Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 28771 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 28771 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/10/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n.
17727/2024 r.g., proposto da
NOME , rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE lRAGIONE_SOCIALEc.aRAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME;
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME.
contro
ricorrenti
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Venezia n. 10/2024 pubblicata in data 16/02/2024, n. r.g. 546/2019.
Udita la relazione svolta all’udienza e nella camera di consiglio del giorno 24/09/2025 dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME;
Viste le conclusioni scritte depositate dal P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO.
Udita la discussione dei difensori delle parti.
OGGETTO: istituto di credito – l.c.a. acquisto del compendio effetti – art. 3 d.l. n. 99/2017
FATTI DI CAUSA
1.- NOME COGNOME, dipendente di RAGIONE_SOCIALE in qualità di dirigente dal 2008 e dal 2010 con funzioni di responsabile divisione crediti, in data 16/11/2015 era stato licenziato per giusta causa sulla base della contestazione disciplinare del 29/10/2015, con cui gli era stato addebitato di avere omesso la puntuale rappresentazione all’organo deliberante di una serie di elementi informativi essenziali contenuti nella documentazione istruttoria relativa a nove fidi, impedendo in tal modo la corretta valutazione del merito creditizio di controparte, nonché di avere avuto un ruolo attivo nel perfezionamento di alcune di tali illegittime operazioni, come quella di cinque milioni di euro con RAGIONE_SOCIALE
Sosteneva che il licenziamento era frutto della volontà di epurare i vertici operativi e di ripristinare in tal modo l’immagine della banca a seguito delle note vicende che avevano avuto ampia eco sulla stampa. Deduceva di essere sempre stato estraneo alla gestione anomala del credito praticata presso la banca, sicché gli addebiti erano infondati.
Adi va il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE per ottenere l’accertamento del carattere ingiustificato del licenziamento e la condanna della banca al pagamento in suo favore dell’indennità sostitutiva del preavviso e dell’indennità supplementare nelle misure massime previste dal CCNL.
2.- Costituitosi il contraddittorio, il processo veniva interrotto per la sottoposizione della banca a liquidazione coatta amministrativa ai sensi del d.l. n. 99/2017 e dei relativi provvedimenti attuativi.
La causa veniva riassunta nei confronti del commissario liquidatore di RAGIONE_SOCIALE l.c.a. e di RAGIONE_SOCIALE quale successore a titolo particolare ex art. 111 c.p.c.
3.- Ricostituitosi il contraddittorio, con sentenza non definitiva n. 229/2018 il Tribunale rigettava le eccezioni di nullità del ricorso in riassunzione e di improcedibilità della domanda nei confronti della banca in l.c.a. limitatamente a quella di accertamento dell’illegittimità del licenziamento. Rigettava altresì l’eccezione di difetto di legittimazione passiva di RAGIONE_SOCIALE, in quanto tardivamente sollevata e comunque infondata, posto che il ricorso giudiziario era stato proposto in data 13/06/2016, sicché il giudizio era pendente alla data di stipula (26/06/2017) e di esecuzione (28/06/2017) del
contratto di cessione aziendale, del quale dovevano applicarsi le disposizioni relative al ‘contenzioso’ e non quelle relative ai ‘rapporti contrattuali in essere coi dipendenti’. Al riguardo escludeva che potesse essere opposto al ricorrente il ‘secondo accordo ricognitivo della cessione’ stipulato in data 17/01/2018.
Poi, con sentenza definitiva n. 335/2018, il Tribunale dichiarava illegittimo il licenziamento per insussistenza della giusta causa e condannava RAGIONE_SOCIALE a pagare al ricorrente l’indennità di preavviso liquidata in euro 312.000,00 e l’indennità supplementare liquidata in sette mensilità, pari ad euro 257.000,00.
4.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello accoglieva il gravame principale interposto da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.p.A. e quello incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE S.p.A. in l.c.a. e per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava la prima carente di legittimazione passiva e improcedibile la domanda nei confronti della seconda; rigettava il gravame incidentale proposto da NOME COGNOME e condannava quest’ultimo a restituire a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE S.p.A. le somme riscosse in esecuzione della sentenza di primo grado.
Per quanto ancora rileva in questa sede, i passaggi salienti della sentenza della Corte territoriale sono i seguenti:
come già affermato in precedenti sentenze nn. 645/2021 e 682/2021, con il ‘secondo accordo integrativo’ del gennaio 2018, di natura interpretativa, era stato precisato con l’allegato 1 che, al punto 1, per ‘contenzioso pregresso’, come tale oggetto di cessione ai sensi dell’art. 3.1.2., lett. b), VII del contratto di cessione, doveva intendersi il ‘contenzioso giudiziale civile passivo pendente al 26 giugno in qualunque stato e grado, da chiunque promosso, escluso il contenzioso pendente di cui ai punti 2, 3, 4, 10 e fatto salvo quanto previsto al punto 12 ‘ ;
al punto 4 era previsto come ‘contenzioso escluso’ dalla cessione il contenzioso giudiziale civile passivo pendente al 26 giugno relativo / connesso a ‘rapporti estinti’;
al punto 12 era previsto che per il ‘contenzioso giuslavoristico’ valevano i medesimi criteri del ‘contenzioso civile’ e le parti
precisavano che ‘le regole definite per il contenzioso civile con riferimento ai ‘rapporti estinti’ valgono, nel contenzioso giuslavoristico, per i dipendenti il cui rapporto sia cessato per qualsivoglia ragione prima del trasferimento dell’insieme aggregato a RAGIONE_SOCIALE‘, ossia prima della cessione del 24/06/2017;
al punto ‘D’ delle premesse del predetto atto le parti chiariscono il proprio intento, da cui si ricava chiaramente la natura di tale accordo in termini di interpretazione autentica della cessione del giugno 2017;
nel caso in esame il rapporto di lavoro di NOME COGNOME è pacificamente cessato prima del trasferimento del c.d. insieme aggregato a RAGIONE_SOCIALE, sicché è senza dubbio escluso dalla cessione del 2017, con conseguente carenza di legittimazione passiva di tale banca;
l’eccezione di carenza di legitimatio ad processum e di difetto della titolarità della posizione giuridica integra una mera difesa, sicché non soggiace alle preclusioni proprie del rito del lavoro e può essere rilevata anche d’ufficio dal giudice, come insegna Cass. n. 23721/2021 e Cass. sez. un. n. 2951/2016, se risultante dagli atti di causa, come nella specie;
in ogni caso l’eccezione non era tardiva in quanto era stata sollevata da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE solo all’udienza del 28/03/2018 poiché il ‘secondo accordo ricognitivo’ era intervenuto soltanto il 28/01/2018 e quindi dopo il ricorso del 13/06/2016 e dopo la costituzione in giudizio di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in data 01/12/2017 a seguito della riassunzione della causa da parte di NOME COGNOME; quindi la predetta eccezione è stata sollevata nella prima difesa utile dopo la sottoscrizione del predetto accordo;
resta dunque irrilevante il comportamento processuale originario di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che si è difesa nel merito del licenziamento;
il fatto -eccepito da NOME COGNOME -che un ‘fondo rischi’ accantonato in relazione alla presente controversia è stato trasferito a RAGIONE_SOCIALE è irrilevante, atteso che la Corte costituzionale, con sentenza n. 225/2022, nel dichiarare inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3 d.l. n. 99/2017, ha precisato che l’art. 3 cit. non è di per sé volto a regolare direttamente i rapporti di lavoro, perché
rimette ai commissari liquidatori e al cessionario di determinare l’oggetto della cessione, se cioè questa debba investire l’intera azienda, suoi singoli rami, ovvero beni, diritti e rapporti giuridici individuabili in blocco, oppure ancora attività e passività anche parziali o per quote;
inoltre, il trasferimento di un ‘fondo rischi’ ha una funzione di garanzia ma non può comportare ex se una cessione del rapporto giuridico per cui è causa;
è fondato anche l’appello incidentale di RAGIONE_SOCIALEcRAGIONE_SOCIALE relativo all’improcedibilità della domanda nei suoi confronti, atteso il principio di diritto affermato da Cass. n. 12833/2020 (che ha espressamente superato il precedente di Cass. n. 15066/2017 invocato da NOME COGNOME), secondo cui appartengono al giudice fallimentare le domande volte alla realizzazione di diritti di credito a contenuto patrimoniale, anche se accompagnate da domande di accertamento o costitutive aventi funzione strumentale;
in tal senso è la giurisprudenza di legittimità più recente (Cass. n. 3125/2023);
nel presente giudizio, dopo l’interruzione , NOME COGNOME in sede di riassunzione non ha proposto domande di mero accertamento o costitutive, bensì domanda di condanna al pagamento di somme di danaro, pur se accompagnata in via meramente strumentale ad una domanda di accertamento dell’illegittimità del lic enziamento.
5.- Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
6.- RAGIONE_SOCIALE in l.c.a. e RAGIONE_SOCIALE hanno resistito con controricorso.
7.Tutte le parti hanno depositato memoria per l’adunanza camerale.
8.- Rinviato il ricorso a nuovo ruolo per la fissazione in pubblica udienza, RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria, con cui ha richiamato recenti pronunce della prima sezione civile di questa Corte di legittimità.
9.- Il P.G. ha depositato memoria, con cui ha concluso per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, nn. 4) e 3),
c.p.c. il ricorrente lamenta violazione rispettivamente degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché dell’art. 1362, co. 2, c.c. per avere la Corte territoriale ritenut o non preclusa a RAGIONE_SOCIALE l’eccezione di estraneità alle pretese del ricorrente per non aver tempestivamente contestato le specifiche allegazioni del ricorrente in ordine alla riconducibilità del contenzioso a quelli previsti nel contratto di cessione di azienda del 2017 e per non aver considerato l’originario comportamento processuale di RAGIONE_SOCIALE in termini di incompatibilità con la predetta eccezione.
Il motivo è infondato.
Questa S.C. ha già avuto modo di puntualizzare che la contestazione della titolarità, dal lato passivo, del rapporto giuridico controverso integra non un’eccezione in senso tecnico -giuridico, bensì una mera difesa, come tale sottratta al regime delle preclusioni, sicché è ben possibile farla valere nel successivo corso del giudizio di primo grado (Cass. ord. n. 10188/2023; Cass. sez. un. n. 2951/2016). Per questa stessa ragione la carenza di titolarità, attiva o passiva, del rapporto controverso è rilevabile anche di ufficio dal giudice se risultante dagli atti di causa (Cass. sez. un. n. 2951 cit.).
La circostanza per cui RAGIONE_SOCIALE, nel proprio atto difensivo iniziale, non avesse contestato l’interpretazione delle clausole del contratto di cessione di azienda prospettata dal COGNOME nel suo ricorso in riassunzione e si fosse difesa nel merito è irrilevante, posto che il principio di non contestazione di cui all’art. 115, co. 2, c.p.c. attiene ai ‘fatti’ e non all’interpretazione dei contratti, che è invece operazione retta dai canoni ermeneutici dettati da specifiche norme di diritto (artt. 1362 ss. c.c.).
Le ulteriori censure sono inammissibili, perché sollecitano a questa Corte una diversa interpretazione dell’originario contratto di cessione e del ‘secondo atto ricognitivo’, interdetta in sede di legittimità, in quanto riservata al giudice di merito, e finiscono per limitarsi a contrappore una diversa interpretazione a quella plausibile e ampiamente motivata accolta dai giudici d’appello.
2.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, nn. 4) e 3), c.p.c. il ricorrente lamenta violazione rispettivamente degli artt. 132, co. 2, n. 4), c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. e 111, co. 6, Cost., da un lato, 1362, co. 1, 1363 e 1372, co. 2, c.c., dall’altro, per avere la Corte territoriale :
ritenuto di natura interpretativa l’accordo del gennaio 2018 senza alcuna
motivazione al riguardo e in special modo sull’eventuale natura polisemica del testo originario del contratto di cessione (come tale bisognosa di interpretazione), limitandosi a richiamare propri precedenti, senza considerare che il Tribunale aveva interpretato l’accordo del 2018 come escludente il trasferimento del contenzioso di NOME COGNOME e proprio per questo ne aveva riconosciuto la natura innovativa e non interpretativa;
omesso di ricercare la comune intenzione delle parti dell’accordo del 2018 oltre il senso letterale delle parole utilizzate e omesso l’interpretazione sistematica;
omesso di considerare che comunque l’autoqualificazione dell’accordo come ‘interpretativo’ non poteva essere sufficiente per essere opposta a terzi, come NOME COGNOME, pena la violazione dell’art. 1372 c.c.
La censura sub a) è inammissibile, poiché una motivazione circa la ritenuta natura interpretativa dell’accordo del gennaio 2018 sussiste -sia pure mediante richiamo ai propri precedenti – ed è rispettosa del c.d. minimo costituzionale (Cass. sez. un. n. 8053/2014).
La censura sub b) è parimenti inammissibile, perché non viene specificato in cosa sarebbe consistita la violazione dell’interpretazione sistematica, posto che, anzi, dalla motivazione della sentenza impugnata si evince che tale criterio è stato ampiamente rispettato, avendo la Corte territoriale posto in collegamento fra loro i vari punti dell’allegato all’accordo del 2018.
Peraltro, va ricordato che il controllo di legittimità sugli atti di autonomia negoziale individuale non può scadere nel controllo di merito e anteporre a quella prescelta dai G iudici d’appello una differente interpretazione solo perché reputata più plausibile ad opera della stessa parte ricorrente. Come è noto, anche l’accertamento della volontà negoziale si sostanzia in un accertamento di fatto ( ex multis Cass. n. 9070/2013; Cass. n. 12360/2014), riservato all’esclusiva competenza del giudice del merito (Cass. n. 17067/2007; Cass. n. 11756/2006). Ne consegue che le valutazioni del giudice di merito soggiacciono sì, nel giudizio di cassazione, ad un sindacato circa la verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, ma la denuncia della violazione delle regole che presiedono all’interpretazione dei contratti non può certo risolversi nella mera contrapposizione di
un’interpretazione diversa da quella criticata (tra le innumerevoli: Cass. n. 18375/2006; Cass. n. 12468/2004; Cass. n. 22979/2004, Cass. n. 7740/2003; Cass. n. 12366/2002; Cass. n. 11053/2000).
La censura sub c) è infondata.
Il d.l. n. 99/2017, conv. in legge n. 171/2017 (intitolato ‘
al punto 12 era previsto che per il ‘contenzioso giuslavoristico’ valevano i medesimi criteri del ‘contenzioso civile’ ; le parti precisavano altresì che ‘ le regole definite per il contenzioso civile con riferimento ai ‘rapporti estinti’ valgono, nel contenzioso giuslavoristico, per i dipendenti il cui rapporto sia cessato per qualsivoglia ragione prima del trasferimento dell’insieme aggregato a RAGIONE_SOCIALE ‘ , ossia prima della cessione del 24/06/2017.
3.Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. il ricorrente lamenta violazione dell’art. 3, co. 1, lett. c), e co. 2, d.l. n. 99/2017, conv. in L. n. 121/2017, 1362, co. 2, e 1363 c.c. per avere la Corte territoriale omesso di considerare la disciplina legale di cui al d.l. del 2017 e omesso l’interpretazione complessiva delle clausole alla luce di quel quadro normativo di riferimento.
Il motivo è infondato.
L’art. 3, co. 1, lett. c), d.l. n. 99 cit. dispone che ‘ restano in ogni caso ‘ escluse dalla cessione ‘ le controversie relative ad atti o fatti occorsi prima della cessione, sorte successivamente ad essa, e le relative passività ‘. Secondo il ricorrente la controversia in oggetto riguarderebbe una vicenda (quella del licenziamento) anteriore alla cessione e, in quanto tale, non rientrante in tale norma di esclusione.
L ‘assunto non può essere condiviso: il tenore della norma non consente di dedurre a contrario che tutte le altre controversie siano necessariamente incluse nella cessione. La ratio di tale norma è piuttosto quella di evitare che controversie ancora inesistenti -e, in quanto tali, non conosciute né conoscibili dal cessionario perché riferite ad atti o fatti occorsi prima della cessione -possano poi gravare sul cessionario, alterando i termini economico-finanziari della cessione del compendio aziendale bancario. All’evidenza tale ratio di certo non sussiste rispetto a controversie (come quella in esame) già in corso e pendenti alla data della cessione.
Tuttavia, ciò non esclude che l’esatta individuazione dell’oggetto della
cessione fosse pur sempre rimessa ai commissari liquidatori e al cessionario, come si ricava proprio dall’art. 3, co. 1, d.l. cit., primo periodo, che così dispone:
In questo stesso senso la Corte Cost. (v. sentenza n. 225/2022) ha espressamente affermato: «( … ) l’art. 3 del d.l. n. 99 del 2017, come convertito, non è, di per sé, rivolto a regolare direttamente tali rapporti, perché rimetteva ai commissari liquidatori e al cessionario individuato di determinare l’oggetto della cessione, e cioè se si dovesse trasferire l’azienda, suoi singoli rami, ovvero beni, diritti e rapporti giuridici individuabili in blocco, oppure attività e passività, anche parziali o per quote, ponendo però ai contraenti un limite oggettivo e inderogabile, in forza del quale dovevano restare «in ogni caso esclusi» dal trasferimento le passività e i debiti elencati nelle lettere a), b) e c). La individuazione della legittimazione passiva in capo alla convenuta RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, o, meglio, della riferibilità ad essa della titolarità sostanziale della posizione giuridica cui inerisce la pretesa deAVV_NOTAIOa in giudizio, non discende, quindi, dalla necessaria e immediata applicazione delle norme di legge su cui cadono i dubbi di legittimità costituzionale, quanto dall’ambito oggettivo del programma obbligatorio regolato dalle parti del contratto di cessione … ».
Questo percorso argomentativo è stato seguito, sviluppato e completato da questa S.C. (v. ordinanze nn. 15083/2025 e 15670/2025), secondo cui i rapporti ormai estinti alla data della cessione (come quello di lavoro di NOME COGNOME, estinto mediante licenziamento anteriore alla cessione del compendio bancario) sono esclusi dall’ambito applicativo della cessione e, quindi, non trasferiti a RAGIONE_SOCIALE
4.L’assoluta novità della questione controversa, relativa alla portata e agli effetti sia dell’accordo di cessione, sia dell’accordo successivo fra i commissari
liquidatori e RAGIONE_SOCIALE, questione decisa soltanto di recente da questa Suprema Corte, induce a compensare le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità. Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. 13, co. 1 -bis , d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in data 24/09/2025.
Il AVV_NOTAIO est.
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Il Presidente AVV_NOTAIO COGNOME