SENTENZA CORTE DI APPELLO DI BARI N. 1729 2025 – N. R.G. 00001482 2024 DEPOSITO MINUTA 01 12 2025 PUBBLICAZIONE 01 12 2025
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE D’APPELLO DI BARI
Terza Sezione Civile
La Corte d’Appello, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti Magistrati:
AVV_NOTAIO.NOME COGNOME
AVV_NOTAIO
AVV_NOTAIO.ssa NOME COGNOME
Consigliere
AVV_NOTAIO.ssa NOME COGNOME
Consigliere Ausiliario Relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile in grado d’appello, iscritta al n.r.g. NUMERO_DOCUMENTO
TRA
(c.f. ), rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Bari alla INDIRIZZO. giusta mandato in atti – APPELLANTE – C.F.
E
(c.f. ), in persona del legale rappresentante pro- tempore rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO ed P.
elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Gioia del Colle, alla INDIRIZZO, giusta mandato in atti – APPELLATO –
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
Con atto di citazione notificato il 16 ottobre 2018, citava, dinanzi al Tribunale di Bari, il in persona del legale rappresentante p.t., per sentirlo condannare al risarcimento dei danni, in suo favore, quantificati in complessivi € 59.046,46, in conseguenza delle lesioni subite a causa di un dislivello del manto stradale presente sulla strada da ella percorsa nel suddetto Comune.
Più precisamente, assumeva la che la sera del 15.06.2017, alle ore 22.40, circa, mentre percorreva, a piedi, la INDIRIZZO in all’altezza del INDIRIZZO, a causa di un dislivello non segnalato, non visibile, né avvistabile, presente sul manto stradale, delle dimensioni di circa 80 cm. x 25 cm. e profondo circa 7 cm., perdeva l’equilibrio, anche a causa della precaria e scarsa illuminazione stradale, cadendo rovinosamente al suolo.
Proseguiva affermando che, in conseguenza della caduta in cui era incorsa riportava gravi lesioni.
Soccorsa nell’immediatezza del fatto da alcune sue amiche presenti all’accaduto, veniva trasportata presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale di Monopoli, dove, eseguiti i dovuti accertamenti le diagnosticavano la fattura del collo femore sinistro, con ricovero presso il reparto di ortopedia per intervento chirurgico.
In data 17.06.2017 si sottoponeva presso l’Ospedale San AVV_NOTAIO ad intervento chirurgico e il 22.06.2017, veniva dimessa; dopo una serie di terapie, in data 22.01.2018, veniva dichiarata guarita con postumi invalidanti nella misura del 10%.
A causa del sinistro occorsole, prosegue la , (che, sino al momento del sinistro svolgeva la mansione di infermiera professionale al RAGIONE_SOCIALE presso la postazione di ), veniva dichiarata idonea alle sue mansioni specifiche con limitazione permanente nonché con prescrizione di esclusione di attività presso il 118, movimentazione manuale di carichi superiori a 5 kg e ritmi sostenuti sotto l’aspetto fisico.
Si costituiva in giudizio il che contestava la domanda sia nell”an’ che nel ‘quantum’ ritenendo responsabile del sinistro la stessa .
Esaurita l’attività istruttoria, nel cui corso venivano escussi i testi addotti da parte attrice e da parte convenuta, il Tribunale, con la sentenza n. 1858/2024 del 18.04.2024, rigettava la domanda attorea, con condanna della al pagamento delle spese di lite in favore dell’Ente civico convenuto, ritenendo l’attuale appellante esclusiva responsabile del sinistro occorsole, con la motivazione che: ‘.. quando la situazione di possibile pericolo, comunque ingeneratasi, sarebbe stata superabile mediante l’adozione di un comportamento ordinariamente cauto da parte dello stesso danneggiato, può allora escludersi che il danno sia stato cagionato dalla cosa, ridotta al rango di mera occasione dell’evento.. ‘,.
Con atto del 14.11.2024, proponeva appello avverso la richiamata sentenza, per la riforma integrale della stessa, affinchè il fosse dichiarato esclusivo responsabile del sinistro occorsole e condannato al pagamento della somma di € 59.046,46, o di quella, maggiore o minore ritenuta di giustizia, con vittoria di spese del primo e del secondo grado.
