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Canone telecomunicazioni: limiti su beni disponibili?

Una società di telecomunicazioni si oppone al pagamento di un canone di locazione a un Comune per l’installazione di antenne su un terreno del patrimonio disponibile. La Corte d’Appello aveva dato ragione al Comune, ritenendo non applicabile il divieto di imporre oneri aggiuntivi previsto per gli operatori del settore. La Corte di Cassazione, vista la novità e la rilevanza della questione sul canone telecomunicazioni, ha rinviato la causa a pubblica udienza per una decisione approfondita, senza ancora risolvere il merito della controversia.

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Canone Telecomunicazioni: Limiti per gli Enti Locali su Beni Disponibili?

La questione del canone telecomunicazioni che gli operatori devono versare agli enti pubblici per l’installazione di infrastrutture è da tempo al centro di un acceso dibattito legale. Una recente ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione riaccende i riflettori su un punto cruciale: il divieto di imporre oneri aggiuntivi agli operatori si applica anche quando un Comune affitta un terreno del proprio patrimonio disponibile, agendo come un privato? La Suprema Corte, riconoscendo l’importanza della domanda, ha deciso di rimettere la causa a una pubblica udienza per una valutazione più approfondita.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine da un decreto ingiuntivo emesso a favore di un Comune nei confronti di una nota società di telecomunicazioni. L’ente locale richiedeva il pagamento di oltre 55.000 euro a titolo di canoni di locazione non versati, in forza di un contratto stipulato nel 2010 per l’installazione di attrezzature per la telefonia mobile su un’area di proprietà comunale.
L’operatore telefonico si opponeva al decreto, sostenendo la nullità della clausola contrattuale relativa al canone. A suo avviso, tale clausola violava l’articolo 93 del D.Lgs. 259/2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche), norma imperativa che vieta di imporre agli operatori oneri diversi dalla tassa o dal canone per l’occupazione di suolo pubblico (TOSAP/COSAP).

Il Percorso Giudiziario e l’Applicabilità del Canone Telecomunicazioni

Il percorso giudiziario è stato tortuoso. Dopo una prima fase incentrata sulla giurisdizione (ordinaria o amministrativa), la Corte d’Appello si è pronunciata nel merito con una decisione netta. Secondo i giudici di secondo grado, la disciplina di favore prevista dall’art. 93 non poteva trovare applicazione nel caso di specie.
La ragione risiedeva nella natura del bene concesso in locazione: un’area facente parte del patrimonio disponibile del Comune. La Corte ha operato una distinzione fondamentale:

* Azione Pubblicistica: Quando l’ente pubblico esercita un potere di supremazia su beni del demanio o del patrimonio indisponibile, è tenuto a rispettare i limiti imposti dall’art. 93.
Azione Privatistica: Quando l’ente agisce iure privatorum*, stipulando un normale contratto di locazione per un bene del suo patrimonio disponibile, si pone sullo stesso piano di un privato e può liberamente pattuire un canone di mercato.

Di conseguenza, la Corte d’Appello ha ritenuto valido il contratto di locazione e legittima la richiesta di pagamento del canone pattuit. La finalità dell’art. 93, secondo questa interpretazione, sarebbe quella di limitare il potere impositivo della Pubblica Amministrazione, non la sua capacità contrattuale di diritto privato.

Le Motivazioni del Ricorso in Cassazione

L’operatore di telecomunicazioni ha impugnato la decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, articolando diverse censure. Il motivo principale riguarda l’errata interpretazione dell’art. 93. Secondo la società ricorrente, tale norma avrebbe una portata generale, finalizzata a ridurre i costi di installazione delle reti e a garantire un trattamento uniforme su tutto il territorio nazionale.
La distinzione tra patrimonio disponibile e indisponibile sarebbe irrilevante, poiché la legge si riferisce genericamente alle “aree pubbliche”. Inoltre, l’operatore ha sostenuto di trovarsi in una posizione di soggezione, costretto ad accettare le condizioni imposte dal Comune per poter installare l’impianto, rendendo di fatto la pattuizione un’imposizione mascherata da contratto.
Altro punto contestato è la qualificazione stessa del bene come “disponibile”, sostenendo che la sua destinazione all’installazione di un’infrastruttura di pubblico servizio lo avrebbe di fatto attratto nella categoria del patrimonio indisponibile.

Le Conclusioni della Corte di Cassazione (Ordinanza Interlocutoria)

La Suprema Corte, con la presente ordinanza interlocutoria, non ha ancora fornito una risposta definitiva. Tuttavia, ha compiuto un passo significativo: ha riconosciuto la particolare rilevanza nomofilattica della questione. In altre parole, ha ritenuto che il quesito giuridico sia nuovo, complesso e di fondamentale importanza per assicurare un’interpretazione uniforme della legge in tutto il Paese.
Per questo motivo, anziché decidere con il rito più snello della camera di consiglio, ha disposto la trattazione della causa in pubblica udienza. Questa scelta segnala la necessità di un dibattito approfondito e di una pronuncia ponderata, che costituirà un precedente fondamentale per tutti i futuri contenziosi in materia di canone telecomunicazioni e gestione dei beni pubblici.

Un Comune può richiedere un canone di locazione a prezzo di mercato per l’installazione di antenne su un terreno del suo patrimonio disponibile?
Secondo la Corte d’Appello, la cui sentenza è stata impugnata, sì. Essa ha ritenuto che il divieto di imporre oneri aggiuntivi agli operatori (art. 93 D.Lgs. 259/2003) non si applichi quando l’ente agisce come un privato locatore. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ritenuto la questione meritevole di un approfondimento in pubblica udienza e non ha ancora emesso una decisione finale.

La legge che vieta oneri aggiuntivi agli operatori di telecomunicazioni si applica a tutti i beni di proprietà pubblica?
La decisione della Corte d’Appello ha stabilito che la norma si applica solo ai beni del demanio e del patrimonio indisponibile, dove l’ente esercita un potere pubblico, e non a quelli del patrimonio disponibile, gestiti con contratti di diritto privato. L’operatore ricorrente contesta questa interpretazione, sostenendo che la norma dovrebbe avere una portata più ampia.

Cosa significa che la Cassazione ha rinviato la causa a pubblica udienza?
Significa che la Corte ha riconosciuto che le questioni legali sollevate sono particolarmente nuove, complesse e importanti per l’uniforme interpretazione del diritto a livello nazionale. Pertanto, ha deciso che il caso richiede una discussione più approfondita in un’udienza pubblica prima di poter arrivare a una sentenza definitiva, la quale costituirà un precedente di grande rilievo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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