Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 24227 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 24227 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10320/2022 R.G. proposto da : COGNOME RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di TRIESTE n. 374/2021 depositata il 14/10/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/06/2025
dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La curatela del fallimento RAGIONE_SOCIALE ha convenuto in giudizio innanzi al Tribunale di Pordenone la Banca Popolare di Vicenza s.c.p.a. per sentir dichiarare l’inefficacia, ai sensi dell’art. 67 comma 2° L.F. delle rimesse bancarie pervenute sul conto corrente n. 756570004374 nel periodo intercorrente tra l’11.10.2012 ed il 10.4.2013, per il complessivo importo di € 323.351,24 oltre accessori.
Tale causa è stata interrotta con ordinanza del 24.10.2017 a seguito della sottoposizione dell’istituto bancario in oggetto alla liquidazione coatta amministrativa ed è stata riassunta da RAGIONE_SOCIALE socio unico, quale assuntore del concordato del fallimento RAGIONE_SOCIALE nei confronti del soggetto ritenuto successore a titolo particolare Intesa San Paolo s.p.a.
Il Tribunale di Pordenone, con sentenza del 2.3.2020, ha dichiarato improcedibile la domanda nei confronti di Banca Popolare di Vicenza s.c.p.a. in L.C.A. e, ritenuta l’inefficacia delle rimesse bancarie di cui è causa, ha condannato Intesa San Paolo s.p.a. al pagamento della somma di € 323.351,24, oltre accessori.
La Corte d’Appello di Trieste, con sentenza n. 374/2021, depositata il 14.10.2021, in parziale accoglimento dell’appello, ha accertato ‘la carenza di legittimazione sostanziale dell’odierna appellante Intesa San Paolo rispetto alle domande proposte in primo grado da RAGIONE_SOCIALE socio unico, ora RAGIONE_SOCIALE
Il giudice d’appello ha ritenuto che non vi fossero elementi che consentissero di interpretare il punto 3.1.2.b vii del contratto di cessione d’azienda del 26.6.2017 nel senso di includere nella
cessione a Intesa San Paolo delle posizioni sostanziali connesse ai contenziosi civili già pendenti.
In particolare, ha rilevato la Corte territoriale che il punto 3.1.2.b vii non è che una mera specificazione del punto 3.1.2.b, secondo cui le ‘passività incluse’ nel ‘perimetro dell’insieme aggregato’ oggetto di cessione sono costituite unicamente da quelle descritte nei capoversi precedenti al punto 3.1.2.b. vii, riferibili ai ‘singoli debiti, passività, obbligazioni e impegni di BPVi …che derivano da rapporti inerenti e funzionali all’esercizio dell’impresa bancaria’, ambito dal quale esorbita la materia oggetto della presente controversia, derivante da un rapporto non più operativo, trattandosi di rapporto chiuso e in sofferenza, stante l’intervenuto fallimento del correntista.
Infine, il giudice d’appello ha osservato che la successione nel rapporto controverso non potesse essere fatta discendere dall’art. 2560 c.c. in considerazione sia dell’efficacia generale conferita dal D.L. n. 99/2017 alle disposizioni del contratto di cessioni d’azienda, sia dal fatto che l’art. 105 comma 4° L.F., applicabile in modo indistinto alle cessioni d’azienda effettuate nell’ambito di procedure concorsuali, testualmente esenta i soggetti acquirenti dalla ‘responsabilità per i debiti relativi all’esercizio delle aziende cedute, sorti prima del trasferimento’.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE, incorporante RAGIONE_SOCIALE a seguito di fusione, nella qualità di assuntore del concordato fallimentare di RAGIONE_SOCIALE, affidandolo a due motivi.
Intesa San Paolo s.p.a. ha resistito in giudizio con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato le memorie ex art. 380 bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata dedotta la violazione degli artt. 1362, 1363, 1366 c.c., 3 D.L. n. 99/2017.
Ad avviso della ricorrente, tra le passività cedute dalla Banca Popolare di Vicenza in L.C.A. a Banca Intesa rientrano ‘i contenziosi civili ( e relativi effetti negativi, anche per oneri e spese legali) relativi a giudizi già pendenti alla Data di Esecuzione diversi da controversie con azionisti delle Banche in LCA e con obbligazionisti convertibili e/o subordinati. .’ (cfr. art. 3.1.2.lett. b) vii del contratto di cessione). Il rapporto giuridico di cui è causa non rientrava tra quelli espressamente esclusi, trattandosi di controversia già pendente alla data della cessione, non essendovi dubbio che rientrasse nella nozione di ‘Contenzioso Pregresso’ di cui all’art. 3.1.2.lett b) del contratto di cessione e non possa essere, invece, annoverato nel ‘Contenzioso Escluso’ di cui all’art. 3.1.4. lett b) iv dello stesso contratto.
La ricorrente sostiene che le clausole citate impongono di ricomprendere le azioni revocatorie pendenti nel Contenzioso Pregresso, non essendovi altra interpretazione rispettosa dei criteri ermeneutici fissati dagli artt. 1362,1363, 1366 c.c. e dell’art. 3 DL n. 99/2017.
Né, peraltro, il diritto fatto valere in questa sede poteva essere qualificato alla stregua di un credito in sofferenza, atteso che il diritto fatto valere con l’azione diretta ad ottenere l’inefficacia di uno o più pagamenti ricevuti dalla Banca non poteva definirsi come un credito della banca, quanto piuttosto un debito anche se ancora in via di accertamento.
Infine, la ricorrente deduce che la circostanza che il debito da restituzione tragga origine da un rapporto di conto corrente, seppur estinto, lo rende riconducibile ad un’attività funzionale all’attività bancaria.
2. Il motivo è infondato.
Va premesso che il D.L. n. 99 del 2017 ha devoluto all’autonomia privata l’individuazione delle attività e passività che i commissari liquidatori delle Banche Venete dovevano cedere a Intesa San
NOME, pur vietando che l’operazione di cessione includesse specifiche poste. ». Ne consegue che l’ambito della cessione, che pure è per taluni aspetti definito già in sede di decreto-legge, è per quanto rileva in questa sede fissato in via esclusiva dal contratto, che è il solo deputato a stabilire quale sia la sorte dei rapporti estinti alla data della collocazione delle due banche in liquidazione coatta amministrativa, prevedendo l’art. 3 comma 2 legge cit. che «il cessionario risponde solo dei debiti ricompresi nel perimetro della cessione» Va, inoltre, osservato che il decreto Legge citato, da un lato, ha delegato al contratto di determinare quanto rientrante nel perimetro della cessione e, dall’altro, ha reso tale contratto efficace nei confronti dei terzi attraverso la semplice pubblicazione dell’operazione sul sito della Banca d’Italia (art. 3, comma 2 del decreto-legge). Tale congegno ha dato vita, come evidenziato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 225/2022, a «regole specifiche innovative nel sistema legislativo vigente», rendendo manifesto che il decreto-legge ha inteso impiegare il contratto quale strumento di attuazione del programmato intervento normativo, rendendolo così implicitamente ma ineluttabilmente suscettibile di diretta interpretazione da parte della Corte di cassazione.
In conclusione, quello stipulato il 26 giugno 2017 dai commissari liquidatori delle Banche Venete ed Intesa Sanpaolo s.p.a. è sì un contratto, e non una fonte normativa, ma è nondimeno un contratto sui generis, che si intreccia con il dato normativo, il quale riflette a propria volta i pregressi accordi e pattuizioni e conferisce al contratto efficacia rispetto ai terzi, affidando ai contraenti di stabilire cosa rientri, o non, nel perimetro della cessione: il contratto intercorso tra i commissari liquidatori ed Intesa Sanpaolo s.p.a. costituisce così espressione dell’autonomia negoziale degli stipulanti, e dunque rientra nella nozione di contratto accolta dall’art. 1321 c.c., suscettibile di interpretazione secondo i criteri
dell’interpretazione contrattuale, ma incide altresì sulla regolamentazione di un’ampia pluralità di rapporti, tra l’altro numericamente elevata, quelli che in precedenza intrattenevano le Banche Venete, con conseguente esigenza – al pari, può dirsi a fini esplicativi, di quanto accade per i contratti collettivi cui si riferisce il numero 3 dell’art. 360, comma 1, c.p.c. – dell’adozione di modalità interpretative tali da garantire uniformità applicativa, necessaria affinché il congegno adottato non fallisca il suo compito di fondare la compiuta regolazione di detti rapporti.
Ricostruito brevemente il quadro normativo sottostante alla controversia di cui è causa, questo Collegio intende dare continuità all’orientamento espresso, recentemente, da plurime ordinanze di questa Corte (nn. 15083/25; 15086/25; 15088/25; 15670/25; 15671/25; 15673/25; 15675/25; 15678/25; 15680/25; 15684/25; 15686/25, 15689), che hanno enunciato il seguente principio di diritto (ribadito, recentemente, dalla sentenza n. 22563/2025):’ «In tema di controversie intraprese da o contro Veneto Banca s.p.a. o Banca Popolare di Vicenza s.p.a., poi sottoposte a liquidazione coatta amministrativa durante i rispettivi giudizi, non si verifica il subentro di Intesa Sanpaolo s.p.a. nella posizione sostanziale e processuale delle banche suddette nelle liti pendenti alla data (26 giugno 2017) del contratto di cessione stipulato dai commissari liquidatori di quelle banche con Intesa Sanpaolo s.p.a., giusta il d.l. n. 99 del 2017 (convertito dalla legge n. 121 del 2017), ed aventi ad oggetto rapporti bancari già estinti alla data predetta, atteso che tali rapporti rientrano tra quelli di cui al cd. ‘Contenzioso escluso’ previsto nel menzionato contratto’. Infatti , i rapporti bancari già estinti alla data del contratto di cessione tra i commissari liquidatori delle banche venete e Intesa San Paolo s.p.a. non sono compresi tra le ‘passività incluse’ a norma dell’art. 3.1.2.b del contratto di cessione, intendendo per tali solo ‘singoli debiti, passività, obbligazioni e impegni di BPVi …che derivano da
rapporti inerenti e funzionali all’esercizio dell’impresa bancaria’. In particolare, il riferimento a tali rapporti non può che essere interpretato nella prospettiva dell’istituto di credito cessionario, privilegiando, cioè, non già un concetto astratto di inerenza e funzionalità del rapporto all’attività bancaria, bensì, una funzionalità all’effettivo e concreto svolgimento dell’esercizio dell’impresa bancaria del cessionario medesimo. Diversamente, del resto, nemmeno si spiegherebbe il motivo per cui dalla cessione sono stati esclusi i rapporti in sofferenza, a norma dell’art. 3.1.4, lett. a), i.
La soluzione interpretativa in oggetto trova conferma nel dato testuale della disposizione che non utilizza l’espressione “attività bancaria’ e cioè quella speciale attività tipologicamente integrata dalla raccolta di risparmio tra il pubblico e dall’esercizio del credito (art. 10 t.u.b .), ma la diversa locuzione di ‘impresa bancaria’ che si identifica, sul piano oggettivo, con l’azienda (in quella parte dell’azienda) oggetto di cessione e che comprende tutti i rapporti che fanno capo all’impresa, indipendentemente dal fatto che siano riferibili alla tipica attività bancaria.
Le parti hanno, dunque, inteso far riferimento a quei rapporti che, oltre ad essere inclusi nei rapporti aziendali, per non essersi esauriti alla data della cessione, debbano per tale ragione reputarsi funzionali all’esercizio dell’impresa bancaria di Intesa Sanpaolo spa. Tale conclusione è avvalorata dal Secondo Accordo Ricognitivo stipulato tra le parti in data 17 gennaio 2018, il quale, al punto 4 dell’allegato 1.1., sancisce esplicitamente l’esclusione dalla cessione dei contenziosi relativi a rapporti estinti. E in questo senso tale Accordo -come specificamente evidenziato da questa Corte nella sopra citata sentenza n. 22563/2025 – più che valutabile ai sensi dell’art. 1362 c.c., integra esso stesso, e rafforza alla stregua di elemento testuale di ulteriore conferma, l’interpretazione già ricavabile dalla lettura dell’atto di cessione de quo, secondo la
quale la pendenza della lite non è criterio sufficiente, per reputare un rapporto incluso nel perimetro della cessione ad Intesa Sanpaolo s.p.a.
Con riferimento al caso di specie, non vi è dubbio che il debito da restituzione di cui è causa, derivante dall’esercizio vittorioso di un’azione revocatoria fallimentare, rientri tra i debiti relativi a rapporti estinti (se non altro per effetto dello scioglimento automatico del contratto di conto corrente a seguito del fallimento dell’intestataria del conto, a norma dell’art. 78 L.F.), passività che, come detto, non rientrano nel ‘perimetro della cessione’ per le argomentazioni sopra illustrate.
Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 2560 cod. civ.
Espone la ricorrente che l’art. 3 D.L. n. 99/2017 non esclude l’applicabilità al caso di specie dell’art. 2560 comma 2° c.c.
Il motivo è infondato.
Va osservato che questa Corte, nelle ordinanze sopra citate, ha richiamato integralmente la pronuncia della Corte costituzionale n. 250 del 2022, la quale ha affermato che le disposizioni dettate dal D.L. n. 99 del 2017 possono essere qualificate come normeprovvedimento che hanno disciplinato un numero limitato di fattispecie, sono state ispirate da particolari esigenze ed hanno introdotto ‘regole specifiche innovative nel sistema vigente’, devolvendo, da un lato, al contratto di cessione tra Commissari liquidatori delle due banche venete in LCA e Banca Intesa San Paolo la delimitazione dell’ambito della cessione, e, dall’altro, disegnando con efficacia verso i terzi i confini della cessione.
Orbene, tra le norme del DL n. 99/2017 che ha introdotto regole specifiche innovative nel sistema vigente rientra l’art. 3 comma 2° legge cit. secondo cui ‘il cessionario risponde solo dei debiti ricompresi nel perimetro della cessione a ai sensi del comma 1’. Si
tratta, con evidenzia, di una disciplina speciale che deroga alla disciplina generale di cui all’art. 2560 c.c.
In ragione della novità della questione, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Compensa tra le parti le spese di lite.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 24.6.2025