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Cessione d’azienda: canna fumaria non a norma

La Corte di Cassazione ha confermato la risoluzione di un contratto di cessione d’azienda avente ad oggetto un’attività di ristorazione. La non conformità della canna fumaria è stata ritenuta un inadempimento grave, poiché incide su una qualità essenziale per l’esercizio dell’attività. La responsabilità del venditore sussiste anche se l’acquirente ha effettuato sopralluoghi, in virtù del dovere di buona fede. Le successive modifiche apportate dall’acquirente non eliminano la gravità dell’inadempimento originario.

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Cessione d’Azienda: il Vizio della Canna Fumaria Giustifica la Risoluzione del Contratto

Quando si acquista un’attività commerciale, specialmente nel settore della ristorazione, ogni dettaglio tecnico può rivelarsi fondamentale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale in materia di cessione d’azienda: la non conformità di un elemento essenziale, come la canna fumaria, costituisce un inadempimento talmente grave da giustificare la risoluzione del contratto. Vediamo insieme i dettagli di questo interessante caso.

I Fatti: L’Acquisto del Ristorante e la Scoperta del Difetto

Una società acquistava un’azienda commerciale adibita a ristorante, denominata “La Locanda”. Dopo la stipula dell’atto pubblico, la società acquirente scopriva che la canna fumaria, elemento indispensabile per la cottura dei cibi, non era a norma. In particolare, non rispettava le normative vigenti relative all’immissione dei fumi, mancando di un’uscita indipendente e prolungata sopra il tetto.

Di fronte a questa irregolarità, l’acquirente citava in giudizio la società venditrice, chiedendo la risoluzione del contratto per grave inadempimento e il risarcimento dei danni subiti. La venditrice, dal canto suo, si difendeva sostenendo che il vizio non fosse così grave da impedire l’attività, che di fatto era proseguita per un certo periodo.

Le Decisioni dei Giudici di Merito

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello hanno dato ragione all’acquirente, seppur con alcune differenze sulla quantificazione del danno. Entrambi i giudici hanno ritenuto che la non conformità della canna fumaria rappresentasse un inadempimento grave. La Corte d’Appello ha sottolineato che, anche se i tecnici dell’acquirente avevano effettuato dei sopralluoghi, ciò non escludeva la responsabilità del venditore, il quale, in virtù del dovere di buona fede, avrebbe dovuto informare l’acquirente del problema. L’irregolarità di un bene essenziale per l’attività di ristorazione è stata considerata una violazione fondamentale degli obblighi contrattuali.

I Motivi del Ricorso in Cassazione e la Cessione d’azienda

La società venditrice non si è arresa e ha presentato ricorso in Cassazione, basandosi su diversi motivi. Sostanzialmente, lamentava che i giudici non avessero considerato che l’azienda aveva comunque funzionato e che l’acquirente stesso aveva poi modificato l’impianto. Secondo la ricorrente, il difetto avrebbe al massimo giustificato una riduzione del prezzo, ma non la risoluzione del contratto. Inoltre, sosteneva che il vizio non fosse “occulto”, dato che l’acquirente, un imprenditore del settore, avrebbe potuto e dovuto accorgersene.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato tutti i motivi del ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello. I giudici hanno chiarito che, in un contratto di cessione d’azienda, l’oggetto del trasferimento è il complesso dei beni organizzati per un determinato scopo commerciale. Nel caso di un ristorante, la possibilità di cuocere cibi legalmente e senza impedimenti è una qualità essenziale.

L’esistenza di una canna fumaria non a norma, anche se non del tutto assente, costituisce un vizio che rende il bene inidoneo all’uso pattuito o ne diminuisce in modo apprezzabile il valore. Questo vizio impedisce o rende più oneroso e ritarda l’avvio dell’attività, poiché costringe l’acquirente a lavori di adeguamento per ottenere le necessarie autorizzazioni. La Corte ha specificato che la responsabilità del venditore non viene meno neanche se l’acquirente ha svolto lavori di manutenzione o ristrutturazione. L’inadempimento si valuta al momento della conclusione del contratto, e a quel tempo l’azienda consegnata non possedeva le qualità promesse ed essenziali.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale a tutela di chi acquista un’attività: il venditore è tenuto a garantire che l’azienda sia funzionale allo scopo per cui viene ceduta. Un difetto che incide su una qualità essenziale, come la conformità degli impianti in un ristorante, è sempre un inadempimento grave. Per gli acquirenti, ciò sottolinea l’importanza di una due diligence tecnica approfondita prima dell’acquisto, ma conferma anche che la legge li tutela qualora emergano vizi sostanziali taciuti dal venditore. Per i venditori, è un monito a garantire la piena conformità e trasparenza riguardo a tutti gli aspetti dell’azienda ceduta per evitare la risoluzione del contratto e la richiesta di ingenti danni.

Un difetto alla canna fumaria è un motivo sufficiente per risolvere il contratto di acquisto di un ristorante?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, l’esistenza di una canna fumaria non conforme alle normative di legge costituisce un inadempimento grave, poiché rappresenta un vizio su una qualità essenziale del bene venduto, indispensabile per l’esercizio dell’attività di ristorazione.

Se l’acquirente ispeziona i locali prima di comprare, perde il diritto di contestare un vizio come la canna fumaria irregolare?
No, non necessariamente. La Corte ha stabilito che i sopralluoghi generici non escludono la responsabilità del venditore, il quale ha sempre il dovere, secondo buona fede, di informare l’acquirente di problemi noti. La semplice visione dei locali non implica una verifica tecnica approfondita da parte dell’acquirente.

Il fatto che l’azienda avesse altre autorizzazioni amministrative sana l’irregolarità della canna fumaria?
No. La sentenza chiarisce che il possesso di altre autorizzazioni per la somministrazione di alimenti e bevande non ha rilevanza per dimostrare la regolarità specifica della canna fumaria, che è un requisito tecnico a sé stante e fondamentale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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