In via istruttoria chiedeva ammettersi CTU medico-legale sulla propria persona, già richiesta in primo grado e non ammessa dal Tribunale.
Si costituiva in giudizio il che contestava il contenuto dell’appello, chiedendone il rigetto, reiterando, a sostegno delle proprie ragioni, le motivazioni già esposte in primo grado.
All’udienza del 25.06.2025, la causa veniva introitata, per la decisione, ai sensi di legge.
Con un unico motivo di impugnazione, articolato in più punti, ha eccepito la: ‘ Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2051 e 2043 c.c.; Violazione e/o falsa applicazione dell’ art. 190 CdS; Motivazione carente, solo apparente e contraddittoria; Erronea e contraddittoria valutazione delle prove acquisite’.
L’appellante censura la sentenza di primo grado per avere il giudice operato una errata ricostruzione dei fatti, con evidente omissione e/o insufficiente valutazione delle prove in atti; in via subordinata, per omesso accertamento della responsabilità ex art. 2043 c.c.
In tema di responsabilità ex art. 2051 c.c., chi si presume danneggiato ha l’onere di fornire la prova del nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno da egli subito (oltre che l’esistenza del rapporto di custodia). Solo dopo che esso danneggiato avrà assolto a tale onere probatorio, il convenuto dovrà dimostrare il caso fortuito.
Inoltre, presupposti della responsabilità per danni da cose, sono la derivazione del danno dalla cosa e la sua custodia.
Applicando tali principi al caso di specie, va evidenziato che dall’esame dell’attività istruttoria espletata in primo grado, nonché dalla documentazione in atti, non risulta essere stata provata l’esistenza del nesso causale tra la caduta occorsa alla e la anomalia presente sulla strada da ella percorsa, consistente in un dislivello continuo posto al centro della via dalla predetta percorsa, attese le risultanze emerse sulla dinamica dell’accadimento.
Ed invero ed a tale proposito, vanno, innanzi tutto, messi in evidenza due punti essenziali ai fini del decidere, emersi a seguito della espletata istruttoria.
Il primo è che la , in occasione dell’interrogatorio reso in primo grado, in riferimento al sinistro di che trattasi, confermando le circostanze di tempo e di luogo indicate in citazione, affermava testualmente: ‘… all’altezza del INDIRIZZO di la zona era debolmente illuminata …… posso dire che vi era effettivamente al centro della carreggiata….una discontinuità del manto bituminoso dovuta ad una traccia di asfalto di cui non posso riferire le dimensioni , sia in larghezza che in lunghezza, ma certamente era sopraelevata di diversi centimetri…..preciso che il tratto sopraelevato non era per la intera lunghezza della traccia ma solo nella parte terminale dove sono caduta e comunque sempre al centro della carreggiata stradale….’
Il secondo è che nel corso della deposizione testimoniale resa da , agente di Polizia Locale del convenuto, il predetto riferiva che, in data 24.07.2017 (ad oltre un mese successivo dal lamentato evento), aveva eseguito un sopralluogo alla INDIRIZZO, nei pressi del INDIRIZZO, redigendo una annotazione di servizio, completa di foto, al cui contenuto si riportava.
Ebbene, nella detta annotazione di servizio, prodotta nel fascicolo di parte di primo grado dell’ convenuto, si legge che: ‘.. la sede stradale in corrispondenza del INDIRIZZO di INDIRIZZO, non presentava buche o avvallamenti rilevando invece una discontinuità nel manto bituminoso, a causa di una traccia in asfalto larga circa cinquanta cm ed avente lunghezza di circa 20 mt realizzata al centro della carreggiata, sopraelevata, (nel punto massimo) di circa un cm rispetto al piano stradale . In riferimento alla pubblica illuminazione si precisa che rispetto al INDIRIZZO di INDIRIZZO la lampada più vicina dista circa quindici metri.’.
Ora, è fatto noto che la annotazione di servizio fatta da un agente di polizia può essere considerata atto pubblico con valore di piena prova, fino a querela di falso, solo per i fatti che l’agente dichiara di avere
constatato direttamente in sua presenza, come previsto dall’art. 2700 c.c. (Cass. civ. Sez. III Ord. n. 10376/2024).
Dagli atti di causa non risulta che la abbia proposto querela di falso avverso il detto atto pubblico, per cui il giudice di prime cure ha ritenuto valida la descrizione dei luoghi così come rilevata dal verbalizzante (traccia in asfalto larga circa cinquanta cm ed avente lunghezza di circa 20 mt realizzata al centro della carreggiata, sopraelevata, (nel punto massimo) di circa un cm rispetto al piano stradale).
La teste addotta da parte attrice, dichiarava che nelle circostanze di tempo e luogo descritte in citazione era in compagnia della : ‘… Posso affermare di aver visto perdere l’equilibrio e cadere al suolo. Mi trovavo a fianco della mia amicaNOME.mi sono resa conto che era caduta per via di un dislivello dell’asfalto…. il dislivello è posto al centro della strada …procedevamo io e affiancate ed eravamo precedute da altre due amiche che camminavano davanti a noi una a fianco dell’altra, procedevamo in fila NOME…’.
L’altra teste escussa, dichiarava: ‘ Io e mia madre procedevamo in fila NOME e camminavamo davanti alla Sig.ra e tutte camminavamo in fila NOME….. Percorrendo la INDIRIZZO abbiamo sentito un urlo e voltandoci abbiamo visto per terra e nel soccorrerla abbiamo visto un dislivello dell’asfalto non visibile perchè la strada in quel tratto era poco illuminata….Ribadisco che camminavamo al centro della strada perché il marciapiedi era occupato dalle pattumelle ed era stretto….preciso che il marciapiedi opposto era occupato da autovetture in sosta; tuttavia la strada consentiva il passaggio delle autovetture…’.
Orbene, dall’esame della attività istruttoria svolta in primo grado, è risultato, quindi, che la , unitamente a tre sue amiche, decideva, sua sponte ed in maniera imprudente, di percorrere la parte centrale della INDIRIZZO, pur avvedendosi della presenza della disconnessione della strada, (come da ella stessa riconosciuto in occasione dell’interrogatorio reso) e pur consapevole che quel tratto di strada poteva essere attraversato da autovetture (cfr. deposizione della teste . E’ risultato, altresì, che la INDIRIZZO, in , all’epoca del sinistro, presentava una discontinuità nel manto bituminoso, a causa di una traccia in asfalto larga circa cinquanta cm ed avente lunghezza di circa 20 mt., realizzata al centro della carreggiata, sopraelevata (nel punto massimo) di circa un cm. rispetto al piano stradale (v. annotazione di servizio dell’agente di polizia).
Da tanto ne deriva che la , al momento della percorrenza della INDIRIZZO era consapevole delle condizioni della strada e del fatto che, pur essendoci la possibilità che quel tratto potesse essere attraversato da auto in corsa, ciononostante si determinava, in maniera imprudente, ad attraversarlo nella sua parte centrale.
Ed infatti, anche se l’illuminazione, come riferito dalla stessa appellante, se pur esistente in quella strada, nel tratto in questione, era debole, tanto non le aveva impedito di rilevare la presenza della disconnessione, prima ancora di attraversarla; ciò nonostante ella si determinava a percorrere proprio il centro della strada, a nulla valendo, ad alleggerire la propria responsabilità nel verificarsi dell’occorso, la circostanza che, le testimoni escusse avessero dichiarato che il marciapiedi, da un lato, era occupato dai contenitori della immondizia, posti davanti alle abitazioni e, dall’altro, occupato da macchine parcheggiate.
Ciò in quanto ella , percettrice diretta dello stato dei luoghi, nonché attrice principale dell’evento occorsole, contraddicendo quanto dichiarato dalle suddette testimoni, a domanda precisa, postale nel corso dell’interrogatorio, dichiarava espressamente: ‘ Non ho usato il marciapiede laterale
perché era stretto ‘.
A giustificare il proprio comportamento, negligente ed imprudente, aggravato, vieppiù, come innanzi detto, dal fatto che il tratto di strada percorso consentiva il passaggio delle autovetture, (con l’ulteriore rischio che avrebbero potuto essere investite da un’auto in transito), la , dimenticando di avere affermato in primo grado di non aver utilizzato i marciapiedi, in quanto erano stretti, nel proprio atto di appello ha affermato che la presenza di pattumelle e di auto parcheggiate, integravano l’ipotesi che, a norma dell’art. 190 CdS, giustifica l’utilizzo della carreggiata anche da parte dei pedoni.
Ebbene, il citato ar t. 190 del codice della strada, intestato: ‘Comportamento dei pedoni’, al primo comma stabilisce che: ‘ I pedoni devono circolare sui marciapiedi , sulle banchine, sui viali e sugli altri spazi per essi predisposti; qualora questi manchino, siano ingombri , interrotti o insufficienti , (come dichiarato dall’appellante), devono circolare sul margine della carreggiata opposto al senso di marcia dei veicoli in modo da causare il minimo intralcio possibile alla circolazione.
E’ di tutta evidenza, quindi, che il riferimento fatto dalla , per contestare il decisum del giudice di primo grado, all’art. 190 CdS si sia rivelato inconferente, oltre che svantaggioso per ella stessa, atteso che, non solo la non ha dimostrato di attraversare la strada in questione sul margine
opposto al senso di marcia dei veicoli, ma soprattutto ha dichiarato apertamente, in uno alle testimoni, di attraversarla occupando il centro della carreggiata.
Dall’istruttoria svolta in primo grado, quindi, sono emersi elementi idonei a ritenere che il comportamento imprudente dell’appellante abbia avuto una efficienza causale nell’evento occorsole.
Appare chiaro, quindi, che la sua condotta (al cospetto di una situazione non pericolosa e, comunque, visibile e prevedibile) ha integrato il così detto caso fortuito che esclude ogni profilo di responsabilità in capo all’ tanto ai sensi dell’art. 2051 c.c., quanto ai sensi dell’art. 2043 c.c.
Ciò in quanto, all’obbligo di custodia gravante sull’ fa pur sempre riscontro l’obbligo di prova del nesso di causalità ed un dovere di cautela da parte di chi entri in contatto con la cosa; per cui: ‘… quando la situazione di possibile pericolo comunque ingeneratasi sarebbe stata superabile mediante l’adozione di un comportamento ordinariamente cauto da parte dello stesso danneggiato, può allora escludersi che il danno sia stato cagionato dalla cosa, ridotta al rango di mera occasione dell’evento ‘ (Cass. Civ. Sez. VI -3 ord. 13.07.2022 n. 22121)
Correttamente, quindi, il Tribunale di Bari ha rigettato la domanda della ritenendo che, pur essendosi verificato il lamentato sinistro all’interno del centro abitato, (motivo per cui l’ente civico convenuto aveva l’effettivo potere di controllo sulla corretta manutenzione dei luoghi), purtuttavia la visibilità della anomalia del manto stradale, non costituendo un pericolo per l’utente della strada, in uno al comportamento incauto della , hanno integrato il caso fortuito idoneo ad escludere il nesso causale tra la custodia della cosa ed il danno lamentato dalla appellante.
L’interposto appello va, pertanto, rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, sulla base del D.M. n. 55/2014, integrato dal D.M. 147/2022, valore indeterminabile, (avendo l’appellante nelle conclusioni chiesto la condanna del al pagamento della somma di € 59.046,46, o ‘ quella somma maggiore o minore ‘), complessità bassa, onorario minimo attesa la non complessità delle questioni trattate.
P.Q.M
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La Corte d’Appello di Bari, III Sezione civile, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da , nei confronti del in persona del sindaco pro-tempore/legale rappresentante, per la riforma della sentenza n. 1858/2024, resa in data 16/04/2024, dal Tribunale di Bari, così provvede:
Rigetta l’appello e, per l’effetto, conferma la sentenza gravata.
Condanna al pagamento, in favore dell’Ente civico appellato, in persona del legale rappresentante, al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che liquida, in € 3.473,00, per compensi, oltre al rimborso forfettario; Cassa ed IVA come per legge.
Sussistono i presupposti di legge affinchè l’appellante versi nelle casse dell’erario un importo pari a quello del contributo unificato versato per l’iscrizione a ruolo dell’appello.
Così deciso in Bari nella Camera di Consiglio del 10.09.2025
Il AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Il Consigliere ausiliario relatore
AVV_NOTAIO.ssa NOME COGNOME