Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8258 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8258 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13359/2019 R.G. proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘ avvocato NOME (CF: CODICE_FISCALE), che lo rappresenta e difende unitamente all ‘ avvocato NOME (CF:CODICE_FISCALE)
-Ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘ avvocato NOME (CF: CODICE_FISCALE), che la rappresenta e difende unitamente all ‘ avvocato COGNOME NOME (CF: CODICE_FISCALE)
-Controricorrente –
nonché contro
COGNOME NOME COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall ‘ avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-Controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO di MILANO n. 4568/2018 depositata il 22/10/2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/01/2024 dal
Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO.
NOME COGNOME, nella sua qualità di titolare della ditta individuale RAGIONE_SOCIALE, chiese ed ottenne dal Tribunale di Como decreto ingiuntivo nei confronti di NOME COGNOME per l ‘ importo complessivo di euro 63.000,00. A fondamento del credito azionato RAGIONE_SOCIALE si dichiarò cessionaria del credito originariamente vantato da RAGIONE_SOCIALE (già Bet on The RAGIONE_SOCIALE) nei confronti del COGNOME. A riprova del proprio credito produsse l ‘ atto di cessione in forza del quale essa subentrò nelle posizioni attive della società RAGIONE_SOCIALE nei confronti del COGNOME, nonché la copia di due assegni emessi dal COGNOME in favore della cedente RAGIONE_SOCIALE.
Il COGNOME propose opposizione avverso il decreto ingiuntivo, deducendo che in realtà egli aveva emesso gli assegni in favore di RAGIONE_SOCIALE quale garanzia del debito della società da lui amministrata, RAGIONE_SOCIALE, relativo ad un obbligo di restituzione di un finanziamento effettuato in favore di tale società dalla RAGIONE_SOCIALE. Produsse al riguardo una scrittura con la quale la società si obbligava ad un piano di rientro e venivano contestualmente consegnati gli assegni a garanzia dell ‘ adempimento di tale piano di rientro. Espose quindi che, poiché il debito di RAGIONE_SOCIALE era stato pagato dalla società debitrice, l ‘ obbligazione di garanzia si era estinta, e dunque la cessione di credito aveva ad oggetto un credito inesistente. L ‘ opponente chiamò in giudizio RAGIONE_SOCIALE per ottenere la restituzione degli assegni emessi e alla stessa consegnati.
Con sentenza n. 1603/2016 il Tribunale di Como accolse l ‘ opposizione, ritenendo che fosse stata fornita la prova dell ‘ avvenuto pagamento da parte del debitore principale (RAGIONE_SOCIALE) del debito nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, e che pertanto l ‘ obbligazione di garanzia del COGNOME era da ritenersi venuta meno. Revocò quindi il decreto ingiuntivo e compensò le spese tra tutte le parti.
Avverso la predetta sentenza RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE interposero separatamente gravame dinanzi alla Corte d ‘ appello di Milano, deducendo che: (i) erroneamente il Tribunale aveva ravvisato una causa di garanzia nell ‘ emissione degli assegni, non esistendo prova dell ‘ accordo fideiussorio, sicchè l ‘ unico obbligato nei confronti di RAGIONE_SOCIALE era il COGNOME, impegnatosi al pagamento con la sottoscrizione degli assegni; (ii) il Tribunale aveva erroneamente ritenuto che fosse stata fornita la prova dell ‘ estinzione del debito da parte del preteso debitore principale, RAGIONE_SOCIALE, e per tale ragione aveva escluso la sussistenza dell ‘ obbligazione di garanzia. RAGIONE_SOCIALE censurò inoltre la compensazione delle spese disposta in sentenza, dato che la stessa era rimasta vittoriosa rispetto alla domanda di restituzione degli assegni, atteso che gli stessi erano stati regolarmente ceduti a RAGIONE_SOCIALE.
Il COGNOME si costituì contestando le ragioni dell ‘ appello, e deducendo che, quand ‘ anche si fosse ritenuta sussistente l ‘ obbligazione fideiussoria, la stessa sarebbe stata estinta ex art. 1957 c.c., e che comunque il debito garantito era stato estinto, come risultava dai numerosi pagamenti effettuati in favore di RAGIONE_SOCIALE (poi RAGIONE_SOCIALE) da alcune società, sempre riconducibili al COGNOME, in misura pari al debito originario.
Con sentenza n. 4568/2018, depositata in data 22/10/2010, oggetto di ricorso, la Corte d ‘ appello di Milano, in accoglimento del gravame, ha condannato NOME COGNOME al pagamento in favore di
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME COGNOME dell ‘ importo di euro 63.000,00, oltre interessi.
Avverso la predetta sentenza NOME COGNOME propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE resistono con separati controricorsi.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell ‘ art. 380bis 1 c.p.c.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia, in relazione all ‘ art. 360, 1° co., n. 3, c.p.c., ‘ Violazione degli arti. 1418, 1346, 1263 e 1421 c.c.’, lamentando che la Corte territoriale avrebbe dovuto rilevare d ‘ ufficio la nullità della cessione del credito oggetto di lite per inesistenza e/o impossibilità dell ‘ oggetto, in quanto nel testo della sentenza ha dato espressamente atto sia del fatto che oggetto della cessione era un credito che il cedente RAGIONE_SOCIALE asseriva di vantare nei confronti del ricorrente, sia del fatto che, invece, il credito era vantato dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti di altro diverso debitore principale (tale società RAGIONE_SOCIALE). Nel testo della sentenza -deduce il ricorrente – si dà espressamente atto che egli era obbligato solo in quanto fidejussore della RAGIONE_SOCIALE e si dà anche atto che il credito nei confronti del predetto debitore principale non è stato oggetto di cessione. A fondamento del proprio assunto, il ricorrente riporta i seguenti passaggi della sentenza gravata: (a) che ” RAGIONE_SOCIALE si era dichiarata cessionaria del credito originariamente vantato da RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE on The RAGIONE_SOCIALE) nei confronti del COGNOME ” (p. 5 righi 17/19 della sentenza); (b) che ” il COGNOME ha assunto in proprio una obbligazione di garanzia del debito della RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE ” (p. 6 righi 21 e 22 della sentenza). A detta del ricorrente, la Corte territoriale ha implicitamente anche accertato che non vi è stata una cessione del credito vantato dalla RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE (e, quindi, non poteva cedersi il credito nei confronti del garante essendo tale cessione solo derivabile dalla cessione del credito garantito).
1.1. Il motivo prospetta una nullità (l’essere stata ceduta una fideiussione senza contestuale cessione del credito verso il debitore principale) che, pur non essendo stata dedotta o rilevata nei gradi di merito, è deducibile anche in sede di legittimità (cfr. Cass., S.U. n. 26242/2014), a condizione che i relativi fatti costitutivi siano stati ritualmente e tempestivamente allegati dalle parti (cfr. Cass. n. 20713/2023; Cass. n. 28983/2023);
Non risulta che nei gradi di merito siano stati allegati elementi univoci per ritenere che il credito fatto valere dal COGNOME derivasse da una fideiussione anziché dall’impegno di pagamento assunto direttamente dal COGNOME e volto all’estinzione di un debito altrui (la società RAGIONE_SOCIALE, di cui era amministratore).
Per di più, la sentenza impugnata non prende chiara posizione sul punto, giacché, pur parlando di «impegno fideiussorio», individua in primis – un impegno assunto «in proprio» e direttamente dal COGNOME nei confronti della RAGIONE_SOCIALE che, benché avesse funzione di garantire il pagamento del debito della RAGIONE_SOCIALE, non poteva essere qualificato come fideiussione in senso proprio e che, quindi, poteva essere ceduto autonomamente.
Ne consegue che la Corte non è posta in condizione di apprezzare la ricorrenza della dedotta nullità, da ciò discendendo l’inammissibilità del primo motivo.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia in relazione all ‘ art. 360, 1° co., nn. 3 e 4, c.p.c., ‘ Violazione dell ‘ art. 115 e 132 n° 4 c.p.c. e nullità della sentenza per totale difetto di motivazione’, lamentando che la Corte territoriale non ha motivato la mancata ammissione delle prove testimoniali dedotte, con conseguente violazione delle norme epigrafate.
2.1. La sentenza gravata ha motivato che: « Deve rilevarsi in primo luogo che vi è la prova in atti che il COGNOME ha assunto in proprio un ‘ obbligazione di garanzia del debito della RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE (vedasi all. 2 e 3 fascicolo COGNOME), derivante dall ‘ obbligo di restituzione in seguito a finanziamento di cui la RAGIONE_SOCIALE ha beneficiato. Tale obbligazione di garanzia si è concretata nell ‘ emissione di due assegni non trasferibili intestati a RAGIONE_SOCIALE e sottoscritti dal COGNOME personalmente. Le due scritture portano infatti la dizione: “a fronte del vostro anticipo … vi consegniamo n. 1 assegno bancario a titolo di garanzia”. Per accordo tra le parti, il COGNOME si è dunque impegnato, con la promessa di pagamento emessa in favore di RAGIONE_SOCIALE attraverso l ‘ emissione degli assegni e la contestuale lettera di impegno al pagamento degli importi indicati nelle missive sopra richiamate, ad adempiere al debito di COGNOME qualora la stessa non avesse rispettato il piano di rientro pattuito. Il fatto che siano stati emessi due assegni “a garanzia” dell ‘ impegno assunto dal COGNOME, non inficia la validità dell ‘ impegno fideiussorio da questi assunto nei confronti del creditore NOME on The RAGIONE_SOCIALE, per il debito di RAGIONE_SOCIALE In altri termini, l ‘ impegno fideiussorio risulta dalle scritture private prodotte sub doc. 2 e 3 dal COGNOME, che accompagnano la materiale consegna degli assegni, e non dagli assegni in quanto tali. Sotto questo profilo deve rigettarsi la prospettazione dell ‘ appellante, secondo cui deve essere dichiarato nullo il patto di garanzia, in quanto lo stesso risulta non tanto dall ‘ emissione degli assegni, quanto dalla promessa di pagamento ad essi collegata, come risultante dagli allegati 2 e 3 sopra citati. Ciò premesso, quello che in ogni caso non risulta provato in atti, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di prime cure, è il fatto che l ‘ obbligazione a cui accede la garanzia sia stata estinta, e cioè che RAGIONE_SOCIALE abbia restituito il complessivo importo di E 63.000,00 ricevuto da RAGIONE_SOCIALE in data 19 maggio 2011 (ali.
3) e 4 agosto 2011 (ali. 2) » (così da p. 6, puntultimo §, a p. 7 1° §, della sentenza).
2.2. La sentenza gravata ha congruamente motivato le ragioni che l ‘ hanno indotta a ritenere non acquisita la prova del pagamento, sulla base delle prove documentali acquisite, ritenendo superflue le prove testimoniali dedotte dal ricorrente.
2.3. Neppure astrattamente è ipotizzabile la dedotta violazione dell’art. 115 c.p.c. Esula, difatti, dal perimetro del vizio denunciato la censura con la quale si addebiti al giudice di merito di avere errato nella complessiva valutazione delle risultanze processuali, sottoponendo al vaglio del giudice di legittimità non altro che una propria, diversa ricostruzione dei fatti di causa, in contrasto con quella adottata dal giudice di merito.
2.4. Il motivo in esame prospetta in realtà una rivalutazione del merito della vicenda, comportante accertamenti di fatto invero preclusi a questa Corte di legittimità, nonché una rivalutazione delle emergenze probatorie, laddove solamente al giudice di merito spetta individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, non potendo in sede di legittimità riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, atteso il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. v. Cass., sez. un, 27/12/2019, n. 34476; Cass., sez. III, 11/10/2018, n. 25149; Cass., Sez. Un., sent. 26/2/2021, n. 5442, in motivazione; Cass., Sez. II, 8/3/2022, n. 7523, in motivazione; Cass., Sez. 6-3, 1/7/2021, n. 18695, in motivazione; Cass., 6/7/2015, n. 13827; Cass., 18/3/2015, n. 5424; Cass., 12/11/2014, n. 24135).
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso va dichiarato, nel complesso, inammissibile.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo in favore dei controricorrenti, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore di ciascuno dei controricorrenti, NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE, in complessivi euro 3.800,00 per compensi, oltre ad euro 200,00 per esborsi e oltre al rimborso delle spese generali nella misura del 15% e agli accessori di legge.
Ai sensi dell ‘ art. 13, 1° comma, quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall ‘ art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Roma, 8/1/2024.