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Cancellazione società crediti: si rinuncia all’azione?

Un’ordinanza interlocutoria affronta il tema della cancellazione società crediti incerti e illiquidi. Una società, in causa con una banca per la restituzione di somme, viene cancellata dal registro imprese. La Cassazione, riscontrando un contrasto giurisprudenziale sul se tale cancellazione implichi rinuncia tacita al credito, rimette la questione alle Sezioni Unite per un chiarimento definitivo.

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Cancellazione Società Crediti Pendenti: La Cassazione Interroga le Sezioni Unite

La questione della cancellazione società crediti ancora pendenti in un giudizio è un tema complesso che tocca il cuore del diritto societario e processuale. Cosa accade a una causa per il recupero di un credito se, nel frattempo, la società creditrice cessa di esistere venendo cancellata dal registro delle imprese? Si tratta di una rinuncia implicita all’azione? Con una recente ordinanza interlocutoria, la Corte di Cassazione ha evidenziato un profondo contrasto giurisprudenziale sul punto, decidendo di rimettere la questione alle Sezioni Unite per una pronuncia definitiva.

I Fatti di Causa

Una società a responsabilità limitata, insieme ai suoi fideiussori, aveva citato in giudizio un istituto bancario per ottenere la restituzione di somme indebitamente versate a causa dell’applicazione di interessi illegittimi su conti correnti. Durante il procedimento, la società veniva cancellata dal registro delle imprese.

La Corte d’Appello, riformando la decisione di primo grado, ha condannato la banca a pagare una cospicua somma, non più alla società estinta, ma direttamente al suo socio unico, ritenendolo successore nei diritti della società. La banca ha quindi proposto ricorso per cassazione, sostenendo, tra i vari motivi, che la cancellazione della società avrebbe dovuto essere interpretata come una rinuncia tacita alla pretesa creditoria, essendo questa incerta e illiquida al momento dell’estinzione.

Il Dilemma della Cancellazione Società Crediti e la Successione

Il nodo centrale della questione risiede nell’interpretazione degli effetti della cancellazione di una società. L’ordinanza della Cassazione mette in luce l’esistenza di due orientamenti diametralmente opposti.

L’Orientamento della Rinuncia Presunta

Un primo filone giurisprudenziale, che trae origine da importanti sentenze delle Sezioni Unite del 2013, sostiene che, a seguito della cancellazione, si verifichi un fenomeno successorio per i soli beni e diritti certi e liquidi presenti nel bilancio finale di liquidazione.

Secondo questa tesi, le ‘mere pretese’ e i crediti ancora incerti o illiquidi, come quelli oggetto di un contenzioso, la cui definizione richiederebbe un’ulteriore attività da parte del liquidatore, si considererebbero tacitamente rinunciati. La scelta di procedere alla cancellazione senza attendere l’esito del giudizio verrebbe interpretata come una volontà di abbandonare la pretesa per favorire una rapida conclusione della fase estintiva.

L’Orientamento Contrario: Nessun Automatismo nella Rinuncia

Un secondo orientamento, emerso più di recente, contesta questo automatismo. Secondo queste decisioni, l’estinzione di una società a seguito di cancellazione non comporta automaticamente la rinuncia alle pretese azionate in giudizio.

La regola generale dovrebbe essere la successione dei soci nei rapporti attivi residui, anche se controversi. La rinuncia a un diritto (remissione del debito) è un atto che richiede una volontà inequivoca e specifica, che non può essere presunta da un atto formale e pubblicitario come la cancellazione dal registro delle imprese. Sarebbe onere di chi sostiene l’avvenuta rinuncia dimostrare, con prove rigorose, l’esistenza di una volontà abdicativa da parte della società.

Le Motivazioni dell’Ordinanza Interlocutoria

La Prima Sezione della Corte, con la sua ordinanza, ha preso atto di questo insanabile contrasto. I giudici hanno sottolineato le criticità dell’orientamento che presume la rinuncia. In particolare, hanno evidenziato come tale tesi appaia irrazionale, poiché contrasta con il principio contabile generale secondo cui anche un credito incerto deve essere iscritto in bilancio al suo valore di presumibile realizzo.

Inoltre, l’automatismo della rinuncia legata alla cancellazione potrebbe portare a una perdita patrimoniale ingiusta a danno degli stessi creditori sociali, i quali si vedrebbero privati di una potenziale posta attiva a seguito di una scelta (la cancellazione) a loro estranea. Per questi motivi, riconoscendo la particolare importanza della questione e la necessità di assicurare l’uniforme interpretazione della legge, la Corte ha ritenuto indispensabile rimettere gli atti al Primo Presidente per una eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.

Le Conclusioni: In Attesa delle Sezioni Unite

L’ordinanza interlocutoria non decide il caso specifico, ma lo ‘congela’ in attesa del verdetto dell’organo supremo della Cassazione. La futura decisione delle Sezioni Unite avrà un impatto fondamentale sulla gestione del contenzioso societario. Fornirà finalmente un criterio univoco per stabilire la sorte dei crediti oggetto di giudizio in caso di estinzione della società, chiarendo se i soci possano proseguire l’azione o se la pretesa debba considerarsi irrimediabilmente perduta. Fino ad allora, l’incertezza su questo delicato aspetto del diritto societario è destinata a permanere.

La cancellazione di una società dal registro delle imprese durante una causa determina automaticamente la rinuncia al credito oggetto del giudizio?
No, non vi è una risposta univoca. Secondo l’ordinanza, esistono due orientamenti giurisprudenziali in conflitto: uno che presume una rinuncia tacita per i crediti incerti e illiquidi, e un altro che nega tale automatismo, richiedendo una prova specifica della volontà di rinunciare.

Perché la Corte di Cassazione ha rimesso la questione alle Sezioni Unite?
La Corte ha rimesso la questione alle Sezioni Unite a causa del profondo e persistente contrasto giurisprudenziale tra le diverse sezioni della Corte stessa. Data la particolare importanza della questione, è necessario un intervento delle Sezioni Unite per garantire un’interpretazione uniforme della legge.

Quali sono i due principali orientamenti giurisprudenziali in contrasto su questo tema?
Il primo orientamento, basato su sentenze delle Sezioni Unite del 2013, sostiene che la cancellazione implichi una rinuncia presunta ai crediti incerti non inclusi nel bilancio finale di liquidazione. Il secondo orientamento, più recente, afferma che non vi è alcuna rinuncia automatica e che la regola è la successione dei soci nei rapporti attivi, salvo che la volontà di rinunciare sia provata in modo inequivocabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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