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Cessione crediti PA: serve l’ok del Comune?

Una banca ha agito contro un Comune per il pagamento di un credito per forniture energetiche, acquisito tramite una doppia cessione. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della banca, confermando che la cessione crediti pubblica amministrazione è inefficace se non vi è l’accettazione espressa dell’ente debitore. La Corte ha chiarito che la norma speciale del 1923 prevale sulla disciplina generale e su quella degli appalti pubblici, in caso di contratti di fornitura.

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Cessione Crediti Pubblica Amministrazione: Quando è Necessaria l’Accettazione dell’Ente?

La cessione crediti pubblica amministrazione è un’operazione finanziaria comune per le imprese che lavorano con il settore pubblico, ma nasconde delle insidie normative specifiche. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: per i crediti derivanti da contratti di fornitura, la cessione non è efficace senza l’espressa accettazione da parte dell’ente pubblico debitore. Analizziamo questa importante decisione per capire le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso: La Cessione di un Credito per Forniture Energetiche

La vicenda legale ha origine da un credito vantato da una società di fornitura energetica nei confronti di un Comune. Questo credito è stato oggetto di una duplice cessione: prima a una società di factoring e, successivamente, a un istituto bancario.

Quando la banca ha richiesto al Comune il pagamento del credito, l’ente locale si è rifiutato di adempiere. Di conseguenza, la banca ha avviato un’azione legale per ottenere la condanna del Comune al pagamento. Tuttavia, sia il Tribunale di primo grado sia la Corte d’Appello hanno respinto le richieste della banca, sostenendo che essa non avesse la ‘legittimazione attiva’ per agire, ovvero il diritto di pretendere quel pagamento.

La Decisione della Corte: La Regola Speciale Prevale

La questione è giunta fino alla Corte di Cassazione. L’istituto di credito sosteneva che le norme più recenti, in particolare quelle relative ai contratti pubblici, avrebbero dovuto prevalere sulla vecchia legislazione, rendendo la cessione efficace anche senza il consenso esplicito del Comune.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando le decisioni dei giudici di merito. La decisione si fonda su un punto cruciale: la persistente validità di una norma speciale, l’articolo 70 del Regio Decreto n. 2240 del 1923, che disciplina in modo specifico la contabilità di Stato e si applica a tutte le pubbliche amministrazioni, inclusi gli enti locali.

Le Motivazioni: Analisi della Normativa sulla Cessione Crediti Pubblica Amministrazione

La Corte di Cassazione ha fornito una spiegazione dettagliata delle ragioni giuridiche alla base della sua decisione. Innanzitutto, ha ribadito che l’articolo 70 del R.D. 2240/1923 costituisce una deroga alla disciplina generale del Codice Civile sulla cessione del credito. Mentre nel diritto privato la cessione è generalmente efficace con la semplice notifica al debitore, quando il debitore è una Pubblica Amministrazione è richiesta la sua adesione formale.

In secondo luogo, i giudici hanno chiarito che le normative più favorevoli alla cessione, introdotte nel Codice dei Contratti Pubblici (come il D.Lgs. 50/2016 e il precedente D.Lgs. 163/2006), non si applicano a tutti i crediti verso la P.A. Queste norme, infatti, sono specificamente rivolte ai crediti derivanti da contratti di appalto di lavori, servizi e concessioni, ma non a quelli scaturiti da semplici contratti di fornitura, come nel caso in esame. Pertanto, per questi ultimi, continua a valere la regola più restrittiva del 1923.

La ragione di questa disciplina speciale risiede nella tutela dell’interesse pubblico. La Corte ha sottolineato che l’obbligo di accettazione consente all’amministrazione di esercitare un controllo sulla solidità finanziaria del proprio fornitore. Permettere una cessione incontrollata potrebbe essere un indicatore di difficoltà economiche del creditore originario, con potenziali rischi per la continuità e la qualità della prestazione dovuta all’ente pubblico.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per le Imprese

L’ordinanza della Cassazione rappresenta un monito importante per le banche, le società di factoring e tutte le imprese che acquistano crediti vantati verso la Pubblica Amministrazione. La decisione cristallizza il seguente principio: se il credito deriva da un contratto di fornitura (e non da un appalto di lavori o servizi), la sua cessione non sarà opponibile all’ente pubblico debitore se quest’ultimo non ha fornito la propria accettazione esplicita.

Le imprese che operano in questo settore devono quindi esercitare la massima cautela. Prima di acquistare un credito verso un ente pubblico, è indispensabile verificare non solo l’esistenza e l’ammontare del credito, ma anche la natura del contratto da cui esso scaturisce e, soprattutto, accertarsi di ottenere l’atto formale di adesione da parte dell’amministrazione debitrice. In assenza di questo documento, il rischio di trovarsi con un credito inesigibile è molto concreto.

È sempre possibile cedere un credito vantato verso una Pubblica Amministrazione?
No. La cessione di un credito verso una P.A. derivante da un contratto di fornitura non è efficace se non viene accettata espressamente dall’ente pubblico debitore, come previsto dall’art. 70 del R.D. n. 2240 del 1923.

La normativa più recente sugli appalti pubblici ha cambiato le regole per la cessione dei crediti verso i Comuni?
No, non per tutti i tipi di contratto. La normativa sugli appalti pubblici (come il D.Lgs. 50/2016) disciplina la cessione dei crediti derivanti da contratti di appalto, ma non si applica ai crediti che nascono da contratti di fornitura, per i quali resta valida la disciplina speciale più restrittiva che richiede l’accettazione dell’ente.

Perché la legge richiede l’accettazione dell’ente pubblico per la cessione di un credito?
La legge richiede l’accettazione per tutelare l’interesse pubblico. Questo requisito permette all’amministrazione di mantenere un controllo sulla salute economica del proprio fornitore. L’esigenza di cedere il credito potrebbe essere un segnale di difficoltà finanziarie, e l’ente ha interesse a saperlo per garantire la continuità e la qualità del servizio o della fornitura.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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