la ‘ dispersione operata da quest’ultimo dei beni pignorati a garanzia del predetto credito e valutati in euro 416.372,41 ‘ (conclusionale p. 22), sicché è coerente collegare la perdita subita alla dispersione dei beni pignorati fatta dal NOME» (pagg. 7-8 della sentenza impugnata);
lo stesso giudice a quo ha evidenziato come « d’altro canto, il fallimento ricorda di aver effettuato la ‘ cessione pro solvendo a favore di Banca Popolare di Marostica con l’obbligo assunto dall’odierna appellante di garantire l’esecuzione, da parte del debitore -ossia del
NOME -della prestazione dovuta ‘» (pag. 8 della sentenza impugnata);
di seguito, il giudice a quo ha aggiunto come sulla base degli elementi complessivamente esposti in sentenza «si deve concludere che la perdita patrimoniale subita dal RAGIONE_SOCIALE (correlata nella sostanza al credito originario) è già stata accertata e liquidata con la indicata sentenza d’appello 1745/2020, sicché la Corte deve ora includere soltanto il danno per il mancato guadagno, sempre tenendo presente che oggetto del rinvio la semplice liquidazione e non l’accertamento del danno» (pag. 9 della sentenza impugnata);
da ciò deriva che l’importo liquidato dal giudice a quo in favore del RAGIONE_SOCIALE rappresenta il solo danno da ritardo nel pagamento del debito da parte del NOME in conseguenza della dispersione, da parte dello stesso, dei beni sottoposti a pignoramento (cfr. pag. 9 della sentenza impugnata nella parte in cui afferma che: ‘ la perdita patrimoniale subita dal RAGIONE_SOCIALE è già stata accertata e liquidata con la indicata sentenza d’appello 1745/2020, sicché la Corte deve ora includere soltanto il danno per il mancato guadagno, sempre tenendo presente che oggetto del rinvio è la semplice liquidazione e non l’accertamento del danno ‘) ;
sul punto, il giudice a quo ha ritenuto di liquidare tale mancato guadagno del fallimento nell’importo pari ad euro 108.222, da intendersi quale «profitto che RAGIONE_SOCIALE avrebbe potuto ricavare ove mai avesse realizzato il credito controverso» (cfr. pag. 9 della sentenza impugnata);
in tale liquidazione, tuttavia, non risulta menzionata l’avvenuta considerazione delle prerogative eventualmente riconoscibili in favore della banca cessionaria del credito controverso; e ciò, nonostante la corte territoriale abbia espressamente manifestato la volontà di tener
conto dell’avvenuta cessione, da parte del RAGIONE_SOCIALE, del credito vantato nei confronti del NOME;
a tale riguardo, è appena il caso di evidenziare come, secondo l’insegnamento della giurisprudenza di questa Corte (che il Collegio condivide e fa proprio al fine di assicurarne continuità), in tema di cessione del credito, la previsione del primo comma dell’art. 1263 cod. civ., in base alla quale il credito è trasferito al cessionario, oltre che con i privilegi e le garanzie reali e personali, anche con gli ‘altri accessori’, deve essere intesa nel senso che nell’oggetto della cessione rientri la somma delle utilità che il creditore può trarre dall’esercizio del diritto ceduto, cioè ogni situazione giuridica direttamente collegata con il diritto stesso, la quale, in quanto priva di profili di autonomia, integri il suo contenuto economico o ne specifichi la funzione, ivi compresi tutti i poteri del creditore relativi alla determinazione, variazione e modalità della prestazione, nonché alla tutela del credito. Ne consegue che nell’oggetto della cessione di un credito deve reputarsi incluso il diritto al risarcimento del maggior danno derivante dal ritardo nel pagamento del credito stesso (e maturatosi al momento della cessione), trattandosi di diritto che non può esistere o estinguersi se non congiuntamente al credito ceduto e che direttamente consegue al ritardo nell’adempimento dell’obbligazione principale, senza che a tale inclusione sia d’ostacolo la previsione dell’ultimo comma dell’art. 1263, secondo la quale la cessione non comprende, salvo patto contrario, i frutti scaduti e, quindi, gli interessi scaduti, dai quali il suddetto credito risarcitorio differisce ontologicamente e funzionalmente, essendo meramente eventuale e condizionato alla perdita di valore della moneta durante il ritardo nel pagamento, mentre quelli, essendo certi nell’esistenza e nell’ammontare, costituiscono entità autonoma nel patrimonio del creditore cedente all’atto della cessione (Sez. 1,
Sentenza n. 9823 del 15/09/1999, Rv. 530082 -01 e successive conformi);
in forza di tali premesse, deve ritenersi che il giudice a quo , nel liquidare il danno patrimoniale da lucro cessante (mancato guadagno) asseritamente subito dal RAGIONE_SOCIALE per effetto del reato di sottrazione dei beni pignorati ascritto al COGNOME, sia incorso nell’errore di trascurare l’eventuale legittimazione della banca cessionaria del credito (originariamente spettante al RAGIONE_SOCIALE nei confronti del COGNOME) a contraddire in ordine all’effettiva sussistenza del diritto dello stesso fallimento a conseguire il danno patrimoniale da mancato guadagno, segnatamente al fine di dirimere la questione dell’effettiva risarcibilità (e dell’eventuale entità concreta) di tale danno patrimoniale in favore del fallimento (ossia se effettivamente subito, o meno, dal fallimento in conseguenza della deAVV_NOTAIOa cessione di credito);
da ciò consegue, in accoglimento della censura in esame, la corrispondente cassazione della sentenza impugnata, spettando al giudice del rinvio porsi la questione della risarcibilità, in favore del RAGIONE_SOCIALE, del danno patrimoniale così come riconosciuto dallo stesso giudice a quo in conseguenza della cessione di credito in precedenza operata;
sulla base di tali premesse, rilevata la fondatezza del secondo motivo (assorbiti restanti), dev’essere disposta la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con il conseguente rinvio alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, cui è altresì rimesso di provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità;
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo; dichiara assorbiti tutti i restanti motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla
Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, cui è altresì rimesso di provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione