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Cancellazione società: non è rinuncia tacita al credito

La Corte di Cassazione ha stabilito che la cancellazione di una società dal registro delle imprese non costituisce una presunzione di rinuncia tacita al credito. Un ex socio aveva impugnato la decisione della Corte d’Appello che aveva dichiarato estinto un giudizio per risarcimento danni, interpretando la cancellazione della società attrice come un abbandono del proprio diritto. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, affermando che tale atto formale non è sufficiente a dimostrare la volontà di rimettere un debito, e che i diritti si trasferiscono in capo agli ex soci.

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Rinuncia Tacita al Credito: La Cassazione e i Diritti Post-Cancellazione

Cosa accade ai crediti di una società quando questa viene cancellata dal registro delle imprese? Si estinguono insieme ad essa o sopravvivono in capo a qualcun altro? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un tema cruciale: la presunta rinuncia tacita al credito derivante dalla cancellazione della società, chiarendo che questo atto formale, da solo, non basta a estinguere i diritti. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Una Causa per Risarcimento e la Scomparsa della Società Attrice

La vicenda ha origine da una domanda di risarcimento danni promossa da una società in nome collettivo contro un’impresa di costruzioni. Il Tribunale di primo grado accoglie la domanda, condannando l’impresa e la sua compagnia di assicurazione al pagamento di una somma a titolo di risarcimento.

Durante il giudizio di appello, emerge un fatto nuovo e determinante: la società attrice, nel frattempo, era stata cancellata d’ufficio dal registro delle imprese per non aver depositato i bilanci per tre anni consecutivi. Questa circostanza porta i giudici di secondo grado a una conclusione drastica.

La Decisione della Corte d’Appello: La Cancellazione come Rinuncia Tacita al Credito

La Corte d’appello, prendendo atto della cancellazione, dichiara la “cessazione della materia del contendere”. Il ragionamento dei giudici si fonda su una presunzione: la cancellazione della società, unita all’inerzia nel proseguire l’attività di liquidazione, equivarrebbe a una rinuncia tacita al credito oggetto della causa. In sostanza, la scomparsa formale della società viene interpretata come un abbandono implicito della pretesa risarcitoria.

Contro questa decisione, l’ex socio unico della società cancellata decide di ricorrere in Cassazione, sostenendo che i diritti della società non si erano estinti, ma si erano semplicemente trasferiti in capo a lui.

Il Ricorso in Cassazione e l’Analisi della Rinuncia Tacita al Credito

Il ricorrente basa la sua difesa su due motivi principali. Il primo, di natura processuale, contesta la tardività con cui la controparte aveva sollevato l’eccezione di rinuncia. Il secondo, di natura sostanziale, attacca il cuore della decisione d’appello: l’errata applicazione dell’articolo 1236 del codice civile sulla remissione del debito. Secondo il socio, la Corte d’Appello ha erroneamente equiparato la cancellazione a una volontà inequivocabile di rinunciare al credito.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione rigetta il primo motivo, ritenendo che l’eccezione fosse stata sollevata nella prima occasione utile, ma accoglie pienamente il secondo, ribaltando la decisione d’appello. La Suprema Corte afferma un principio di diritto fondamentale: la cancellazione d’ufficio di una società dal registro delle imprese, conseguente al mancato deposito dei bilanci per oltre tre anni, non costituisce una presunzione grave, precisa e concordante di rinuncia tacita al credito.

Secondo gli Ermellini, tale comportamento è “equivoco o non significativo”. Non si può dedurre da una mera inerzia amministrativa una volontà così specifica e rilevante come quella di rimettere un debito. La cancellazione è un atto formale che non incide sulla sostanza dei rapporti giuridici pendenti. La Corte richiama un proprio precedente consolidato (Cass. n. 13534/2021), specificando che un atto del genere non è qualificabile come “negozio di remissione del debito”.

Di conseguenza, si verifica un fenomeno di successione: i diritti e gli obblighi della società non si estinguono, ma si trasferiscono ai soci, i quali succedono nei rapporti pendenti. L’ex socio, quindi, era pienamente legittimato a proseguire l’azione per il recupero del credito.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

La decisione della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche. Innanzitutto, offre una tutela ai soci di società cancellate, confermando che i crediti societari non si dissolvono nel nulla ma vengono loro trasferiti. Questo principio garantisce la continuità dei rapporti giuridici e impedisce che i debitori possano approfittare della cancellazione della società creditrice per sottrarsi ai propri obblighi.

In secondo luogo, la sentenza traccia un confine netto: per aversi una rinuncia tacita al credito, è necessario un comportamento concludente del creditore che manifesti in modo inequivocabile tale volontà. La semplice cancellazione dal registro delle imprese, soprattutto se avvenuta d’ufficio per ragioni amministrative, non possiede tale forza dimostrativa. La Corte ha quindi cassato la sentenza e rinviato la causa alla Corte d’Appello per una nuova valutazione basata su questo principio.

La cancellazione di una società dal registro delle imprese comporta automaticamente la rinuncia ai suoi crediti?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la cancellazione, specialmente se d’ufficio per mancato deposito dei bilanci, non costituisce una presunzione grave, precisa e concordante di rinuncia al credito. È una condotta equivoca che non si qualifica come remissione del debito.

A chi passano i crediti e i debiti di una società dopo la sua cancellazione?
I diritti e gli obblighi della società si trasferiscono ai soci, i quali succedono alla società nei rapporti giuridici pendenti. L’ex socio può quindi continuare a far valere i crediti della società estinta.

Un’eccezione di rinuncia tacita può essere sollevata per la prima volta in appello?
Sì, se il fatto su cui si basa l’eccezione (in questo caso, la cancellazione della società) non era noto alla parte durante il giudizio di primo grado e viene quindi dedotto nella prima occasione utile successiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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