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Caparra confirmatoria: vendita a terzi e recesso

Un acquirente versa una caparra confirmatoria per un camper, ma il venditore vende il veicolo a un’altra persona prima della data di saldo. La Corte di Cassazione conferma il diritto dell’acquirente di recedere dal contratto e ottenere il doppio della caparra. La vendita a un terzo costituisce un grave inadempimento contrattuale da parte del venditore, legittimando la richiesta dell’acquirente, a prescindere dalle modalità di pagamento offerte per il saldo.

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Caparra confirmatoria: cosa succede se il venditore vende il bene a un terzo?

La stipula di un contratto di compravendita è un momento cruciale, spesso garantito dal versamento di una caparra confirmatoria. Questo strumento, disciplinato dall’art. 1385 del Codice Civile, serve a rafforzare il vincolo contrattuale, ma cosa accade se la parte che riceve la caparra si rende inadempiente? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale: la vendita del bene promesso a un terzo soggetto costituisce un inadempimento talmente grave da legittimare il recesso dell’acquirente e la sua richiesta di restituzione del doppio della caparra versata.

I Fatti del Caso: La Compravendita del Camper

La vicenda ha origine con la firma di un contratto per l’acquisto di un camper. L’acquirente versa una caparra di 1.000 euro, accordandosi per il saldo del prezzo residuo di 12.500 euro al momento dell’immatricolazione del veicolo. Il contratto prevedeva che il saldo dovesse avvenire “per contanti”.

Poco dopo, l’acquirente comunica l’intenzione di saldare il prezzo tramite assegno bancario. Tuttavia, emerge una circostanza decisiva: a sole due settimane dalla firma del contratto, il venditore aveva già alienato lo stesso camper a un’altra persona. Di fronte a questo fatto, l’acquirente decide di recedere dal contratto e agisce in giudizio per ottenere la restituzione del doppio della caparra, pari a 2.000 euro, a causa del grave inadempimento del venditore.

La Decisione dei Giudici di Merito

Sia il Giudice di Pace che il Tribunale, in sede di appello, danno ragione all’acquirente. I giudici ritengono che l’inadempimento principale e determinante fosse quello del venditore. La vendita del camper a un terzo ha violato i principi di correttezza e buona fede, impedendo di fatto l’adempimento del contratto originario. Inoltre, il Tribunale ha sottolineato come la clausola del pagamento “per contanti” fosse di dubbia legittimità alla luce delle normative antiriciclaggio e che il venditore non avesse nemmeno avviato le pratiche di immatricolazione, condizione necessaria per poter esigere il saldo.

Il Ricorso in Cassazione sulla caparra confirmatoria

La società venditrice, non soddisfatta della decisione, propone ricorso in Cassazione basandosi su quattro motivi principali:
1. Erronea procedura: Sosteneva che non si potesse richiedere il doppio della caparra tramite un procedimento sommario (decreto ingiuntivo).
2. Errata interpretazione del contratto: Affermava che la clausola “per contanti” andasse intesa come pagamento “immediato” e che l’offerta di un assegno non fosse un adempimento corretto.
3. Inadempimento dell’acquirente: Riteneva che l’acquirente fosse inadempiente per non aver pagato il prezzo.
4. Mancata prova della capacità economica: L’acquirente non avrebbe provato di avere i fondi necessari per l’acquisto.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando le sentenze precedenti e fornendo importanti chiarimenti sull’applicazione della caparra confirmatoria.

I giudici hanno stabilito che la vendita successiva dello stesso bene a un terzo costituisce, di per sé, un inadempimento contrattuale. Questo comportamento impedisce al primo acquirente di ottenere la disponibilità piena ed esclusiva del bene, violando l’obbligazione principale del venditore. Di conseguenza, l’inadempimento del venditore è palese e prioritario rispetto a qualsiasi presunta mancanza dell’acquirente.

La Corte ha specificato che, a fronte di un inadempimento così grave, l’offerta di pagamento tramite assegno da parte dell’acquirente era un atto sufficiente a dimostrare la sua volontà di adempiere. La discussione sulla presunta “impotenza finanziaria” dell’acquirente è stata ritenuta irrilevante, poiché l’impossibilità di eseguire il contratto era già stata determinata dalla condotta del venditore.

Infine, è stato ribadito che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, il giudice deve valutare l’intero rapporto. In questo contesto, spetta alla parte che si oppone al pagamento (il venditore) dimostrare di aver adempiuto correttamente ai propri obblighi, prova che in questo caso mancava completamente.

Le Conclusioni: Principio di Diritto e Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame rafforza un principio fondamentale a tutela dell’acquirente. Se il venditore, dopo aver incassato una caparra confirmatoria, vende il bene a un’altra persona, l’acquirente originario ha pieno diritto di recedere dal contratto e di pretendere il doppio della caparra versata. Questo atto del venditore è considerato un inadempimento di tale gravità da rendere legittimo il recesso, senza che possano essere sollevate contestazioni sulle modalità di pagamento del saldo o sulla capacità economica dell’acquirente. La buona fede contrattuale impone al venditore di non disporre del bene promesso, e la sua violazione comporta conseguenze economiche precise e severe.

Se il venditore vende il bene promesso a un’altra persona, l’acquirente può chiedere il doppio della caparra?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che la vendita dello stesso bene a un terzo costituisce un inadempimento contrattuale grave da parte del venditore. Tale condotta legittima pienamente il recesso dell’acquirente e la sua richiesta di restituzione del doppio della caparra confirmatoria versata, come previsto dall’art. 1385 c.c.

Una clausola che prevede il pagamento ‘in contanti’ per un importo elevato è sempre legittima?
No. La sentenza conferma la valutazione dei giudici di merito, i quali hanno ritenuto illegittima la clausola che imponeva un pagamento in contanti per una somma rilevante, in quanto potenzialmente in contrasto con le norme antiriciclaggio. Inoltre, tale clausola aveva creato notevoli difficoltà all’acquirente nel reperire il denaro liquido, rendendo legittima la sua offerta di pagamento tramite mezzi tracciabili come un assegno.

In un caso di richiesta di doppio della caparra, chi deve provare l’inadempimento?
Nel giudizio di opposizione a un decreto ingiuntivo per la restituzione del doppio della caparra, la parte che ha ricevuto la caparra (il venditore) e che si oppone al pagamento deve dimostrare di aver adempiuto correttamente alle proprie obbligazioni contrattuali. L’acquirente deve semplicemente allegare l’inadempimento della controparte (in questo caso, la vendita del bene a terzi), mentre spetta al venditore fornire la prova del proprio corretto adempimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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