Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 17133 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 17133 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9448/2023 R.G. proposto da: COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; -ricorrenti-
contro
RAGIONE_SOCIALE AMMINISTRATIVA, in persona dei Commissari Liquidatori, NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del procuratore, NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrente-
e nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 238/2023, depositata il 02/02/2023 e notificata il 22/02/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex art. 702bis cod.proc.civ., Veneto Banca S.p.a. in l.c.a. (d’ora in poi, per brevità, Veneto Banca) e Intesa Sanpaolo S.p.a., quale mandataria con rappresentanza di RAGIONE_SOCIALE esponendo di essere creditrici nei confronti di NOME COGNOME, chiedevano, in via principale, di dichiarare la simulazione assoluta (non avendo le parti inteso concludere alcun contratto) ovvero la simulazione relativa (dissimulante un negozio in frode alla legge) e, in via subordinata, di dichiarare l’inefficacia, ex art. 2901 cod.civ., dell’atto con cui i coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME avevano
conferito in un fondo patrimoniale alcuni beni immobili di loro proprietà siti in Jesolo (VE) e Montebelluna (TV) e alcuni beni immobili di proprietà del solo Trinca, siti in Jesolo (VE) e Cortina d’Ampezzo (BL).
Con comparsa di intervento volontario ex art. 105, 1° comma, cod.proc.civ., si costituiva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE, oggi RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE assumendosi succeduta, a titolo particolare, in taluni rapporti giuridici attivi e passivi già di titolarità della cedente Veneto Banca, tra cui alcuni di quelli per la cui cautela erano state proposte le domande di simulazione e di revoca, formulando conclusioni identiche a quelle già rassegnate da Veneto Banca.
Con la sentenza n. 359/2021, il Tribunale di Treviso, disposto il mutamento del rito, rigettava la domanda di accertamento della simulazione dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale e dichiarava inefficace ex art. 2901 cod. civ., nei confronti di Veneto Banca S.p.A. in liquidazione coatta amministrativa e limitatamente al credito di euro 90.816,79 (quale importo risultante dal saldo del conto corrente n. 22916 al 31.12.2015, comprensivo di interessi al tasso contrattuale annuo del 4 %), l’atto di costituzione del fondo patrimoniale e in parziale accoglimento della domanda di parte intervenuta, dichiarava inefficace, ex art. 2901 cod. civ., nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, e limitatamente al credito di euro 14.083,27 (quale importo risultante dal saldo del conto corrente n. 246702 al 31.12.2015, comprensivo di interessi al tasso contrattuale annuo al 4 %), l’atto di costituzione del fondo patrimoniale, rigettava le ulteriori domande revocatorie formulate da parte attrice e intervenuta.
Con la sentenza n. 238/2023, depositata in data 2 febbraio 2023, notificata in data 22 febbraio 2023, la Corte d’Appello di Venezia, all’esito del giudizio di appello promosso dai coniugi COGNOME
COGNOME ha rigettato l’impugnazione e confermato la sentenza impugnata.
Segnatamente, per quanto ancora di interesse, in sentenza si legge che: a) l’interesse del debitore ceduto si concreta nel compiere un efficace pagamento liberatorio, con la conseguenza che egli è esclusivamente abilitato ad indagare sull’esistenza e sulla validità estrinseca e formale della cessione, in particolare quando questa gli sia stata notificata dal solo cessionario (v. Cass. 09/07/2018, n. 18016); b) la cessionaria aveva prodotto in giudizio il contratto di cessione; c) la cedente aveva confermato di avere ceduto i crediti a tutela dei quali era stato attivato il rimedio revocatorio; d) la dichiarazione della banca cedente era di per sé idonea a dare la prova del negozio di cessione, in quanto permetteva al debitore ceduto di individuare con certezza il soggetto in favore del quale effettuare il pagamento liberatorio; e) per la sussistenza dell’ eventus damni andava accertata l’esposizione debitoria all’epoca della costituzione del fondo patrimoniale; f)l’esposizione debitoria ammontava a circa euro 1.700.000,00, che ad essa doveva essere aggiunta la aspettativa di credito risarcitorio per mala gestio -non contestata dagli appellanti – che il patrimonio residuo del disponente era costituito dalla proprietà dell’immobile sito in Cortina d’Ampezzo, il cui valore era stato stimato dal C.T.U. in euro 1.200.000,00, da azioni per un controvalore complessivo pari ad euro 1.666.250,30, dai compensi in qualità di presidente del c.d.a. della banca e della sua controllata RAGIONE_SOCIALE e da euro 160.000,00 quale saldo attivo sul c/c n. 246702, che la capienza del patrimonio residuo non appariva tale da garantire il pieno soddisfacimento delle ragioni dei creditori, e ciò anche senza considerare che il valore delle azioni detenute dall’appellante si era radicalmente deprezzato negli anni successivi, trattandosi di vicenda intervenuta dopo il compimento dell’atto dispositivo.
I coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono per la cassazione di detta sentenza, formulando due motivi.
Veneto Banca e AMCO resistono con separati controricorsi.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
Entrambe le parti, in vista dell’odierna camera di consiglio, depositano memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si denunziano la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 cod.civ. in relazione agli artt. 115 cod.proc.civ., 2730, 2731, 2733 cod.civ. e 58 t.u.b., ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3 cod.proc.civ.
La tesi dei ricorrenti è che la parte che afferma di essere successore a titolo particolare del credito originario, in virtù di un’operazione di cessione in blocco, ha anche l’onere di dimostrare l’inclusione del credito medesimo in detta operazione, in tal modo fornendo la prova esclusivamente documentale della propria legittimazione sostanziale, salvo che la controparte non l’abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta, non bastando, come ha sostenuto invece la corte territoriale, la dichiarazione della banca cedente di avere trasferito il credito per cui è causa.
Sarebbe stata dunque integrata la violazione dell’art. 115 cod.proc.civ., là dove prevede che il giudice debba porre a fondamento della decisione <>, perché la mancata contestazione cui la corte territoriale ha fatto riferimento è quella della Veneto Banca che nel giudizio riveste la medesima posizione processuale di quella che affermava il fatto, cioè RAGIONE_SOCIALE
Né la circostanza che Veneto Banca, nella memoria ex art. 183, 6° comma, n. 2 cod.proc.civ., avesse sostenuto che «i crediti relativi ai contratti di conto corrente nn. 233956 e 46702 di
proprietà del dott. COGNOME sono stati ceduti a RAGIONE_SOCIALE prima dell’instaurazione del presente giudizio», trattandosi di dichiarazione contenuta in un atto non sottoscritto dalla parte personalmente, ma soltanto dal procuratore, e non contenendo la dichiarazione della verità di fatti ad essa sfavorevoli e favorevoli all’altra parte (nel caso di specie: il debitore ceduto), non avrebbe potuto assumere l’efficacia probatoria della confessione, ai sensi degli artt. 2730, 2731 e 2733 cod.civ.
I ricorrenti si dolgono, in aggiunta, che la corte d’appello non abbia esaminato la censura relativa alla genericità delle previsioni contenute nel contratto di cessione.
Il motivo è inammissibile.
Innanzitutto, è necessario fare alcune precisazioni, distinguendo la prova dell’avvenuta cessione in blocco quale vicenda traslativa del diritto di credito, la prova che detta cessione riguarda la posizione creditoria controversa, la efficacia della cessione verso i debitori ceduti agli effetti di cui all’art. 1264 cod.civ.
Questa Corte ha avuto occasione di precisare che:
a) che «In linea generale, ai fini della prova della cessione di un credito, benché non sia di regola necessaria la prova scritta, di certo non può ritenersi idonea, di per sé, la mera notificazione della stessa operata al debitore ceduto dal preteso cessionario ai sensi dell’art. 1264 cod.civ., quanto meno nel caso in cui sul punto il debitore ceduto stesso abbia sollevato una espressa e specifica contestazione, trattandosi, in sostanza, di una mera dichiarazione della parte interessata (…) anche se la cessione sia avvenuta nell’ambito di un’operazione di cessione di crediti individuabili in blocco da parte di istituti bancari a tanto autorizzati e la notizia della cessione sia eventualmente stata data dalla banca cessionaria mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, ai sensi dell’art. 58 T.U.B.»;
b) che «la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale esonera, sì, la cessionaria dal notificare la cessione al titolare del debito ceduto ma non prova l’esistenza di quest’ultima» (così espressamente Cass. n. 22151/2019; cfr. già in precedenza Cass. n. 5997/2006 secondo cui «la parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un’operazione di cessione in blocco secondo la speciale disciplina di cui all’art. 58 del D.Lgs. n. 385 del 1993, ha anche l’onere di dimostrare l’inclusione del credito medesimo in detta operazione, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, salvo che il resistente non l’abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta (Cass. n. 24798/2020, Cass. n. 4116/2016)».
«la prova della cessione di un credito non è, di regola, soggetta a particolari vincoli di forma; dunque, la sua esistenza è dimostrabile con qualunque mezzo di prova, anche indiziario, e il relativo accertamento è soggetto alla libera valutazione del giudice del merito, non sindacabile in sede di legittimità»;
«va, comunque, sempre distinta la questione della prova dell’esistenza della cessione (e, più in generale, della fattispecie traslativa della titolarità del credito) dalla questione della prova dell’inclusione di un determinato credito nel novero di quelli oggetto di una operazione di cessione di crediti individuabili in blocco ai sensi dell’art. 58 T.U.B. (…), si può certamente confermare, in primo luogo, che, in caso di cessione di crediti individuabili blocco ai sensi dell’art. 58 T.U.B., quando non sia contestata l’esistenza del contratto di cessione in sé, ma solo l’inclusione dello specifico credito controverso nell’ambito di quelli rientranti nell’operazione conclusa dagli istituti bancari, l’indicazione delle caratteristiche dei crediti ceduti, contenuta nell’avviso della cessione pubblicato dalla società cessionaria nella Gazzetta Ufficiale, può ben costituire
adeguata prova dell’avvenuta cessione dello specifico credito oggetto di contestazione, laddove tali indicazioni siano sufficientemente precise e consentano, quindi, di ricondurlo con certezza tra quelli compresi nell’operazione di trasferimento in blocco, in base alle sue caratteristiche concrete. In tal caso, infatti, in mancanza di contestazioni specificamente dirette a negare l’esistenza del contratto di cessione, quest’ultimo non deve essere affatto dimostrato (in quanto i fatti non contestati devono considerarsi al di fuori del cd. thema probandum ) il fatto da provare è costituito soltanto dall’esatta individuazione dell’oggetto della cessione» (Cass. 03/02/2025, n.2511).
Ora, nella specie, la corte d’appello ha ritenuto provata la cessione attraverso il contratto di cessione prodotto in giudizio.
Detta statuizione non è stata confutata dai ricorrenti, anzi è stata dagli stessi del tutto ignorata.
Perciò, la loro insistenza nel richiedere la prova documentale dell’avvenuta cessione è incomprensibile.
Ammesso che la loro intenzione sia quella di contestare la mancata prova della inclusione del credito per cui è causa tra quelli oggetto del contratto di cessione, è evidente che non hanno fornito a questa Corte gli elementi per ritenere formulata tempestivamente e ritualmente detta contestazione.
Del resto, quando si dolgono che la corte d’appello abbia attribuito rilievo probatorio alla dichiarazione della Veneto Banca di aver ceduto il credito lo fanno formulando censure prive di rilievo, perché la corte d’appello non ha affatto applicato il principio di non contestazione e tantomeno ha attribuito rilievo confessorio alla suddetta dichiarazione.
La corte d’appello ha valorizzato detta dichiarazione quale elemento indiziario dell’avvenuta cessione del credito per cui è causa, insuscettibile di sindacato in sede di legittimità per le ragioni già spiegate.
Nella medesima direzione va poi ancora considerato che la censura formulata con il motivo qui scrutinato non è suffragata da un idoneo interesse ad agire, giacché, fermo che a mente dell’art. 111 cod. proc. civ., in caso di successione a titolo particolare nel processo, questo prosegue tra le parti originarie se l’alienante con l’accordo di tutte le parti non ne sia estromesso, quand’anche fosse dichiarato, come si richiede, il difetto di legittimazione del cessionario intervenuto ciò non renderebbe comunque errata l’impugnata pronuncia atteso che, anche a seguito dell’intervento del successore a titolo particolare, la banca cedente non è stata estromessa dal giudizio e la sentenza è stata perciò pronunciata tra gli iniziali contradditori. E, dunque, nessuna utilità concreta ritrarrebbero i ricorrenti da una pronuncia sul punto pur a loro favore (v., in tal senso, già Cass. 19/03/2025, n. 7388).
2) Con il secondo motivo la ricorrente prospetta la violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, cod.proc.civ. e 111, 6° comma, Cost., ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 4 cod.proc.civ., per avere il giudice a quo ritenuto sussistente l’elemento oggettivo dell’azione revocatoria, nonostante alla data di costituzione del fondo il conto corrente n. 22916 presentasse un saldo negativo di importo nettamente inferiore rispetto all’attualità (ovvero euro 54.595,77), ampiamente compensato dal saldo positivo del conto corrente n. 246702, ammontante alla data del 31 dicembre 2013 ad euro 167.830,29, e sebbene il COGNOME all’epoca fosse titolare di azioni per un controvalore complessivo pari ad euro 1.666.250,30 e potesse contare su entrate costanti quali i compensi percepiti in qualità di presidente del c.d.a. con una motivazione, l’ «esistenza di un credito risarcitorio nei confronti del COGNOME a titolo di responsabilità per mala gestio» (cfr. sentenza impugnata, pag. 9), che, non avendo chiarito chi era titolare di quel credito né soprattutto qual era l’importo, è solo apparente, perché non rende percepibile quale sia il fondamento della decisione e non consente alcun effettivo
contro
llo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice, imponendo all’interprete il compito di integrarla con le più varie e ipotetiche congetture.
Il motivo è infondato.
La ragione per cui la corte d’appello ha ritenuto dimostrato l’ eventus damni è stata ampiamente illustrata e non presta il fianco a censure di sorta né sotto il profilo motivazionale né sotto il profilo giuridico.
Ribadito che anche il credito litigioso e quindi incerto nell’ an e nel quantum può essere tutelato con l’azione revocatoria il che priva di pregio la doglianza dei ricorrenti in ordine alla mancata quantificazione del credito risarcitorio -la corte d’appello ha chiarito che il requisito oggettivo dell’ actio pauliana è da ritenere integrato quando vi è prova che il patrimonio del disponente per effetto dell’atto revocando abbia subito una modificazione quantitativa o qualitativa che rende potenzialmente più difficile la realizzazione delle ragioni creditorie e non vi sia prova che il patrimonio residuo sia idoneo a tal fine. Con un accertamento di fatto insindacabile in questa sede, la corte d’appello ha ritenuto dimostrato che l’esposizione debitoria del disponente (comprensiva dei crediti liquidi ed esigibili e dei crediti litigiosi) era tanto ampia che il patrimonio residuo del disponente non era sufficiente a garantire i creditori, nient’affatto messo in discussione dalla tesi secondo cui solo con l’atto di cessione il creditore sia venuto a conoscenza della titolarità della partecipazione societaria da parte della debitrice. L’ eventus damni riguarda, infatti, l’atto di disposizione in quanto tale e solo con riferimento ad esso ed alle sue caratteristiche può accertarsi se esso metta a repentaglio dal punto di vista quantitativo e/qualitativo il soddisfacimento del credito. Nessun rimprovero può essere mosso al giudice a quo che ha correttamente applicato un orientamento più che consolidato che trova supporto nella logica oltre che nel senso comune, in
considerazione del fatto che l’azione revocatoria ha la funzione non solo di ricostituire la garanzia generica assicurata al creditore dal patrimonio del suo debitore, ma anche di assicurare uno stato di maggiore fruttuosità e di speditezza dell’azione esecutiva.
All’infondatezza consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e sono liquidate in favore di ciascuna delle controricorrenti società Veneto Banca S.p.A. in liquidazione e RAGIONE_SOCIALE.p.A., nella misura rispettivamente indicata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al solidale pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 6.200,00, di cui euro 6.000,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge, in favore della controricorrente società Veneto Banca S.p.A. in liquidazione; in complessivi euro 2.200,00, di cui euro 2.000,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge, in favore della controricorrente società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, come modif. dalla l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti all’ufficio del merito competente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 9 maggio 2025 dalla