Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 14931 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 14931 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18460/2021 R.G.,
proposto da
RAGIONE_SOCIALE , in persona del socio e legale rappresentante pro tempore COGNOME NOME; rappresentata difesa dall’AVV_NOTAIO (pec dichiarata: EMAIL), in virtù di procura su foglio separato congiunto al ricorso;
-ricorrente – nei confronti di
NOME COGNOME; rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME (pec dichiarata: EMAIL) e NOME COGNOME (pec dichiarata: EMAIL), in virtù di procura a margine del controricorso;
-controricorrente e ricorrente incidentale –
per la cassazione della sentenza n. 1199 /2020 della CORTE d’APPELLO di GENOVA, depositata il giorno 11 gennaio 2021; udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 14 marzo 2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE convenne NOME COGNOME dinanzi al Tribunale di Savona, deducendo che:
-nell’estate 2010 era succeduta alla RAGIONE_SOCIALE nel contratto del 1° settembre 2003 con cui NOME COGNOME aveva concesso in locazione alla predetta società l’immobile ad uso commerciale sito in Savona, INDIRIZZO, svolgendovi l’ attività di gastronomia e rosticceria;
in data 11 dicembre 2014 aveva ceduto il ramo di azienda a NOME COGNOME, con patto di riservato dominio; nel contratto di cessione di ramo di azienda nulla era stato specificato in relazione al contratto di locazione;
in data 30 aprile 2015 NOME COGNOME aveva comunicato all’ RAGIONE_SOCIALE la cessazione del contratto di locazione stipulato con RAGIONE_SOCIALE e il 3 giugno 2015 aveva concesso in locazione l’immobile a NOME COGNOME;
q uest’ultima si era mostrata però inadempiente rispetto alle obbligazioni derivanti da entrambi i negozi; con riguardo alla cessione
di ramo d’azienda non aveva pagato le rate, cosicché RAGIONE_SOCIALE ne aveva ottenuto il sequestro, con immissione del custode giudiziario, NOME COGNOME, nel possesso dei relativi beni in data 16 dicembre 2016;
con riguardo alla locazione, aveva omesso di pagare i canoni, sicché tale contratto era stato risolto con provvedimento del 22 febbraio 2017, eseguito il 26 maggio 2017;
con provvedimento arbitrale (come da clausola compromissoria inserita nel contratto) del 18 aprile 2018, anche il contratto di cessione di azienda era stato dichiarato risolto per inadempimento dell’acquirente NOME COGNOME.
Sulla base di queste deduzioni -ed assumendo altresì, da un lato, che il contratto di locazione del 1° settembre 2003 era tuttora efficace tra le parti, non essendo stato trasferito in capo a NOME COGNOME con la cessione del ramo di azienda; dall’altro lato, che, restituita nel possesso del ramo aziendale, essa non aveva potuto proseguire nell’esercizio dell’attività commerciale nei locali d el convenuto, in quanto, a seguito di un procedimento avviato dal Comune di Savona nel gennaio 2017, era emerso che il locale bagno, essenziale per l’attività svolta, era abusivo e doveva essere demolito -la società RAGIONE_SOCIALE domandò che fosse dichiarata la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento di NOME COGNOME, con condanna di quest’ultimo al risarcimento del danno.
Il convenuto, costituitosi in giudizio, resisté alla domanda, osservando, per un verso, che, a seguito della cessione del ramo di azienda da parte di RAGIONE_SOCIALE a NOME COGNOME, egli, col consenso della cedente, aveva stipulato un nuovo contratto di locazione con la cessionaria; per altro verso, che, in ogni caso, NOME non aveva più
pagato i canoni di locazione, ragion per cui egli intendeva avvalersi della clausola risolutiva espressa contenuta nel contratto di locazione del 2003, ove ancora efficace.
NOME COGNOME, inoltre, domandò in via riconvenzionale la condanna dell’attrice al risarcimento dei danni subìti per non avere potuto locare l’immobile dal maggio 2017 all’aprile 2019, in quanto ingombro degli arredi del negozio non tempestivamente asportati da RAGIONE_SOCIALE e a causa del pagamento della sanzione pecuniaria di Euro 1.000, irrogata dal Comune di Savona per l’installazione abusiva di una canna fumaria a servizio dell’immobile locato.
Il Tribunale di Savona dichiarò risolto il contratto di locazione intercorso tra le parti e condannò la società RAGIONE_SOCIALE ad asportare senza ritardo gli arredi e le attrezzature presenti nell’immobile; r igettò le domande riconvenzionali proposte dal convenuto e compensò le spese.
La Corte territoriale di Genova -adìta con appello principale dalla società RAGIONE_SOCIALE e con appello incidentale da NOME COGNOME -ha rigettato entrambe le impugnazioni, compensando anche le spese del secondo grado di giudizio.
La Corte d’appello ha deciso sulla base dei seguenti rilievi:
Iquanto alla domanda principale proposta da RAGIONE_SOCIALE, anzitutto il Tribunale aveva correttamente richiamato l’orientamento giurisprudenziale in base al quale ‘ nella disciplina di cui all’art. 36 della legge n. 392 del 1978 sull’equo canone, in caso di cessione o di affitto di azienda relativi ad attività svolta in un immobile condotto in locazione, non si produce l’automatica successione del cessionario nel contratto di locazione dell’immobile, quale effetto necessario del trasferimento dell’azienda, ma la successione è soltanto eventuale e
richiede comunque la conclusione, tra cedente e cessionario dell’azienda, di un apposito negozio volto a porre in essere la sublocazione o la cessione del contratto di locazione, senza necessità, in tale seconda ipotesi, del consenso del locatore, in deroga all’art. 1594 cod. civ., ma salva comunque la facoltà di quest’ultimo di proporre opposizione per gravi motivi, entro trenta giorni dalla avvenuta comunicazione della cessione del contratto di locazione insieme all’azienda, proveniente dal conduttore’ ; nel contratto di cessione di ramo di azienda dell’11 dicembre 2014 non si era fatta alcuna menzione del contratto di locazione in essere tra NOME COGNOME ed RAGIONE_SOCIALE; pertanto non era stata prevista la cessione anche del contratto di locazione;
IItuttavia, risultava dagli atti che il locatore NOME COGNOME, dopo avere comunicato il 30 aprile 2015 all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE la cessazione del contratto di locazione stipulato con RAGIONE_SOCIALE, in data 3 giugno 2015 aveva stipulato un autonomo contratto di locazione con la cessionaria del ramo di azienda, NOME COGNOME, contratto poi risolto a seguito della morosità di quest’ultima ; ne discendeva, quindi, che, a seguito della cessione del ramo di azienda, la società RAGIONE_SOCIALE s.n.c. non era più parte del contratto di locazione con NOME COGNOME, avendo questi stipulato un nuovo autonomo contratto di locazione con la cessionaria;
IIIin ogni caso, NOME, dal momento della cessione del ramo di azienda, non aveva più provveduto al pagamento dei canoni di locazione, nemmeno quando NOME COGNOME si era resa morosa nel pagamento dei canoni stessi, tanto che il locatore aveva dovuto promuovere procedimento di sfratto nei confronti della stessa COGNOME; conseguentemente, NOME non poteva dolersi del pregiudizio conseguente al provvedimento con cui il Comune di Savona aveva
ingiunto la demolizione del servizio igienico posto nella veranda dell’immobile, essendosi sciolto il contratto di locazione a quella data;
IVquanto all’appello incidentale, RAGIONE_SOCIALE poteva essere chiamata a rispondere dei danni da occupazione abusiva solo con riguardo al periodo successivo al 18 aprile 2018 (data di risoluzione della cessione di ramo d’azienda per provvedimento arbitrale), ma NOME COGNOME non aveva provato di aver ricevuto proposte di locazione in quel periodo; mentre, nel periodo precedente, NOME non aveva avuto la detenzione dell’immobile , che era stato condotto in locazione dal 3 giugno 2015 al 26 maggio 2017 da NOME COGNOME;
Vmancava infine la prova che l’istallazione abusiva della canna fumaria, per cui era stata irrogata la sanzione amministrativa dal Comune di Savona, fosse imputabile ad NOME.
