Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27999 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2   Num. 27999  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19922/2020 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, difesa dagli avvocati COGNOME e COGNOME NOME
-ricorrente-
 contro
PAC RAGIONE_SOCIALE A RAGIONE_SOCIALE, difesa agli avvocati COGNOME NOME e COGNOME NOME
-controricorrente-
DI COGNOME NOME, difeso dagli avvocati NOME e NOME
-controricorrente-
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, difesi dall’AVV_NOTAIO COGNOME
-controricorrente-
COGNOME NOME
-intimato-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 5334/2019 depositata il 06/11/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/09/2025 dal consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE acquistò il 19/10/2006 dalla società RAGIONE_SOCIALE un ramo d’azienda esercitato in locali di proprietà COGNOME NOME, NOME e NOME, precedentemente locati alla stessa RAGIONE_SOCIALE. L’atto è stato autenticato dal AVV_NOTAIO. La società acquirente RAGIONE_SOCIALE sosteneva che le copie autentiche dell’atto ricevute dal AVV_NOTAIO non fossero conformi all’originale, il quale sarebbe stato alterato con l’aggiunta posticcia di una clausola che escludeva dalla cessione il contratto di locazione dei locali.
La  società  RAGIONE_SOCIALE  conveniva  quindi  in  giudizio  dinanzi  al Tribunale di Napoli la società venditrice RAGIONE_SOCIALE, i proprietari dei locali e il AVV_NOTAIO. Chiedeva, in via principale, di accertare la  genuinità  della  versione  del  contratto  in  suo  possesso  e,  di conseguenza,  di  dichiarare  il  proprio  subentro  nel  contratto  di locazione.  In  via  subordinata,  formulava  domande  di  risoluzione, annullamento e di responsabilità del AVV_NOTAIO.
Il  giudizio  di  primo grado si è concluso con il rigetto di tutte le domande. Il Tribunale ha accertato che al momento della cessione del ramo d’azienda (ottobre 2006) il contratto di locazione tra PAC RAGIONE_SOCIALE  e  i  COGNOME  era  già  risolto  consensualmente  dal  giugno precedente, come documentato dal verbale di rilascio munito di data certa.
Il primo giudice ha ritenuto che il rappresentante legale dell’attrice era  consapevole  dell’assenza  del  contratto  di  locazione,  avendo visionato i locali nel settembre 2006, quando non vi si esercitava più alcuna attività commerciale.
In conclusione e in sintesi, il Tribunale ha rigettato le domande graduali  fondate  su  dolo,  errore,  risoluzione  per  inadempimento,
presupposizione, vendita ‘ aliud pro alio ‘ e responsabilità del AVV_NOTAIO, rilevando l’insanabile contrasto tra le deposizioni testimoniali delle parti e dando  prevalenza  alla  circostanza  oggettiva  della  già intervenuta risoluzione consensuale del rapporto locativo.
La Corte di appello, nel confermare integralmente la decisione di primo grado, ha precisato che nella cessione d’azienda il subentro nel contratto di locazione è solo una facoltà che deve emergere da specifica pattuizione contrattuale e non può essere presunta.
Ha  affermato  che  la  successione  nel  contratto  di  locazione dell’immobile non è automatica ma  eventuale e richiede la conclusione di un apposito negozio volto alla sublocazione o cessione del contratto.
Ha  ritenuto  pleonastica  l’espressa  esclusione  dalla  cessione  del contratto  di  locazione  ex  art.  36  l.  392/78,  considerato  che  in assenza  di  espressa  pattuizione  in  tal  senso  la  cessione  non  si verifica comunque.
Ha inoltre rilevato che l’appellante era consapevole della risoluzione del rapporto locativo, avendo il suo rappresentante legale intrattenuto  trattative  dirette  con  i  COGNOME  per  un  nuovo contratto di locazione già nel settembre 2006.
Per  quanto  riguarda  la  responsabilità  del  AVV_NOTAIO,  la  Corte  ha dichiarato inammissibile la censura per assoluta novità rispetto ai profili  denunciati  in  primo  grado,  precisando  che  il  contratto  di locazione non è presupposto indispensabile per la cessione dell’azienda né sussiste onere per l’ufficiale rogante di accertarne la sussistenza.
Ricorre in cassazione l ‘ acquirente, con cinque motivi, illustrati da memoria.  Resistono  la  venditrice  con  controricorso  e  memoria;  i proprietari dei locali con controricorso e memoria; il AVV_NOTAIO con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
– Il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 158 c.p.c. e di norme costituzionali (artt. 102 e 106 Cost.), per vizio di costituzione del giudice, in quanto il collegio della Corte di appello era composto anche da un giudice ausiliario, figura che si assume introduca una magistratura parallela in violazione dei limiti posti dalla Costituzione.
Il  primo motivo è oggetto di rinuncia in memoria (ma v. anche anche Corte cost. n. 41/2021).
– Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 116 c.p.c. e una motivazione illogica e apparente, contestando il modo in cui la Corte  di  appello  ha  valutato  le  prove.  Si  sostiene  che  sia  stato erroneamente  attribuito  valore  decisivo  a  un  verbale  di  rilascio dell’immobile,  a  fronte  di  copie  conformi  dell’atto  di  cessione  che deponevano in senso contrario, e che la motivazione sia contraddittoria.
Il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 1427 e 1439 c.c. (dolo), lamentando che la Corte di appello ha erroneamente ritenuto assorbita  una  questione,  con  motivazione  apparente.  La sentenza impugnata ha affermato che la provata consapevolezza, da parte dell’acquirente,  della  già  intervenuta  risoluzione  del  contratto  di locazione è ontologicamente incompatibile con un vizio del consenso per dolo o errore.
Il quarto motivo denuncia la violazione dei canoni di interpretazione del contratto (artt. 1363, 1366, 1371, 1431 c.c.), per non avere la Corte territoriale interpretato l’atto secondo buona fede e sulla base del principio di affidamento, omettendo di considerare le contraddizioni interne al testo contrattuale. La sentenza impugnata ha ricostruito la volontà delle parti privilegiando le circostanze fattuali esterne (le trattative per un nuovo contratto) ritenute decisive per dimostrare la comune intenzione delle parti di escludere la cessione della locazione.
I primi quattro motivi possono essere esaminati congiuntamente. Essi sono rigettati.
Dirimente è la considerazione che, ai sensi dell’art. 36 l. 392/1978, la sublocazione dei locali aziendali è da pattuirsi espressamente e non  è  un  effetto  automatico  della  cessione  d’azienda  (per  cui  la questione  che  si  fa  sul  carattere  posticcio  della  clausola  che escludeva la cessione del contratto di locazione è irrilevante).
Quanto al terzo motivo, la Corte di appello ha basato il proprio convincimento  su un  accertamento  di  fatto, sorretto  da  una motivazione logica e plausibile, fondata su una valutazione complessiva di plurimi elementi probatori.
La censura si risolve quindi nel tentativo di contrapporre una diversa ricostruzione del fatto, precluso in sede di legittimità. Quanto al quarto motivo, la critica all’interpretazione del contratto operata dal giudice di merito non può trovare ingresso in sede di legittimità se si traduce, come in questo caso, nella prospettazione di una diversa valutazione degli stessi elementi già esaminati, a fronte di una ricostruzione della volontà negoziale operata dalla Corte territoriale che risulta plausibile.
3. – Il quinto motivo denuncia la violazione dell’art. 91 c.p.c., per l’erronea condanna della società appellante al pagamento delle spese processuali  in  favore  dei  signori  COGNOME,  che  non  erano  stati destinatari di alcuna domanda nel giudizio di appello. La sentenza impugnata, nel dispositivo, condanna l’appellante al pagamento delle spese  anche  in  favore  dei  COGNOME,  pur  avendo  dato  atto  in motivazione  che  nei  loro  confronti  non  erano  state  riproposte domande.
Il quinto motivo è rigettato.
L’impugnazione  proposta  dalla  società  RAGIONE_SOCIALE,  pur  non formulando domande dirette contro i proprietari dei locali, era volta a ribaltare una pronuncia di primo grado che aveva accertato una situazione di fatto e di diritto a loro favorevole.
La loro  partecipazione al giudizio di appello non è stata dunque un’iniziativa  arbitraria,  ma  una  necessaria  attività  difensiva  per
preservare l’esito del primo grado, messo in discussione dall’iniziativa dell’appellante, che li aveva convenuti in giudizio.
– La Corte rigetta il ricorso. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo uni ficato a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte, dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso per sopravvenuto difetto d’interesse e rigetta gli altri, condanna la parte ricorrente a rimborsare le spese del presente giudizio, che liquida in € 7.000, oltre a € 200 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi, e agli accessori di legge, distintamente sia in favore di Pac RAGIONE_SOCIALE che dei fratelli COGNOME, in relazione a questi ultimi da corrispondere all’AVV_NOTAIO, antistataria ; condanna la parte ricorrente a rimborsare al AVV_NOTAIO le spese del presente giudizio, che liquida in € 6.2 00, oltre a € 200 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi, e agli accessori di legge.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 24/09/2025.
Il Presidente NOME COGNOME