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Cessione crediti in blocco: prova e onere probatorio

Una società di cartolarizzazione agiva in revocatoria contro un debitore per annullare delle vendite immobiliari. Il debitore contestava la titolarità del credito in capo alla società. La Corte di Cassazione ha stabilito che, in caso di contestazione, la sola pubblicazione in Gazzetta Ufficiale di una cessione crediti in blocco non è prova sufficiente della titolarità del singolo credito, se la descrizione dei crediti ceduti è troppo generica. La sentenza di merito è stata annullata con rinvio per un nuovo esame.

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Cessione Crediti in Blocco: La Prova Non È Scontata

La cessione crediti in blocco è uno strumento finanziario sempre più diffuso, ma quali sono gli oneri probatori a carico della società che acquista i crediti? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che la semplice pubblicazione dell’avviso di cessione in Gazzetta Ufficiale può non essere sufficiente a dimostrare la titolarità di un singolo credito, specialmente quando il debitore solleva una contestazione specifica. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dall’azione di una società di cartolarizzazione che aveva citato in giudizio un debitore e i suoi familiari. L’obiettivo era ottenere la dichiarazione di inefficacia, tramite azione revocatoria, di due contratti di compravendita immobiliare. Secondo la società creditrice, tali vendite erano state effettuate al solo scopo di sottrarre i beni alla garanzia del credito, originariamente vantato da una banca e poi ceduto alla società stessa.

Il Tribunale prima, e la Corte d’Appello poi, avevano dato ragione alla società, ritenendo provati i presupposti per l’azione revocatoria. Tuttavia, il debitore ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando un punto cruciale: la società attrice aveva veramente provato di essere la legittima titolare del credito?

La Cessione Crediti in Blocco e l’Onere della Prova

Il motivo principale del ricorso si concentrava sulla prova della legittimazione attiva della società. L’unica prova fornita era stata la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’avviso di una cessione crediti in blocco. Il ricorrente sosteneva che tale avviso fosse eccessivamente generico per identificare con certezza il suo specifico debito.

L’avviso, infatti, faceva riferimento a tutti i crediti relativi ad ‘attività finanziarie deteriorate’ maturati in un arco temporale lunghissimo, ben 41 anni. Secondo la difesa, una descrizione così vaga non poteva soddisfare l’onere probatorio a carico di chi si afferma creditore.

Il Principio della Notifica vs. Prova del Contenuto

La questione giuridica è sottile ma fondamentale. La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ai sensi dell’art. 58 del Testo Unico Bancario, sostituisce la notifica individuale della cessione al singolo debitore. Dimostra, quindi, che la cessione è stata resa nota ed è efficace nei confronti dei debitori. Tuttavia, una cosa è notificare l’avvenuta cessione, un’altra è provare che uno specifico credito contestato rientri effettivamente nel perimetro dei crediti ceduti.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del debitore, fornendo chiarimenti decisivi sull’onere della prova nelle operazioni di cessione crediti in blocco. I giudici hanno affermato che, sebbene la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale sia una modalità equipollente alla notifica, essa non prova di per sé l’inclusione di un credito specifico nell’operazione.

Quando il debitore contesta tale inclusione, il giudice di merito deve compiere un accertamento rigoroso. La prova può essere fornita anche tramite presunzioni, ma queste devono basarsi su indizi gravi, precisi e concordanti. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che la descrizione dei crediti ceduti fosse troppo generica per fondare una valida presunzione. L’indicazione di ‘tutti i finanziamenti dichiarati deteriorati’ in un arco temporale di 41 anni è stata considerata una ‘espressione atecnica’ e insufficiente a individuare una tipologia giuridica di crediti chiara e definita.

In altre parole, la mera affermazione che un credito è ‘deteriorato’ e rientra in un periodo di quasi mezzo secolo non è abbastanza per concludere, senza altre prove, che quel credito sia stato effettivamente ceduto. L’accertamento della Corte d’Appello è stato quindi giudicato incompleto e non corretto.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte d’Appello di Trento per un nuovo esame. Quest’ultima dovrà attenersi al principio secondo cui, in caso di contestazione, la prova dell’inclusione di un credito in una cessione in blocco richiede un’indicazione delle caratteristiche dei crediti ceduti sufficientemente dettagliata e precisa da permetterne l’identificazione. Una descrizione generica non è idonea a fondare una prova presuntiva. Questa decisione rafforza le tutele per i debitori, richiedendo ai cessionari di crediti una maggiore precisione e trasparenza nel dimostrare la propria legittimazione ad agire.

La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale di una cessione crediti in blocco è sufficiente a provare la titolarità di un singolo credito?
No. Secondo l’ordinanza, la pubblicazione serve a notificare la cessione ai debitori, ma non costituisce di per sé prova che un singolo credito contestato sia stato effettivamente incluso nel trasferimento, specialmente se la descrizione dei crediti ceduti è generica.

Cosa deve fare una società cessionaria se il debitore contesta l’inclusione del suo debito nella cessione in blocco?
La società cessionaria ha l’onere di provare che quello specifico credito rientra tra quelli oggetto della cessione. Non può basarsi solo su una pubblicazione generica, ma deve fornire elementi (anche presuntivi, purché basati su indizi gravi, precisi e concordanti) che dimostrino l’inclusione del credito nell’operazione.

Perché la Corte ha ritenuto ‘generica’ la descrizione dei crediti ceduti in questo caso?
La descrizione è stata giudicata generica perché si riferiva a tutti i ‘finanziamenti dichiarati deteriorati’ (un’espressione considerata atecnica) in un arco temporale estremamente lungo di 41 anni. Questa vaghezza non consentiva di individuare una categoria di crediti con caratteristiche sufficientemente precise da includere con certezza quello oggetto di causa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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