Per la cassazione della sentenza della Corte ligure ricorre la società RAGIONE_SOCIALE, sulla base di due motivi. Risponde con controricorso NOME COGNOME, proponendo altresì ricorso incidentale fondato su due motivi, a quale la ricorrente principale, a sua volta, risponde con controricorso.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi dell’art.380 -bis .1. cod. proc. civ..
Il pubblico ministero presso la Corte non ha presentato conclusioni scritte.
Il controricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
A1. Con il primo motivo del ricorso principale viene denunciato, ai sensi dell’art.360 n.5 cod. proc. civ., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
La ricorrente deduce che la Corte di Appello non ha considerato in alcun modo un fatto decisivo per il giudizio e discusso tra le parti, ovverosia che la cessione di azienda da RAGIONE_SOCIALE a NOME era stata sottoposta al regime della riserva di proprietà.
Ove la Corte d ‘a ppello avesse esaminato la circostanza storica dell’avvenuta stipula del patto di riservato dominio, per un verso avrebbe escluso l’applicabilità alla fattispecie del l’art. 36 della legge 392/1978, per altro verso non avrebbe potuto assumere il convincimento circa il fatto che, in conseguenza della cessione del ramo d’azienda, RAGIONE_SOCIALE non fosse più parte del contratto di locazione.
A.1.1. Il motivo è inammissibile per una duplice ragione.
A.1.1.a. In primo luogo, premesso che l’argomentazione della Corte di merito diretta a reputare che la ricorrente aveva perduto la qualità di conduttore a seguito della cessione di azienda non è stata censurata né per violazione di legge né per vizio motivazionale, l’omessa considerazione del fatto che la cessione stessa era avvenuta con riserva di proprietà resta irrilevante per difetto di decisività.
Infatti, rispetto all’affermazione della Corte territoriale che la cessionaria aveva stipulato un nuovo contratto di locazione e che, nel contempo, era cessato il rapporto locativo originario, non vengono spiegate le ragioni per le quali la considerazione della circostanza che la cessione d’azienda era stata stipulata con patto di riservato dominio avrebbe ex necesse implicato la conseguenza della permanenza della locazione in capo alla ricorrente.
Al riguardo va ricordato che il ‘fatto’ storico (principale o secondario) di cui può denunciarsi con ricorso per cassazione l’omesso esame, ai sensi dell ‘art.360 n. 5 cod. proc. civ., oltre a dover essere stato discusso tra le parti, deve necessariamente possedere il carattere della decisività, nel senso che il suo esame avrebbe determinato un
esito diverso della controversia (Cass. Sez. U, 07/04/2014, n. 8053; Cass. 29/10/2018, n. 27415; Cass. 08/09/2016, n. 17761). Dal rilievo della mancanza di tale carattere discende, dunque, la sanzione di inammissibilità del motivo di ricorso.
A.1.1.b. In secondo luogo, va rilevato che, in applicazione della regola di cui all’art. 348 -ter , ultimo comma, cod. proc. civ., applicabile ratione temporis (ma la disposizione ha trovato continuità normativa nel nuovo art. 360, quarto comma, cod. proc. civ., introdotto dal d.lgs. n.149 del 2022), va esclusa la possibilità di ricorrere per cassazione ai sensi del numero 5 dell’art. 360 dello stesso codice, nell’ipotesi in cui la sentenza di appello impugnata rechi l’integrale conferma della decisione di primo grado (c.d. ‘doppia conforme’); in propo sito, questa Corte ha da tempo chiarito che la predetta esclusione si applica, ai sensi dell’art. 54, comma 2, de l decreto-legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012, e che il presuppost o di applicabilità della norma risiede nella c.d. ‘doppia conforme’ in facto , sicché il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 c od. proc civ., ha l’onere nella specie non assolto -di indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 18/12/2014, n. 26860; Cass. 22/12/2016, n. 26774; Cass. 06/08/2019, n. 20994).
Il primo motivo del ricorso principale va dunque dichiarato inammissibile.
A.2. Con il secondo motivo del ricorso principale viene denunciata, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la v iolazione e/o falsa applicazione di norma di diritto.
La ricorrente ribadisce che l’esistenza del patto di riservato dominio avrebbe implicato l’inapplicabilità alla fattispecie RAGIONE_SOCIALE previsioni di cui all’art. 36 legge 392/1978; sostiene che, se la Corte di merito avesse considerato tale circostanza, ne avrebbe tratto, quali necessarie implicazioni: a) che RAGIONE_SOCIALE non avrebbe avuto alcun interesse alla risoluzione del contratto di locazione prima del pagamento dell’ultima rata della cessione sicché il contratto era proseguito tra le parti originarie senza essere ceduto a NOME COGNOME; b) che NOME COGNOME non era legittimato a risolvere il contratto di locazione, in assenza di espresso consenso del conduttore; c) che RAGIONE_SOCIALE era rimasta del tutto estranea al contratto di locazione concluso tra NOME COGNOME e NOME COGNOME, di cui non aveva avuto notizia; d) che la circostanza che NOME COGNOME il 30 aprile 2015 aveva comunicato all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE la cessazione del contratto di locazione stipulato con RAGIONE_SOCIALE era del tutto irrilevante, posto che tale circostanza era ignota alla conduttrice.
A.2.1. Anche il secondo motivo è inammissibile per molteplici ragioni.
A.2.1.a. In primo luogo, sussiste la violazione dell’art. 366 n.4 cod. proc. civ., in quanto, pur essendo la doglianza diretta a dedurre violazione di norme di diritto, non indica in rubrica le disposizioni che si assumono violate né esse possono essere individuate con quelle evocate nella successiva illustrazione del motivo; ciò, in quanto, oltre a mancare formalmente una percepibile enunciazione della violazione o falsa applicazione, alla stessa stregua RAGIONE_SOCIALE deduzioni contenute nel ricorso non è imputato alcun error in iudicando alla sentenza
impugnata, la quale, facendo applicazione della stessa regola invocata dalla ricorrente, ha ritenuto che con la cessione del ramo aziendale non fosse stato ceduto anche il contratto di locazione.
A.2.1.b. In secondo luogo, proprio avuto riguardo alle suddette deduzioni, è agevole rilevare che le doglianze veicolate con il motivo di ricorso in esame, al di là della formale intestazione, attengono nella sostanza a profili di fatto e tendono a suscitare dalla Corte di cassazione un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello formulato dalla Corte di appello, omettendo di considerare che tanto l’accertamento dei fatti, quanto l’apprezzamento – ad esso funzionale – RAGIONE_SOCIALE risultanze istruttorie è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione RAGIONE_SOCIALE prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 04/07/2017, n. 16467; Cass.23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499).
La Corte territoriale, come si è veduto, ha accertato: a) che NOME COGNOME aveva stipulato un nuovo contratto con NOME COGNOME dopo lo scioglimento del vecchio, con il consenso di RAGIONE_SOCIALE in data 3 giugno 2015; b) che tale nuovo contratto era stato risolto per inadempimento di NOME COGNOME in data 22 febbraio 2017, con sfratto eseguito il 26 maggio 2017; c) che pertanto il provvedimento comunale del gennaio 2017 non poteva produrre pregiudizi in capo ad RAGIONE_SOCIALE, la quale non conduceva l’immobile a quella data.
Avuto riguardo all’avvenuto accertamento di tali circostanze, il motivo di ricorso in esame si palesa inammissibile, in quanto tende a provocare dalla Corte di cassazione una ricostruzione dei fatti diversa da quella compiuta dal giudice di merito e ad esso insindacabilmente riservata.
A.2.1.c. In terzo luogo, va rilevato che il giudice del merito ha reputato sciolto l’originario contratto di locazione non solo per mutuo consenso e d in ragione dell’avvenuta stipulazione di un nuovo contratto tra NOME COGNOME e NOME COGNOME, ma anche sul rilievo del mancato pagamento dei canoni da parte di RAGIONE_SOCIALE; viene quindi in considerazione una ratio decidendi autonoma non censurata con la doglianza in esame che, anche per tale ragione, va dichiarata inammissibile.
