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Carenza di interesse: ricorso inammissibile

Una società concessionaria autostradale chiedeva la demolizione di un manufatto costruito a distanza non regolamentare. Dopo una complessa vicenda processuale, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso incidentale del proprietario per sopravvenuta carenza di interesse, poiché la sua posizione era già stata salvaguardata dal rigetto del ricorso principale della società.

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Ricorso inammissibile per carenza di interesse: il principio di economia processuale

Nel processo civile, agire o resistere in giudizio richiede un presupposto fondamentale: l’interesse ad agire. Questo principio, che permea l’intero ordinamento, assume un rilievo cruciale anche in fase di impugnazione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 21534/2024, offre un chiaro esempio di come la carenza di interesse sopravvenuta possa determinare l’inammissibilità di un ricorso, sottolineando l’importanza del principio di economia processuale. La vicenda riguarda una disputa sulle distanze legali di una costruzione da una sede autostradale, ma la sua conclusione si fonda su una regola puramente procedurale.

I Fatti di Causa

La controversia nasce quando una società concessionaria autostradale cita in giudizio un proprietario terriero, chiedendo la demolizione di alcuni manufatti realizzati a una distanza inferiore ai 30 metri prescritti dalla legge come fascia di rispetto autostradale. Il proprietario si difende eccependo, tra le altre cose, di aver acquisito per usucapione il diritto a mantenere le costruzioni in quella posizione.

Il Tribunale di primo grado accoglie parzialmente la domanda, ordinando un arretramento a 25 metri. La Corte di Appello, invece, riforma completamente la sentenza, rigettando la domanda della società. I giudici di secondo grado, pur negando la possibilità di usucapire un diritto contrario a norme di interesse pubblico come quelle sulla sicurezza stradale, affermano che la società concessionaria non dispone di un’azione civile di tipo ‘reale’ per ottenere la demolizione, in quanto la tutela di tali distanze è demandata agli strumenti del diritto amministrativo.

La Decisione della Corte di Cassazione e la sopravvenuta carenza di interesse

Contro la decisione d’appello, la società concessionaria propone ricorso principale in Cassazione. A sua volta, il proprietario terriero presenta un controricorso e un ricorso incidentale, insistendo sulle sue ragioni.

Il percorso processuale subisce una svolta quando il ricorso principale della società viene dichiarato inammissibile dalle Sezioni Unite. A questo punto, la causa torna alla Seconda Sezione per la decisione sul ricorso incidentale del proprietario. Ed è qui che emerge il principio della carenza di interesse. La Corte osserva che, essendo stato rigettato il ricorso principale, la sentenza d’appello – favorevole al proprietario – è diventata definitiva nella parte in cui respingeva la domanda di demolizione. Di conseguenza, il proprietario ha già ottenuto il suo risultato principale: salvare i propri manufatti. Il suo interesse a far valere le altre sue difese, come quella sull’usucapione, era funzionale a contrastare la pretesa avversaria. Venuta meno quella pretesa, viene meno anche l’interesse a una pronuncia su tali punti.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione motiva la sua decisione di inammissibilità basandosi su un ragionamento logico e di economia processuale. L’interesse che sorregge un’impugnazione deve essere concreto e attuale. Nel caso specifico, l’interesse del proprietario a far valere il suo ricorso incidentale era strettamente legato alla possibilità che il ricorso della società concessionaria venisse accolto.

Una volta che il ricorso principale è stato respinto, il proprietario ha consolidato la sua vittoria ottenuta in appello. Proseguire con l’esame del suo ricorso incidentale non gli avrebbe portato alcun vantaggio pratico ulteriore. La sua domanda di accertare l’usucapione era, in sostanza, una linea difensiva subordinata. Essendo crollata la minaccia principale (la demolizione), anche la necessità di questa difesa è venuta meno. Pertanto, la Corte dichiara il ricorso incidentale inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, evidenziando come il processo non debba proseguire per la mera affermazione di principi teorici, ma per risolvere controversie concrete.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio cardine del diritto processuale: non c’è azione senza interesse. Un’impugnazione, anche se originariamente fondata, perde la sua ragion d’essere se, nel corso del giudizio, la parte che l’ha proposta ottiene il bene della vita a cui aspirava per altre vie. Questa decisione impedisce la prosecuzione di liti ormai prive di una reale posta in gioco, garantendo che le risorse della giustizia siano impiegate per risolvere controversie effettive e non questioni divenute accademiche. Per gli operatori del diritto, è un monito a valutare costantemente la persistenza dell’interesse ad agire dei propri clienti in ogni fase del procedimento.

Quando un ricorso incidentale può essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse?
Un ricorso incidentale viene dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse quando la parte che lo ha proposto ha già ottenuto il risultato a cui mirava. Nel caso specifico, il rigetto del ricorso principale ha reso definitiva la sentenza d’appello favorevole al ricorrente incidentale, facendogli perdere l’interesse a una decisione sui suoi motivi.

È possibile acquisire per usucapione il diritto di mantenere una costruzione a una distanza illegale da un’autostrada?
Secondo quanto stabilito dalla Corte di Appello nella sentenza impugnata (e non riformato dalla Cassazione), non è possibile. Le norme sulle distanze dalla sede autostradale sono poste a tutela dell’interesse generale della sicurezza della circolazione e non possono essere derogate da atti privati né acquisite per usucapione.

Perché la società concessionaria non ha ottenuto l’ordine di demolizione della costruzione?
La Corte di Appello ha respinto la domanda perché ha ritenuto che la violazione delle norme sulle distanze autostradali non conferisca al concessionario un’azione civile ‘reale’ per chiedere la demolizione. La tutela di tali distanze, secondo i giudici di merito, è rimessa agli strumenti del diritto amministrativo, non a quelli del codice civile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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