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Cessione contratto di locazione: non è automatica

La Corte di Cassazione ha stabilito che la cessione contratto di locazione non è una conseguenza automatica della vendita di un ramo d’azienda. Nel caso esaminato, una società acquirente lamentava l’esclusione del contratto di locazione dalla cessione, ma i giudici hanno confermato che tale trasferimento deve essere espressamente pattuito. La Corte ha ritenuto irrilevante la questione di un’alterazione del contratto, dato che il subentro nella locazione non poteva essere presunto e l’acquirente era consapevole della precedente risoluzione del rapporto locativo.

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Cessione d’Azienda: il Contratto di Locazione non si Trasferisce Automaticamente

Quando si acquista un’azienda, si pensa spesso che tutti i contratti ad essa collegati, come quello di locazione dei locali, passino automaticamente al nuovo proprietario. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: la cessione contratto di locazione non è un effetto automatico della vendita e richiede una pattuizione esplicita. Questa decisione offre importanti spunti di riflessione per chiunque si appresti a compiere un’operazione di questo tipo.

I Fatti di Causa: una Cessione d’Azienda Contesa

Il caso riguarda una società che aveva acquistato un ramo d’azienda da un’altra cooperativa. L’acquirente sosteneva che le copie autentiche dell’atto di cessione, ricevute dal notaio, fossero state alterate con l’aggiunta di una clausola che escludeva dal trasferimento il contratto di locazione dei locali commerciali. Di conseguenza, la società acquirente ha citato in giudizio la venditrice, i proprietari dei locali e il notaio, chiedendo di accertare il proprio subentro nel contratto di locazione.

I giudici di primo e secondo grado hanno respinto le domande dell’acquirente. È emerso, infatti, che il contratto di locazione tra la società venditrice e i proprietari era già stato risolto consensualmente mesi prima della cessione d’azienda. Inoltre, la Corte d’Appello ha stabilito che il rappresentante legale della società acquirente era pienamente consapevole di questa situazione, avendo già avviato trattative dirette con i proprietari per un nuovo contratto di locazione.

La Decisione e la Regola sulla Cessione Contratto di Locazione

La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni dei gradi precedenti, rigettando il ricorso dell’acquirente. Il punto cruciale della decisione è l’interpretazione dell’art. 36 della legge 392/1978. Secondo i giudici supremi, la sublocazione o la cessione del contratto di locazione insieme all’azienda non è un effetto automatico, ma una facoltà che deve essere espressamente prevista nel contratto di cessione. In assenza di una specifica pattuizione, il contratto di locazione non si trasferisce.

Questa interpretazione rende di fatto irrilevante la controversia sulla presunta alterazione dell’atto notarile. Anche se la clausola di esclusione non fosse esistita, il risultato non sarebbe cambiato: senza un accordo esplicito per il subentro, il contratto di locazione sarebbe rimasto in capo al cedente.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha rigettato i motivi di ricorso basandosi su argomentazioni solide. In primo luogo, ha qualificato i tentativi dell’acquirente di contestare la valutazione delle prove (come il verbale di rilascio dell’immobile) e l’interpretazione del contratto come un inammissibile tentativo di ottenere un nuovo giudizio sui fatti, precluso in sede di legittimità. La ricostruzione della volontà delle parti operata dalla Corte d’Appello è stata ritenuta logica e plausibile, soprattutto alla luce della provata consapevolezza dell’acquirente circa la già avvenuta risoluzione del contratto di locazione.

In secondo luogo, la Corte ha affermato che tale consapevolezza rende ontologicamente incompatibile la sussistenza di un vizio del consenso per dolo o errore. L’acquirente non poteva essere stato ingannato su una circostanza di cui era già a conoscenza.

Infine, è stato rigettato anche il motivo relativo alla condanna al pagamento delle spese legali in favore dei proprietari dei locali. Sebbene l’appellante non avesse formulato domande dirette contro di loro in appello, il ricorso mirava a ribaltare una sentenza di primo grado a loro favorevole. La loro partecipazione al giudizio è stata quindi ritenuta una necessaria attività difensiva, giustificando la condanna alle spese a carico della parte soccombente.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio di fondamentale importanza pratica: nella compravendita di un’azienda, nulla può essere dato per scontato. La cessione contratto di locazione dei locali in cui si svolge l’attività non è automatica. È indispensabile che le parti manifestino chiaramente la loro volontà all’interno del contratto di cessione, inserendo una clausola specifica che regoli il subentro del cessionario. Gli acquirenti devono svolgere un’accurata due diligence per verificare lo stato di tutti i rapporti contrattuali, inclusa la locazione, per evitare di trovarsi in situazioni complesse e di dover affrontare contenziosi lunghi e costosi.

Nella cessione d’azienda, il subentro nel contratto di locazione dei locali è automatico?
No, secondo la Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 36 della L. 392/1978, il subentro nel contratto di locazione non è un effetto automatico della cessione d’azienda, ma deve essere espressamente pattuito tra le parti.

La provata consapevolezza dell’acquirente che il contratto di locazione è già risolto può escludere un vizio del consenso come il dolo?
Sì, la sentenza afferma che la provata consapevolezza, da parte dell’acquirente, della già intervenuta risoluzione del contratto di locazione è ontologicamente incompatibile con un vizio del consenso per dolo o errore.

Se una parte viene chiamata in appello ma l’appellante non formula domande dirette contro di essa, ha comunque diritto al rimborso delle spese legali in caso di vittoria?
Sì, la Corte ha stabilito che la partecipazione al giudizio di appello di una parte, la cui posizione favorevole ottenuta in primo grado è messa in discussione dall’impugnazione, costituisce una necessaria attività difensiva che le dà diritto al rimborso delle spese processuali in caso di rigetto dell’appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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