Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21385 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21385 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26063/2022 R.G. proposto da :
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
OMNI
EUROCONSULT
GMBH
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 2410/2022 depositata il 07/07/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 01/04/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE propose opposizione avverso il decreto ingiuntivo con il quale la Società RAGIONE_SOCIALE Portovenere RAGIONE_SOCIALE le aveva ingiunto il pagamento della somma di Euro 1.000.000,00, oltre interessi, a titolo di caparra confirmatoria prevista dal contratto preliminare di compravendita immobiliare stipulato il 31.5.2018, con il quale la Società RAGIONE_SOCIALE aveva promesso in vendita all’opponente alcuni immobili al prezzo di € 8.000.000,00 ed il versamento, entro l’8.6.2018, della somma € 1.000.000,00 a titolo di caparra confirmatoria.
La promissaria acquirente, malgrado i solleciti, non aveva versato la somma richiesta a titolo di caparra.
Il Tribunale di Milano, nel contraddittorio tra le parti, accolse l’opposizione e revocò il decreto ingiuntivo. Il giudice di merito affermò che il patto relativo alla caparra confirmatoria è di natura reale e pertanto in assenza della dazione dell’importo pattuito, non vi è il perfezionamento dell’accordo né il conseguente diritto di credito nei confronti della promittente venditrice, non potendosi produrre gli effetti previsti dall’ art. 1385, comma 2, c.c., il cui presupposto è l’effettiva dazione della somma.
Avverso tale sentenza, la RAGIONE_SOCIALE propose appello, sostenendo che le parti, nell’ambito della loro autonomia contrattuale, avessero stipulato una caparra confirmatoria di tipo consensuale, la cui dazione era stata differita ad un momento successivo rispetto alla formazione del contratto, ma avente effetti identici a quella tipizzata.
L’RAGIONE_SOCIALE si costituì in giudizio, insistendo per il rigetto dell’appello.
La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 7.7.2022., rigettò l’appello.
La Corte territoriale confermò la sentenza di primo grado, ribadendo che, ai sensi dell’art. 1385 c.c., il patto avente ad oggetto la dazione della caparra confirmatoria costituisce un contratto reale, perfezionabile unicamente mediante la materiale dazione di una somma di denaro o di una quantità equivalente di altre cose fungibili, in data antecedente alla scadenza del termine di adempimento delle obbligazioni scaturenti dal contratto principale. Pertanto, la traditio rei rappresenta un presupposto necessario sia per la ritenzione sia per esigere il doppio della somma versata. Pur essendo consentita, e non dichiarata nulla, la previsione del differimento della dazione della caparra, qualora non avvenga in data anteriore alla scadenza delle obbligazioni pattuite, risulta inidonea a produrre gli effetti propri dell’art. 1385 c.c., che presuppone appunto la antecedente realizzazione della traditio rei.
La Società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello sulla base di tre motivi.
RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione degli artt. 41, comma 1, Cost.; 16 CDFUE; 1372, comma 1, e 1322, comma 1 e 2, c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.; la ricorrente sostiene la possibilità per le parti, nella loro autonomia negoziale, di
stipulare una caparra confirmatoria atipica di stampo consensuale, avente la medesima funzione di quella reale, tipizzata dall’art. 1385 c.c., alla luce della giurisprudenza delle Sezioni Unite, che, con sentenza n.8472/2022, avrebbero superato la concezione, ancorata al Codice del 1865, della tipizzazione della garanzia di protezione e del conseguenziale vizio di nullità virtuale in caso di atipicità; la giurisprudenza avrebbe, pertanto, superato il dogma della fattispecie a favore del dogma dell’interesse pubblico nella qualificazione delle norme imperative.
Secondo la ricorrente, la previsione di una variante consensuale atipica non sarebbe nulla poiché perseguirebbe, con modalità diverse, le stesse finalità della caparra reale, ovvero il rafforzamento del vincolo, la possibilità di recesso, l’anticipazione dell’adempimento, tutelando un interesse generale e favorendo l’incremento e la celerità delle transazioni commerciali.
Con il secondo motivo di ricorso, si denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. e, in subordine, il vizio di motivazione per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. La ricorrente sostiene che la Corte territoriale sia incorsa in una violazione dei criteri esegetici degli artt. 1362 e 1363 c.c., in quanto avrebbe erroneamente affermato che il diritto di ritenere la caparra fosse conseguenza del diritto di recesso che, nel caso di specie, l’Azienda RAGIONE_SOCIALE Portovenere non avrebbe esercitato e che non avrebbe avuto intenzione di esercitare.
I motivi, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente, sono infondati.
La giurisprudenza di questa Corte è consolidata nel considerare la caparra confirmatoria come un patto accessorio di natura reale, perfezionabile esclusivamente mediante la consegna della cosa o del denaro oggetto dello stesso. Sebbene sia ammissibile il differimento della dazione della caparra confirmatoria in un momento successivo rispetto alla stipula del preliminare, è necessario che la traditio avvenga entro il termine della stipula del definitivo, (art. 1385, comma 2, c.c.).
Sotto l’aspetto strutturale la caparra confirmatoria consiste, infatti, in un negozio giuridico bilaterale che si perfeziona con la consegna che una parte fa all’altra di una somma di denaro o di una determinata quantità di cose fungibili per il caso d’inadempimento delle obbligazioni nascenti da diverso negozio ad essa collegato (cd. contratto principale); sebbene la dazione della cosa, necessaria al perfezionamento del negozio, sia riferita dall’art. 1385, comma 1, c.c. al momento della conclusione del contratto, nulla osta, tuttavia, al ritenere che le parti, nell’ambito della loro autonomia contrattuale, possano differirne la traditio in tutto od in parte ad un momento successivo, purché anteriore alla scadenza delle obbligazioni che ne sono derivate (Cass. 14 aprile 2002 n. 5424; Cass. 23.5.95 n. 5644, 31.5.1988 n. 3704).
Pertanto, se è vero che l’ipotesi prevista come ordinaria dalla norma è quella della dazione della caparra a mani del destinatario al momento della conclusione del contratto, ciò non esclude la possibilità d’effettuarne la traditio secondo modalità e tempi diversi, purché compatibili con il conseguimento degli scopi previsti dall’art. 1385 c.c., onde consentire il particolare e migliore regolamento degli interessi voluto delle parti stesse e, quindi, essere concretamente effettuata anche con dazioni ripartite, senza che tale modalità pattizia
dell’acquisizione della somma al patrimonio del destinatario minimamente influisca sulla natura giuridica e, quindi, sull’efficacia di essa (Cassazione civile sez. II, 24/04/2013, n.10056)
Allorché venga pattuita la corresponsione di quantità determinata di cose fungibili per il caso dell’inadempimento delle obbligazioni nascenti da un diverso negozio ad essa collegato (c.d. contratto principale), con lo scopo di rafforzare il vincolo contrattuale, il relativo patto contrattuale ha comunque natura reale, e, come tale, è improduttivo di effetti giuridici ove non si perfezioni con la consegna della relativa somma (Cass. 14 aprile 2002 n. 5424; Cass. 13 febbraio 2006 n. 3071; Cass. 9 agosto 2011 n. 17127).
Nel caso di specie, secondo l’interpretazione plausibile adottata dalla Corte d’appello, fondata su un chiaro riferimento letterale ( il promissario acquirente si obbliga a versare alla promittente venditrice l’importo di € 1.000.000,00 a titolo di caparra confirmatoria entro la data dell’8 giugno 2018), le parti avevano previsto che la caparra potesse essere costituita anche in un momento successivo rispetto alla stipulazione del contratto principale, purché con modalità compatibili con gli scopi previsti dall’art.1385 c.c.; tuttavia, poiché la consegna della somma non era avvenuta prima della stipula del contratto definitivo, fissato per il 30 giugno 2018, non si sono prodotti né l’effetto proprio del primo comma dell’art.1385 c.c. (e cioè, in caso di inadempimento, l’obbligo di restituire la caparra ricevuta o imputarla alla prestazione dovuta), né l’effetto previsto dal secondo comma della disposizione citata, effetti che presuppongono la traditio in data antecedente alla scadenza del termine di adempimento delle obbligazioni scaturenti dal contratto principale.
Come correttamente affermato dalla Corte d’appello, sebbene le parti, nella loro autonomia contrattuale possano differire la dazione, in tutto o in parte, ad un momento successivo la caparra confirmatoria, non si producono gli effetti che l’art.1385, comma 2, c.c. ricollega alla consegna.
Non è pertinente il richiamo a Cassazione civile sez. un., 15/03/2022, n.8472, al fine di ritenere che la caparra confirmatoria abbia natura consensuale: la decisione riguarda la diversa ipotesi dei ‘confidi’, costituiti anche in forma di consorzi e società cooperative, che esercitano l’attività di garanzia collettiva dei fidi. Si tratta di ipotesi di garanzie di protezione differenti dalle caratteristiche che connotano la caparra confirmatoria.
Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 88 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.; il vizio di motivazione per omesso esame di due fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.; la società ricorrente contesta il capo della sentenza relativo alla condanna al pagamento delle spese di lite del doppio grado di giudizio, ritenendo, invece, che dovevano essere compensate per l’inutilità dell’attività difensiva dell’appellata, la quale avrebbe sostenuto spese eccessive o superflue, ex art. 92, comma 1, c.p.c., nonché per altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni non tipizzate, perché il rimborso delle spese di lite andrebbe a favore della parte contrattuale inadempiente al contratto preliminare.
Il motivo è infondato.
La Corte d’appello ha fatto applicazione del principio della soccombenza, né le ragioni indicate dalla società ricorrente sono
riconducibili alle ipotesi che consentono al giudice la compensazione delle spese, ai sensi dell’art.92 c.p.c.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Non deve provvedersi sulle spese non avendo l’intimat a svolto attività difensiva.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione