Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15686 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15686 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 27481/2022 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE con sede in Torino, alla INDIRIZZO in persona della procuratrice speciale dott.ssa NOME COGNOME rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso, da ll’Avvocato NOME COGNOME con cui elettivamente domicilia in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’Avvocato NOME COGNOME.
-ricorrente contro
COGNOME rappresentato e difeso, giusta procura speciale allegata al controricorso, da ll’ Avvocato NOME COGNOME presso il cui studio elettivamente domicilia in Bassano del Grappa (VI), al INDIRIZZO
-controricorrente –
e
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione coatta amministrativa.
-intimata –
avverso la sentenza, n. cron. 1123/2022, della CORTE DI APPELLO DI VENEZIA depositata in data 16/05/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 30/05/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. NOME COGNOME citò Veneto Banca RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE (allora ancora in bonis ) innanzi al Tribunale di Treviso contestando la violazione, da parte della banca, degli obblighi previsti dal TUF e dal Regolamento CONSOB del 2007 in relazione ad operazioni in strumenti derivati in valuta estera da lui compiute nel periodo 2009/2010. Su tali basi, chiese: i ) in via principale, la declaratoria di nullità e/o annullabilità e/o inesistenza del contratto quadro e/o delle operazioni di compravendita a termine di valuta e la restituzione di € 1.175.000,00; ii ) in via subordinata, la condanna alla rifusione del danno subito, pari alla somma di € 1.175.000,00; iii ) in via di ulteriore subordine, la risoluzione del contratto quadro e/o dei contratti relativi alle operazioni di compravendita e la condanna al pagamento della somma di € 1.175.000,00 quale perdita subita per gli ordini di acquisto effettuati; iv ) in via ulteriormente gradata, l’annullamento, ai sensi dell’art. 1427 cod. civ., per errore essenziale e riconoscibile, dei contratti relativi alle operazioni di compravendita e la condanna al la restituzione della somma di € 1.175.000,00 quale perdita subita per gli ordini di acquisto. Domandò, inoltre, il risarcimento del danno non patrimoniale subito per effetto della segnalazione alla Centrale Rischi della Banca d’Italia effettuata da Veneto Banca s.p.a. in conseguenza delle passività accumulate nel conto corrente sul quale erano state appoggiate le operazioni di compravendita in valuta estera.
Si costituì la convenuta, contestando le avverse pretese e concludendo per il loro rigetto. In subordine, invocò il riconoscimento del concorso di colpa dell’attore, ai sensi dell’art. 1227, comma 1 o 2, cod. civ.
Il processo fu dichiarato interrotto a seguito della sottoposizione a liquidazione coatta amministrativa di Veneto Banca s.p.a.
Il COGNOME riassunse il giudizio anche nei confronti di Intesa Sanpaolo s.p.a. quale successore a titolo particolare nei rapporti controversi. Tale istituto di credito si costituì, contestando la successione nei predetti rapporti in quanto già estinti al momento dell’entrata in vigore del d.l. n. 99 del 2017 e propose, per il resto, le medesime eccezioni, in rito e nel merito, formulate da Veneto Banca s.p.a. in bonis.
L’adito Tribunale di Treviso, con sentenza del 2 novembre 2018, n. 2152, accolse la domanda di risoluzione del contratto quadro e delle operazioni di compravendita di valuta eseguite sulla base dello stesso, ritenendo sussistente la violazione degli obblighi informativi posti a carico della banca dall’art. 21 del TUF e dall’art. 39 della delibera Consob recante il cd. regolamento intermediari n. 16190/2007.
Quel giudice, tra l’altro: i ) individuò il soggetto debitore, tenuto a garantire il pagamento delle perdite subite dall’attore, in Intesa Sanpaolo s.p.a., che qualificò come cessionaria del rapporto sulla base del contratto di cessione d’azienda stipulato con Veneto Banca s.p.a. in l iquidazione coatta amministrativa in adempimento a quanto previsto dal d.l. n. 99 del 2017, mentre tutte le domande proposte nei confronti di Veneto Banca in l.c.a. furono dichiarate improcedibili ai sensi dell’art. 83, comma 3, TUB; ii ) pur dando atto che il conto corrente sul quale erano appoggiate le operazioni si era estinto prima del 25 giugno 2017, rilevò che il rapporto afferente il contratto quadro sulla base del quale erano state effettuate le operazioni in questione non era mai stato dichiarato estinto; iii ) condannò Intesa Sanpaolo s.p.a. al pagamento, in favore del Ganassin, di € 946.793,63, oltre interessi, pari alle perdite complessive calcolate dal c.t.u.; iv ) rigettò, infine, le altre domande risarcitorie in quanto sfornite di prova.
Il gravame proposto da Intesa Sanpaolo s.p.a. contro questa decisione fu respinto dall’adita Corte di appello di Venezia con sentenza del 16 maggio 2022, n. 1123, pronunciata nel contraddittorio con NOME COGNOME e nella contumacia di Veneto Banca s.p.a. in l.c.a.
Per quanto qui di interesse, quella corte:
a ) rilevò, innanzitutto, che, « A prescindere da ogni considerazione sulla vigenza del rapporto contrattuale tra il RAGIONE_SOCIALE e Veneto Banca al momento della messa in liquidazione coatta amministrativa di quest’ultima, , la controversia tra investitore ed istituto di credito era già pendente quando è entrato in vigore il d.l. 99/2017 »;
b ) riportato, poi, il contenuto dell’appena menzionato d.l. e del contratto di cessione intervenuto il 26 giugno 2017 tra Veneto Banca s.p.a. in l.c.a. ed Intesa Sanpaolo s.p.a., opinò che « Devono ritenersi incluse nella cessione le controversie già pendenti al momento dell’intervenuta liquidazione coatta amministrativa. Vale rimarcare, al fine di superare le difese di Intesa Sanpaolo, che ritiene che il rapporto per cui è lite sarebbe riconducibile al c.d. ‘Contenzioso Escluso’, che il ‘Contenzioso Pregresso’, ossia relativo a giudizi pendenti alla data dell’intervenuta messa in liquidazione coatta amministrativa, è espressamente indicato tra le ‘Passività Incluse’, senza alcuna differenziazione per quanto concerne il suo oggetto (se non con espressa es clusione di quello con azionisti o obbligazionisti). Il ‘Contenzioso Pregresso’ risulta essere stato espressamente accettato dalla cessionaria, in quanto chiaramente indicato tra le ‘Passività Incluse’ e contrapposto rispetto al ‘Contenzioso minacciato o possibile’, ricompreso tra le Passività Escluse in base all’art. 3.1.4., lett. b). Del tutto irrilevante risulta l’atto ripetitivo del ‘secondo atto ricognitivo del contratto di cessione in data 26 giugno 2017 relativo a Banca Popolare di Vicenza S.p.a in L.C.A. e Veneto Banca S.p.a. in LRAGIONE_SOCIALE‘ valorizzato da Intesa Sanpaolo nel giudizio di primo grado (e sul quale, invece, nulla è stato detto nell’esposizione dei motivi d’appello), da cui risultano, nell’allegato 1.1, espressamente esclusi dai contenzio si ceduti ad Intesa quelli attinenti a c.d. rapporti estinti; si tratta, infatti, di un accordo non solo ricognitivo, ma del tutto modificativo di quello precedente, valido, al più, tra i contraenti, ma inopponibile ai terzi in quanto contrario al contenuto del primo contratto di cessione, al quale solo la fonte primaria di legge ha attribuito efficacia verso i terzi (v. art. 3, comma 2, del D.L. n. 99/2017, convertito in L. n. 121/2017). In definitiva, ciò che conta ai fini del subentro è la presenza di un contenzioso civile pendente al momento dell’accesso alla
procedura concorsuale; perciò solo, il contenzioso ed il rapporto sottostante vanno ricompresi nella cessione ad Intesa Sanpaolo. Considerato quindi che la presente causa è stata istaurata prima della cessione e che essa non ha ad oggetto azioni o obbligazioni, non può esservi alcun dubbio in ordine alla sussistenza della legittimazione passiva. Sussiste, pertanto, la legittimazione passiva e la titolarità del rapporto per cui è lite in capo ad Intesa Sanpaolo, in conformità a quanto già ritenuto, sulla base dei medesimi criteri, da plurime decisioni di questa Corte (v., inter alia, sentenza n.223/2019, in fattispecie relativa a Veneto Banca L.C.A.; sentenze n. 4827/2019, n. 2057/2021, n. 2163/2021 in fattispecie relative a Banca Popolare di Vicenza in L.C.A.) »;
c ) negò, infine, la configurabilità di un concorso di colpa del COGNOME nella causazione del danno, ex art. 1227 cod. civ., come invocato, invece, dall’appellante. Spiegò, in proposito, che « La questione risulta di rilievo dal momento che il Tribunale di Treviso ha condannato la banca a risarcire il danno subito dal COGNOME e non già alla restituzione degli indebiti quale effetto della caducazione del vincolo contrattuale. Come rilevato dalla Corte di Cassazione, sez. 1, con la sentenza n. 9892 del 13/05/2016 (Rv. 639655 -01), nella prestazione del servizio di negoziazione di titoli, qualora l’intermediario abbia dato corso all’acquisto di titoli ad alto rischio senza adempiere ai propri obblighi informativi nei confronti del cliente, e quest’ultimo non rientri in alcuna delle categorie di investitore qualificato o professionale previste dalla normativa di settore, non è configurabile un concorso di colpa del medesimo cliente nella produzione del danno, neppure per non essersi lo stesso informato della rischiosità dei titoli acquistati. La Suprema Corte ha al riguardo rilevato che è configurabile la responsabilità dell’intermediario finanziario che abbia dato corso ad un ordine, ancorché vincolante, ricevuto da un cliente non professionale, concernente un investimento particolarmente rischioso, atteso che la professionalità del primo, su cui il secondo abbia ragionevolmente fatto affidamento in considerazione dello speciale rapporto contrattuale tra essi intercorrente, gli impone comunque di valutare l’adeguatezza di quell’operazione rispetto ai parametri di gestione concordati, con facoltà, peraltro, di recedere
dall’incarico per giusta causa, ai sensi degli artt. 1722, comma 1, n. 3 e 1727, comma 1, cod. civ., qualora non ravvisi tale adeguatezza (Cass. 7922/2015; 1376/2016). Ritiene, in ogni caso, il Collegio che la protratta acquiescenza della banca a fronte degli ordini di acquisto o di vendita di valute via via inoltrati dal COGNOME, la mancata stipula di un contratto quadro per le operazioni in derivati e la palese inappropriatezza degli investimenti conclusi rispetto al profilo di rischio dell’investitore r endano causalmente irrilevante l’eventuale imprudenza che si volesse riconoscere nella decisione dell’appellato di continuare a concludere operazioni su valuta estera. Invero, Veneto Banca non avrebbe dovuto neppure consentire l’avvio di siffatte operazioni e comunque, attesi i generali obblighi di protezione e di buona fede che derivano da qualunque contratto (e che a maggior ragione gravano su un contraente qualificato quale era la banca posta in l.c.a.), avrebbe dovuto bloccare ogni operatività nel momento in cui iniziarono a prodursi le prime significative perdite a seguito di una movimentazione (sia pure per la gran parte virtuale) di flussi di denaro che era comunque notevolmente superiore a quella delle dichiarate precedenti scelte di investimento del Ganassin ».
Per la cassazione di questa sentenza Intesa Sanpaolo s.p.a. ha proposto ricorso affidato a tre motivi. Ha resistito, con controricorso, NOME COGNOME mentre è rimasta solo intimata Veneto Banca s.p.a. in l.c.a. Entrambe le parti costituite hanno depositato memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, va disattesa l’istanza di rinvio della causa a nuovo ruolo, formulata da Intesa Sanpaolo s.p.a. ( cfr . memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ. datata 19 maggio 2025), al fine di consentirne la trattazione contestualmente ad altre, pure pendenti innanzi a questa Corte, aventi contenuto analogo.
L ‘odierna adunanza camerale, infatti, è stata fissata per la discussione (anche) di numerosi altri ricorsi recanti la stessa questione oggi posta dalle prime due doglianze della ricorrente: ciò proprio allo scopo di pronunciare decisioni che orientino quelle successive di questa Corte sul medesimo tema.
Tanto premesso, i primi due motivi di ricorso denunciano, rispettivamente, in sintesi:
« Violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3 e 4 del D.L. n. 99/2017, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. ». Si assume che la corte distrettuale ha « errato nel ritenere che le predette disposizioni normative, se correttamente interpretate, indichino come criterio discretivo tra le passività in contestazione cedute e quelle non cedute, la pendenza di una controversia al momento dell’apertura della procedura di liquidazione coatta amministrativa, a prescindere che ci si riferisca a rapporti ancora pendenti o a rapporti già estinti e, conseguentemente, non ha valutato nel merito il primo motivo d’impugnazione proposto da Intesa Sanpaolo concernente la prova dell’intervenuta estinzione del rapporto controverso prima della liquidatela di Veneto Banca »;
II) « Violazione o falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. ». Si deduce che la corte d’appello ha errato « nel ritenere che il contratto di cessione stipulato il 26 giugno 2017 tra Veneto Banca in L.c.a. e Intesa Sanpaolo s.p.a. indichi come criterio discretivo tra le passività in contestazione cedute e quelle non cedute, la pendenza di una controversia al momento dell’apertura della procedura di liquidazione coatta amministrativa, a prescindere che si riferisca a rapporti ancora pendenti o a rapporti già estinti e, conseguentemente, non ha valutato nel merito il primo motivo d’impugnazione proposto da Intesa Sanpaolo concernente la prova dell’intervenuta estinzione del rapporto controverso prima della liquidatela di Veneto Banca ».
2.1 Tali censure, scrutinabili congiuntamente stante la loro evidente connessione, pongono lo specifico problema riguardante il se, nelle cause pendenti alla data (26 giugno 2017) del contratto di cessione stipulato dai commissari liquidatori di Veneto Banca s.p.a. e Banca Popolare di Vicenza s.p.a. (per il prosieguo anche ‘ Banche Venete ‘) con Intesa Sanpaolo s.p.a., giusta l’art. 3, comma 1, del d.l. n. 99 del 2017 (convertito dalla legge n. 121 del 2017), ed aventi ad oggetto rapporti bancari già estinti alla data predetta, si verifica, o non, il subentro di Intesa Sanpaolo s.p.a. nella posizione
sostanziale e processuale delle banche medesime. In altri termini, occorre stabilire se quelle controversie rientrano nel cd. « Contenzioso pregresso » (cfr. parag. 3.1.2., sub lett. b], di detto contratto ) , in cui è sicuramente subentrata Intesa Sanpaolo s.p.a., oppure nel cd. « Contenzioso escluso » (cfr. parag. 3.1.4., sub lett. b], del medesimo contratto) in cui tanto non si è verificato.
2.2. È opportuno rimarcare, allora, che, su tale questione, si rinvengono contrapposti indirizzi ermeneutici nella giurisprudenza di merito, entrambi mossi dalla necessità di individuare l’oggetto della cessione attraverso l’interpretazione delle relative clausole del contratto del 26 giugno 2017.
Secondo alcune decisioni, le « Passività Incluse » presupporrebbero anzitutto la compresenza di tre requisiti, la funzionalità ed inerenza del rapporto all’esercizio dell’attività bancaria, la risultanza dalle scritture contabili e l’espressa individuazione, ma rimarrebbero altresì circoscritte ai soli contenziosi che, in presenza di tali requisiti, fossero pendenti alla data della cessione. Per conseguenza, rimarrebbe estraneo all’ambito delle « Passività Incluse » il contenzioso concernente rapporti estinti, in ragione della carenza del requisito dell’inerenza e funzionalità all’attività bancaria, giacché, come è stato osservato da un giudice di merito, « né sul piano della logica, né su quello della razionalità, né su quello dell’economia di banca può ragionevolmente sostenersi che le posizioni giuridiche passive derivanti da un rapporto già estinto alla data della cessione siano inerenti e funzionali nel senso indicato: si tratta, con evidenza, di situazioni giuridiche affatto sganciate dall’attività bancaria considerata in prospettiva futura e secondo la logica della cessione aziendale ». Viene rimarcato, insomma, che inerenza e funzionalità devono intendersi riferite non già all’attività bancaria considerata in astratto, ma alla sua concreta proiezione nella successiva attività della banca cessionaria.
Altre pronunce, conformi ad un orientamento che pare essere, però, ormai quantitativamente recessivo, sembrano intendere, invece, il punto vii ) dell’art. 3.1.2., lett. b) del menzionato contratto di cessione (« contenziosi civili … relativi a giudizi già pendenti alla Data di Esecuzione, diversi da
contro
versie » ivi menzionate) come autonoma voce di « Passività Inclusa » e non come sottoinsieme del contenzioso rispondente ai tre requisiti poc’anzi indicati: sicché il criterio discretivo volto a circoscrivere il perimetro della cessione sarebbe costituito dal solo dato temporale della pendenza della lite alla data di essa, il che ben si giustificherebbe in considerazione della conoscibilità della consistenza del contenzioso in atto a quella data. Quanto al requisito di inerenza e funzionalità all’esercizio dell’impresa bancaria, si sostiene che esso andrebbe inteso come riferito non alla concreta attività destinata ad essere svolta dalla banca cessionaria, bensì come indicativo dell’astratta riferibilità all’attività dell’impresa bancaria, sì da distingue rla dall’ambito di quei rapporti (contratti di utenza, di fornitura ecc.) che ad essa andrebbero reputati estranei: « Diversamente – è stato affermato in giurisprudenza non si sarebbe fatto riferimento sic et simpliciter all’esercizio dell’impresa bancaria, ma (…) all’esercizio dell’impresa bancaria di RAGIONE_SOCIALE.
2.3. Tanto premesso, ritiene il Collegio che la soluzione della questione posta dalla doglianza in esame richiede: i ) l’interpretazione della disciplina della cessione posta all’art. 3 del d.l. n. 99/2017 e lo spazio da essa riservato alla fonte autonoma costituita dall’ivi previsto, successivo contratto di cessione concluso dai stipulato dai commissari liquidatori di Veneto Banca s.p.a. e Banca Popolare di Vicenza s.p.a. con Intesa Sanpaolo s.p.a.; ii ) l’interpretazione del contratto di cessione stipulato fra Veneto Banca in l.c.a. e Intesa Sanpaolo s.p.a.; iii ) di stabilire la rilevanza giuridica del Secondo Accordo ricognitivo del gennaio 2018, stipulato dagli organi della procedura e la cessionaria dopo la cessione, alla stregua di materiale interpretativo del contratto di cessione oppure di accordo modificativo, in quest’ultimo caso ponendosi l’ulteriore interrogativo della s ua validità ed efficacia nei confronti di soggetti diversi dai contraenti.
2.4. Utili elementi per lo scrutinio della questione sottoposta suddetta si traggono dalla sentenza della Corte costituzionale n. 250 del 2022, la cui motivazione qui si richiama in toto ed in particolare laddove vi si afferma che l’art. 3 « del citato decreto-legge, al comma 1, stabilisce che i commissari
liquidatori provvedano a cedere al soggetto individuato ‘l’azienda, suoi singoli rami, nonché beni, diritti e rapporti giuridici individuabili in blocco, ovvero attività e passività, anche parziali o per una quota di ciascuna di esse, di uno dei soggetti i n liquidazione o di entrambi’ » . Il decreto-legge rimette dunque ad un successivo contratto la disciplina della cessione, contratto le cui disposizioni, ai sensi del comma 2 dello stesso art. 3, « hanno efficacia verso i terzi a seguito della pubblicazione da parte della Banca d’Italia sul proprio sito della notizia della cessione, senza necessità di svolgere altri adempimenti … ». Quella Corte prosegue rammentando che il decreto-legge, dopo aver stabilito « che ‘lla cessione non si applica quanto previsto ai sensi degli articoli 58, commi 1, 2, 4, 5, 6 e 7, salvo per quanto espressamente richiamato nel presente decreto, e 90, comma 2, del Testo unico bancario », precisa ancora « che ‘estano in ogni caso esclusi dalla cessione anche in deroga all’articolo 2741 cod. civ.: a) le passività indicate all’articolo 52, comma 1, lettera a), punti i), ii), iii) e iv), del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180; b) i debiti delle Banche nei confronti dei propri azionisti e obbligazionisti subordinati derivanti dalle operazioni di commercializzazione di azioni o obbligazioni subordinate delle Banche o dalle violazioni della normativa sulla prestazione dei servizi di investimento riferite alle medesime azioni o obbligazioni subordinate, ivi compresi i debiti in detti ambiti verso i soggetti destinatari di offerte di transazione presentate dalle banche stesse; c) le controversie relative ad atti o fatti occorsi prima della cessione, sorte successivamente ad essa, e le relative passività’. Il comma 2 dell’art. 3 chiari sce, fra l’altro, che ‘l cessionario risponde solo dei debiti ricompresi nel perimetro della cessione ai sensi del comma 1’ ». In breve, il decretolegge n. 99 del 25 giugno 2017, poi convertito, ha rimesso ai contraenti di determinare, sia pur nei cogenti limiti là prefissati, e con efficacia verso i terzi, l’ambito delle attività e passività cedute: il che i contraenti hanno fatto a mezzo del contratto stipulato il successivo 26 giugno 2017.
Dopodiché la Corte costituzionale ha pure puntualizzato, ed è un aspetto essenziale per il ragionamento che si va conducendo, che « l’art. 3 del d.l. n. 99 del 2017, come convertito, non è, di per sé, rivolto a regolare direttamente
tali rapporti, perché rimetteva ai commissari liquidatori e al cessionario individuato di determinare l’oggetto della cessione, e cioè se si dovesse trasferire l’azienda, suoi singoli rami, ovvero beni, diritti e rapporti giuridici individuabili in blocco, oppure attività e passività, anche parziali o per quote, ponendo però ai contraenti un limite oggettivo e inderogabile, in forza del quale dovevano restare ‘in ogni caso esclusi’ dal trasferimento le passività e i debiti elencati nelle lettere a), b) e c). La individuazione della legittimazione passiva in capo alla convenuta Intesa Sanpaolo spa, o, meglio, della riferibilità ad essa della titolarità sostanziale della posizione giuridica cui inerisce la pretesa dedotta in giudizio, non discende, quindi, dalla necessaria e immediata applicazione delle norme di legge … quanto dall’ambito oggettivo del programma obbligatorio regolato dalle parti del contratto di cessione » .
Ed ancora, soffermandosi sull’inquadramento del rapporto tra fonte legale e negoziale della cessione, la pronuncia della Corte costituzionale evidenzia che « il contratto di cessione perfezionato in data 26 giugno 2017 fra le due Banche venete in liquidazione e Intesa Sanpaolo spa … richiamava in premessa la manifestazione di interesse di quest’ultima … del 21 giugno 2017, limitata all’acquisto ‘ di certe attività, passività e rapporti giuridici facenti capo a BP Vicenza e Veneto Banca ‘ … in ragione dell’aspettativa della banca cessionaria di non caricarsi di passività non gradite … Le disposizioni dettate dal d.l. n. 99 del 2017 … possono, pertanto, essere qualificate come ‘norme -provvedimento’: esse si occupano di un singolo contratto, in quanto incidono sulla sola convenzione di cessione tra i commissari liquidatori delle due Banche venete in LCA e il soggetto individuato ai sensi dell’art. 3, comma 3, disciplinano un numero limitato di fattispecie e rivelano un contenuto concreto, ispirato da particolari esigenze, ponendo per tale singolo evento regole specifiche innovative nel sistema legislativo vigente ».
Ne emerge la peculiarità del complesso congegno in esame, tale da comportare, appunto, l’introduzione di « regole specifiche innovative nel sistema legislativo vigente », articolatosi, secondo l’ordine cronologico, ed in un ristrettissimo arco temporale, attraverso: i ) gli « accordi già intercorsi » e le « pregresse pattuizioni » tra le parti; ii ) il decreto legge, che di tali accordi
e pattuizioni ha tenuto conto, devolvendo al contratto la delimitazione dell’ambito della cessione, nel rispetto dei paletti fissati dalla norma; iii ) il contratto che, sulla scia, ha disegnato, con efficacia verso i terzi, i confini della cessione.
2.5 . Ora, nell’intrecciarsi del dato normativo con quello negoziale, occorre prendere atto che l’ambito della cessione, che pure è per taluni aspetti definito già in sede di decreto-legge, è, per quanto rileva in questa sede, fissato in via esclusiva dal contratto. E cioè, basta già il decreto-legge ad affermare, ad esempio, che sono escluse dalla cessione « le riserve e il capitale rappresentato da azioni, anche non computate nel capitale regolamentare, nonché dagli altri strumenti finanziari computabili nel capitale primario di classe 1 » (art. 52, comma 1, lett. a , punto i , d.lgs. n. 180 del 2015, richiamato dall’art. 3 qui in esame); a stabilire, invece, quale sia la sorte dei rapporti estinti alla data della collocazione delle due banche in liquidazione coatta amministrativa non basta il decreto-legge, ma occorre il contratto; e ciò perché, alla luce del congegno come sopra delineato, che ha attribuito alle parti il potere di determinare l’ambito della cessione, entro limiti normativamente fissati, riconoscendo che « il cessionario risponde solo dei debiti ricompresi nel perimetro della cessione », è evidentemente da escludere che la previsione secondo cui sono escluse dalla cessione, ai sensi del cit. art. 3, « le controversie relative ad atti o fatti occorsi prima della cessione, sorte successivamente ad essa, e le relative passività » possa essere intesa nel senso che, a contrario , sono viceversa incluse nella cessione le medesime controversie qualora sorte anteriormente ad essa: questo è un ragionamento che in modo piano avrebbe potuto svolgersi, ubi lex voluit dixit ubi noluit tacuit , se si fosse trattato di interpretare l’art. 3 sulla base delle regole di interpretazione normativa, ma il dispositivo che abbiamo dinanzi si riassume all’opposto in ciò, che il decreto-legge individua con efficacia cogente taluni rapporti, i quali « restano in ogni caso esclusi dalla cessione », ma rimette invece ai contraenti, la cui volontà va invece interpretata secondo le regole di ermeneutica contrattuale, l’individuazione di quanto ulteriormente escluso e per converso ricompreso nella cessione.
2.6. È corretto affermare, quindi, che, per individuare ciò che in concreto è stato ceduto e, pertanto, verificare la sussistenza, o meno, della legittimazione passiva di Intesa Sanpaolo s.p.a., occorre guardare al contratto di cessione.
È quindi essenziale far risaltare, in proposito, che la sottolineata peculiarità dell’articolato congegno sottoposto all’esame di questa Corte, realizzato, in sintesi, attraverso gli « accordi già intercorsi » e le « pregresse pattuizioni » di cui si è detto, con la successiva adozione del decreto-legge, che, per un verso, ha delegato al contratto medesimo di determinare quanto rientrante nel perimetro della cessione e, per altro verso, ha reso esso contratto efficace nei confronti dei terzi, ed infine attraverso la vera e propria stipulazione a cascata di quest’ultimo, congegno che ha così dato vita, si ripete, a « regole specifiche innovative nel sistema legislativo vigente » ( cfr . Corte cost. 225 del 2022), rende manifesto che il decreto-legge ha inteso impiegare il contratto quale strumento di attuazione del programmato intervento normativo, rendendolo così implicitamente ma ineluttabilmente suscettibile di diretta interpretazione da parte della Corte di cassazione.
Alteris verbis , quello stipulato il 26 giugno 2017 dai commissari liquidatori delle menzionate Banche Venete ed Intesa Sanpaolo s.p.a. è sì un contratto, e non una fonte normativa, ma è nondimeno un contratto sui generis , che si intreccia con il dato normativo, il quale riflette a propria volta i pregressi accordi e pattuizioni e conferisce al contratto efficacia rispetto ai terzi, affidando ai contraenti di stabilire cosa rientri, o non, nel perimetro della cessione: il contratto intercorso tra i commissari liquidatori ed Intesa Sanpaolo S.p.A. costituisce così espressione dell’autonomia negoziale degli stipulanti, e dunque rientra nella nozione di contratto accolta dall’art. 1321 c.c., suscettibile di interpretazione secondo i criteri dell’interpretazione contrattuale, ma incide altresì sulla regolamentazione di un’ampia pluralità di rapporti, tra l’altro numericamente elevata, quelli che in precedenza intrattenevano le Banche Venete, con conseguente esigenza – al pari, può dirsi a fini esplicativi, di quanto accade per i contratti collettivi cui si riferisce il numero 3 dell’articolo 360, comma 1, cod. proc. civ. – dell’adozione di
modalità interpretative tali da garantire uniformità applicativa, necessaria affinché il congegno adottato non fallisca il suo compito di fondare la compiuta regolazione di detti rapporti.
2.7. Tanto premesso, fermo quanto si è già detto sul significato da attribuirsi all’espressione « Restano in ogni caso esclusi dalla cessione … le controversie relative ad atti o fatti occorsi prima della cessione, sorte successivamente ad essa, e le relative passività » ( cfr . art. 3, comma 1, lett. c] del d.l. n. 99 del 2017), e considerato che il comma 2 del medesimo decreto legge sancisce che « Il cessionario risponde solo dei debiti ricompresi nel perimetro della cessione ai sensi del comma 1 », le disposizioni del contratto di cessione del 26 giugno 2017 che qui interessano sono quelle del suo art. 3 nella parte in cui, dopo aver definito il perimetro del cd. Insieme aggregato (ricomprendendo in esso le Attività Incluse e le Passività Incluse di Banca Popolare di Vicenza s.p.a. e di Veneto Banca s.p.a.), stabilisce:
i ) all’art. 3.1.2., lett. b) , che, per ‘Passività Incluse’ si intendono i singoli debiti, passività, obbligazioni e impegni, di BPVI e VB che derivano da rapporti inerenti e funzionali all’esercizio dell’impresa bancaria, sono regolarmente evidenziati nella contabilità aziendale e sono individuati e precisamente indicati per categoria nel prospetto qui allegato sub Allegato D , tra cui, in particolare: vii) i contenziosi civili (e relativi effetti negativi, anche per oneri e spese legali) relativi a giudizi già pendenti alla Data di Esecuzione, diversi da controversie con azionisti delle Banche in LCA e con obbligazionisti convertibili e/o subordinati che abbiano aderito, non abbiano aderito ovvero siano stati esclusi dalle offerte di transazione presentate dalla Banche in LCA e dai c.d. ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (di seguito il ‘Contenzioso Pregresso’) nonché i relativi fondi »;
ii ) all’art. 3.1.4., che « Restano in caso esclusi dall’oggetto del presente Contratto e, pertanto, non fanno né faranno parte dell’Insieme Aggregato e non sono né potranno essere acquisite da (né trasferite a) ISP, le Attività Escluse e le Passività Escluse sia di BPVI sia di VB» ;
iii ) all’art. 3.1.4., lett. b) , che « per ‘Passività Escluse’ si intende ogni passività, obbligazione (anche in relazione a contratti derivati), debito,
sopravvenienza passiva, insussistenza di attivo, minusvalenza, perdita, danno, impegno (anche di firma) responsabilità (anche solidale), rischio o elemento negativo (anche per Contenzioso in essere, minacciato o possibile), onere, costo (anche per consulenza e difesa) di qualsiasi tipo, natura e ammontare, attuale o potenziale, liquida o illiquida, diretta o indiretta, che, indipendentemente dal fatto che in futuro ISP ne sia o meno a conoscenza ovvero sia dalla stessa conosciuta o conoscibile, sia sorta o posa sorgere a carico di ISP per effetto del trasferimento delle Attvità Incluse e delle Passività Incluse, anche per effetto di legge, di regolamento o di ordine di qualsiasi Autorità in conseguenza dell’attività di BPVI e/o VB svolta in passato e sino alla Data di Esecuzione, e comunque che, ancorché inerenti e funzionali all’impresa bancaria, non siano correttamente evidenziate nella contabilità aziendale ovvero non siano considerate come Passività Incluse. A titolo esemplificativo, ma non esaustivo, costituiscono Passività escluse e, quindi, non faranno parte dell’Insieme Aggregato e non saranno trasferiti a ISP: ; vi) qualsiasi Contenzioso (e relativi effetti negoziali, anche per oneri e spese legali), anche se riferibili ad Attività Incluse e e/o a Passività Incluse, diverso dal Contenzioso Pregresso (di seguito il ‘Contenzioso Escluso’), nonché i relativi fondi »;
iv ) che, « Per evitare equivoci, si precisa che le situazioni passive, attuali e potenziali, anche litigiose, che (x) non siano riferite ad Attività Incluse, Passività Incluse e in genere a rapporti giuridici ceduti e (y) alla data odierna non siano già oggetto di Contenzioso Pregresso, sono e dovranno essere considerati come esclusi dall’Insieme Aggregato e come rientranti, secondo il caso, tra le Attività Escluse e/o le Passività Escluse e in genere ai rapporti giuridici non ceduti ».
Orbene, alla stregua dell’appena riportata e puntuale disciplina contrattuale (efficace nei confronti dei terzi – giova ribadirlo – giusta l’art. 3, comma 2, del d.l. n. 99 del 2017), è chiarissimo, stante il suo complessivo tenore letterale, che, al fine di stabilire se i debiti derivanti rapporti (come quello di cui oggi si discute) cessati in data antecedente all’apertura (avvenuta il 25 giugno del 2017) della liquidazione coatta amministrativa di
Veneto Banca s.p.a. e Banca Popolare di Vicenza s.p.a., siano, o meno, da intendersi ricompresi nel « Contenzioso pregresso » (ricompreso nelle Passività Incluse e quindi trasferite ad Intesa Sanpaolo s.p.a.) o nel « Contenzioso escluso » (facente parte delle Passività escluse , come tali non trasferite alla cessionaria), non è sufficiente il mero dato temporale della sola pendenza della corrispondente lite al momento (26 giugno 2017) della stipulazione del Contratto di cessione , essendo richiesto, altresì, per avvalorare la risposta positiva a quell’interrogativo, che si tratti di debiti che « derivano da rapporti inerenti e funzionali all’esercizio dell’impresa bancaria ».
Si tratta di un’espressione di contenuto non del tutto univoco, che per questo ha prestato il fianco al già ricordato contrasto nella giurisprudenza di merito. La detta relazione di inerenza e funzionalità è stata difatti intesa avendo ora riguardo alla categoria generale e astratta dei rapporti bancari, come relativa all’esercizio del credito e alla raccolta del risparmio, ora avendo riguardo al singolo rapporto contrattuale, valorizzandosi la funzionalità del rapporto stesso rispetto all’attività bancaria che il cessionario è chiamato a svolgere in ragione del trasferimento in blocco. In realtà, solo la seconda opzione ermeneutica trova giustificazione sul piano logico ed è da considerarsi realmente rappresentativa dell’intenzione dei contraenti oggettivat a in contratto e, per questa via, al significato oggettivo della dichiarazione.
Deve difatti considerarsi che la previsione contrattuale ha riguardo non all’« attività bancaria » e cioè a quella speciale attività tipologicamente integrata dalla raccolta di risparmio tra il pubblico e dall’esercizio del credito (art. 10 t.u.b.), ma all’impresa bancaria: e l’impresa in questione si identifica, sul piano oggettivo, con l’azienda (in quella parte dell’azienda) oggetto di cessione. Tutti i rapporti che fanno capo all’impresa, indipendentemente dal fatto che siano riferibili alla tipica attività bancaria, risultano « inerenti e funzionali » ad essa, nel senso che rientrano nell’azienda, intesa come universitas comprendente beni materiali e immateriali, diritti, obblighi e rapporti giuridici unificati dalla destinazione al fine comune dell’esercizio dell’impresa: da questo punto di vista è priva di fondamento l’idea per cui un rapporto di conto corrente sia compreso nella cessione dell’azienda bancaria
e un rapporto di fornitura di beni strumentali allo svolgimento dell’attività bancaria invece non lo sia; entrambi sono rapporti aziendali e, come tali, risultano essere inerenti e funzionali all’esercizio dell’impresa bancaria intesa nella sua tipicità.
La soluzione interpretativa che fa leva sull’inerenza e funzionalità delle passività alla categoria dei rapporti bancari non può dunque seguirsi: essa trascura di valutare che le parti non hanno considerato l’attività bancaria, quanto piuttosto l’impresa b ancaria, e omette pure di tener presente che la dimensione oggettiva di questa, l’azienda, è per definizione (art. 2555 c.c.) comprensiva di tutti i rapporti che sono inerenti e funzionali all’esercizio dell’impresa stessa. In altri termini, la previsione, nella richiamata accezione di significato, risulterebbe inutile, in quanto iterativa della disciplina normativa.
Si deve allora credere che con la locuzione più volte ricordata le parti abbiano inteso far riferimento a quei rapporti che, oltre ad essere inclusi nei rapporti aziendali, rilevino finalisticamente per lo svolgimento della specifica attività di impresa della cessionaria: che cioè le passività oggetto di trasferimento debbano inscriversi in rapporti che, per non essersi esauriti alla data della cessione, debbano per tale ragione reputarsi funzionali all’esercizio dell’impresa bancaria di Intesa Sanpaolo RAGIONE_SOCIALE
Tale conclusione è del resto coerente con l’interesse manifestato da Intesa Sanpaolo nei confronti dell’operazione di « salvataggio » delle Banche Venete: interesse, come già accennato, consistente nel rafforzamento come realtà operativa sul mercato creditizio, come si desume dalle premesse del contratto di cessione, ove è spiegato che l’obiettivo della cessionaria è quello di assicurare una maggiore sua presenza sul territorio e di « estrarre valore dall’acquisizione attraverso l’applicazione delle best practice del Gruppo RAGIONE_SOCIALE in tutti gli ambiti di attività, anche recuperando la fiducia nella clientela nei confronti della ‘nuova’ realtà bancaria operativa », contribuendo alla salvaguardia dei livelli occupazionali.
Ribadito, pertanto, che il contratto lasciava all’autonomia delle parti contraenti di accordarsi in relazione all’ambito della cessione (con il solo limite
di cui all’art. 3, comma 1, del d.l. n. 99 del 2017, del cui significato si è detto in precedenza), è palese che il riferimento a debiti che « derivano da rapporti inerenti e funzionali all’esercizio dell’impresa bancaria », non può che essere interpretato nella prospettiva dell’istituto di credito cessionario, privilegiando, cioè, non già un concetto astratto di inerenza e funzionalità del rapporto all’attività bancaria, bensì, una funzionalità all’effettivo e concreto svolgimento dell’attività bancaria da parte del cessionario medesimo. Diversamente, del resto, nemmeno si spiegherebbe il motivo per cui dalla cessione sono stati esclusi i rapporti in sofferenza: sarebbe poco coerente, invero, che, nella specie, la cessionaria, non subentrata nei rapporti in atto in cui il debitore non era un buon pagatore, rapporti che è difficile dire non ineriscano all’esercizio dell’impresa bancaria (tutte le banche, infatti, hanno rapporti in sofferenza), lo sia, invece, nelle obbligazioni restitutorie dell’indebito e/o ri sarcitorie concernenti rapporti già estinti al momento della cessione medesima.
2.8. In definitiva, quindi, deve opinarsi che già dalla lettura del riportato testo contrattuale, nelle parti qui di concreto interesse, potesse ricavarsi senza ostacoli eccessivamente ardui che il criterio della pendenza della lite non è l’unico individuato dai contraenti per considerare la relativa passività come « inclusa » nell’ Insieme Aggregato ceduto ad Intesa Sanpaolo s.p.a.
In quest’ottica, le Passività Incluse di cui al punto vii ) dell’art. 3.1.2. ( b ) – e cioè i contenziosi pendenti diversi da quelli promossi da azionisti e/o obbligazionisti subordinati delle Banche Venete costituiscono solo una esemplificazione (« tra cui ») delle passività cedute ad Intesa Sanpaolo s.p.a., le quali devono tutte, in ogni caso ed a monte, presentare le caratteristiche definite dall’ incipit della disposizione in questione: e cioè, le « passività che derivano da rapporti inerenti e funzionali all’esercizio dell’impresa bancaria » della cessionaria.
Del resto, altra conferma del fatto che qualsiasi contenzioso avente ad oggetto rapporti estintiti deve ritenersi escluso dalla cessione si trae anche da altre disposizioni, già precedentemente riportate, del contratto di cessione. In particolare: i ) l’art. 3.1.4., ultimo periodo, laddove esclude il subentro di
Intesa Sanpaolo s.p.a. in contenziosi che non siano già pendenti e che non abbiano ad oggetto « Attività Incluse », « Passività Incluse » e, in genere, rapporti ad essa ceduti; ii ) l’art. 3.1.2. (a), secondo cui per « Attività Incluse » (e quindi cedute ad Intesa Sanpaolo) si devono intendere beni, cespiti e rapporti della LCA « che sono considerati e utilizzati come funzionali all’esercizio dell’impresa bancaria », con ciò specificandosi ulteriormente che è alla funzionalità dell’impresa bancaria della cessionaria che hanno guardato i contraenti nell’individuare i rapporti in cui questa sarebbe subentrata. Nella categoria delle « Attività Incluse» sono ricompresi i « rapporti di conto corrente »: è evidente che questi, prima ancora di (e per) essere « funzionali all’esercizio dell’impresa bancaria » di Intesa Sanpaolo s.p.a., nell’ottica della continuità aziendale, dovevano essere rapporti bancari ancora in corso (« vivi » e operativi) alla data della cessione.
Inoltre, nell’allegato D al contratto di cessione, si rinviene una ulteriore conferma della esclusione dalla cessione ad Intesa Sanpaolo s.p.a. dei rapporti «estinti» prima del 26 giugno 2017, laddove indica, rispettivamente, i « Crediti verso clientela » e i « Debiti verso clientela », tale (cioè Clientela ) potendo essere solo quella intestataria di contratti in corso.
2.9. Da ultimo, la definitiva conferma del fatto che qualsiasi contenzioso avente ad oggetto rapporti estintiti deve ritenersi escluso dalla cessione si trae anche dal comportamento delle parti successivo al contratto di cessione, la cui mancata, o comunque inesatta, considerazione integra una violazione dell’art. 1362, comma 2, cod. civ.
Invero, nel Secondo Accordo Ricognitivo stipulato in data 17 gennaio 2018, l’esclusione dalla cessione dei contenziosi relativi a rapporti estinti (sancita al punto 4 dell’Allegato 1.1) è stata ribadita dai commissari liquidatori delle due Banche Venete in l.c.a. e da Intesa Sanpaolo s.p.a. con efficacia, appunto, meramente ricognitiva (e, proprio per tale ragione, munita della medesima efficacia verso i terzi attribuita dall’art. 3 del d.l. n. 99 del 2017 al contratto di cessione) degli accordi già sanciti e desumibili dall’interpretazione del contratto di cessione qui considerata conforme a legge.
In conclusione, ritiene questo Collegio che, correttamente applicando i principi di ermeneutica contrattuale, l’unica lettura possibile del contratto di cessione de quo è quella per cui la pendenza della lite non può ritenersi un criterio sufficiente, da solo, per reputare un rapporto incluso nel perimetro della cessione ad Intesa Sanpaolo s.p.a., in quanto una passività, benché oggetto di un contenzioso pendente al 26 giugno 2017, ben potrebbe non integrare il requisito della inerenza e funzionalità all’im presa bancaria della odierna controricorrente. A tale conclusione nemmeno osta il rilievo – svolto in alcune decisioni di merito – che Intesa Sanpaolo s.p.a. abbia percepito somme dallo Stato in relazione alla cessione di cui si discute e tanto non si giustificherebbe ove quei rapporti estinti fossero davvero fuori della cessione. Trattasi, invero, di un argomento chiaramente suggestivo, destinato a cadere, tuttavia, di fronte alla constatazione che, come si è cercato di spiegare, l’ambito della cessione de ve essere desunta dal contratto, riguardo al quale quella considerazione non ha alcuno spazio, nel senso che non si colloca nell’ambito delle norme di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ.
2.10. Esigenze di completezza, infine, impongono di rimarcare che, quantunque in un contesto diverso, già Cass. n. 35820 del 2023 ha affermato, respingendo l’ivi formulato secondo motivo di ricorso, che « la disposizione di cui all’art. 3, primo comma, lett. c), del d.l. n. 99 del 2017, nell’escludere dalla cessione le controversie relative ad atti o fatti occorsi prima della cessione, sorte successivamente ad essa, e le relative passività non consente di ritenere sussistente il subentro nel rapporto controverso dalla Intesa Sanpaolo s.p.a., venendo in rilievo fatti intervenuti prima della cessione che vengono posti a fondamento di una pretesa creditoria fatta valere in giudizio in epoca successiva alla cessione medesima ».
Non può darsi seguito ulteriore, poi, alla pronuncia resa da Cass. n. 17824 del 2023, le cui conclusioni sono state sostanzialmente confermate dalla più recente Cass. n. 2785 del 2025. Ciò sia per la peculiarità delle concrete fattispecie che ne costituiva no l’oggetto (la successione ex latere debitoris in titoli esecutivi formatisi contro Veneto Banca s.p.a. o Banca Popolare di Vicenza s.p.a.), sia, soprattutto, per l’essere mancato, in quelle sedi, l’esame
della disciplina del contratto di cessione intercorso tra i commissari liquidatori di Veneto Banca s.p.a. e Banca Popolare di Vicenza s.p.a. con Intesa Sanpaolo s.p.a. sotto il particolare profilo della inerenza e funzionalità all’esercizio dell’impresa ba ncaria dei rapporti in relazione ai quali si erano formati quei titoli esecutivi. Basta considerare, infatti, che Cass. n. 2785 del 2025, espressamente dichiarando di porsi nel solco tracciato da Cass. n. 17824 del 2023, ha inteso « ribadire che la sentenza, che sia stata emessa nei confronti di Veneto Banca in l.c.a. dopo la cessione del rapporto litigioso, benché inopponibile a Veneto Banca ed agli organi della procedura concorsuale cui essa è assoggettata, è comunque opponibile alla cessionaria Intesa Sanpaolo (anche se quest’ultima non sia intervenuta in corso di giudizio). Tanto è, infatti, in linea con l’art. 3, comma 1 del suddetto d.l. n. 99/2017, che delimita con chiarezza il perimetro della cessione dell’azienda, dei suoi rami, ivi compresi passività e rapporti giuridici, con la sola esclusione, per quanto interessa in questa sede, delle controversie indicate alla lett. c) ‘relative ad atti o fatti occorsi prima della cessione, sorte successivamente ad essa, e relative passività’. Dunque, a contrario, le ragioni di credito oggetto del contenzioso e, quindi, delle controversie sorte anteriormente sono comprese nella cessione, con efficacia nei confronti dei terzi a far data dalla pubblica zione sul sito della Banca d’Italia della notizia della cessione stessa ».
È evidente, allora, che, così opinando, si è ritenuto che il perimetro concreto della cessione predetta sia stato delineato direttamente dal legislatore con il d.l. n. 99/2017 in una previsione (art. 3, comma 1, lettera c) , che, invece, in realtà, come confermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 250 del 2022 e per quanto si ampiamente detto in precedenza, svolgeva l’unica funzione di vietare la cessione di una determinata categoria di passività, lasciando, poi, all’autonomia delle parti contrae nti la concreta determinazione del perimetro della cessione suddetta.
Inoltre, Cass. n. 17824 del 2023 ha considerato inammissibili tutte le censure ivi formulate invocando la violazione degli artt. 1362 e ss. cod. proc. civ. assumendo che con le stesse, « -lungi dal dimostrare, in armonia con la giurisprudenza di questa Corte sui limiti e le modalità di rilevanza
dell’ermeneutica contrattuale nel giudizio di legittimità, che il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali o che li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti -la ricorrente contrappone la propria interpretazione a quella accolta nella sentenza impugnata, la quale non è soltanto plausibile, ma anche corretta per le ragioni già precedentemente esposte con riguardo al primo e al secondo motivo ». In tal modo, dunque, la stessa ha mostrato di non tenere in adeguata considerazione la natura assolutamente sui generis – per le ragioni già spiegate in precedenza – del contratto di cessione stipulato il 26 giugno 2017 dai commissari liquidatori delle menzionate Banche Venete ed Intesa Sanpaolo s.p.a., che, sebbene da interpretarsi alla stregua degli articoli 1362 e ss. cod. civ., consente comunque a questa Corte di interpretarlo direttamente, allo stesso modo in cui interpreta i contratti collettivi nazionali di lavoro sulla base del numero 3 dell’articolo 360 cod. proc. civ ., rendendo possibile, così, in sede di legittimità, l’interpretazione delle sue clausole in base alle norme codicistiche di ermeneutica negoziale come criterio interpretativo diretto e non come canone esterno di commisurazione dell’esattezza e della congruità della motivazione.
2.11. La sentenza oggi impugnata, nel l’opinare che , « A prescindere da ogni considerazione sulla vigenza del rapporto contrattuale tra il RAGIONE_SOCIALE e Veneto Banca al momento della messa in liquidazione coatta amministrativa di quest’ultima, rileva il Collegio che la controversia tra investitore ed istituto di credito era già pendente quando è entrato in vigore il d.l. n. 99/2017 » e che, « In definitiva, ciò che conta ai fini del subentro è la presenza di un contenzioso civile pendente il momento dell’accesso alla procedura concorsuale; perciò solo il contenzioso ed il rapporto sottostante vanno ricompresi nella cessione ad Intesa Sanpaolo », ha chiaramente ritenuto irrilevante qualsivoglia indagine concernente l’essere ancora in corso, o non, alla data di esecuzione del contratto di cessione del 26 giugno 2017, i rapporti dedotti in lite, conseguentemente non valutando il merito del primo motivo d’impugnazione ivi proposto da Intesa Sanpaolo s.p.a., concernente la prova dell’ asserita intervenuta estinzione di quei rapporti prima della sottoposizione a liquidazione coatta amministrativa di Veneto Banca s.p.a. Una tale
pronuncia, dunque, si rivela assolutamente in contrasto con l’interpretazione del menzionato contratto di cessione oggi fornita da questa Corte relativamente ai rapporti bancari già estinti alla data di quest’ultimo.
Pertanto, le censure in esame devono essere accolte, contestualmente enunciandosi il seguente principio di diritto:
« In tema di controversie intraprese da o contro Veneto Banca s.p.a. o Banca Popolare di Vicenza s.p.a., poi sottoposte a liquidazione coatta amministrativa durante i rispettivi giudizi, non si verifica il subentro di Intesa Sanpaolo s.p.a. nella posizione sostanziale e processuale delle banche suddette nelle liti pendenti alla data (26 giugno 2017) del contratto di cessione stipulato dai commissari liquidatori di quelle banche con Intesa Sanpaolo s.p.a., giusta il d.l. n. 99 del 2017 (convertito dalla legge n. 121 del 2017), ed aventi ad oggetto rapporti bancari già estinti alla data predetta, atteso che tali rapporti rientrano tra quelli di cui al cd. ‘Contenzioso escluso’ previsto nel menzionato contratto ».
Il terzo motivo di ricorso, -rubricato « Violazione e falsa applicazione dell’art. 1227 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. » e volto a contestare alla corte lagunare di avere omesso l’esame di un fatto decisivo della controversia e cioè la circostanza che il RAGIONE_SOCIALE operava autonomamente senza l’intermediazione della Banca, la quale non aveva alcun obbligo giuridico di bloccare l’operatività del c liente, e quindi la conseguente esclusione del nesso di causalità o del concorso colposo dell’attore nella causazione del danno ai sensi dell’art. 1227 cod. civ . -può considerarsi assorbito.
In conclusione, il ricorso di Intesa Sanpaolo s.p.a. deve essere accolto, nei sensi di cui si è detto, limitatamente ai suoi primi due motivi, dichiarandosene assorbito il terzo. La sentenza impugnata, pertanto, deve essere cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso di Intesa Sanpaolo s.p.a., nei sensi di cui in motivazione, limitatamente ai suoi primi due motivi, dichiarandone assorbito il terzo.
Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile