Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7373 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7373 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5927/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME‘NOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato RAGIONE_SOCIALE COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO LECCE n. 997/2020 depositata il 15/10/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Il ricorso riguarda la sentenza della Corte d’appello di Lecce che ha parzialmente riformato la sentenza con cui il locale Tribunale all’esito di CTU, respinta l’eccezione di prescrizione in quanto il dies a quo per la prescrizione decennale decorreva dalla data di chiusura del rapporto (05/02/2004) e non risultava maturata – aveva condannato la Banca Popolare Pugliese soc. coop. al pagamento in favore del Fallimento RAGIONE_SOCIALE della somma di euro 252.065,23, previa declaratoria di nullità delle clausole del contratto di conto corrente relative a illegittima applicazione di interessi ultra legali mediante rinvio uso piazza, spese e c.m.s. in assenza di pattuizioni scritte.
2.- Contro la sentenza ha proposto appello la BPL mentre la Curatela del fallimento, resistendo al gravame, ha chiesto ex art. 346 c.p.c. l’accoglimento delle eccezioni e domande proposte in primo grado, in particolare di quella relativa alla nullità della capitalizzazione degli interessi sulla quale non risultava espresso un giudizio dal Tribunale avendo quest’ultimo rinviato per la motivazione alle conclusioni della CTU sulla base della sola mancanza di accordi scritti in merito agli interessi stessi.
La Corte d’appello -previo espletamento di un supplemento di CTU- ha osservato che:
in via preliminare andava esaminata la domanda di declaratoria di nullità della capitalizzazione trimestrale, riproposta implicitamente per il richiamo dell’art. 346 cod. proc. civ. dall’appellata sulla quale non risultava un giudizio espresso del Tribunale, avendo quest’ultimo rinviato per la motivazione alle conclusioni della CTU sulla base della sola mancanza di accordi scritti in merito agli interessi; perciò considerato che si trattava di rapporto di c/c sorto nel 1992 e rilevata l’assenza di prova da parte
della banca di pattuizioni sottoscritte dal cliente con previsioni di capitalizzazione degli interessi in regime di reciprocità per il periodo successivo all’entrata in vigore della delibera CICR 2000, andava escluso per tutto il periodo del rapporto ogni forma di capitalizzazione;
l’eccezione di prescrizione era fondata con riguardo alle rimesse solutorie poiché la prescrizione decennale dell’azione di ripetizione di indebito, proposta dal cliente, decorre dalla chiusura del conto nell’ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista -ovvero non configurano un pagamento dal quale far decorrere ove ritenuto indebito, il termine prescrizionale del diritto alla ripetizione – mentre ove abbiano avuto natura solutoria, dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta; pertanto, alla luce del supplemento di CTU ha individuato tra i versamenti eseguiti nel corso dello svolgimento del rapporto in esame quelli da considerare pagamenti per i quali il diritto di ripetizione doveva ritenersi prescritto;
nella fattispecie gli interessi passivi ultra legali risultavano oggetto di convenzione scritta tra le parti a far data dal giugno 1994, sicché l’applicazione degli interessi passivi ultra legali, come convenuti tra le parti, poteva ritenersi efficace solo a far data dalle singole pattuizioni, per cui per il periodo precedente, sprovvisto di qualsiasi valida pattuizione scritta a tal riguardo, dovevano applicarsi gli interessi passivi in misura legale (ricalcolati con il supplemento di CTU);
la domanda di rideterminare l’andamento del conto imputando i pagamenti ex art. 1194 c.c. -riproposta in appello – era stata proposta dalla banca solo con la memoria di replica nel giudizio di primo grado, perciò, trattandosi di domanda nuova, sia in primo grado che in appello, era stata correttamente respinta;
gli interessi legali, sulla somma che la banca era stata condannata a restituire dovevano decorrere non dal giorno della
chiusura conto ma dalla domanda, non essendoci prova di malafede; tuttavia detta «domanda», in conformità agli arresti di legittimità in punto, doveva ritenersi riferita non solo alla domanda giudiziale, bensì anche agli atti stragiudiziali aventi valore di costituzione in mora ai sensi dell’art. 1219 c.c., la quale, nella specie, era avvenuta con una lettera di costituzione in mora del 3.04.2007, inviata dalla curatela alla banca.
Ha, quindi, concluso che il saldo del conto alla data di chiusura dello stesso ammontava a complessivi € 124.166,99 – somma nella quale ha ricompreso € 15.603,70, pari alle spese di tenuta conto, illegittimamente addebitate dalla banca in assenza di pattuizione di cui erroneamente, nella CTU svolta in secondo grado, non si era tenuto conto.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso Banca Popolare Pugliese RAGIONE_SOCIALE per azioni, affidandolo a quattro motivi di cassazione. Ha resistito, con controricorso la curatela del Fallimento RAGIONE_SOCIALE che ha depositato anche memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Il primo motivo di ricorso denuncia ex art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c. nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.c. per avere la Corte di merito esaminato ed accolto una domanda mai formulata né in primo grado né in grado di appello quale quella di esclusione di ogni forma di capitalizzazione come effetto della nullità della capitalizzazione trimestrale, poiché la domanda proposta in primo grado dalla società attrice aveva ad oggetto, si, la declaratoria di nullità della capitalizzazione degli interessi trimestrale, ma in funzione della sua sostituzione con quella annuale, e con decorrenza dal luglio 2000, con applicazione della capitalizzazione trimestrale reciproca; pertanto non poteva esaminarsi né tantomeno ritenersi implicitamente riproposta una domanda in realtà mai formulata.
Reputa la ricorrente, in sintesi, che la Corte avrebbe commesso due errori in procedendo : a) il primo di ultrapetizione, avendo esaminato una domanda di eliminazione di ogni forma di capitalizzazione del conto corrente che nessuno aveva mai proposto; b) il secondo per avere riformato la sentenza di primo grado in totale assenza di impugnazione sul punto oggetto di riforma.
2.- Il secondo motivo di ricorso denuncia, infatti, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c. ed, in via alternativa, anche sotto il profilo dell’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell’articolo 112, 324, 329 comma 2 e 342 c.p.c. per avere la Corte di merito emesso una statuizione in violazione del giudicato formatosi sul capo della sentenza primo grado che aveva disposto la sostituzione della capitalizzazione trimestrale degli interessi con quella annuale senza che sul punto le parti avessero proposto impugnazione.
Reputa la ricorrente che, non avendo la curatela proposto impugnazione alla sentenza di primo grado, né avendo la banca appellante formulato una censura con riguardo alla declaratoria di nullità della capitalizzazione trimestrale degli interessi e sostituzione con la capitalizzazione annuale, la Corte d’appello abbia erroneamente ritenuto di poter esaminare la domanda in oggetto sulla base dell’osservazione che la curatela aveva riproposto implicitamente la domanda di nullità della capitalizzazione trimestrale attraverso il richiamo dell’art. 346 c.p.c., perché il riesame della parte della sentenza di primo grado sul punto presupponeva la proposizione di un motivo specifico d’appello, e non sarebbe stato sufficiente l’implicita riproposizione della domanda di nullità della clausola effettuata attraverso il richiamo nella comparsa di costituzione in appello; inoltre, anche ammesso che si possa ritenere che la domanda di esclusione di ogni forma di capitalizzazione fosse stata implicitamente formulata
dalla parte attrice, si dovrebbe concludere che tale domanda è stata parzialmente rigettata dal giudice di primo grado. Perciò su un siffatto capo di sentenza di rigetto parziale della domanda attorea, un riesame dello stesso in senso più favorevole all’appellato sarebbe stato ammissibile esclusivamente in ipotesi di proposizione di appello incidentale da parte della curatela del fallimento, e che, in mancanza, la Corte d’appello non potesse riprendere in considerazione la domanda di declaratoria di nullità della capitalizzazione trimestrale degli interessi per giungere ad una reformatio in peius della sentenza con esclusione di ogni forma di capitalizzazione.
3.- Il terzo motivo di ricorso denuncia ex articolo 360 comma 1 n. 3 c.p.c la violazione e la falsa applicazione dell’art. 346 c.p.c. per avere la Corte di merito ritenuto che nella fattispecie potesse ritenersi implicitamente riproposta una domanda di esclusione di ogni forma di capitalizzazione degli interessi sul conto corrente bancario ove la parte appellata non aveva espressamente riproposto in appello la domanda; richiama la giurisprudenza di legittimità per cui la parte risultante vittoriosa in primo grado pur non avendo l’onere di proporre appello incidentale per far valere le domande ed eccezioni non accolte in primo grado, deve manifestare in modo chiaro e preciso l’intenzione di riproporle indicando anche le ragioni in base alle quali viene a riguardo censurata la decisione del primo giudice; quindi la Corte d’appello avrebbe violato l’articolo 346 avendo ritenuto che fosse sufficiente un implicito rinvio all’articolo 346 per ritenere riproposta la domanda di nullità della capitalizzazione, senza considerare che difettavano sia la manifestazione in modo chiaro e preciso delle intenzioni di riproporre la domanda ma soprattutto le ragioni in base alle quali veniva censurata la decisione del primo giudice.
4.- I tre motivi sono connessi, poiché ciò di cui si duole la banca è che la Corte, senza avvedersi che sul punto si era formato un
giudicato, avrebbe erroneamente esaminato la domanda di nullità relativa alla capitalizzazione degli interessi, benchè la parte appellata e vittoriosa in primo grado, non avesse proposto appello incidentale con riguardo alla statuizione della sentenza di primo grado che aveva accolto la domanda disponendo la sostituzione della capitalizzazione trimestrale degli interessi con quella annuale sino al 2000.
4.-1 Procedendo in senso logico -giuridico va esaminata per prima la doglianza che si riferisce alla violazione del giudicato, che, ove fondata, assorbirebbe ogni altra questione ovvero la sussistenza del denunciato vizio di ultrapetizione e la violazione dell’art.346 c.p.c.
4.2- Il Tribunale nella sentenza di primo grado, con riguardo alla domanda di nullità relativa alla clausola di capitalizzazione degli interessi debitori, ha affermato (come afferma la stessa ricorrente): « questo giudicante ritiene debba trovare applicazione la rielaborazione del conto corrente operata dal CTU avvenuta secondo la capitalizzazione annuale sino all’entrata in vigore della delibera CICR del 9 febbraio 2020 e, successivamente, con il metodo della capitalizzazione trimestrale reciproca sugli interessi sia attivi che passivi per tutta la durata del rapporto ».
La Corte d’appello, introduce il proprio ragionamento decisorio osservando: « In via preliminare va esaminata la domanda di declaratoria di nullità della capitalizzazione trimestrale, riproposta implicitamente per il richiamo dell’art. 346 cod. proc. civ. dall’appellata, sulla quale non risulta, in effetti, un giudizio espresso del Tribunale avendo quest’ultimo rinviato per la motivazione, alle conclusioni della CTU, sulla base della sola mancanza di accordi scritti in merito agli interessi »; ed ha concluso alla luce dei principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, e richiamando Sez. Un. n. 24418/2010, che per effetto della declaratoria di nullità « della previsione negoziale di capitalizzazione
trimestrale per contrasto con il divieto di anatocismo stabilito dall’art. 1283 c.c. ( il quale osterebbe anche ad un’eventuale previsione negoziale di capitalizzazione annuale), gli interessi a debito del correntista devono essere calcolati senza operare alcuna capitalizzazione », per concludere che, in assenza di prova da parte della banca di pattuizioni sottoscritte dal cliente con previsioni di capitalizzazione degli interessi in regime di reciprocità per il periodo successivo all’entrata in vigore della delibera CICR 2000, non poteva che escludersi, per tutto il periodo del rapporto, ogni forma di capitalizzazione, evidenziando anche che la stessa banca appellante, « nel prospettare il quarto motivo di impugnazione, con la richiesta di sostituzione alla capitalizzazione il sistema di imputazione regolato dall’art. 1194 c.c. sostiene espressamente il principio enunciato dalla sentenza delle Sezioni Unite che, appunto, esclude ogni forma di capitalizzazion e».
4.3Ciò precisato si osserva che la ricorrente deduce la violazione del principio del giudicato, perché la Corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto che la curatela avesse riproposto implicitamente la domanda di nullità della capitalizzazione trimestrale attraverso il richiamo dell’art. 346 c.p.c., laddove il riesame della parte della sentenza di primo grado sul punto, presupponeva -a suo dire – la proposizione di un motivo specifico d’appello; anche perché -afferma la ricorrente- « anche ammesso che si possa ritenere che la domanda di esclusione di ogni forma di capitalizzazione fosse stata implicitamente formulata dalla parte attrice, si dovrebbe concludere che tale domanda è stata parzialmente rigettata dal giudice di primo grado, che ha aderito alla tesi sostenuta, anche dalla banca in via subordinata, di sostituzione della capitalizzazione trimestrale dichiarata nulla con la capitalizzazione annuale fino a luglio 2000, e successivamente con capitalizzazione trimestrale reciproca ». In altre parole, siffatto capo di sentenza dovrebbe ritenersi di rigetto parziale della domanda
attorea in ipotesi riproposta, onde un suo riesame in senso più favorevole all’appellato sarebbe stato ammissibile esclusivamente in ipotesi di proposizione di appello incidentale della curatela del fallimento.
4.3.1 – La doglianza è infondata.
La ricorrente sovrappone la domanda di nullità ai suoi effetti: la parte attrice aveva proposto una domanda di nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi per difetto di specifica pattuizione, indicandone -a suo parere -gli effetti (capitalizzazione annuale fino al 2000 e trimestrale successivamente); effetti condivisi in via subordinata anche dalla banca.
Su detta domanda il primo giudice si è pronunciato semplicemente riportandosi alle conclusioni della CTU in punto capitalizzazione.
Come la stessa ricorrente allega, la curatela, costituendosi in appello, aveva cosi formulato la domanda: « in ogni caso in accoglimento delle eccezioni e domande formulate in primo grado da intendersi qui tutte riproposte anche ai sensi per gli effetti dell’articolo 346, condannare la banca al pagamento della somma di 252.065,23 come statuito dalla sentenza di primo grado, o della diversa forma ritenuta somma ritenuta spettante ». Contrariamente a quanto ritiene la ricorrente, non era onerata di sollevare appello incidentale, poiché non era soccombente rispetto alla domanda proposta in primo grado di nullità della clausola in parola (sul punto vale richiamare la giurisprudenza di legittimità per cui l’appello incidentale di cui all’art. 343 cod. proc. civ. è riconducibile, sotto il profilo funzionale e contenutistico, alla figura dell’impugnazione incidentale in genere, per cui « poiché al concetto di impugnazione in generale, cui l’appello incidentale deve ascriversi, è coessenziale la necessaria implicazione di mezzo con cui si rivolgono critiche (sulla base di motivi limitati oppure senza limitazione di motivi, a
seconda della natura dello specifico mezzo di impugnazione) all’oggetto dell’impugnazione e, quindi, alla decisione, ne deriva che anche l’appello incidentale deve risolversi, in una critica alla decisione impugnata » Cass. Sez. Un. n.7700/2016 richiamata da Sezioni unite n.11790/2017); al più sul punto il Tribunale nona aveva espressamente pronunciato, limitandosi a rettificare il saldo del conto.
Del resto l’accertamento della nullità afferisce a un diritto autodeterminato, e la domanda di nullità della clausola di capitalizzazione, non presuppone un’attività di c.d. rilevazione della sua efficacia giuridica sulla fattispecie dedotta in giudizio, in quanto, allegati i fatti da cui la nullità deriva, il rilievo della stessa e delle sue conseguenze sulla fattispecie – previo esame della fondatezza dei fatti allegati – è affidato al giudice (e così ha fatto la curatela nella specie riproponendola, in vista della conferma della sentenza di condanna di primo grado « o della diversa forma ritenuta somma ritenuta spettante )».
Orbene la Corte d’appello – considerato preliminarmente che la domanda di nullità della clausola in parola era stata riproposta dalla parte appellata, ed interpretando detta domanda di nullità come comprendente, in sé, l’esclusione di ogni forma di capitalizzazione (e non esclusivamente quelli indicati), su cui il giudice non aveva, in effetti, pronunciato ma rinviato semplicemente al risultato della CTU non ha violato l’art. 346 c.p.c. (terzo mezzo) non e’ incorsa in alcun vizio di ultrapetizione (primo mezzo) né ha violato un giudicato sul punto (secondo mezzo) tanto piu’ che non è vero quanto sostenuto dalla ricorrente, ossia che neppure la Banca Popolare Pugliese aveva formulato censure sul punto, dal momento che nella stessa sentenza impugnata (pag. 6) si evidenzia « che la stessa banca appellante, nel prospettare il IV motivo di impugnazione con la richiesta di sostituire alla capitalizzazione il sistema di imputazione regolato dall’art. 1194 c.c., sostiene
espressamente il principio enunciato dalla suddetta sentenza a SSUU n. 2418/2010 che esclude ogni forma di capitalizzazione (cfr. appello a pag. 37/38) ».
Ciò detto va, invero, ricordato che in sede di legittimità occorre tenere distinta l’ipotesi in cui si lamenti l’omesso esame di una domanda, o la pronuncia su domanda non proposta (come reputa nella specie la ricorrente), dal caso in cui si censuri l’interpretazione data dal giudice di merito alla domanda stessa: solo nel primo caso si verte propriamente in tema di violazione dell’articolo 112 c.p.c. per mancanza della necessaria corrispondenza tra chiesto e pronunciato, prospettandosi che il giudice di merito sia incorso in un error in procedendo , in relazione al quale la Corte di cassazione ha il potere-dovere di procedere all’esame diretto degli atti giudiziari onde acquisire gli elementi di giudizio necessari ai fini della pronuncia richiestale. Nel caso in cui venga invece in contestazione l’interpretazione del contenuto o dell’ampiezza della domanda, tali attività integrano un tipico accertamento in fatto, insindacabile in cassazione salvo che sotto il profilo della correttezza della motivazione della decisione impugnata sul punto (Cass. 20 agosto 2002, n. 12259; Cass. 5 agosto 2005, n. 16596; Cass. 7 luglio 2006, n. 15603; Cass. 18 maggio 2012, n. 7932); principio ribadito con continuità dalla Corte che di recente ha affermato che « l’interpretazione della domanda spetta al giudice del merito che non incorre in un vizio procedurale quando ‘ha svolto una motivazione sul punto, dimostrando come una certa questione dovesse ritenersi ricompresa tra quelle da decidere’. In tal caso, ‘il dedotto errore del giudice non si configura come ‘error in procedendo’, ma attiene al momento logico relativo all’accertamento in concreto della volontà della parte ‘». (Cass. civ., Sez. II, 27/01/2016, n. 1545; Cass. civ., Sez. lavoro, 29/09/2021, n. 26454; Cass. civ., Sez. III, 18/04/2006, n. 8953; Cass. civ., Sez. lavoro, 21/02/2006, n. 3702).
4.- il quarto motivo denuncia in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c. la nullità della sentenza impugnata per vizio di costituzione del giudice ex artt. 158 e 161 c.p.c., violazione degli articoli 102 comma uno e 106 comma due della costituzione osservando che l’eccezione di legittimità costituzionale già sollevata da questa Corte con riguardo alla composizione dei collegi attraverso i giudici ausiliari era da intendersi qui riproposta considerando che la sentenza gravata era stata pronunciata da un collegio composto da un giudice ausiliario anche estensore.
4.- il motivo -già in sé infondato in quanto la sollevata eccezione di incostituzionalità non è idonea a rendere nulla la sentenza emessa da un organo legittimamente composto in forza della legge vigente al tempo della decisione -è comunque superato per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 41 del 17 marzo 2021, che – pur accogliendo la questione sollevata dalla terza sezione civile della Cassazione – e dichiarando l’illegittimità costituzionale delle norme che hanno istituito e disciplinato i giudici onorari ausiliari, ha ritenuto necessario lasciare al legislatore un sufficiente lasso di tempo che assicuri la necessaria gradualità della completa attuazione della normativa costituzionale e ha, quindi, indicato il termine previsto dall’art. 32 primo periodo del decreto di riforma generale della magistratura onoraria, ossia quello del 31 ottobre 2025, come limite della temporanea tollerabilità costituzionale dell’attuale assetto; tollerabilità idonea ad evitare l’annullamento delle decisioni pronunciate con la partecipazione dei giudici ausiliari e non privare immediatamente le corti d’appello dell’apporto dei giudici onorari per la riduzione dell’arretrato delle cause civili.
5.- In conclusione il ricorso va respinto. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come nel dispositivo, ai sensi del D.M. 12 luglio 2012, n. 140. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della controricorrente, liquidate nell’importo di euro 12.200,00 di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% sul compenso ed agli accessori come per legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dalla I. 24 dicembre 2012, n. 228, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
Cosí deciso in Roma, nella camera di consiglio della I Sez. Civile