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Cessione contratto di leasing: il foro fallimentare

La Corte di Cassazione ha stabilito che, in caso di fallimento della società cessionaria di un contratto di leasing, qualsiasi domanda volta ad accertare l’avvenuta cessione deve essere proposta dinanzi al tribunale fallimentare e non in un’autonoma causa civile. La controversia nasceva dal mancato consenso della società concedente alla cessione contratto di leasing di un’imbarcazione. La Corte ha rigettato il ricorso, confermando che la competenza funzionale del foro fallimentare è inderogabile per tutte le pretese che incidono sulla massa fallimentare, al fine di garantire la parità di trattamento tra i creditori.

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Cessione Contratto di Leasing e Fallimento: Le Regole sulla Competenza

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato un caso complesso riguardante la Cessione contratto di leasing e le conseguenze derivanti dal fallimento del soggetto cessionario. La decisione chiarisce un principio fondamentale del diritto fallimentare: la competenza esclusiva del tribunale fallimentare per tutte le azioni che possono incidere sul patrimonio del fallito, anche quelle volte semplicemente ad accertare un rapporto giuridico. Analizziamo insieme i fatti, il percorso legale e le conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso: La Cessione Controvertita

La vicenda ha origine da un contratto di leasing finanziario per un’imbarcazione, stipulato da una persona fisica con una società specializzata. A garanzia dell’operazione, un’altra persona aveva prestato fideiussione.

Successivamente, il garante stipulava un contratto di compravendita con una società costruttrice di imbarcazioni. Parte del pagamento doveva avvenire tramite la permuta con l’imbarcazione oggetto del leasing, attraverso la cessione del relativo contratto alla società costruttrice. Il contratto prevedeva delle opzioni alternative qualora la società di leasing non avesse acconsentito alla cessione.

Poiché la società costruttrice non ha esercitato alcuna opzione, rendendosi inadempiente, l’utilizzatrice del leasing e il suo garante l’hanno citata in giudizio. L’obiettivo era far dichiarare l’avvenuta cessione del contratto e ottenere il rimborso dei canoni pagati e il pagamento di una penale.

L’Iter Giudiziario e l’Impatto del Fallimento

Durante il processo di primo grado, la situazione si è complicata a causa del fallimento della società costruttrice. Il giudizio è stato interrotto e poi riassunto. Il Tribunale ha rigettato le domande degli attori, accogliendo invece la domanda riconvenzionale del fallimento e condannando l’utilizzatrice al pagamento di una somma.

La Corte d’Appello ha parzialmente riformato la sentenza, dichiarando inammissibile la domanda riconvenzionale del fallimento ma confermando il rigetto delle domande principali. La questione è quindi approdata dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Cessione Contratto di Leasing e la Competenza Funzionale

Il cuore della controversia ruota attorno all’effetto del fallimento sulla causa civile in corso. L’utilizzatrice del leasing sosteneva di poter continuare l’azione ordinaria per accertare l’avvenuta cessione del contratto, ma la Cassazione ha seguito un orientamento diverso e consolidato.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso basandosi su due argomentazioni principali.

In primo luogo, ha ritenuto infondato il motivo relativo a un presunto difetto di motivazione della sentenza d’appello. La Corte ha chiarito che la motivazione ‘per relationem’, ovvero che richiama le argomentazioni della sentenza di primo grado, è pienamente valida quando il ragionamento richiamato sia corretto e logico. Nel caso specifico, i giudici d’appello avevano correttamente evidenziato la mancanza di prova del consenso della società di leasing alla cessione, elemento indispensabile per il perfezionamento dell’operazione.

In secondo luogo, e in modo decisivo, la Cassazione ha affrontato il tema della competenza del foro fallimentare. Ha affermato che, a seguito della dichiarazione di fallimento, qualsiasi pretesa creditoria o domanda volta ad accertare un diritto nei confronti del soggetto fallito deve essere proposta esclusivamente nell’ambito della procedura fallimentare. Questo avviene tramite l’istanza di insinuazione al passivo. Tale regola, sancita dalla Legge Fallimentare, ha carattere funzionale e inderogabile e mira a tutelare il principio della par condicio creditorum, ovvero la parità di trattamento di tutti i creditori.

L’accertamento dell’avvenuta cessione del contratto, pur non essendo una diretta richiesta di pagamento, costituisce la premessa per una pretesa economica nei confronti della massa dei creditori. Di conseguenza, rientra a pieno titolo nella competenza del giudice fallimentare.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio cardine del nostro ordinamento: una volta aperta una procedura fallimentare, il tribunale fallimentare diventa l’unica sede in cui è possibile far valere i propri diritti nei confronti dell’impresa insolvente. Qualsiasi azione intrapresa in un tribunale ordinario per accertare un credito o un rapporto giuridico con il fallito è destinata a essere dichiarata improcedibile. La decisione sottolinea l’importanza di agire tempestivamente con gli strumenti corretti, ovvero l’insinuazione al passivo, per non vedere vanificate le proprie pretese.

È possibile far accertare la cessione di un contratto di leasing in un tribunale ordinario se la società cessionaria è fallita?
No. Secondo la Corte di Cassazione, dopo la dichiarazione di fallimento, ogni domanda volta ad accertare un diritto o una pretesa nei confronti del soggetto fallito, inclusa quella per l’accertamento della cessione di un contratto, deve essere proposta esclusivamente dinanzi al tribunale fallimentare tramite la procedura di insinuazione al passivo.

Perché le pretese creditorie verso un soggetto fallito devono essere fatte valere nel procedimento fallimentare?
Per garantire il rispetto del principio della ‘par condicio creditorum’, ovvero la parità di trattamento di tutti i creditori. Concentrare tutte le pretese davanti a un unico giudice (quello fallimentare) evita che singoli creditori possano ottenere vantaggi a danno degli altri attraverso azioni individuali, assicurando una gestione ordinata e cristallizzata delle posizioni giuridiche.

La motivazione di una sentenza d’appello che si limita a richiamare quella di primo grado è valida?
Sì, la motivazione ‘per relationem’ è considerata valida a condizione che il giudice d’appello dimostri di aver esaminato i motivi di gravame e che la motivazione richiamata sia congrua, logica e corretta. Non è una mera riproduzione, ma un rinvio consapevole a un ragionamento condiviso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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