B.1. Con il primo motivo del ricorso incidentale viene denunciata, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2727 cod. civ., per avere la Corte d’appello esclus o la sussistenza ‘in re ipsa’, secondo il principio della presunzione semplice, del danno da occupazione senza titolo, asseritamente liquidabile sul rilievo della mancata disponibilità del bene.
B.2. Con il secondo motivo del ricorso incidentale viene denunciata, sempre ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 670 e 676 cod. proc. civ., nonché dell’art. 100 stesso codice.
Ad avviso del ricorrente incidentale, non sarebbe condivisibile il rilievo della Corte di merito secondo cui NOME COGNOME aveva avuto la detenzione del locale dal 3 giugno 2015 al 26 maggio 2017 e che solo dalla risoluzione per lodo arbitrale del contratto di cessione di ramo d’azienda (18 aprile 2018) la detenzione medesima sarebbe tornata ad RAGIONE_SOCIALE e, con essa, la legittimazione ad essere convenuta per il risarcimento del danno da occupazione abusiva dell’immobile con arredi e attrezzature; ciò, in quanto, già dal 16 dicembre 2016, ottenuto da RAGIONE_SOCIALE il sequestro dell’azienda, era stato immesso nel
possesso della stessa il custode giudiziario, NOME COGNOME, amministratore di RAGIONE_SOCIALE
B.2.1. I motivi appena sopra illustrati non possono essere scrutinati, dovendosi dichiarare inefficace il ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME.
Va, infatti, rilevato che il controricorso, con cui esso è stato proposto, è stato notificato alla controparte il 16 settembre 2021, nell’osservanza della regola che impone tale notifica nel termine di quaranta giorni dalla notificazione del ricorso principale (art. 370, primo comma, e 371 cod. proc. civ.), ma oltre il termine di cui all’art.32 7 cod. proc. civ. ( atteso che la sentenza d’appello, non notificata, era stata depositata il giorno 11 gennaio 2021), per modo che il ricorso incidentale si qualifica come impugnazione incidentale tardiva, ai sensi dell’art. 334 cod. proc. civ..
Pertanto, deve farsi applicazione del principio -reiteratamente affermato da questa Corte -secondo cui, alla declaratoria di inammissibilità, per qualsiasi motivo, del ricorso principale per cassazione, segue di diritto l’inefficacia del ricorso incidentale tardivo, proposto, cioè, allorché siano già scaduti, rispetto alla data della notificazione della sentenza impugnata, i termini previsti dall’art. 325, secondo comma (ove applicabile), o 327, primo comma, cod. proc. civ., senza che rilevi, in senso contrario, che lo stesso sia stato proposto nel rispetto del termine di quaranta giorni dalla notificazione del ricorso principale, indicato dall’art. 371, secondo comma, cod. proc. civ. (tra le molte, Cass. 20/02/2004, n. 3419; Cass. 26/01/2010, n. 1528; Cass. 26/03/2015, n. 6077; Cass. 22/06/2021, n. 17707). Il ricorso incidentale proposto da NOME COGNOME va dunque dichiarato inefficace (art.334, secondo comma, cod. proc. civ.).
In definitiva, il ricorso principale proposto da RAGIONE_SOCIALE deve essere dichiarato inammissibile, mentre quello incidentale proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inefficace.
Sebbene la situazione di soccombenza in senso tecnico sia riferibile alla sola parte ricorrente in via principale (Cass. Cass. 20/02/2014, n. 4074; Cass. 12/06/2018, n. 15220), tuttavia sussistono ragioni che giustificano l’integrale compensazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, avuto riguardo, in particolare, alle vicende dei diversi rapporti sostanziali dedotti in causa, coinvolgenti anche soggetti estranei alla stessa.
Avuto riguardo al tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art.13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale e inefficace il ricorso incidentale;
compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione