Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4085 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4085 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 34191 R.G. anno 2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO;
ricorrente principale
contro
RAGIONE_SOCIALE, quale procuratrice di RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, domiciliata presso l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME ;
contro
ricorrente e ricorrente incidentale
avverso la sentenza n. 3106/2019 depositata il 25 luglio 2019 della Corte di appello di Venezia.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 dicembre 2023 dal consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE ha ceduto a Banca Monte di Paschi di RAGIONE_SOCIALE un proprio credito, portato da fattura del 28 settembre 2010 e vantato nei confronti di RAGIONE_SOCIALE. La cessione è stata notificata alla debitrice l’8 ottobre 2010 .
In seguito, la banca ha proposto una domanda di ingiunzione nei confronti di NOME per l’importo di euro 700.000,00 (oltre interessi), oggetto del credito ad essa ceduto.
NOME ha spiegato opposizione, cui ha resistito Banca Monte dei Paschi di RAGIONE_SOCIALE.
Il Tribunale di Padova ha accolto l’opposizione e revocato il decreto ingiuntivo.
La Corte di appello di Venezia ha giudicato fondato il gravame della banca osservando, in sintesi, quanto segue: in base alla giurisprudenza più recente di questa Corte, risultava essere possibile la cessione dei crediti futuri, rispetto ai quali la venuta ad esistenza del credito integra un requisito di efficacia della cessione, non della sua validità, sempre che del credito sia determinata la fonte; nella fattispecie oggetto di esame tra la cedente RAGIONE_SOCIALE e la ceduta RAGIONE_SOCIALE I era intercorso un contratto per la fornitura di moduli fotovoltaici e il corrispettivo cui era tenuta la seconda società, oggetto di cessione da parte della prima, risultava definito in base a una precisa disposizione negoziale; la cessione, ancorché riferita a un credito eventuale (relativo al pagamento dei moduli, la cui consegna si attuò dopo la cessione stessa) era valida e munita di immediata efficacia traslativa; non meritava dunque condivisione la tesi dell’appellata, secondo cui il trasferimento del credito si sarebbe verificato solo nel momento in cui questo fosse venuto ad esistenza; posta la validità ed efficacia della cessione, il pagamento operato da NOME alla cedente dopo la notifica della cessione non era opponibile alla cessionaria, onde la pretesa azionata dalla banca doveva considerarsi fondata.
Il Giudice distrettuale ha dunque confermato il decreto ingiuntivo
opposto e compensato le spese del giudizio di merito.
Avverso la sentenza della Corte lagunare ricorre per cassazione, con tre motivi, RAGIONE_SOCIALE. Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE, sulla qualità di procuratrice di RAGIONE_SOCIALE, la quale ha a sua volta acquistato, nelle more, il credito per cui è causa. La controricorrente ha svolto una impugnazione incidentale su di un motivo. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Il primo motivo del ricorso principale oppone la nullità della sentenza per la mancata dichiarazione di inammissibilità del gravame ex art. 342 c.p.c.. Si deduce che l’atto di appello doveva ritenersi inammissibile in quanto la controparte, oltre a non indicare specificatamente le parti della sentenza di primo grado che aveva inteso impugnare, nulla aveva precisato «in relazione alle modifiche che avrebbero dovuto riguardare la sentenza impugnata».
Il motivo è inammissibile.
Esso è totalmente privo di autosufficienza.
Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione – che ha la propria ragion d’essere nella necessità di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte – trova applicazione anche in relazione ai motivi di appello rispetto ai quali siano contestati errori da parte del giudice di merito; ne discende che, ove il ricorrente denunci la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., conseguente alla mancata declaratoria di nullità dell’atto di appello per genericità dei motivi, deve riportare nel ricorso, nel loro impianto specifico, i predetti motivi formulati dalla controparte; l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un error in procedendo , presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare (a pena, appunto, di inammissibilità) il
contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, proprio per assicurare il rispetto del principio di autosufficienza di esso (Cass. 23 dicembre 2020, n. 29495). La deduzione della questione dell’inammissibilità dell’appello, presupponendo pur sempre l’ammissibilità del motivo di censura, ne impone dunque (anche alla luce delle indicazioni della sentenza CEDU del 28 ottobre 2021, causa COGNOME ed altri contro Italia), una modulazione secondo criteri di sinteticità e chiarezza, « realizzati dalla trascrizione essenziale degli atti e dei documenti per la parte d’interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l’attività del giudice di legittimità e garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un organo giudiziario in misura tale da non inciderne la stessa sostanza » (così Cass. 4 febbraio 2022, n. 3612).
Col secondo mezzo RAGIONE_SOCIALE denuncia «la nullità della sentenza in relazione all’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 345, comma 2, c.p.c.». La censura consiste in ciò: nonostante nella comparsa di risposta di appello l’odierna ricorrente avesse eccepito l’ illegittima proposizione da parte della banca di nuove eccezioni, la Corte di merito non aveva preso posizione sul punto.
Il motivo è inammissibile, per plurime ragioni.
Anzitutto, l’omesso esame di fatti rilevanti ai fini dell’applicazione delle norme regolatrici del processo non è riconducibile al vizio ex art. 360, n. 5, c.p.c. quanto, piuttosto, a quello ex art. 360, n. 4, c.p.c. (ovvero a quelli di cui ai precedenti numeri 1 e 2, ove si tratti, in quest’ultimo caso, di fatti concernenti l’applicazione delle disposizioni in tema di giurisdizione o competenza) (Cass. 8 marzo 2017, n. 5785). In secondo luogo, il divieto di eccezioni in appello riguarda le sole eccezioni
in senso stretto (art. 345, comma, 2, c.p.c.) e poiché la deduzione con il ricorso per cassazione di errores in procedendo implica che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizz anti il «fatto processuale» (Cass. Sez. U. 25 luglio 2019, n. 20181), parte ricorrente avrebbe dovuto riprodurre, per quanto necessario alla comprensione del motivo, le eccezioni di tale natura che erano state sollevate da controparte nel corso del giudizio di gravame: ma la società istante non ha assolto a detto onere. Da ultimo, la ricorrente non ha nemmeno chiarito quali di tali eccezioni sarebbero state prese in esame dalla Corte di merito: non conferendo, sotto tale specifico profilo, specificità alla propria censura, essa ha impedito a questa Corte di apprezzarne la decisività (essendo del tutto evidente che la proposizione di eccezioni inammissibili di cui il giudice si sia disinteressato non giustifica la cassazione della sentenza).
3 . -Il terzo motivo del ricorso principale censura la sentenza impugnata per una nullità della stessa in relazione alla falsa o erronea applicazione del principio dell’ overruling . Si rileva che al momento della pendenza del giudizio di primo grado l’orientamento della giurisprudenza di legittimità era opposto a quello sancito dalla pronuncia della Corte di legittimità richiamata nella sentenza impugnata. Si delineava, pertanto, la necessità di tutelare l’affidamento della parte che avesse conformato la propria attività processuale a un consolidato orientamento giurisprudenziale, onde avrebbe dovuto conferirsi rilievo alla precedente giurisprudenza secondo cui quando la cessione abbia ad oggetto crediti futuri l’effetto traslativo si produce solo con l’effettiva venuta ad esistenza dei crediti in questione.
Il mutamento di indirizzo della giurisprudenza di legittimità cui allude la ricorrente è ascritto a Cass. 10 dicembre 2018, n. 31896, secondo cui la cessione dei crediti futuri, ivi compresi quelli aventi causa risarcitoria, non ha natura meramente obbligatoria e vi si può procedere -quando nel negozio dispositivo sia individuata la fonte, oppure la
stessa sia determinata o determinabile -senza che rilevi la probabilità della venuta in essere del credito ceduto, non esistendo una norma che vieta la disponibilità dei diritti futuri perché meramente eventuali, con la conseguenza che la venuta ad esistenza del credito futuro integra un requisito di efficacia della cessione, ma non della sua validità.
Come è chiaro, il principio enunciato nella richiamata pronuncia ha natura sostanziale, non processuale.
E’ sufficiente allora rilevare che il prospective overruling garantisce alla parte il diritto di azione e di difesa, neutralizzando i mutamenti imprevedibili della giurisprudenza di legittimità su norme regolatrici del processo, imponendo di ritenere produttivo di effetti l’atto di parte posto in essere con modalità e forme ossequiose dell’orientamento dominante al momento del compimento dell’atto stesso, ma poi ripudiato (Cass. Sez. U. 12 febbraio 2019, n. 4135; Cass. 14 gennaio 2021, n. 552). Non è invocabile, quindi, per il caso di mutamenti giurisprudenziali che riguardino norme sostanziali, perché in detta ipotesi non è precluso alla parte il diritto di azione ed al giudice il potere di dirimere la controversia (Cass. 14 gennaio 2021, n. 552 cit.).
L’ist ituto è stato sempre definito in tali termini: già nel 2011 le Sezioni Unite ebbero a parlare di overruling avendo riguardo al « mutamento della propria precedente interpretazione della norma processuale da parte del giudice della nomofilachia il quale porti a ritenere esistente, in danno di una parte del giudizio, una decadenza od una preclusione prima escluse » (Cass. Sez. U. 11 luglio 2011, n. 15144).
In tal senso, la censura portata contro la mancata applicazione del detto rimedio al dedotto mutamento di un orientamento di legittimità formatosi con riguardo a norme di natura sostanziale è da ritenere inammissibile ex art. 360 bis , n. 1, c.p.c..
– Nel complesso il ricorso principale è dunque inammissibile.
5 . -Col ricorso incidentale si lamenta la nullità della sentenza in
relazione all’errata compensazione delle spese di lite. Chi impugna contesta l’assunto, contenuto nella sentenza impugnata, per cui sarebbe occorso un mutamento di giurisprudenza su un punto dirimente della causa: evenienza, questa, che avrebbe giustificato, secondo la Corte di appello, la pronuncia di compensazione delle spese.
Il ricorso incidentale, notificato il 18 dicembre 2019 è tardivo, in quanto la sentenza di appello è stata notificata l’11 settembre 2019 alla ricorrente principale, come da questa dedotto e non contestato.
In conseguenza dell’inammissibilità del ricorso principale, quello incidentale, che è intempestivo, va dichiarato inefficace ex art. 334, comma 2, c.p.c..
6 . -Le spese del giudizio di legittimità vanno riversate sulla ricorrente principale.
P.Q.M.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso principale e inefficace quello incidentale; condanna la ricorrente principale al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione