Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25086 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25086 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13140/2023 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di TORINO n. 257/2023 depositata il 13/04/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
RAGIONE_SOCIALE intimava davanti al Tribunale di Torino a RAGIONE_SOCIALE sfratto per morosità dall’immobile ubicato all’interno della INDIRIZZO di Torino, concesso in locazione con contratto del 4.12.2009 da RAGIONE_SOCIALE a Melfi Felicia (a cui era subentrata la società convenuta) per attività di rivendita tabacchi e altri articoli (articoli extra privativa per tabaccai, lotto e lottomatica, biglietteria trasporti urbani, ricariche telefoniche, valori bollati, piccola cancelleria, souvenir). La società locatrice poneva a fondamento della predetta intimazione il mancato pagamento di canoni e oneri accessori per complessivi € 90.917,24.
Si opponeva RAGIONE_SOCIALE deducendo la non gravità dell’inadempimento consistente nel mancato pagamento dei canoni durante il periodo di emergenza sanitaria COVID, dovendosi considerare l’incidenza delle misure restrittive (della circolazione delle persone e del commercio) sull’attività svolta nell’immobile locato. Deduceva, in conseguenza, il proprio diritto ad ottenere una riduzione del canone per il periodo di emergenza sanitaria. Assumeva, inoltre, l’esistenza di controcrediti per riparazioni e per l’esecuzione di opere sull’immobile, lamentando allo stesso tempo la violazione, da parte del locatore, dei c.d. ‘obblighi di protezione’ dei legittimi interessi del conduttore.
Con ordinanza ex art. 665 c.p.c. del 14.5.2021 l’adìto tribunale ordinava il rilascio dell’immobile e il mutamento del rito.
RAGIONE_SOCIALE proponeva separato ricorso monitorio per il pagamento dei canoni e degli oneri accessori nella misura sopra indicata (€ 90.917,24) ed il Tribunale di Torino emetteva quindi decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo n. 2807/2021.
RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione al decreto per i medesimi motivi già posti a fondamento dell’opposizione allo sfratto.
La causa di opposizione a decreto ingiuntivo (RG 11387/21) veniva riunita a quella pendente per effetto della conversione del rito sull’intimazione di sfratto (RG 10259/21).
La società conduttrice, operato un riconteggio delle partite di dare e avere, sosteneva quindi di essere a credito verso Grandi Stazioni Retail di circa € 30.000 e chiedeva pertanto, previo accertamento della nullità delle clausole contrattuali censurate, respingersi le domande di risoluzione del contratto e di pagamento canoni, riservandosi di proporre in separato giudizio le domande restitutorie. Chiedeva peraltro risarcimento dei danni causati da infiltrazioni e da distacco degli infissi nell’immobile lo cato. In via subordinata, RAGIONE_SOCIALE chiedeva comunque disporsi congrua riduzione del canone in considerazione dell’incidenza delle norme emergenziali sulla propria attività commerciale.
Si costituiva Grandi Stazioni sostenendo che l’art. 11 l. 25/1986 si riferiva al canone esigibile per la sola rivendita di tabacchi, con possibilità dunque per le parti di determinare liberamente il canone locato.
tenuto conto degli ulteriori beni venduti nell’immobile Assumeva altresì la legittimità delle ulteriori pretese economiche avanzate, fondate su clausole contrattuali relative ad oneri accessori per spese di cui il conduttore aveva in effetti beneficiato.
Con sentenza del 28/04/2022 il Tribunale di Torino accoglieva ex art. 1464 c.c. la domanda della conduttrice di riduzione del canone per il periodo di emergenza sanitaria in misura di € 22.902,41; previa compensazione dei rispettivi crediti e debiti tra le parti, revocava quindi il decreto ingiuntivo n. 2807/21 e condannava RAGIONE_SOCIALE al
pagamento in favore di RAGIONE_SOCIALE della differenza pari a € 36.698,41, rigettando ogni ulteriore domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE Dichiarava perciò risolto per inadempimento del conduttore il contratto di locazione inter partes avente ad oggetto l’immobile ubicato al piano terra della INDIRIZZO in Torino e, per l’effetto, confermava l’ordinanza di rilascio ex art. 665 c.p.c. resa il 14.5.2021.
Rigettava, in particolare, le domande di RAGIONE_SOCIALE di accertamento della nullità delle clausole contrattuali relative ai criteri di determinazione del canone (art. 9) e agli oneri accessori di cui all’art. 5; dichiarava peraltro non dovuti da RAGIONE_SOCIALE gli oneri di cui agli art. 12 e 23 del contratto di locazione ed accertava quindi il diritto della conduttrice al rimborso delle spese a tal titolo corrisposte per un importo complessivo € 8.854,77.
Compensava infine le spese del giudizio in misura di un terzo e condannava RAGIONE_SOCIALE al rimborso della restante parte di tali spese.
Avverso la predetta sentenza promuoveva appello RAGIONE_SOCIALE con atto notificato in data 13.12.2022, rilevando, con il primo motivo di gravame, errata ed illogica motivazione nel ritenere che il canone previsto ex art. 11 della legge n. 25/1986 era relativo non al godimento dell’immobile occupato dalla conduttrice, ma unicamente all’attività di rivendita di tabacchi esercitata nel locale locato.
Con il secondo motivo lamentava l’erronea ed illogica motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui aveva ritenuto legittimo l’art. 5 del contratto di locazione, che prevede il rimborso di euro 60.000,00 oltre IVA da parte del conduttore per i co sti ‘direttamente sostenuti o da sostenere da parte di GSR per la realizzazione delle opere di ristrutturazione e riqualificazione interne al complesso di stazione’.
Si costituiva in giudizio la locatrice RAGIONE_SOCIALE chiedendo rigettarsi l’appello promosso da RAGIONE_SOCIALE
La Corte d’appello di Torino con sentenza del 13 aprile 2023 rigettava l’impugnazione e condannava l’appellante al pagamento in favore della parte appellata delle spese del giudizio.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE Entrambe le parti depositano memorie ex art. 380 bis-1 c.p.c.
Motivi della decisione
Preliminarmente va rilevato che la difesa di RAGIONE_SOCIALE ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per nullità della procura speciale a suo tempo rilasciata a NOME COGNOME, procuratrice di RAGIONE_SOCIALE documentando con visura camerale della RAGIONE_SOCIALE che tale società, in data 15.03.2023, era stata posta in liquidazione e sostenendo che in conseguenza il mandato in calce al ricorso, notificato il 15.06.2023, era nullo in quanto successivo alla sua messa in liquidazione.
L’eccezione della controricorrente è infondata trovando applicazione il principio secondo cui il difetto di legittimazione “ad causam” della persona fisica che agisce in rappresentanza di un ente può essere sanato, in qualunque stato e grado del giudizio con efficacia retroattiva e con riferimento a tutti gli atti già compiuti, per effetto della costituzione in giudizio del soggetto dotato dell’effettiva rappresentanza dell’ente stesso, che manifesti la volontà, anche tacita, di ratificare la precedente condotta difensiva del “falsus procurator” (Cass. Sez. 5, 21/02/2019, n. 5110, Rv. 652955 – 01).
La ricorrente ha documentato la revoca del 19.02.2024 dello stato di liquidazione ed il ripristino dei suoi legali rappresentanti, cioè COGNOME NOME, quale Amministratore Unico e NOMECOGNOME procuratrice speciale con potere di rappresentare la società in giudizio. NOME COGNOME ha poi anche ratificato il suo precedente operato quale gestore utile e confermato la precedente procura all’epoca rilasciata. Comunque, in forza degli effetti di detta revoca, la procura deve considerarsi validamente conferita.
Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 11 comma 2 della legge 25/1986, con riferimento all’art. 53 DPR 1074/1958, all’art. 15 della legge 210/1985 e all’art. 79 legge 392/1978 in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.
In particolare, si sostiene l’errata lettura dell’art. 53 DPR 14.10.1958 in ordine alla concessione della licenza speciale tabacchi e l’errata convinzione della Corte di merito secondo cui l’Ente Ferrovie RAGIONE_SOCIALEoggi RAGIONE_SOCIALE) agisce in regime di concessione e non in regime di diritto privato in relazione all’art. 15 L. 29.01.1986, n. 210. La Corte d’Appello di Torino, effettuando una esegesi non corretta dell’art. 11, comma 2, Legge 25/1986, avrebbe applicato la norma alla fattispecie in quanto non avrebbe considerato la successione di leggi intercorsa negli anni, con particolare riferimento alla privatizzazione dei beni delle Ferrovie dello Stato avvenuta nell’anno 1985 con l’art. 15 della legge 210.
Grandi Stazioni non avrebbe il potere di concedere la vendita di generi di monopolio che rimane una prerogativa esclusiva dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli; potrebbe solo concedere in locazione un locale da adibirsi a rivendita speciale tabacchi al soggetto che otterrà la relativa licenza (contratto di appalto) dai Monopoli.
L’art. 11, comma 2, legge 25/1986 rappresenterebbe una norma cogente che nel fissare il tetto massimo del canone dovuto fa riferimento all’immobile occupato dalle rivendite tabacchi di stazione e non alle royalties dovute dal rivenditore per la (concessione di) vendita del tabacco. Pertanto, non consentirebbe di richiedere canoni di importo superiore a quello complessivamente indicato dalla norma.
Il primo motivo è infondato.
Occorrere distinguere i due profili relativi al canone di locazione dell’immobile e all’importo da corrispondere all’Erario, per il tramite
di Ferrovie dello Stato (oggi RAGIONE_SOCIALE), per la vendita di prodotti specifici in monopolio previsti dalla legge.
La normativa del 1986 e quella del 1957 definiscono ‘un aggio per i rivenditori di tabacco per i generi di monopolio’: nessun riferimento è contenuto in alcuna delle due disposizioni alla vendita di prodotti di generi diversi che ne sono pacificamente esclusi.
In relazione al ‘canone’ da corrispondere per la particolare concessione ossia la rivendita di tabacchi ed altri generi di monopolio, quello che viene in rilevo è esclusivamente il rapporto tra il rivenditore e lo Stato e nel caso delle rivendite nelle sedi ferroviarie, il rapporto fra il rivenditore ed il soggetto che si occupa di riscuotere il canone per conto dello Stato.
Tale ‘canone’, dovuto in quanto previsto ex lege, non è da confondere con il canone di locazione oggetto del contratto che il singolo rivenditore stipula rispettivamente con il privato che gli concede in locazione il locale all’interno del quale esercitare l’attività o, nel caso in esame, con Grandi Stazioni che gestisce il patrimonio disponibile di Ferrovie (tra l’altro privatizzata nel 1985).
Correttamente, quindi, il canone di cui all’art. 11 comma 2 legge 25/86 è stato inteso come correlato al godimento dell’immobile in relazione allo svolgimento della ‘sola attività consistente nel commercio dei generi di monopolio’. Ove il legislatore del 1 986 avesse voluto far riferimento al 15% del reddito derivante non solo della vendita di tabacchi e altri generi di monopolio, ma anche di altri prodotti estranei ad esso, avrebbe menzionato nel comma in questione il reddito della rivendita, senza alcun ulteriore distinguo.
Allorquando sia esercitata sia l’attività di rivendita speciale tabacchi, sia la vendita di articoli extra privativa, le parti possono concordare una quota parte ulteriore di canone relativa alla vendita di altri prodotti, fermo il rispetto delle disposizioni relative alla percentuale dovuta sulla vendita dei tabacchi, della quale il soggetto locatore risponde in quanto di pertinenza dello Stato.
La disposizione di cui all’art. 11 comma 2 L. 25/1986, determina la misura massima del canone annuo dovuto all’Ente Ferrovie (ed oggi, dopo la relativa privatizzazione, a Grandi Stazioni Retail S.p.A.) e si riferisce al corrispettivo per l’esercizio della rivendita di generi di monopolio, e non anche al canone per il godimento dei locali in cui quell’attività si svolge. Ciò si evince dal fatto che la norma non menziona il profilo della vendita da parte del concessionario di generi extra privativa, mentre fa riferimento al reddito ricavato dalla vendita di tabacchi.
La previsione di un canone (concessorio) massimo per le rivendite di generi di monopolio trova la sua ratio nella necessità di garantire la presenza di esercizi commerciali che producono introiti per l’erario, mentre l’estensione di tale limite più favorev ole anche ai casi in cui la vendita di generi di monopolio si accompagni a quella di vendita di generi extra privativa lederebbe la libera concorrenza nel settore, rispetto agli esercizi commerciali aventi differenti caratteristiche ma abilitati a vendere i medesimi beni di consumo.
La previsione del canone concessorio per la rivendita di generi di monopolio comporta solo che le parti della locazione dell’immobile adibito a rivendita anche di prodotti estranei a quel genere debbano, nel fissare il canone liberamente, comunque determinarlo in un importo che deve comprendere una percentuale imputabile a detto canone, che il soggetto locatore -come nel caso della qui resistente -deve riversare all’Erario.
Con il secondo motivo si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 79 legge 392/1978 con riferimento all’art. 5 del contratto di locazione, in relazione all’art. 360 comma 1, n. 3, c.p.c. – assenza di sinallagmaticità tra l’esecuzione dei lavo ri nel complesso di stazione e il beneficio ricavato dal conduttore.
In particolare, non si condivide l’affermazione della Corte territoriale secondo cui si tratterebbe del corrispettivo ‘una tantum’ di euro 60.000,00 fondato su di ‘un evidente interesse comune delle parti
ad addivenire a tale riqualificazione’. In realtà, tale interesse della conduttrice alla manutenzione straordinaria degli apparati ferroviari della stazione non sussisterebbe rispetto alla messa a norma degli impianti riguardanti aree della stazione non collegabili al godimento effettivo dell’immobile occupato dalla RAGIONE_SOCIALE
Il motivo è infondato.
L’art. 5) del contratto di locazione prevede che il conduttore si impegna a corrispondere al locatore la somma di € 60.000,00 (oltre IVA) ‘a titolo di parziale rimborso degli investimenti direttamente sostenuti o da sostenere da parte di GSR per la realizzazione delle opere di ristrutturazione e riqualificazione interne al complesso di stazione…’.
Come rilevato dai giudici di merito ‘gli esborsi previsti dalla clausola 5 sono, anzitutto perfettamente determinati nel loro ammontare (importo totale e periodicità di pagamento); e in secondo luogo, sono correlati a una prestazione del locatore esattamente individuata in contratto (le opere di ristrutturazione e riqualificazione interne al complesso di stazione)’.
Deve, pertanto, ritenersi legittima la previsione di oneri predeterminati in misura anche forfettaria che siano sinallagmatici rispetto a prestazioni ‘secondarie’ del contratto previste a carico del locatore.
La previsione di un esborso predeterminato forfettariamente nel suo esatto ammontare (non destinato quindi a protrarsi per tutta la durata della locazione) ove volto a compensare una prestazione individuata a carico del locatore (le opere di ristrutturazione e riqualificazione interne al complesso di stazione) deve ritenersi legittima, ponendosi in rapporto di corrispettività con il godimento dei locali e la maggiore appetibilità degli stessi da parte dell’utenza. Trattasi di oneri determinati ex ante e previsti in vincolo di sinallagmaticità nel contesto dell’intero regime contrattuale e la causa del corrispettivo una tantum risiede nell’interesse comune dei
contraenti alla riqualificazione della stazione ferroviaria ove è ubicata l’unità immobiliare da concedere in locazione.
Sussiste un evidente interesse comune delle parti ad addivenire alla riqualificazione della stazione ferroviaria (interesse che per la locatrice risiede nella valorizzazione del proprio patrimonio e per il conduttore nelle maggiori opportunità di commercio che offre un locale posto all’interno di una stazione ove è piacevole intrattenersi, e, quindi, incide sul valore locativo dell’immobile, sebbene per effetto anche di opere future eseguende dalla parte locatrice) e ciò esclude l’ipotesi di indebito vantag gio posto a carico di parte conduttrice, in violazione dell’art. 79 legge 392/1978.
Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
Le spese di lite, stante la obiettiva peculiarità della vicenda e la novità di alcune questioni, non esaminate in questa sede di legittimità nei termini che precedono, possono interamente compensarsi tra le parti.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315).
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso e dichiara interamente compensate tra le parti le spese di lite.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione della Corte