Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 9502 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 9502 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/04/2025
R.G.N. 1337/20
C.C. 26/03/2025
Appalto -Subentro –
Corrispettivo
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 1337/2020) proposto da: RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA, in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , quale avente causa della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in forza di scrittura privata autenticata di cessione del credito del 27 marzo 2014, rep. n. 45.245, racc. n. 24.601, nonché COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio degli Avv.ti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME che li rappresentano e difendono, giusta procura a margine del ricorso;
-ricorrenti –
contro
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del difensore;
e
COGNOME NOME in proprio (C.F.: CODICE_FISCALE, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende, unitamente all’Avv. NOME COGNOME giusta procura in calce al controricorso;
-controricorrenti –
nonché
COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME quali eredi di COGNOME NOME;
-intimati – avverso la sentenza della Corte d’appello di L’Aquila n. 2198/2018, pubblicata il 27 novembre 2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26 marzo 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
lette le memorie illustrative depositate nell’interesse dei ricorrenti e del controricorrente COGNOME Alessandro in proprio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. -Con atto di citazione notificato il 7 febbraio 2005, la RAGIONE_SOCIALE e il suo amministratore unico COGNOME NOME convenivano, davanti al Tribunale di L’Aquila, COGNOME NOME e COGNOME NOME nonché COGNOME NOME, chiedendo che COGNOME NOME e COGNOME NOME fossero condannati, in solido, al pagamento della somma di euro 208.194,10 o di quella
diversa ritenuta di giustizia, oltre interessi, a titolo di compenso residuo dovuto per il subentro, nell’anno 2000, nel contratto di appalto in corso di esecuzione dapprima affidato a COGNOME NOME, divenuto socio della RAGIONE_SOCIALE, secondo le lavorazioni concordate con i committenti, ovvero che COGNOME NOME fosse condannato per i compensi indebitamente percepiti dopo il subentro.
Si costituivano in giudizio COGNOME NOME e COGNOME NOME, i quali negavano il conferimento di alcun incarico alla RAGIONE_SOCIALE e affermavano di avere corrisposto ogni spettanza, concludendo per il rigetto delle domande avversarie.
Si costituiva in giudizio anche COGNOME NOME, il quale si opponeva all’accoglimento della domanda avanzata nei suoi confronti.
All’esito dell’interruzione del giudizio per il dichiarato decesso di COGNOME NOME, il processo era riassunto verso i suoi eredi COGNOME NOME e COGNOME NOME COGNOME (figli) e NOME COGNOME (coniuge).
COGNOME NOME in proprio eccepiva l’avvenuta estinzione del giudizio in ragione della nullità del ricorso in riassunzione.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 320/2012, depositata l’8 maggio 2012, rigettava l’istanza volta ad ottenere la dichiarazione di estinzione del processo e, decidendo la causa nel merito, rigettava le domande spiegate dagli attori.
In specie, rilevava che la vicenda descritta integrava un’ipotesi di cessione del contratto d’appalto, ceduto appunto dal COGNOME alla RAGIONE_SOCIALE, che non avrebbe potuto ritenersi validamente stipulata a causa della mancanza di prova del consenso prestato dal debitore ceduto, il quale aveva sempre negato di aver avuto
conoscenza delle vicende successorie inerenti al detto contratto e di avere sempre continuato a corrispondere il corrispettivo al COGNOME, in ragione dell’originario ed unico contratto stipulato, senza che i committenti avessero partecipato alla transazione raggiunta tra il COGNOME e il Fulvi il 18 maggio 2004, così regolando i propri interessi.
Esponeva, ancora, che il credito dedotto era assolutamente indeterminato e incerto e non era mai stato oggetto di un’analitica verifica in contraddittorio.
Escludeva altresì la legittimazione della società e del Fulvi a pretendere alcunché nei confronti del COGNOME.
2. -Con atto di citazione notificato il 26 giugno 2013, la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e COGNOME Alfredo proponevano appello avverso la pronuncia di prime cure e, all’uopo, lamentavano: 1) l’indebita decisione nel merito della causa all’esito del rigetto della questione pregiudiziale di rito inerente alla invocata estinzione del giudizio, senza la concessione dei termini per le deduzioni istruttorie; 2) l’erronea esclusione della validità della cessione dell’appalto per mancanza di prova del consenso prestato dal debitore ceduto e comunque la sussistenza del diritto della società ad ottenere il pagamento del corrispettivo oggetto di cessione; 3) l’erroneo rigetto della domanda alternativa proposta contro il COGNOME, che -in base alla transazione conclusa -sarebbe stato tenuto al pagamento dei lavori effettuati dalla società RAGIONE_SOCIALE
Si costituiva in giudizio COGNOME Alessandro, il quale instava per il rigetto dell’impugnazione, con la conseguente conferma della sentenza impugnata.
Si costituiva altresì nel giudizio di impugnazione COGNOME NOME, il quale obiettava che tra il Tudini e la RAGIONE_SOCIALE sarebbe stato stipulato un autonomo contratto d’appalto, che aveva avuto completa esecuzione, con il versamento degli acconti nelle casse sociali.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di L’Aquila, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’appello e, per l’effetto, confermava integralmente la pronuncia impugnata.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che vi era carenza di legittimazione attiva del COGNOME, in relazione alla domanda formulata nei confronti dei COGNOME, diretta al conseguimento del saldo per il completamento dei lavori oggetto del contratto di appalto a cura della Effemme; b ) che la fattispecie negoziale di specie doveva essere inquadrata, sulla scorta dell’individuazione del titolo della domanda di condanna, nella categoria della cessio ne del contratto d’appalto originariamente stipulato col COGNOME, essendosi rimarcato il subentro della società nella posizione contrattuale dell’originario appaltatore nel corso della sua esecuzione; c ) che, a fronte di tale inquadramento, nessun consenso era stato prestato dal debitore ceduto, che non si era addirittura mai reso conto della sostituzione, avendo continuato ad avere rapporti col COGNOME e con le sue maestranze, con la conseguenza che la cessione del contratto non poteva essere validamente venuta ad esistenza; d ) che il fatto che RAGIONE_SOCIALE avesse sostenuto di essere subentrata nel rapporto contrattuale escludeva la qualificazione dell’operazione come cessione del credito; e ) che nessun vulnus istruttorio era stato subito in
ragione della mancata ammissione delle prove orali richieste, poiché nessuno dei relativi capitoli era stato formulato con riguardo alla sussistenza del consenso del contraente (committente) ceduto e neppure in ordine alla sua mera consapevolezza, mentre il capitolo atto a dimostrare la tipologia dei lavori espletati dalla RAGIONE_SOCIALE era del tutto generico e le fatture da questa emesse non avevano valenza probatoria, trattandosi di documenti fiscali unilateralmente predisposti; f ) che non era stato affatto contestato l’ulteriore profilo di infondatezza della domanda -come rilevato dal Tribunale -per indeterminatezza o incertezza del credito relativo al saldo del compenso invocato dell’appalto, in difetto di un’analitica verifica in contraddittorio con il committente, quale presupposto di esigibilità del compenso, sicché la consulenza tecnica d’ufficio richiesta sarebbe stata meramente esplorativa; g ) che la RAGIONE_SOCIALE aveva rinunciato all’azione di responsabilità verso il socio COGNOME mentre il COGNOME non aveva titolo per agire con l’azione di responsabilità contro il socio e, comunque, nel merito, non vi era la prova della percezione di alcuna somma da parte del COGNOME.
-Avverso la sentenza d’appello hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, la RAGIONE_SOCIALE, quale cessionaria del credito della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, e COGNOME NOME.
Hanno resistito, con separati controricorsi, COGNOME Giuseppe e COGNOME NOME in proprio.
Sono rimasti intimati COGNOME NOME, COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME quali eredi di COGNOME NOME.
4. -I ricorrenti e il controricorrente COGNOME Alessandro in proprio hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 100 c.p.c. e 2909 c.c., per avere la Corte di merito escluso la legittimazione attiva di COGNOME NOME a pretendere il pagamento del compenso, in ragione della deduzione -a cura degli stessi attori -del subentro nel contratto d’appalto della RAGIONE_SOCIALE, benché siffatta eccezione non fosse stata sollevata dai convenuti nel giudizio di primo grado e nessun appello incidentale fosse stato proposto sul punto.
Obiettano gli istanti che la legittimazione del COGNOME sarebbe stata comprovata dalla scrittura privata del 18 maggio 2004, stipulata tra il medesimo COGNOME e il COGNOME.
2. -Con il secondo motivo i ricorrenti prospettano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. e degli artt. 1406 e 1260 c.c., per avere la Corte territoriale escluso la validità della cessione del contratto d’appalto per difetto di consenso del debitore ceduto, benché gli attori avessero agito in giudizio sostenendo che, a seguito della costituzione della RAGIONE_SOCIALE, avvenuta con atto pubblico del 3 febbraio 2000, la neocostituita società era subentrata in tutti i rapporti d’appalto dapprima intrapresi dalle ditte individuali riconducibili ai soci COGNOME e COGNOME
Osservano gli istanti che, in realtà, i committenti COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE avrebbero stipulato un nuovo contratto di appalto per la
prosecuzione e il completamento dei lavori relativi alla costruzione dell’edificio; o altrimenti la RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata cessionaria del credito vantato dal COGNOME e, quindi, avrebbe avuto titolo a richiedere il pagamento, a prescindere dalla prestazione del consenso del debitore.
3. -Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 187, 279 e 184 c.p.c., per avere la Corte distrettuale ritenuto l’inammissibilità dei mezzi di prova richiesti dagli attori nel giudizio di primo grado, nonostante gli appellanti avessero contestato non solo la mancata ammissione di dette istanze istruttorie bensì anche la disposizione della precisazione delle conclusioni sull’eccezione di estinzione del giudizio, cui era seguita la decisione nel merito della causa, senza la rimessione sul ruolo.
Espongono gli istanti che il Tribunale avrebbe dovuto previamente delibare sulle istanze istruttorie e poi decidere la causa nel merito.
4. -Con il quarto motivo i ricorrenti si dolgono, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., della violazione degli artt. 1965 e 2393 c.c., per avere la Corte del gravame confermato il rigetto della domanda proposta contro il COGNOME, ai fini del pagamento delle somme indebitamente percepite dai COGNOME a titolo di corrispettivo dell’appalto successivamente alla costituzione della RAGIONE_SOCIALE, non ravvisando alcuna contraddittorietà delle argomentazioni contenute nella sentenza di primo grado.
Assumono gli istanti che gli attori non avevano esercitato alcuna azione di responsabilità, avendo semplicemente chiesto la condanna del COGNOME alla restituzione delle somme indebitamente percepite dopo la costituzione di RAGIONE_SOCIALE.
5. -Anzitutto si rileva, conformemente alle eccezioni sollevate dai controricorrenti, il difetto di legittimazione della RAGIONE_SOCIALE quale asserita cessionaria del credito litigioso di cui all’odierna vertenza, in forza della scrittura privata autenticata del 27 marzo 2014.
E ciò perché la lett. b) di tale scrittura riporta, quale credito litigioso ceduto, quello verso COGNOME Alessandro e altri, pendente davanti alla Corte d’appello di L’Aquila, iscritto al R.G. n. 896/2006.
Per converso, il giudizio da cui è scaturita la sentenza impugnata in questa sede riporta il n. 826/2013 di R.G.
Né vi sono elementi certi che consentano di rilevare ictu oculi che le parti di detta scrittura abbiano inteso riferirsi al giudizio d’appello conclusosi con la pronuncia impugnata, indicando per mero errore materiale un diverso numero di ruolo.
Pertanto, non vi è legittimazione della RAGIONE_SOCIALE a proporre l’odierna impugnazione.
In conseguenza, il ricorso deve essere esaminato con riferimento alla sola posizione processuale dell’altro ricorrente COGNOME NOMECOGNOME
6. -Il primo motivo è infondato.
Infatti, le contestazioni sulla legittimazione ad agire, attiva o passiva, così come sulla titolarità, attiva o passiva, del rapporto controverso hanno natura di mere difese, proponibili in ogni fase
del giudizio, e, di conseguenza, il difetto di legittimazione così come la carenza di titolarità del rapporto, ancorché non oggetto di contestazione dall’altra parte, sono rilevabili d’ufficio, purché siano rilevabili dagli atti e non si sia formato il giudicato interno (Cass. Sez. L, Ordinanza n. 23721 del 01/09/2021; Sez. 3, Ordinanza n. 11744 del 15/05/2018; Sez. U, Sentenza n. 2951 del 16/02/2016).
Nella fattispecie, la sentenza impugnata ha correttamente rilevato che il presupposto dell’azione intrapresa, rappresentato dalla indicata successione della RAGIONE_SOCIALE nel contratto d’appalto originariamente stipulato con l’appaltatore COGNOME NOME, escludeva la legittimazione attiva di COGNOME NOME in proprio a richiedere la soddisfazione di un credito di un soggetto terzo.
Né sul punto si era formato alcun giudicato interno, poiché la sentenza d’appello ha rigettato la domanda e non ha affrontato il problema della legittimazione attiva del COGNOME.
D’altronde, la scrittura privata di transazione intervenuta tra COGNOME NOME e COGNOME NOME non era opponibile ai terzi committenti.
7. -Rispetto al secondo motivo non vi è legittimazione del COGNOME a prospettare alcuna contestazione.
E tanto perché, rispetto alla negazione della cessione dell’appalto in favore della RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME è terzo non legittimato a svolgere alcuna doglianza ex art. 81 c.p.c.
8. -Il terzo motivo è infondato.
Infatti, ai sensi dell’art. 189, secondo comma, c.p.c., vigente ratione temporis , una volta rimessa la causa in decisione,
seppure all’esclusivo scopo della definizione di una questione pregiudiziale di rito ovvero di una questione preliminare di merito ex art. 187, secondo e terzo comma, c.p.c., il giudice è investito della decisione di tutta la causa (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 9719 del 10/04/2024; Sez. 2, Ordinanza n. 9675 del 10/04/2024; Sez. 2, Sentenza n. 26689 del 24/11/2020; Sez. 2, Sentenza n. 17450 del 20/08/2020; Sez. 6-3, Ordinanza n. 3366 del 05/02/2019; Sez. 1, Sentenza n. 20641 del 07/10/2011; Sez. 2, Sentenza n. 17992 del 07/09/2004; Sez. 1, Sentenza n. 6623 del 18/07/1997).
Con la conseguenza che le parti sono comunque tenute a precisare le conclusioni in ordine all’intero oggetto del contendere, come è avvenuto nel caso di specie, posto che gli attori nel giudizio di primo grado hanno reiterato le richieste probatorie già articolate.
-Rispetto al quarto motivo vi è difetto di legittimazione del COGNOME.
E tanto perché solo la RAGIONE_SOCIALE avrebbe potuto contestare il rigetto della domanda proposta in via alternativa contro COGNOME NOME, sul presupposto che quest’ultimo avesse riscosso dai committenti somme spettanti alla sola società subentrata nel rapporto d’appalto.
10. -In conseguenza delle argomentazioni esposte, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE, per il suo difetto di legittimazione, mentre il ricorso deve essere respinto verso COGNOME NOME
Le spese e compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
dichiara l’inammissibilità del ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE rigetta il ricorso proposto da COGNOME NOME e condanna i ricorrenti, in solido, alla refusione, in favore dei controricorrenti, delle spese di lite, che liquida per COGNOME NOME in complessivi euro 7.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, e per COGNOME NOME in complessivi euro 5.800,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda