SENTENZA CORTE DI APPELLO DI ROMA N. 4817 2025 – N. R.G. 00001226 2022 DEPOSITO MINUTA 13 08 2025 PUBBLICAZIONE 13 08 2025
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DI APPELLO DI ROMA
Terza Sezione Civile composta dai magistrati
NOME COGNOME Presidente
NOME COGNOME Consigliere rel.
NOME Roberto COGNOME Consigliere
riunita in camera di consiglio, pronuncia la seguente
S E N T E N Z A
nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 1226 del registro generale degli affari contenziosi dell’anno 2022, vertente
tra
Avv. COGNOME
e
, QUALE MANDATARIA
Avv.COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’appellante in epigrafe impugna la sentenza n. 1627 del 2022 con cui il Tribunale di Roma ha deciso quanto segue: ‘ Con atto di citazione in opposizione notificato in data 28.3.2019, proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 3102/2019 emesso dal Tribunale di Roma in data 2.2.2019, con cui gli veniva ingiunto il pagamento, in favore della Dobank s.p.a. (nella qualità di mandataria della UniCredit Leasing s.p.a.) della complessiva somma di € 22.247,59 oltre alle spese di procedura e chiedeva disporsene la revoca, con condanna della controparte al risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c.; si costituiva in giudizio la (già DoBank s.p.a)RAGIONE_SOCIALE, nella qualità di mandataria della UniCredit Leasing s.p.a., che, nel contestare le avverse domande, ne chiedeva l’integrale rigetto, formulando istanza di concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto. In corso di causa, disattesa l’istanza ex art. 648 c.p.c. di parte opposta e concessi i termini di cui all’art. 183 c.p.c. con il deposito delle relative
memorie, venivano precisate le conclusioni all’udienza del 17.9.2021 e la causa, trattenuta in decisione con concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c., a seguito dello scambio degli scritti conclusionali tra le parti, è stata decisa come da dispositivo per i motivi che seguono.
La domanda monitoria proposta dalla (già DoBank s.p.a.RAGIONE_SOCIALE, nella qualità di mandataria della UniCredit Leasing s.p.a., trae origine dalla vicenda risolutiva del contratto di locazione finanziaria n. ND965998 del 26.6.2007, avente ad oggetto una imbarcazione da diporto modello S36 SARIMA e, sul presupposto del mancato integrale pagamento di tutti i canoni dovuti, ha ad oggetto l’ingiunzione di pagamento dell’importo di € 22.247,59, corrispondente all’ammontare del canone insoluto n. 79 di € 18.400,49 oltre agli interessi moratori.
Preliminarmente alla disamina del merito della presente controversia, si rileva l’ammissibilità dell’eccezione di difetto di legittimazione passiva, sollevata da parte opponente soltanto in sede di prima memoria ex art. 183 c.p.c.: sebbene detta eccezione non sia stata formulata in atto introduttivo, la stessa risulta ammissibile sul piano processuale in quanto, secondo l’insegnamento della S.C. ‘…le contestazioni, da parte del convenuto, della titolarità del rapporto controverso dedotta dall’attore hanno natura di mere difese, proponibili in ogni fase del giudizio, senza che l’eventuale contumacia o tardiva costituzione assuma valore di non contestazione o alteri la ripartizione degli oneri probatori, ferme le eventuali preclusioni maturate per l’allegazione e la prova di fatti impeditivi, modificativi od estintivi della titolarità del diritto non rilevabili dagli atti…’ (cfr. Cass. Civ. Sez. 6-3, n. 30545 del 20.12.2017).
E tuttavia, l’eccezione in parola risulta palesemente infondata dal momento che la qualità di utilizzatore e contraente, sussistente in capo all’odierno opponente, determina la correlata legittimazione passiva del predetto in ordine alle richieste di pagamento inerenti al contratto in questione; ed infatti, nella fattispecie in esame, non risulta essersi verificata alcuna ipotesi di cessione del contratto in favore del terzo (sig.
), essendo stata ceduta al predetto, a titolo oneroso, non già la complessiva posizione contrattuale dell’originario utilizzatore bensì soltanto la facoltà di acquisto del bene oggetto di locazione finanziaria; si osserva ancora che la stessa documentazione versata in atti dall’opponente (nonché le sue stesse allegazioni difensive) confermano senza dubbio di smentita che al era stata ceduta ‘…a titolo oneroso la facoltà di acquisto disciplinata nel contratto…’ (cfr. documento n. 3 in allegato all’atto di citazione) e non già l’intera posizione contrattuale (il che
avrebbe richiesto il necessario consenso scritto della controparte, odierna opposta).
Nel merito, si osserva che le censure che parte opponente muove all’avversa pretesa di pagamento attengono, sostanzialmente, al rilievo della avvenuta estinzione di ogni obbligazione connessa al contratto di locazione finanziaria oggetto di giudizio per effetto del pagamento dell’importo di € 92.484,59 (come conteggiato dalla banca nell’estratto conto del 30.5.2014) e dell’ulteriore importo di € 1.437,95 a titolo di spese di riscatto e saldo estratto conto (come da ulteriore richiesta della banca a mezzo email del 18.6.2014).
In realtà, effettivamente, nell’estratto conto partite aperte del 21.4.2014 la banca ha richiesto al il pagamento di € 91.763,41 a titolo di ‘totale scaduto’ e, nell’estratto conto del 30.5.2014, il totale scaduto è stato ricalcolato nella somma di € 92.484,59 (importo corrisposto dal con bonifico del 11.6.2014); e tuttavia, dalla disamina della stessa documentazione versata in atti da parte opponente, appare chiaro che le suddette quantificazioni sono frutto di un mero errore contabile in forza del quale non è stato computato, nel totale dovuto, l’ammontare del canone n. 79, relativo alla mensilità di gennaio 2014.
Ed infatti, nell’estratto conto partite aperte del 21.4.2014, vengono indicati quali canoni ancora dovuti quelli relativi ai mesi di dicembre 2013, gennaio, febbraio, marzo, aprile e maggio 2014, ciascuno di importo pari ad € 18.400,49, la cui sommatoria matematica è pari (detratti gli importi specificamente indicati) alla somma complessiva di € 109.071,68 (come riportata in calce alla seconda pagina), sicché pare evidente che la successiva indicazione dell’importo di € 91.763,41 quale totale scaduto sia frutto di un mero errore contabile e materiale; ancora, nell’estratto conto del 18.12.2018 (versato in atti dalla banca in allegato al ricorso monitorio) risulta evidente il mancato pagamento del canone n. 79, relativo alla mensilità di gennaio 2014, per il complessivo importo di e 18.400,49, cui si aggiunge la somma di € 4.059,02 a titolo di interessi di mora.
E’ evidente che la richiesta formulata dalla banca per gli importi indicati negli estratti conto del 21 aprile e del 30 maggio 2014 abbia determinato la controparte al pagamento del solo importo in tal modo conteggiato e richiesto, ma è altrettanto evidente che l’errore materiale di conteggio risulta palese e facilmente riscontrabile sulla base di una semplice operazione matematica di sommatoria degli importi dei canoni ancora dovuti, sicché se da un lato il comportamento della banca risulta sicuramente inf iciato da superficialità e leggerezza, dall’altro lato l’errore
di conteggio non può arrecare un vantaggio indebito all’utilizzatore, il quale non può di certo profittare del mero errore di conteggio per sottrarsi all’obbligo di pagamento del residuo ancora insoluto.
E del resto, la sommatoria operata dalla banca nell’estratto conto del 30.5.2014 non possiede alcun valore confessorio e non ha comportato alcuna rinuncia (nemmeno implicita) al pagamento del maggior avere, dal momento che il conteggio risulta espressamente effettuato ‘…salvo errori, omissioni ed eventuali partite in corso di registrazione…’ e che le suddette quantificazioni sono il frutto di un mero errore materiale, che, in difetto di qualsivoglia manifestazione di segno contrario da parte della creditrice, lascia impregiudicato il diritto della banca al pagamento dell’intero residuo ancora dovuto.
Né parte opponente, fondando le proprie difese esclusivamente sulla circostanza della richiesta, da parte della banca, degli importi effettivamente bonificati, ha mai dedotto (né tantomeno dimostrato) di aver provveduto al pagamento del canone n. 79, oggetto della pretesa monitoria della controparte.
Dalle suesposte considerazioni discende il rigetto dell’opposizione, con integrale conferma del decreto ingiuntivo opposto.
La concorrente responsabilità degli odierni contendenti (l’errore di calcolo imputabile alla banca e la facile conoscibilità dell’errore di calcolo del quale l’opponente ha inteso giovarsi con il pagamento del minor importo richiesto) giustifica la integrale compensazione delle spese relative alla presente fase di giudizio tra le parti; non si ravvisano gli estremi per la condanna di parte opposta ai sensi dell’art. 96 c.p.c., in considerazione della fondatezza della domanda monitoria.
P. Q. M.
Il Giudice, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da atto di citazione notificato in data 28.3.2019nei confronti della in persona del legale rappresentante pro tempore e nella qualità di mandataria della RAGIONE_SOCIALEp.a., ogni altra istanza ed eccezione disattese, così provvede:
rigetta l’opposizione e per l’effetto conferma il decreto ingiuntivo opposto n.3102/2019 emesso dal Tribunale di Roma in data 2.2.2019 per il complessivo importo di € 22.247,59; —
compensa integralmente tra le parti le spese relative al giudizio di opposizione .—‘.
Le parti appellate hanno chiesto il rigetto dell’impugnazione.
La causa, previa precisazione delle conclusioni, è stata trattenuta in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello è fondato e, pertanto, merita d’essere accolto.
L’appellante censura la sentenza sotto diversi profili. In applicazione del principio della ragione più liquida, appare opportuno esaminare preliminarmente la critica al rigetto dell’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dal
Osserva la Corte che, a fronte della critica alla sentenza che ha affermato la legittimazione passiva previo accertamento della cessione al del solo diritto all’acquisto del bene oggetto della locazione finanziaria e non del contratto di leasing, la parte appellata sostiene che ‘ A dispetto di quanto strumentalmente afferma l’avversa difesa, nella dichiarazione di vendita si dava solo atto della precedente cessione a titolo oneroso della facoltà di acquisto del bene intervenuta fra l’utilizzatore Sig. ed il Sig. che, come sopra rilevato, non incideva sulla posizione debitoria del Sig. nei confronti della concedente .’
Ebbene, proprio dall’esame d ella dichiarazione di vendita (doc. n. 5 allegato all’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo), sottoscritta dalla Unicredit Leasing S.P.A., autenticata in data 19.06.2014 dal Notaio , si evince che la stessa Unicredit Leasing ha dichiarato testualmente che: ‘ il Sig. nato a (…….) ha acquisito a titolo oneroso dal precedente utilizzatore la posizione contrattuale disciplinata dal Contratto. ‘.
Orbene, appare evidente che la cessione – diversamente da quanto accertato dal Tribunale che tale dichiarazione non ha esaminato – abbia riguardato l’intero contratto e che il creditore ceduto, con siffatta dichiarazione, ha certamente acconsentito alla cessione stessa.
D’altro canto, quanto alla manifestazione del consenso successiva alla cessione, va rammentato che ‘ Ai sensi dell’art. 1406 cod. civ. la cessione del contratto, che realizza un negozio plurilaterale, si perfeziona con l’accordo di tutti gli interessati (cedente, cessionario e ceduto), essendo irrilevante che il ceduto, il quale abbia manifestato successivamente il consenso, non abbia preso visione del contenuto dell’atto intervenuto fra cedente e cessionario, a meno che non invochi un vizio di formazione del consenso medesimo che sia stato determinato da tale circostanza; infatti, la notifica del contratto intercorso fra il cedente e il cessionario è prevista dall’art. 1407 cod. civ. nel caso in cui il ceduto
abbia preventivamente manifestato il consenso alla cessione .’ (Cass. 6157 del 2007).
Pertanto, in assenza della dichiarazione del creditore ceduto di non voler liberare il cedente, è solo nei confronti del cessionario che può essere richiesto l’adempimento della prestazione, ex art. 1408 c.c.
Sicchè le espressioni usate nell’atto di opposizione dal sulle quali il Tribunale ha basato la sua decisione, altro non sono che una imprecisa descrizione dell’accaduto, coincidente con la convinzione dell’odierno appellante di aver trasferito al sostanzialmente la facoltà di acquisto, stante l’avvenuto pagamento dei canoni di locazione.
La cessione del contratto al terzo esclude, quindi, che il possa ritenersi legittimato dal punto di vista passivo e costituisce ragione dirimente di accoglimento dell’appello.
L’opposizione, pertanto, va accolta ed il decreto ingiuntivo revocato.
Per l’effetto, non v’è luogo all’esame della domanda relativa alla usurarietà degli interessi, essendo stata limitata all’importo oggetto di decreto ingiuntivo.
N’è v’è da pronunciarsi sulla domanda risarcitoria in quanto subordinata al rigetto dell’opposizione.
Le spese di lite seguono la soccombenza per entrambi i gradi.
P.Q.M.
La Corte, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, deduzione o eccezione disattesa, così provvede:
in accoglimento dell’appello e riforma della sentenza gravata;
accoglie l’opposizione di e, per l’effetto, revoca il decreto ingiuntivo n. 3102/2019 emesso dal Tribunale di Roma;
condanna alla rifusione delle spese di lite in favore di nella misura che liquida, quanto al primo grado, in euro 5.000,00 e, quanto al secondo grado, in euro 5.500,00, oltre C.U., spese generali ed oneri di legge.
Così deciso nella camera di consiglio del 22.7.2025.
Il Presidente
Il Consigliere estensore