Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 23838 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 23838 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 29666/2020 R.G. proposto da:
NOME COGNOME titolare dell’omonima ditta individuale, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME con domicilio digitale presso l’indirizzo pec del difensore;
-ricorrente –
contro
CURATELA FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE in persona del curatore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio digitale presso l’indirizzo pec del difensore;
-controricorrente e ricorrente incidentale –
e
COMUNE DI COGNOME;
-intimato- avverso la sentenza n. 539/2020 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 06/04/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Osserva
NOME COGNOME premettendo che con contratto preliminare del 22/04/2005 gli era stata promessa la vendita e la consegna di un immobile in corso di realizzazione, sito in Misilmeri località San Vincenzo, nonché l’assegnazione in uso esclusivo di alcune aree limitrofe, e di aver corrisposto a titolo di caparra confirmatoria la somma di € 250.000,00 sul prezzo di vendita concordato pari ad € 760.000,00, convenne in giudizio, innanzi al Tribunale di Palermo, RAGIONE_SOCIALE chiedendo, in via principale, stante il mancato trasferimento della proprietà del bene entro il termine pattuito, nonché la difformità dell’opera rispetto al progetto, emettersi sentenza ex art. 2932 cod. civ.; sempre in via principale chiese la condanna della RAGIONE_SOCIALE alla consegna dell’immobile previa riduzione del prezzo e rideterminazione del saldo da pagare alla convenuta subordinatamente alla estinzione di ogni ipoteca, nonché al risarcimento dei danni; in via gradatamente subordinata, chiese risolversi il contratto per inadempimento della società convenuta, condannando la stessa al risarcimento dei danni; nonché, affermarsi il diritto dell’attore di recedere dal preliminare, con condanna della controparte alla restituzione del doppio della caparra confirmatoria.
1.1. La convenuta chiese preliminarmente chiamarsi in causa il Comune di Misilmeri, ritenuto responsabile dei ritardi accumulati dalla RAGIONE_SOCIALE nella realizzazione dell’edificio , di cui faceva parte l’immobile promesso in vendita. Nel merito chiese il rigetto di tutte le domande proposte dall’attore.
1.2. Il Comune di Misilmeri si costituì contestando ogni addebito ed eccependo, in particolar modo, che i ritardi erano stati causati da una errata esecuzione da parte della RAGIONE_SOCIALE dei lavori di sbancamento, che aveva compromesso l’assetto idrogeologico dell’area e causato gli allagamenti , che avevano
comportato il fermo temporaneo dei lavori e quindi il ritardo dell’esecuzione dell’opera.
1.3. L’attore, con la prima memoria ex art. 183 cod. pro c. civ., chiese la restituzione della caparra versata e la condanna della RAGIONE_SOCIALE al pagamento di equivalente importo.
1.4. Il Tribunale, esperita una prima c.t.u. ed assunte diverse prove testimoniali, emise sentenza non definitiva con la quale rigettò la domanda attorea di esecuzione in forma specifica del contratto preliminare e, risolvendo per inadempimento grave della convenuta il suddetto contratto, rimise sul ruolo la causa per l’esame della domanda risarcitoria.
Svolta ulteriore c.t.u., con sentenza definitiva, il Giudice di prime cure rigettò la domanda avanzata dall’attore di risarcimento danni, nonché di pagamento del doppio della caparra e di restituzione di quella versata al medesimo titolo.
Propose appello, avverso entrambe le sentenze di primo grado, NOME COGNOME.
NoRAGIONE_SOCIALE si costituì in giudizio chiedendo il rigetto del gravame e proponendo, a sua volta, appello incidentale, con il quale impugnò la sentenza del Tribunale di Palermo nella parte in cui aveva risolto il contratto per inadempimento della medesima.
Rimase contumace il Comune di Misilmeri.
2.1. Intervenuto nel corso del giudizio di secondo grado la Curatela del fallimento della società convenuta, l a Corte d’appello di Palermo rigettò sia l’appello principale che l’appello incidentale.
2.2 Questi, in sintesi, gli argomenti della sentenza per quel che qui possa ancora rilevare:
-doveva essere rigettato l’appello incidentale proposto dalla appellata, essendo <>.
la domanda ex art. 2932 cod. civ. dell’COGNOME non poteva essere accolta, trattandosi di vendita di un magazzino da realizzare, che avrebbe dovuto essere consegnato ‘rifinito e completo’, come da contratto; per contro, lo stesso si presentava incompiuto financo al tempo degli accertamenti del c.t.u. e mancante del titolo abilitativo ex art. 13 l. 47/85, necessario al completamento dell’opera, parzialmente difforme dal titolo concessorio;
-la documentazione versata in atti dall’attore non provava il lamentato danno emergente e da lucro cessante, che sarebbe derivato all’RAGIONE_SOCIALE dall’inadempimento della società convenuta ;
il diritto al pagamento del doppio della caparra non avrebbe potuto essere fatto valere con la domanda di risoluzione per grave inadempimento, alla quale può accedere esclusivamente la richiesta di risarcimento del danno, da provarsi, secondo la regola generale, nell’ an e nel quantum ;
il diritto al pagamento del doppio della caparra non poteva essere fatto valere, avendo l’appellante domandato la risoluzione del contratto per grave inadempimento della promittente alienante, invece che esercitare il recesso, e l’eventuale danno patito andava provato come d’ordinario;
-la domanda di restituzione della caparra incamerata dalla promittente alienante doveva considerarsi tardiva, poiché proposta
nella prima memoria ex art. 183 cod. proc. civ. e non nella prima udienza di trattazione.
NOME COGNOME ricorre sulla base di tre motivi, ulteriormente illustrati da memoria.
La Curatela del fallimento della RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso, in seno al quale propone ricorso incidentale condizionato fondato su due motivi.
È rimasto intimato il Comune di Misilmeri.
Con il primo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 2932 cod. civ. e dell’art. 13 l. n. 47/85 , in relazione all’art. 360 , co. 1 n. 3, cod. proc. civ., nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio in relazione all’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ.
Secondo l’assunto , i Giudici di secondo grado avrebbero omesso di esaminare la questione posta dall’COGNOME in via principale, e cioè che, nel caso di specie, si verteva, fin dalla stipula del preliminare, di un bene realizzato e da definire in componenti non fondamentali.
Sotto altro profilo, si soggiunge che il mancato rilascio della concessione in sanatoria non avrebbe potuto costituire ostacolo all’esecuzione in forma specifica del contratto, potendo la parte interessata versare quanto per legge dovuto anche dopo l’intervenuto trasferimento dell’immobile .
Il motivo è infondato e in parte inammissibile.
4.1. In presenza di ‘doppia conforme’, sulla base dell’art. 348 ter, co. 5, cod. proc. civ., il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Sez. 2, n. 5528, 10/03/2014, Rv. 630359; conf., ex multis, Cass. nn.
19001/2016, 26714/2016), evenienza che nel caso in esame non ricorre affatto.
Peraltro, a volere prescindere da ogni altra considerazione, l’omesso esame non sarebbe stato, in ogni caso, qui supponibile, non vertendosi in ipotesi di mancata considerazione di un fatto storico-documentale, avente carattere di decisività, bensì di rivendicazione di un diverso apprezzamento del complesso delle emergenze di causa (cfr., ex multis, Cass. n. 18886/2023).
4.2. È rimasto accertato che l’immobile promesso in vendita non corrispondeva affatto all’opera edificata, peraltro niente affatto definita (financo la dimensione dell’area era risultata priva di corrispondenza in misura macroscopica: 684 mq, invece che 830 mq).
Ha, inoltre, rilievo non secondario la circostanza, anch’essa accertata, che le parti non vollero stipulare un contratto preliminare di cosa futura.
Se è pur vero essere stato affermato potersi far luogo a esecuzione specifica ai sensi dell’art. 2932 cod. civ. in presenza di difformità non essenziali rispetto al bene promesso in vendita (cfr. Cass. nn. 1562/010, 10291/02, 16230/03), qui l’opera risultava macroscopicamente incompiuta, secondo l’apprezzamento insindacabile di merito (si vedano le pagg. 8 e 9).
Infine, risulta decisiva la circostanza che alcun pagamento d’oblazione e di eventuali ulteriori oneri urbanistici risultava essere stata versata al Comune, peraltro quantificati in misura significativa (€ 137.714,32 a saldo dei contributi per incidenza sugli oneri di urbanizzazione, oltre a € 57.577,07 a saldo dei contributi sul costo di costruzione).
Da ciò ne discende che non sarebbe stato possibile far luogo per via giudiziaria al consenso mancante per la stipulazione dell’atto definitivo. Sul punto è il caso di ricordare che anche
secondo la giurisprudenza di legittimità più liberale, in assenza di un tale adempimento, non è consentito far luogo alla statuizione giudiziale richiesta.
Si è, per vero, affermato che, in tema di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto di compravendita, ai sensi dell’art. 40 l. n. 47 del 1985, può essere pronunciata sentenza di trasferimento coattivo ex art. 2932 c.c. nel caso in cui l’immobile abbia un vizio di regolarità urbanistica non oltrepassante la soglia della parziale difformità rispetto alla concessione, dovendosi distinguere, anche quando sia stata presentata istanza di condono edilizio con versamento della somma prevista per l’oblazione e la pratica non sia stata definita, tra ipotesi di abuso primario, relativo a beni immobili edificati o resi abitabili in assenza di concessione, e abuso secondario, caratterizzato dalla circostanza che solo una parte di unità immobiliare già esistente abbia subito modifica o mutamento di destinazione d’uso.
Né è dato sapere in questa sede dell’entità delle opere realizzate in parziale difformità dal permesso di costruire, dovendosi ammettere la possibilità della pronuncia costitutiva di cui all’art. 2932 cod. civ. solo nel caso in cui le difformità non risultino essenziali rispetto al progetto originario (cfr. Cass. n. 34/2024).
Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1223 cod. civ. e dell’art. 1226 cod. civ. , in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. , nonché l’omesso esame di un fatto decisivo in relazione all’art. 360 , co. 1 n. 5, cod. proc. civ.
In particolar modo, secondo il ricorrente, la Corte d’appello avrebbe totalmente omesso di prendere posizione in merito ai puntuali rilievi che l’appellante aveva svolto nei confronti della espletata CTU in primo grado in tema di danni.
Avrebbe, altresì, errato nel non applicare l’art. 1226 cod. civ. e quindi a disattendere la richiesta di liquidare il danno in via equitativa ove i dati contabili e patrimoniali offerti non avessero consentito una analitica rappresentazione del danno.
Il motivo è infondato e in parte inammissibile.
6.1. Anche in questo caso deve ribadirsi la preclusione alla denuncia di omesso esame di un fatto controverso e decisivo in presenza di ‘doppia conforme’
A voler ritenere, a tutto concedere, che il ricorrente abbia inteso dolersi del mancato approntamento di un ordito motivazionale non apparente, la critica non merita sorte migliore.
La sentenza ha svolto ben intellegibile e compiuto ragionamento al fine di negare sussistere prova del danno lamentato dall’appellante, anche prendendo in esame le valutazioni del consulente di parte dell’COGNOME (pagg. 10 -12), restando escluso che il giudice debba minutamente dar conto di tutte le obiezioni mosse dalle parti alle conclusioni del c.t.u., essendo bastevole che la decisione risolva dubbi e incertezze, attraverso coerente e plausibile percorso argomentativo.
Si è già detto che il giudice di merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l’obbligo della motivazione con l’indicazione delle fonti del suo convincimento, e non deve necessariamente soffermarsi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte, che, sebbene non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili, senza che possa configurarsi vizio di motivazione, in quanto le critiche di parte, che tendono al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico, si risolvono in mere argomentazioni difensive (Sez. 1, n. 33742, 16/11/2022, Rv. 666237).
Con il terzo motivo si denuncia violazione e la falsa applicazione dell’art. 1385 cod. civ. e dell’art. 183 cod. proc. civ. , in relazione all’art. 360 , co. 1 n. 3, cod. proc. civ., avendo i Giudici di secondo grado disatteso erroneamente sia la richiesta di risarcimento del danno, rappresentato dal doppio della caparra confirmatoria, per essere stata chiesta la risoluzione per inadempimento, sia la domanda di restituzione della semplice caparra perché asseritamente avanzata tardivamente .con la memoria ex art. 183 VI comma cod. proc. civ. e non nella prima udienza di trattazione.
Il motivo è solo in parte fondato.
7.1. Il primo profilo di doglianza presenta profili di inammissibilità ed infondatezza.
Pur assumendo la ricorrente principale l’erroneità della pronuncia per non essere stato riconosciuto il risarcimento del danno nella misura pari al doppio della caparra, detta parte si è limitata a prospettare il vizio ex art. 360 n.3 cod.proc.civ. senza addurre alcuna specifica argomentazione, sviluppando nella parte narrativa la sola doglianza relativa al mancato riconoscimento della restituzione della caparra.
In ogni caso, a voler sviluppare il profilo di merito, è sufficiente rilevare che nella specie non v’è stata alcuna modifica della domanda, da risoluzione a recesso, e detta domanda di risoluzione è stata accolta nel giudizio di merito, rimanendo oggetto di contestazione per parte promissaria acquirente il solo profilo risarcitorio.
Com’è noto, l e Sezioni unite, affrontando ex professo la questione, hanno affermato che, in tema di contratti cui acceda la consegna di una somma di denaro a titolo di caparra confirmatoria, qualora il contraente non inadempiente abbia agito per la risoluzione (giudiziale o di diritto) ed il risarcimento del danno,
costituisce domanda nuova, inammissibile in appello, quella volta ad ottenere la declaratoria dell’intervenuto recesso con ritenzione della caparra (o pagamento del doppio), avuto riguardo – oltre che alla disomogeneità esistente tra la domanda di risoluzione giudiziale e quella di recesso ed all’irrinunciabilità dell’effetto conseguente alla risoluzione di diritto -all’incompatibilità strutturale e funzionale tra la ritenzione della caparra e la domanda di risarcimento: la funzione della caparra, consistendo in una liquidazione anticipata e convenzionale del danno volta ad evitare l’instaurazione di un giudizio contenzioso, risulterebbe infatti frustrata se alla parte che abbia preferito affrontare gli oneri connessi all’azione risarcitoria per ottenere un ristoro patrimoniale più cospicuo fosse consentito -in contrasto con il principio costituzionale del giusto processo, che vieta qualsiasi forma di abuso processuale – di modificare la propria strategia difensiva, quando i risultati non corrispondano alle sue aspettative (S.U. n. 553, 14/01/2009, Rv. 606608). Principio, questo, condiviso da plurime statuizioni sezionali (cfr., ex multis, Cass. nn. 20978/2011, 4164/2015, 21971/2020).
Merita peraltro di essere segnalata la recente pronuncia Sez. 2, n.21317, 30/7/2024, che ha enunciato il principio secondo il quale la domanda di risoluzione del contratto non costituisce domanda nuova rispetto a quella con cui il contraente non inadempiente abbia originariamente chiesto la declaratoria della legittimità del proprio recesso ex art. 1385, comma 2, c.c., con contestuale incameramento della caparra confirmatoria, essendo l’azione di recesso un’ipotesi di risoluzione ex lege (Sez. 2, n. 21317, 30/07/2024 (Rv. 671983).
In ogni caso, come sopra già rilevato, nel presente giudizio non si pone la questione dell’ammissibilità della modifica della domanda (da risoluzione a recesso o viceversa) e, quindi, non è
pertinente esplorare l’orientamento nomofilattico, riccamente sviluppatosi in questi ultimi anni, che ha comportato un allentamento, pur misurato e ragionato, del principio dell’invariabilità della domanda, inaugurato dalla sentenza delle Sezioni unite n. 12310 del 15/06/2015, secondo la quale la modificazione della domanda ammessa ex art. 183 cod. proc. civ. può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (“petitum” e “causa petendi”), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l’allungamento dei tempi processuali. Ne consegue l’ammissibilità della modifica, nella memoria ex art. 183 cod. proc. civ., dell’originaria domanda formulata ex art. 2932 cod. civ. con quella di accertamento dell’avvenuto effetto traslativo (Rv. 635536). Intervento nomofilattico, questo, che ha trovato numerose successive conferme.
7.2. Il secondo profilo di doglianza è, invece, fondato.
Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che non sussiste violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato allorché il giudice, a fronte di una richiesta di restituzione del doppio della caparra indebitamente cumulata con una domanda di risoluzione per inadempimento di un preliminare e conseguente risarcimento del danno, condanni la parte inadempiente alla restituzione di detta caparra, trattandosi del riconoscimento di un bene della vita omogeneo, seppure ridimensionato, rispetto a quanto “ab initio” richiesto e non sussistendo più alcun titolo della controparte a trattenere la somma versata. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che, dopo avere correttamente escluso il diritto dell’attore, vittorioso sulla domanda di risoluzione, ad ottenere il versamento del doppio della caparra,
aveva condannato la controparte al rimborso del prezzo pagato, omettendo di disporre anche la restituzione della caparra confirmatoria) -Sez. 6, n. 11012, 08/05/2018, Rv. 648231 -.
Detto orientamento supera anche il profilo della ritenuta tardività della domanda.
8. Con il primo motivo del ricorso incidentale si denuncia l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo ex art. 360, co. 1 n. 5 cod., proc. civ. <>.
Ne conseguirebbe che, contrariamente a quanto ritenuto dai Giudici di secondo grado, il contratto si sarebbe risolto per l’avveramento della condizione risolutiva pattuita tra le parti.
8.1. Il motivo non supera lo scrutinio d’ammissibilità.
In presenza di ‘doppia conforme’, sulla base dell’art. 348 ter, co. 5, cod. proc. civ., il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Sez. 2, n. 5528, 10/03/2014, Rv. 630359; conf., ex multis, Cass. nn. 19001/2016, 26714/2016), evenienza che nel caso in esame non ricorre affatto.
Peraltro, a volere prescindere da qualunque altra considerazione, l’omesso esame non sarebbe stato, in ogni caso,
qui supponibile, non vertendosi in ipotesi di mancata considerazione di un fatto storico-documentale, avente carattere di decisività, bensì di rivendicazione di un diverso apprezzamento del complesso delle emergenze di causa (cfr., ex multis, Cass. n. 18886/2023).
Il secondo motivo censura la sentenza gravata per aver rigettato doglianza incidentale relativa alla statuita compensazione delle spese di lite e per aver altresì compensato nuovamente le suddette spese per il giudizio di secondo grado, assumendosi <>.
9.1. Al di là dell’incongrua formulazione (viene del tutto impropriamente evocata violazione della norma processuale che configura, com’è ovvio, il vizio di omesso esame di un fatto controverso e decisivo, peraltro, senza supporto di spiegazione alcuna), il motivo resta assorbito dall’epilogo.
10. Il Giudice del rinvio regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il terzo motivo del ricorso principale, nei limiti di cui in motivazione, rigetta il primo e il secondo, dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso incidentale condizionato e assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata, in relazione all’accolto motivo, e rinvia alla Corte d’appello di Palermo, altra composizione, anche per la statuizione sul capo delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 20 giugno