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Cessione crediti in blocco: l’onere della prova

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha stabilito i principi sull’onere della prova nella cessione crediti in blocco. Nel caso esaminato, alcuni garanti si erano opposti a un decreto ingiuntivo. La Corte ha chiarito che la sola pubblicazione dell’avviso di cessione in Gazzetta Ufficiale non è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo alla società cessionaria, se il debitore contesta tale titolarità. Spetta al cessionario fornire la prova documentale che lo specifico credito è stato incluso nell’operazione di cessione. Di conseguenza, la sentenza d’appello è stata annullata con rinvio.

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Cessione crediti in blocco: la Cassazione ribadisce l’onere della prova del cessionario

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema di grande attualità nel diritto bancario: la cessione crediti in blocco. Il principio affermato è cruciale: la società che acquista i crediti (cessionaria) ha l’onere di dimostrare, con prove documentali, di essere l’effettiva titolare del singolo credito per cui agisce, specialmente quando il debitore contesta tale titolarità. La sola pubblicazione dell’avviso sulla Gazzetta Ufficiale non è sufficiente. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un decreto ingiuntivo ottenuto da una società di gestione crediti, mandataria di una società veicolo, contro tre persone fisiche in qualità di fideiussori di una società fallita. I garanti si opposero al decreto e il Tribunale di primo grado, accogliendo le loro ragioni, revocò l’ingiunzione.

Successivamente, una diversa società di gestione crediti, affermatasi come nuova cessionaria dei crediti, propose appello contro la decisione del Tribunale. La Corte d’Appello, in parziale riforma, condannò i garanti al pagamento di una cospicua somma.

I garanti, non soddisfatti, hanno quindi proposto ricorso per Cassazione, lamentando, tra i vari motivi, la carenza di legittimazione della società appellante. Essi sostenevano che quest’ultima non avesse adeguatamente provato di essere subentrata nella titolarità del credito specifico oggetto della causa.

L’Onere della prova nella cessione crediti in blocco

Il nodo centrale della questione riguarda l’articolo 58 del Testo Unico Bancario (TUB), che disciplina la cessione crediti in blocco. Questa normativa speciale permette alle banche di cedere interi portafogli di crediti, semplificando le formalità di notifica ai singoli debitori. Invece della notifica individuale prevista dal codice civile, è sufficiente la pubblicazione di un avviso sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.

Tuttavia, la Corte di Cassazione ha precisato che questa semplificazione non elimina l’onere della prova in capo al cessionario. Se il debitore ceduto contesta la titolarità del credito, la società acquirente deve dimostrare che proprio quel credito era incluso nel ‘blocco’ ceduto. La pubblicazione in Gazzetta, che indica i crediti ceduti solo per categorie, può non essere sufficiente a vincere la contestazione del debitore.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il primo motivo di ricorso dei garanti, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno ribadito un principio ormai consolidato: la parte che agisce in giudizio affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un’operazione di cessione crediti in blocco, ha l’onere di fornire la prova documentale della propria legittimazione sostanziale.

Questo significa che deve dimostrare l’inclusione del credito specifico nell’operazione di cessione. La prova può essere fornita, ad esempio, attraverso il contratto di cessione o altri documenti pertinenti. La sola pubblicazione dell’avviso in Gazzetta Ufficiale, sebbene necessaria per l’opponibilità della cessione ai debitori, ha un valore indiziario e non costituisce prova piena della titolarità del singolo rapporto, soprattutto di fronte a una specifica contestazione.

Nel caso di specie, la Corte d’Appello si era limitata ad affermare che gli avvisi pubblicati contenevano elementi sufficienti per individuare il perimetro dei crediti ceduti, senza però verificare se fosse stata fornita una prova adeguata e specifica della sussistenza del contratto e dell’inclusione del credito contestato nel portafoglio ceduto. Questo errore ha portato alla cassazione della sentenza.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La decisione della Corte di Cassazione è di fondamentale importanza. Essa impone alle società di gestione e recupero crediti un rigore documentale imprescindibile. Non basta affermare di aver acquistato un credito in blocco; è necessario essere pronti a dimostrarlo in modo inequivocabile in sede giudiziaria, qualora il debitore sollevi una contestazione.

Per i debitori e i garanti, questa pronuncia rappresenta un’importante tutela. Essi hanno il diritto di esigere che chi agisce nei loro confronti provi senza ombra di dubbio la propria legittimazione. Contestare la titolarità del credito diventa così uno strumento di difesa efficace per verificare la correttezza della pretesa creditoria.

In conclusione, la Corte ha annullato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte d’Appello, in diversa composizione, che dovrà riesaminare il caso attenendosi al principio di diritto enunciato: chi si afferma creditore deve provarlo, e nella cessione crediti in blocco, la Gazzetta Ufficiale da sola non basta.

Nella cessione crediti in blocco, è sufficiente la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale per provare la titolarità del credito?
No, secondo la Corte, se il debitore contesta specificamente la titolarità, la sola pubblicazione dell’avviso in Gazzetta Ufficiale non è sufficiente. Il cessionario ha l’onere di fornire la prova documentale che lo specifico credito rientra nell’operazione di cessione.

Chi ha l’onere di dimostrare che un credito è stato incluso in una cessione in blocco?
L’onere della prova spetta alla società che si afferma cessionaria del credito. Essa deve fornire la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, dimostrando che il credito specifico è stato oggetto dell’operazione di cessione.

Cosa succede se la società cessionaria non prova la propria titolarità del credito in appello?
Se la società cessionaria, che non era parte originaria del processo, non dimostra adeguatamente di aver acquisito la titolarità del diritto, non è legittimata a impugnare la sentenza di primo grado. Di conseguenza, la sentenza d’appello basata sulla sua impugnazione viene annullata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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